Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21949 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21949 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10364/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della BASILICATA n. 293/2022 depositata il 04/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE aveva emesso due fatture, di cui la prima di acconto (n. 1130 del 31.12.2002 per € 4.731.778,08 oltre iva al 10%) e l’altra di saldo (n. 1/2003 di € 480.221,92 oltre iva al 10%), verso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, per il servizio di trasporto effettuato in favore del medesimo.
La contribuente, assumendo di aver provveduto ‘comunque e cautelativamente, al fine di evitare conseguenze fiscali, al pagamento dell’IVA a mezzo F24 per il totale pari ad € 521.199,99’, con istanza del 19.01.2007, chiedeva il rimborso dell’IVA assolta, ‘sul presupposto dell’esenzione ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/72 in quanto trasmessa per proroga alla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ dalla precedente convenzione tra il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE‘), agli stessi patti e condizioni’ (p. 2 ric.).
L’RAGIONE_SOCIALE denegava il rimborso.
La contribuente impugnava il diniego.
2.1. La CTP di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 111/02/2010, ritenendo (come da sentenza in epigrafe) che la convenzione di proroga non presentasse le caratteristiche del contratto di servizio di cui all’art. 19 D.Lgs. n. 422 del 1997, accoglieva il ricorso.
L’Ufficio proponeva appello, ritenuto dalla CTR della Basilicata, con sentenza 148/03/2014, generico e perciò inammissibile.
L’Ufficio proponeva ricorso per cassazione.
4.1. Sez. 5, n. 25324 del 10/07/2019 accoglieva i primi due motivi, volti a censurare la dichiarazione di inammissibilità per genericità dell’appello e l’insanabile contraddittorietà della motivazione, con assorbimento dei restanti; di conseguenza, disponeva rinvio della causa alla medesima CTR per nuovo esame.
4.2. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, con la sentenza in epigrafe, così decideva: ‘A ccoglie l’appello proposto dall’Ufficio confermando l’originario diniego della richiesta di rimborso. Spese compensate per entrambe i gradi di giudizio (legittimità e successivo merito)’.
4.2.1. In motivazione, essa, ritenuta la non inammissibilità dell’appello per la sostanziale riproposizione RAGIONE_SOCIALE difese esperite dall’Ufficio in primo grado, osservava:
ella specie la convenzione stipulata tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non integr un contratto di programma in quanto lo stesso è uno strumento di programmazione negoziata che coinvolge soggetti pubblici e privati ideato per favorire lo sviluppo RAGIONE_SOCIALE imprese nel Sud Italia ma non è neppure un tipico contratto di servizio dal momento che quest’ultimo prevede che si verifichi un equilibrio di bilancio dovendosi assicurare la perfetta corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili nel mentre nel caso di specie statuendosi, con il rinnovo del 2002, che il prezzo del biglietto dovuto essere fermo senza tenere conto degli aumenti dovuti all’andamento del mercato e all’aumento dei prezzi dovuti all’incremento dei costi creandosi di fatto il mancato equilibrio di bilancio, si è posto in essere un contratto di servizi atipico che quindi consentiva alla società di considerare il compenso erogato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE diretto esclusivamente a far conseguire l’equilibrio di
bilancio con la conseguenza della non imputabilità ai fini IVA.
Tanto detto va affrontato il meccanismo attraverso il quale il tributo “erroneamente” versato andava richiesto a rimborso. Non si tratta di ritenere intempestiva la richiesta presentata dalla società che se legittima fu tempestiva ma di stabilire attraverso quale meccanismo la società avrebbe potuto ottenere il rimborso RAGIONE_SOCIALE somme pagate in eccesso.
l meccanismo è improntato al rispetto RAGIONE_SOCIALE formalità finalizzate a garantire il corretto funzionamento del meccanismo circolare di detrazione e rivalsa così da creare una completa compensazione tra imposta dovuta e pagata dal soggetto emittente la fattura e imposta portata in detrazione dal soggetto ricevente la fattura.
