Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8180 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
Oggetto: rimborso IVA -contestazioni ulteriori a motivazione diniego -onere prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2061/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL) domiciliato presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano n. 98/1/2018, depositata il 30.10.2018 e non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano n. 98/1/2018, depositata il 30.10.2018 veniva rigettato l’appello principale proposto da ll’ Agenzia delle Entrate e accolto quello incidentale della società in fallimento RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria di primo grado di Bolzano n. 59/2/2018, la quale aveva accolto il ricorso della contribuente avente ad oggetto il diniego di rimborso IVA 2007.
L’imposta armonizzata oggetto dell’istanza di rimborso era stata erroneamente corrisposta per la vendita di unità immobiliari sulle quali la società aveva eseguito lavori di recupero, con conseguente applicabilità -nella prospettiva della contribuente -dell’aliquota agevolata IVA del 10% in luogo di quella ordinaria e obbligo di restituire la differenza al cessionario, società RAGIONE_SOCIALE la quale aveva ottenuto un decreto ingiuntivo in tal senso e aveva insinuato il credito al passivo del fallimento.
La società, decorso un anno dall’operazione non aveva potuto procedere con nota di variazione ex art.26 d.P.R. n.633/1972 e ciò aveva determinato il rigetto dell’istanza di rimborso da parte dell’Agenzia, in quanto tale procedura era stata ritenuta l’unica possibile. Al contrario, sia il giudice di primo grado che di appello avevano ritenuto possibile il rimborso anche al di fuori della procedura dell’art.26 cit. Il giudice d’appello accoglieva il gravame incidentale della contribuente accertando la spettanza degli interessi dalla data di richiesta del rimborso sino al soddisfo.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’ Agenzia deducendo due motivi, cui replica la contribuente con controricorso.
Considerato che:
Preliminarmente va disattesa l’eccezione sollevata dalla controricorrente di inammissibilità del ricorso che bene sintetizza e identifica il contenuto della decisione di appello, riportando il capo rilevante nell’ incipit del primo motivo di ricorso, recante una denuncia di violazione di legge.
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del d.lgs. n.546/1992 per aver errato il giudice a ritenere che l’Agenzia delle Entrate avesse introdotto argomenti nuovi rispetto alle motivazioni contenute nel diniego di rimborso, identificati dall’Agenzia nel fatto che l’Amministrazione aveva in giu dizio riferito che la contribuente aveva versato all’erario l’intero importo incassato a titolo di IVA (400.000 euro) e che la RAGIONE_SOCIALE aveva portato in detrazione l’intero importo di 400.000 euro pagato con la fattura che aveva originato l’istanza di rimborso.
Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., si prospetta la violazione dell’art.26 del d.P.R. n.633/1972 e dell’art.2697 cod. civ.
I motivi non sono inammissibili come eccepito in controricorso in quanto la giurisprudenza citata in ricorso è pertinente e in linea con l’evoluzione della giurisprudenza della Corte e sono fondati nei termini che seguono.
Non è condivisibile la prima linea difensiva dell’Agenzia secondo la quale nella fattispecie non poteva che essere adotta la procedura della nota di variazione. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. Sez. 5, sentenza n. 7330 del 11/05/2012, conforme Cass. Sez. 6 – 5, ordinanza n. 14239 del 07/06/2017) in ipotesi di indebito tributario in materia di IVA, il ricorso da parte del contribuente alla procedura di variazione ex art. 26 del d.P.R. n. 633 del
1972 non è obbligatorio, ma è rimesso alla sua libera scelta, potendo egli sempre optare per l’esercizio dell’azione generale di rimborso. Ciò premesso, sono condivisibili le censure nella parte in cui evidenziano che, ove il diniego sia stato opposto in giudizio, come nel caso di specie, e la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto di un’istanza di rimborso di un tributo avanzata dal contribuente, per costante interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. 6 – 5, ordinanza n. 25999 del 02/09/2022, conforme a Cass. Sez. 5, sentenza n. 10797 del 05/05/2010) l’Amministrazione finanziaria può esercitare la facoltà di controdeduzione di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992 . L’Agenzia può quindi prospettare, senza che si determini vizio di ultrapetizione, argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle che hanno formato la motivazione di rigetto della istanza in sede amministrativa, poiché, in tal caso, il contribuente assume la posizione sostanziale di attore, che deve fornire la prova della propria domanda, mentre l’Ufficio non ha esplicitato una “pretesa” (impugnata dal contribuente), quale l’avviso di accertamento o di liquidazione, o l’irrogazione di una sanzione. Ne consegue che, non potendosi attribuire alla motivazione del provvedimento di rigetto (equivalente, peraltro, al cd. silenzio-rifiuto, del pari impugnabile) il carattere dell’esaustività, può ritenersi adeguata una motivazione del diniego che delinei gli aspetti essenziali delle ragioni del provvedimento, e che si fondi sull’insussistenza dei presupposti per il rimborso, richiamando altresì le norme di riferimento e gli eventuali provvedimenti adottati.
Il giudice d’appello ha correttamente affermato che la procedura di variazione ex art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 non è obbligatoria, ma ha errato nel ritenere che l’Agenzia non potesse replicare al ricorso attraverso argomenti difensivi ulteriori rispetto a quelli svolti nel diniego del rimborso e, soprattutto, non ha compiuto un accertamento fattuale circa l’esistenza dei presuppost i per il rimborso, i quali devono essere dimostrati dalla contribuente, che ha assunto la
posizione di attore sostanziale. A tali indicazioni si conformerà il giudice del rinvio.
La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.1.2025