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Rimborso IVA: la Cassazione sui termini per interessi

Una società ha contestato il calcolo degli interessi su un rimborso IVA ricevuto in ritardo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28588/2025, ha chiarito che il termine per la maturazione degli interessi di mora è di sessanta giorni dalla disposizione di pagamento dell’Ufficio. La sentenza impugnata è stata cassata perché aveva erroneamente applicato un termine diverso, basandosi su una norma che regola i soli rapporti interni tra Amministrazione e concessionario della riscossione.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA: la Cassazione chiarisce i termini per gli interessi di mora

Ottenere un rimborso IVA è un diritto per molti contribuenti, ma cosa succede quando l’erogazione tarda ad arrivare? La questione degli interessi di mora diventa cruciale. Con la recente ordinanza n. 28588/2025, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui termini di decorrenza di tali interessi, stabilendo un principio chiaro per i rimborsi gestiti tramite il cosiddetto “conto fiscale”.

I fatti del caso: la richiesta di rimborso IVA e il contenzioso

Una società presentava il modello IVA per l’anno 2010, richiedendo un rimborso da liquidare in parte con procedura semplificata e in parte con procedura ordinaria. L’Amministrazione Finanziaria riconosceva la spettanza integrale del rimborso, ma a causa di ritardi nell’erogazione, la società presentava un’istanza per ottenere gli interessi maturati.

L’ente impositore riconosceva solo parzialmente tali interessi. Ne scaturiva un contenzioso che, dopo una vittoria parziale del contribuente in primo grado e la conferma in appello, giungeva dinanzi alla Corte di Cassazione su ricorso dell’Amministrazione Finanziaria. I motivi del ricorso erano due: il primo lamentava un difetto di motivazione della sentenza d’appello, mentre il secondo contestava la violazione delle norme sulla decorrenza degli interessi per il rimborso.

La decisione della Corte sul calcolo degli interessi da rimborso IVA

La Suprema Corte ha analizzato entrambi i motivi, giungendo a conclusioni opposte per ciascuno di essi e delineando principi di diritto di notevole importanza pratica.

Il rigetto del motivo sulla motivazione apparente

La Corte ha respinto il primo motivo, con cui l’Amministrazione Finanziaria lamentava la nullità della sentenza d’appello per motivazione insufficiente. Secondo i giudici di legittimità, anche se la motivazione era stringata, essa permetteva di cogliere la ratio decidendi della decisione, ossia il ragionamento giuridico alla base. La Corte ha ribadito che il sindacato di legittimità sulla motivazione è limitato alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale”, che risulta violato solo quando la motivazione è totalmente mancante, meramente apparente o basata su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. In questo caso, tale soglia non era stata superata.

L’accoglimento del motivo sulla decorrenza degli interessi

Il secondo motivo è stato invece ritenuto fondato. La controversia verteva sul momento esatto da cui far partire il calcolo degli interessi di mora. La Cassazione ha richiamato il principio consolidato secondo cui, in tema di rimborso IVA infrannuale e ritardo nell’erogazione, il termine di decorrenza degli interessi è di sessanta giorni dalla richiesta del contribuente o dalla disposizione di pagamento dell’Ufficio al concessionario.

La Corte regionale aveva invece fatto riferimento a un termine più breve (venti giorni), previsto da una normativa successiva. La Cassazione ha chiarito che tale termine più breve ha un “carattere meramente interno” e regola solo i rapporti tra l’Ufficio e il concessionario della riscossione, allo scopo di accelerare le procedure, ma non modifica il termine di sessanta giorni che tutela il contribuente.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sull’interpretazione sistematica della Legge n. 413 del 1991, istitutiva del conto fiscale, e dei relativi decreti attuativi. Il sistema del conto fiscale è stato introdotto come alternativa per l’erogazione dei rimborsi, autorizzando il concessionario della riscossione a pagare con celerità.

Il termine di sessanta giorni, previsto dalla legge, rappresenta il periodo concesso all’Amministrazione per effettuare le verifiche e predisporre il pagamento. Solo dopo la sua scadenza infruttuosa scatta la mora e, di conseguenza, il diritto del contribuente agli interessi. La successiva introduzione di un termine di venti giorni per l’erogazione da parte del concessionario, una volta ricevuta la disposizione dall’Ufficio, serve a velocizzare la fase finale del pagamento, ma non incide sul termine iniziale da cui decorre la mora nei confronti del contribuente.

Questa distinzione è fondamentale: il termine di sessanta giorni definisce il rapporto Fisco-contribuente, mentre quello di venti giorni attiene al rapporto Fisco-concessionario. Confondere i due piani significherebbe alterare la disciplina sostanziale a svantaggio del contribuente o dell’erario, in contrasto con i criteri direttivi fissati dal legislatore.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà attenersi al principio di diritto stabilito: gli interessi di mora sul rimborso IVA tardivo decorrono dalla scadenza del sessantesimo giorno dalla disposizione di pagamento dell’Ufficio. Questa pronuncia riafferma la stabilità delle regole che governano i rimborsi fiscali, garantendo certezza nei rapporti tra Fisco e contribuente e distinguendo nettamente le tempistiche che regolano i rapporti interni all’Amministrazione da quelle che incidono direttamente sui diritti dei cittadini e delle imprese.

Da quando iniziano a maturare gli interessi su un rimborso IVA erogato in ritardo tramite conto fiscale?
Gli interessi moratori spettanti al contribuente iniziano a maturare dopo sessanta giorni dalla richiesta del contribuente al concessionario o dalla disposizione di pagamento dell’Ufficio, come stabilito dall’art. 78, comma 33, della L. n. 413 del 1991.

La motivazione di una sentenza d’appello può essere molto breve?
Sì, una motivazione, anche se stringata, è considerata valida purché permetta di comprendere il ragionamento giuridico (ratio decidendi) che ha portato alla decisione e rispetti il cosiddetto “minimo costituzionale”, senza essere meramente apparente, contraddittoria o incomprensibile.

Qual è la differenza tra il termine di 20 giorni e quello di 60 giorni per i rimborsi IVA?
Il termine di 60 giorni è quello previsto dalla legge per la maturazione degli interessi di mora a favore del contribuente in caso di ritardo. Il termine di 20 giorni, introdotto successivamente, regola i soli rapporti interni tra l’Ufficio finanziario e il concessionario della riscossione per l’erogazione materiale delle somme e non modifica il diritto del contribuente a ricevere gli interessi dopo 60 giorni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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