e discende che ove un soggetto (emittente della fattura) dopo avere emesso il documento ed avere ricevuto il pagamento, come si è verificato nel caso, si renda conto di avere errato nel calcolo dell’imposta ovvero nell’avere assoggettato un corrispettivo ad imposta quano ciò non doveva avvenite dovrà emettere una nota di credito trasmettendo la stessa al beneficiario della fattura e solo successivamente, neutralizzata la funzione di titolo valido alla detrazione dell’IVA da parte del ricevente potrà richiedere il rimborso. Ne caso che ci occupa tanto non è avvenuto cosicché il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha portato in detrazione l’intero importo dell’imposta portato dalle fatture rievute e di cui si chiede dalla RAGIONE_SOCIALE il rimborso.
L’omissione di un tale comportamento comporta che non si sarebbe potuto dalla società emittente richiedere il
rimborso non essendosi rispettato il procedimento preliminare necessario come detto a consolidare il credito verso l’erario.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con un motivo; resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso, altresì spiegando ricorso incidentale con un motivo. La contribuente deposita memoria telematica addì 6 maggio 2024 ad ulteriore illustrazione del motivo di ricorso ed in chiave di replica al controricorso.
Considerato che:
Assume rilievo preliminare, in quanto potenzialmente risolutivo, l’unico motivo del ricorso incidentale.
1.1. A mezzo di esso si denuncia: ‘Violazione dell’art. 36, 2°c. n. 4 Dlgs. n. 546/92 (in relazione all’art. 360 n. 4 c.pc.)’.
1.2. ‘ La sentenza è nuovamente affetta da contraddittoria motivazione là dove afferma che la convenzione in essere sarebbe ‘ un contratto di servizi atipico che quindi consentiva alla società di considerare il compenso erogato … diretto esclusivamente a far conseguire l’equilibrio di bilancio con la conseguenza della non imputabilità a fini IVA’ . Tale fantomatico quanto salomonico ‘tertium genus’ sembra sorgere dal nulla per conciliare gli inconciliabili, approdando all’affermazione che nella specie ricorra, sì, un contratto di servizi, ma tanto ‘ atipico ‘ da perdere completamente la propria caratteristica qualificante di dar luogo ad un rapporto sinallagmatico, e ciò senza alcun approfondimento né alcuna giustificazione, ma pretendendo invece di appuntare sulla convenzione entrambe le contraddittorie qualifiche di ‘contratto di servizi ‘ e di non corrispettività del compenso ivi previsto ed oggetto di imposizione. La sentenza è poi immotivata in quanto non ha tenuto alcun conto degli assunti dell’Ufficio ‘.
1.3. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso è inammissibile a misura che, nel denunciare, nello sviluppo illustrativo, la mancanza di motivazione della sentenza impugnata,
-entra in conflitto logico con la censura di motivazione contraddittoria, per ciò solo esistente ed intelligibile;
-non individua e men che meno riproduce gli ‘assunti dell’Ufficio’ di cui la CTG II non avrebbe tenuto conto;
-non riporta congruamente, salvo un estemporaneo stralcio dell’art. 6, la pur invocata ‘convenzione qui rilevante’ che la CTG II avrebbe misconosciuto, così incorrendo in difetto di autosufficienza;
-critica l’adeguatezza motivazionale della sentenza impugnata, in funzione della decisione assunta dalla CTG II, alla stregua di un paradigma non consentito dal neppure invocato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., finendo per sollecitare a questa RAGIONE_SOCIALE un nuovo, e più favorevole per l’Ufficio, giudizio di merito, al di fuori di natura e limiti del giudizio di cassazione come controllo di mera legalità dei provvedimenti impugnati;
sollecita in definitiva una nuova interpretazione -rispetto a quella logicamente e motivatamente (come subito si vedrà) attinta dalla sentenza impugnata -favorevole alle tesi erariali della (non riportata, come detto) ‘convenzione qui rilevante’, attingendo senza neppure paventare la violazione RAGIONE_SOCIALE norme sull’esegesi dei contratti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. un profilo meramente meritale, estraneo come tale a natura e limiti del giudizio di cassazione quale momento di controllo soltanto della legalità, e dunque legittimità, RAGIONE_SOCIALE sentenze oggetto di ricorso.
