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Rimborso IVA: onere della prova e limiti del ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13392/2025, ha rigettato il ricorso di una contribuente che chiedeva un rimborso IVA per conto di una società estinta. La Corte ha stabilito che la richiesta è stata correttamente respinta in appello per mancanza di prove adeguate a sostegno del diritto al credito. Il ricorso per cassazione è stato giudicato inammissibile perché generico e non autosufficiente, ribadendo che spetta al contribuente l’onere di dimostrare in modo completo e specifico i fatti a fondamento della propria pretesa.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA negato: quando la mancanza di prove è fatale

Ottenere un rimborso IVA dall’Amministrazione finanziaria è un diritto per molti contribuenti, ma è un percorso che richiede precisione e, soprattutto, prove documentali inoppugnabili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 13392/2025) ci ricorda una lezione fondamentale: l’onere della prova grava interamente su chi richiede il rimborso, e le carenze probatorie non possono essere sanate in sede di legittimità. Analizziamo insieme questo caso per capire quali errori evitare.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di rimborso di un credito IVA, presentata nel 2018 dalla socia di una società a responsabilità limitata, sciolta ed estinta già nel 2012. Il credito risaliva all’anno 2011 e figurava nel bilancio finale di liquidazione della società.

L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso per tre ragioni principali:
1. Tardività della richiesta.
2. Mancanza di documentazione idonea a provare l’esistenza del credito.
3. Non operatività della società negli anni in cui il credito sarebbe maturato, condizione che impedisce il rimborso secondo la normativa sulle società di comodo.

Il caso approdava in Commissione Tributaria Provinciale, che dava ragione alla contribuente, ritenendo applicabile la prescrizione ordinaria di dieci anni e non il termine di decadenza biennale. Tuttavia, in appello, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione. Pur confermando la tempestività della domanda, respingeva la richiesta nel merito, accogliendo le tesi dell’Ufficio sulla mancanza di prove e sulla non operatività della società.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’onere probatorio nel rimborso IVA

La contribuente decideva quindi di presentare ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali. La Corte Suprema, però, ha ritenuto il ricorso inammissibile e infondato, confermando di fatto il diniego al rimborso.

Il cuore della decisione si concentra sul primo motivo di ricorso, con cui la contribuente lamentava l’omesso esame di fatti decisivi, sostenendo che la Corte d’appello avesse ignorato la documentazione prodotta a sostegno del suo diritto. La Cassazione ha respinto questa doglianza, etichettandola come carente di specificità e autosufficienza.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che, per contestare un presunto errore di valutazione dei fatti, non è sufficiente affermare genericamente che il giudice non ha considerato alcuni documenti. Il ricorrente ha l’onere di:
1. Identificare precisamente i fatti storici e i documenti che si assume siano stati trascurati.
2. Spiegare in modo chiaro perché tali elementi sarebbero stati “decisivi”, ovvero in grado di cambiare l’esito del giudizio.
3. Garantire l’autosufficienza del ricorso, riportando il contenuto rilevante dei documenti per consentire alla Corte di valutare la censura senza dover accedere ad altri atti processuali.

Nel caso specifico, la ricorrente si era limitata a un vago riferimento a una memoria illustrativa e alla documentazione allegata, senza specificarne il contenuto e la rilevanza. Questo approccio, secondo la Cassazione, trasforma il ricorso in un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo giudizio sul merito della causa, compito che non spetta alla Corte di legittimità.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che la motivazione della sentenza d’appello, sebbene sintetica, era pienamente sufficiente a reggere la decisione. I giudici di secondo grado avevano chiaramente fondato il rigetto sulla mancata prova dei presupposti del rimborso. Questa argomentazione, per quanto non gradita alla contribuente, rispetta il “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 della Costituzione.

Anche il terzo motivo, relativo alla liquidazione delle spese legali, è stato giudicato infondato perché generico. Di conseguenza, il secondo motivo e il ricorso incidentale dell’Agenzia sono stati assorbiti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per tutti i contribuenti e i loro consulenti. La partita per ottenere un rimborso fiscale si gioca e si vince nei gradi di merito, fornendo sin da subito all’Amministrazione finanziaria, e poi eventualmente al giudice tributario, una documentazione completa, ordinata e chiara che dimostri senza ombra di dubbio l’esistenza del diritto vantato.

L’onere della prova è un principio cardine del diritto tributario: spetta a chi chiede (il contribuente) dimostrare i fatti costitutivi della propria pretesa. Affidarsi a un generico richiamo a documenti prodotti, senza articolarne la rilevanza, è una strategia destinata a fallire, soprattutto davanti alla Corte di Cassazione, il cui compito non è rivedere le prove, ma assicurare la corretta applicazione della legge.

Perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della contribuente per il rimborso IVA?
La Corte ha rigettato il ricorso perché lo ha ritenuto inammissibile. La contribuente ha lamentato l’omessa valutazione di prove documentali in modo generico, senza specificare quali documenti fossero stati ignorati e perché sarebbero stati decisivi per l’esito della causa, violando così il principio di autosufficienza del ricorso.

Cosa significa che un motivo di ricorso è inammissibile per “deficit di autosufficienza”?
Significa che l’atto di ricorso non contiene tutte le informazioni necessarie perché la Corte di Cassazione possa decidere. Il ricorrente deve riportare nel testo del ricorso i contenuti essenziali degli atti e dei documenti su cui si fonda la sua contestazione, senza costringere la Corte a cercarli in altri fascicoli.

Qual è l’onere della prova per chi richiede un rimborso fiscale secondo questa ordinanza?
L’ordinanza ribadisce che l’onere della prova spetta interamente al contribuente che chiede il rimborso. Egli deve fornire una documentazione completa e idonea a dimostrare l’esistenza e la spettanza del credito. La mancanza di tale prova, come accertato nel giudizio di merito, porta legittimamente al diniego del rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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