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Rimborso IVA: no se l’attività non è mai iniziata

Una società in liquidazione ha richiesto un rimborso IVA per l’anno 2019, che l’Agenzia delle Entrate ha negato considerandola “non operativa”. Dopo due decisioni favorevoli alla società nei gradi di merito, la Corte di Cassazione ha ribaltato la situazione. La Suprema Corte ha chiarito che il diritto al rimborso IVA è strettamente legato all’esistenza di un'”attività economica” effettiva o, quantomeno, all’intenzione di avviarla. La messa in liquidazione volontaria, dovuta all’impossibilità di raggiungere lo scopo sociale, rappresenta una rinuncia definitiva a tale attività, facendo venir meno il presupposto per la detrazione e il conseguente rimborso dell’imposta. Il caso è stato rinviato alla corte di secondo grado per un nuovo esame.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA: la Cassazione nega il diritto alla società che non ha mai iniziato l’attività

Il tema del rimborso IVA per le imprese in fase di avvio o che non sono riuscite a iniziare la propria attività economica è spesso oggetto di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che se un’impresa rinuncia definitivamente al proprio progetto imprenditoriale, come dimostrato dalla messa in liquidazione, perde il diritto alla detrazione e al conseguente rimborso dell’imposta pagata sugli acquisti. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Rimborso e il Diniego

Una società per azioni, posta in liquidazione volontaria, presentava un’istanza per ottenere un rimborso IVA di 150.000 euro relativo all’anno d’imposta 2019. L’Agenzia delle Entrate rigettava la richiesta, ritenendo la società “non operativa” (o “società di comodo”) per quel periodo, e quindi priva dei requisiti per accedere al rimborso.

La società impugnava il diniego, sostenendo di trovarsi in una situazione di “stallo oggettivo” nella realizzazione dei lavori, una condizione indipendente dalla sua volontà che aveva reso impossibile l’avvio dell’attività e il conseguimento di ricavi. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado accoglievano le ragioni della contribuente, confermando il suo diritto al rimborso.

Il Ricorso in Cassazione e l’analisi sul rimborso IVA

L’Amministrazione finanziaria non si è arresa e ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali. Il primo, relativo a presunte eccezioni nuove sollevate in appello, è stato ritenuto infondato dalla Suprema Corte. È sul secondo motivo, però, che si è concentrata la decisione.

L’Agenzia lamentava la violazione delle norme in materia di IVA, sostenendo che la Corte di merito avesse erroneamente riconosciuto il diritto al rimborso IVA in assenza di un’effettiva attività economica nel periodo d’imposta di riferimento. La Cassazione ha ritenuto questo motivo fondato, accogliendo la tesi dell’Erario.

L’Attività Economica come Presupposto del Diritto alla Detrazione

La Corte ha richiamato i principi consolidati della giurisprudenza europea e nazionale. Il diritto alla detrazione dell’IVA, e di conseguenza al rimborso, non è un diritto incondizionato. Esso presuppone che i beni e i servizi acquistati siano destinati all’esercizio di un’attività economica soggetta a imposta. Anche gli atti preparatori sono coperti, a condizione che l’intenzione di avviare l’attività sia confermata da elementi oggettivi.

La Rinuncia Definitiva all’Attività

Il punto cruciale della sentenza risiede nella valutazione degli effetti della messa in liquidazione. Secondo la Cassazione, quando un soggetto passivo decide di mettersi in liquidazione per l’impossibilità di conseguire lo scopo sociale, manifesta l’intenzione di non utilizzare più i beni e i servizi acquistati per operazioni soggette a IVA. Questa rinuncia, se definitiva, interrompe la “relazione stretta e diretta” tra gli acquisti a monte e un’attività imponibile a valle.

In altre parole, lo “stallo oggettivo” invocato dalla società e riconosciuto dai giudici di merito non è di per sé sufficiente a giustificare il mantenimento del diritto alla detrazione. Ciò che conta è verificare se l’intenzione di esercitare un’attività economica sia venuta meno in modo definitivo.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione cassando la sentenza di secondo grado perché i giudici di merito non avevano adeguatamente verificato il presupposto sostanziale richiesto dalla normativa IVA. Essi si erano limitati a valorizzare elementi come lo “stallo oggettivo” dei lavori, considerandoli sufficienti a giustificare il mancato avvio dell’attività. Tuttavia, hanno trascurato di accertare se la società avesse definitivamente abbandonato il suo progetto economico, un elemento cruciale evidenziato dalla scelta della liquidazione volontaria. La Suprema Corte ha sottolineato che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la rinuncia all’attività economica inizialmente prevista incide sull’obbligo di rettificare le detrazioni IVA, indipendentemente dai motivi, pur legittimi, che hanno portato a tale decisione. Pertanto, il giudizio di merito è stato ritenuto carente nell’analisi dell’esistenza di una “attività economica”, anche solo potenziale, richiesta per il mantenimento del diritto al rimborso IVA.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando la decisione precedente e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà ora attenersi al principio secondo cui il diritto al rimborso IVA viene meno se il contribuente, attraverso la messa in liquidazione, dimostra di aver rinunciato in via definitiva al compimento di operazioni imponibili. Questa ordinanza rappresenta un importante monito per le imprese: l’intenzione di svolgere un’attività economica deve essere concreta e persistente per poter beneficiare della detrazione e del rimborso dell’IVA, anche nella fase preparatoria.

A una società in liquidazione spetta il rimborso IVA per acquisti fatti prima dell’inizio dell’attività?
No, secondo questa ordinanza, se la messa in liquidazione è dovuta all’impossibilità di raggiungere lo scopo sociale e rappresenta una rinuncia definitiva all’avvio dell’attività economica, il diritto al rimborso IVA viene meno.

Cosa si intende per “attività economica” ai fini del diritto alla detrazione IVA?
Per “attività economica” si intende non solo lo svolgimento effettivo di operazioni imponibili, ma anche l’intenzione, supportata da elementi oggettivi, di avviare un’attività che generi tali operazioni. Tuttavia, questa intenzione deve essere persistente e non abbandonata definitivamente.

La causa dello stallo operativo (es. mancanza di autorizzazioni) è rilevante per ottenere il rimborso IVA?
No, la sentenza chiarisce che le ragioni che portano alla rinuncia dell’attività, anche se estranee alla volontà dell’imprenditore, non incidono sull’obbligo di rettificare le detrazioni IVA. Ciò che conta è l’abbandono definitivo del progetto economico, non le sue cause.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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