Il motivo è, altresì e comunque, manifestamente infondato.
La CGT II, infatti, enuclea la qualifica di ‘contratto di servizio atipico’ della ‘ convenzione stipulata tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE‘ sulla base di una precisa, e per vero dall’Ufficio di per sé neppure contestata, ricostruzione in fatto, a termini della quale, ‘con il rinnovo del 2002’, le parti avevano stabilito ‘che il prezzo del biglietto dovuto essere fermo’, ‘a prescindere dagli ‘aumenti dovuti all’andamento del mercato e all’aumento dei prezzi dovuti all’incremento dei costi’. È proprio il disallineamento della dinamica dei prezzi da quello dei costi -dinamica che costituisce elemento qualificante dell’esercizio di un’attività d’impresa secondo logiche di mercato, che lo stesso Ufficio assume caratterizzare il processo di liberalizzazione -a costituire il fattore in ragione del quale, nient’affatto contraddittoriamente, la CGT II ha, in concreto ( al di là cioè dalle astratte previsioni in sé dell’art. 19 D.Lgs. n. 422 del 1997) , concluso che ‘il compenso erogato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘ avesse una finalità tipicamente ascrivibile al ‘genus’ RAGIONE_SOCIALE contribuzioni pubbliche, ‘sub specie’ del ripianamento dell’inevitabile squilibrio di bilancio: donde la logica e coerente -nella costruzione della CGT II -‘conseguenza della non imputabilità ai fini IVA’.
Può ora procedersi alla disamina dell’unico motivo del ricorso principale.
A mezzo di esso si denuncia: ‘Nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. motivo di cui all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c. così come richiamato dall’art. 62, comma 1, del d.lgs. n. 546/92’.
3.1. La sentenza impugnata ‘chiarisce in maniera inequivocabile che l’IVA non è dovuta e che quindi la società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha diritto al rimborso’. ‘I giudici di seconde cure, dopo aver stabilito che l’IVA non è dovuta, statuiscono ‘ultra petita’, e di qui
la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.’. ‘Nel caso di specie l’RAGIONE_SOCIALE non ha mai sollevato l’eccezione sulla modalità di rimborso, motivo per cui si configura a tutti gli effetti la violazione dell’art. 112 c.p.c. E tanto si evince documentalmente sia dal diniego di rimborso sia dalle controdeduzioni al ricorso di primo grado. Di seguito i testi integrali dell’uno e dell’altro atto ‘. ‘Quindi il Giudice dopo aver stabilito che l’IVA non è dovuta (‘… con la conseguenza della non imputabilità ai fini IVA’ – pag.6 della sentenza) si pronuncia su una eccezione non sollevata dalle parti, né rilevabile di ufficio, ossia quella della modalità con la quale l’IVA doveva essere richiesta a rimborso ‘.
3.2. Il motivo è manifestamente infondato e deve essere disatteso.
La CGT II non ha affatto pronunciato ‘ultra petita’, perché non ha affatto pronunciato su pure e semplici ‘modalità del rimborso’, in riferimento alle quali, alla stregua del motivo, l’Amministrazione nulla aveva opposto, bensì, in piana esecuzione di una valutazione che era suo preciso compito svolgere proprio in conseguenza della richiesta della contribuente di ottenere il rimborso, ha esaminato nel complesso presupposti e requisiti necessari all’accoglimento della richiesta stessa, giungendo alla conclusione che, per quanto sussistesse il presupposto dell’indebito versamento dell’IVA, al fine di potersi materialmente procedere al rimborso, difettava tuttavia la condizione, sostanziale e non formale, riguardante il rispetto del principio di neutralità.
