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Rimborso IVA: no all’azione diretta contro il Fisco

Una società operante nel settore dei giochi chiedeva il rimborso IVA versata sugli oneri generali di sistema nelle bollette energetiche. La Corte di Cassazione ha negato la possibilità di un’azione diretta contro l’amministrazione finanziaria, stabilendo che il soggetto che ha pagato l’IVA in via di rivalsa deve agire civilmente contro il proprio fornitore per la restituzione delle somme non dovute. L’azione diretta verso il Fisco è ammessa solo in casi eccezionali di provata impossibilità di recupero dal fornitore.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA: la Cassazione chiarisce chi può chiederlo e a chi

Quando un’azienda o un consumatore si accorge di aver pagato un’IVA non dovuta, la prima domanda è: come posso ottenere un rimborso IVA? La questione, apparentemente semplice, nasconde complesse dinamiche giuridiche. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la richiesta di restituzione va indirizzata al fornitore e non, di norma, direttamente all’amministrazione finanziaria. Analizziamo questa importante decisione per capire le regole del gioco.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di rimborso presentata da una società operante nel settore del gioco e delle scommesse. L’azienda sosteneva di aver versato indebitamente l’IVA sugli oneri generali di sistema (OGSE), inclusi nelle fatture per la fornitura di energia elettrica. Poiché la società svolge un’attività esente da IVA, non ha la possibilità di detrarre l’imposta assolta sugli acquisti. Di conseguenza, ha ritenuto di avere diritto a un rimborso per l’IVA pagata su tali oneri, presentando istanza direttamente all’Agenzia delle Entrate.

Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari hanno respinto le pretese della società, affermando che essa non avesse la “legittimazione attiva” per chiedere il rimborso direttamente all’Erario. Secondo i tribunali, l’unico soggetto legittimato è il fornitore di energia, in quanto è quest’ultimo il soggetto passivo d’imposta che ha materialmente versato l’IVA allo Stato. La società contribuente, quindi, avrebbe dovuto agire in sede civile contro il proprio fornitore.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Rimborso IVA

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha confermato le decisioni dei giudici di merito e ha respinto il ricorso della società. I giudici supremi hanno chiarito che, nel sistema IVA, esistono rapporti giuridici distinti che non devono essere confusi:
1. Il rapporto tributario tra il fornitore (soggetto passivo) e lo Stato.
2. Il rapporto civilistico tra il fornitore e il cliente, regolato dal meccanismo della rivalsa.

L’azione per il rimborso IVA indebitamente versata spetta unicamente al soggetto passivo che ha effettuato il versamento all’Erario. Il cliente finale, che ha subito la rivalsa, deve invece utilizzare l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti del proprio fornitore.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati sia a livello nazionale che europeo.

Il Principio Generale: Distinzione dei Rapporti Giuridici

La motivazione centrale risiede nella netta separazione dei rapporti. Il fornitore è l’unico debitore d’imposta nei confronti del Fisco. Il cliente, pur sopportando il costo economico dell’IVA, non ha un rapporto diretto con l’amministrazione finanziaria per quanto riguarda il versamento dell’imposta. Il suo unico legame è con il fornitore, dal quale può pretendere la restituzione di quanto pagato in eccesso. Questo sistema, che prevede una tutela civilistica per il consumatore e una tributaria per il fornitore, è considerato rispettoso dei principi di neutralità ed effettività del diritto dell’Unione Europea.

L’Eccezione alla Regola: Quando è Possibile l’Azione Diretta?

Esiste un’eccezione a questa regola. La giurisprudenza europea ammette che il cliente finale possa agire direttamente contro l’autorità fiscale per il rimborso IVA solo quando l’azione verso il fornitore risulti impossibile o eccessivamente difficile. L’esempio classico è il fallimento del fornitore, che rende di fatto irrecuperabile il credito. Nel caso di specie, tuttavia, la Corte ha ritenuto che la società ricorrente non avesse fornito prove concrete di tale impossibilità. Le argomentazioni presentate, come il rischio di dover avanzare richieste a una pluralità di fornitori, sono state considerate mere prospettazioni astratte e ipotetiche, insufficienti a giustificare una deroga al principio generale.

L’Irrilevanza del Regime di Esenzione IVA

Il fatto che la società operasse in un regime di esenzione IVA, e quindi non potesse detrarre l’imposta, non modifica la struttura dei rapporti. Anzi, proprio perché non esercita il diritto alla detrazione, non si instaura quel rapporto diretto con il Fisco che caratterizza la liquidazione periodica dell’imposta per i soggetti passivi ordinari. Il suo ruolo rimane quello di consumatore finale rispetto alla fornitura di energia, e come tale la sua tutela è affidata agli strumenti del diritto civile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza consolida un orientamento chiaro con importanti implicazioni pratiche per imprese e consumatori:
* Chi ritiene di aver pagato un’IVA non dovuta su beni o servizi deve, come regola generale, rivolgere la propria richiesta di restituzione al fornitore che ha emesso la fattura.
* L’azione diretta contro l’Agenzia delle Entrate per il rimborso IVA è una via eccezionale, percorribile solo dimostrando con prove concrete e fattuali l’impossibilità o l’estrema difficoltà di recuperare le somme dal fornitore.
* È fondamentale distinguere il rapporto tributario, che lega il soggetto passivo d’imposta all’Erario, dal rapporto contrattuale e civilistico che lega il cliente al proprio fornitore. Le tutele legali operano su questi due piani distinti.

Chi può chiedere il rimborso di un’IVA versata indebitamente allo Stato?
Di norma, solo il soggetto passivo d’imposta, ovvero il fornitore che ha effettuato la prestazione e ha versato l’imposta all’Erario, è legittimato a chiederne il rimborso diretto.

Il cliente finale può agire direttamente contro l’Agenzia delle Entrate per il rimborso IVA?
No, la regola generale lo esclude. Il cliente finale deve agire con un’azione civile di ripetizione dell’indebito contro il proprio fornitore. L’azione diretta verso il Fisco è ammessa solo in circostanze eccezionali, qualora sia provato che il recupero dal fornitore sia impossibile o eccessivamente difficile (ad esempio, in caso di fallimento).

Perché la società, pur non potendo detrarre l’IVA, non ha ottenuto il rimborso diretto dal Fisco?
Perché il suo rapporto giuridico per la restituzione dell’IVA pagata in eccesso è di natura civilistica ed è instaurato con il proprio fornitore, non con l’amministrazione finanziaria. Il regime di esenzione non crea un rapporto tributario diretto che giustifichi una richiesta di rimborso al Fisco.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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