Questo è quanto la CTG II chiaramente dice quando, nell’affrontare il piano del ‘meccanismo attraverso il quale il tributo ‘erroneamente’ versato andava richiesto a rimborso’, esplicita che le relative ‘formalità’ sono ‘finalizzate a garantire il corretto
funzionamento del meccanismo circolare di detrazione e rivalsa così da creare una completa compensazione tra imposta dovuta e pagata dal soggetto emittente la fattura e imposta portata in detrazione dal soggetto ricevente la fattura’. La CTG II, cioè, evoca il piano del ‘rispetto RAGIONE_SOCIALE formalità’ non di per sé considerate, quanto piuttosto in ragione della loro funzionalizzazione ad assicurare l’inderogabile principio della neutralità dell’IVA. Sicché, a misura che, subito in appresso, afferma che la richiesta di rimborso formulata da ‘ un soggetto (emittente della fattura) dopo avere emesso il documento ed avere ricevuto il pagamento, come si è verificato nel caso ‘, è subordinata all’emissione di ‘ una nota di credito’, lo fa per evidenziare, finanche ‘expressis verbis’, l’imprescindibile necessità che sia previamente ‘neutralizzata la funzione di titolo valido alla detrazione dell’IVA da parte del ricevente’.
In ragione di ciò, la CGT II attinge l’analisi della necessaria condizione -sul piano sostanziale, ripetesi -della neutralizzazione dell’erronea esposizione dell’IVA addebitata in rivalsa, solo soddisfatta la quale -come invece non è nella specie, per insindacato accertamento di fatto dalla medesima compiuto -può procedersi al rimborso, ancorché riferito ad un’imposta di per sé indebitamente versata.
Un tanto evidenzia come la CGT II, ben lungi dal pronunciare ‘ultra petita’, rispetto al provvedimento di diniego ed alle difese erariali, ha invece pronunciato, interamente ed esaurientemente, sulla domanda di rimborso della contribuente: domanda in effetti comportante di per sé, per aver dedotto ad oggetto del rimborso un’imposta indebitamente esposta e perciò addebitata in rivalsa, lo scrutinio ‘anche’ della condizione del rispetto del principio di neutralità.
D’altronde costituisce principio ormai acquisito che ‘ il cedente del bene o il prestatore del servizio è legittimato a pretendere il rimborso per la somma versata in relazione ad imposta indebitamente fatturata solo se’ ed in ciò si manifesta la condizione che il giudice di merito deve, per il sol fatto della pretesa del rimborso, verificare -‘sia completamente escluso il rischio di perdita di RAGIONE_SOCIALE fiscali da parte dell’Erario’ (cfr., ad es., Cass. n. 7325 del 2020). Sulla medesima linea, più recentemente, in una pronuncia di ampia portata ricostruttiva (Cass. n. 24777 del 2023), s’è ‘funditus’ ritenuta esente da censure la pronuncia dei giudici d’appello intesa a sostenere ‘il diritto del soggetto passivo IVA alla restituzione o al rimborso di quanto pagato in eccesso, a seguito dell’erronea applicazione di una aliquota IVA più elevata, subordinato al fatto che il destinatario della fattura non avesse, a sua volta, operato la detrazione IVA ovvero non avesse esercitato il diritto alla detrazione’, rammentandosi che, alla stregua della giurisprudenza unionale, ‘la restituzione è condizionata alla salvezza del principio della neutralità dell’IVA e all’esclusione dell’eventualità di una perdita di gettito da parte dell’Erario, fatto che può verificarsi quando vi sia una non reversibile utilizzazione da parte del cessionario del credito derivante dalla rivalsa. Tale rischio è reso attuale dalla detrazione dell’imposta che il cessionario può agevolmente operare nella propria dichiarazione, anche se, secondo la regola generale, il diritto alla detrazione può essere esercitato solo per le imposte effettivamente dovute, vale a dire per le imposte corrispondenti ad un’operazione soggetta ad IVA o assolte in quanto dovute (Corte giust., 6 febbraio 2014, C-424/12, COGNOME, punto 39; Corte giust., 26 aprile 2017, C564/15, NOME COGNOME, punto 47)’.
In definitiva, entrambi i ricorsi vanno rigettati.
4.1. La soccombenza reciproca giustifica, ad avviso del Collegio, la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese.
4.2. La contribuente è tuttavia tenuta al pagamento del cd. doppio contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale.
Rigetta il ricorso incidentale.
Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, 17 maggio e, a seguito di riconvocazione,