Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33248 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33248 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28897/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 1999/2022 depositata il 03/05/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La presente causa approda in cassazione per la seconda volta.
In punto di svolgimento del processo, dalla sentenza in epigrafe si evince quanto segue:
La RAGIONE_SOCIALE (in qualità di incorporante RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” già “RAGIONE_SOCIALE, già “RAGIONE_SOCIALE), con sede in Lussemburgo, riassume il giudizio avverso il silenziorigetto dell’istanza di rimborso RAGIONE_SOCIALE maggior Iva versata in relazione ad un’operazione immobiliare con cui la contribuente aveva ceduto un’azienda e diversi immobili. L’istanza di rimborso era stata presentata a seguito RAGIONE_SOCIALE riduzione dell’imponibile RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini dell’Iva operata con avviso di rettifica e liquidazione emesso dall’RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, premette la contribuente che la RAGIONE_SOCIALE (all’epoca denominata “RAGIONE_SOCIALE“) aveva ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche “RAGIONE_SOCIALE“), l’azienda alberghiera in Saint Vincent (AO) denominata “RAGIONE_SOCIALE” nonché altri beni immobili. La cessione di immobili era assoggetta ad Iva[;] conseguentemente, la RAGIONE_SOCIALE, ricevuta la fattura di vendita emessa dalla società cedente, con l’esposizione dell’Iva, provvedeva a saldarla corrispondendo alla società cedente anche l’Iva addebitatale in via di rivalsa, salvo il diritto RAGIONE_SOCIALE cessionaria alla detrazione dell’imposta.
Seguiva avviso di rettifica e liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO dell’RAGIONE_SOCIALE che accertava un maggior valore dei beni oggetto di trasferimento; con riguardo agli immobili compravenduti separatamente, li inseriva tra le attività aziendali. La società acquirente RAGIONE_SOCIALE ha sottoscritto con l’RAGIONE_SOCIALE il 6.12.2007 verbale di accertamento con adesione […], a seguito del quale, aderendo alla tesi dell’RAGIONE_SOCIALE, ha versato le imposte di registro, ipotecarie e catastali quantificate in euro 1.028.495,00.
L’Iva, pari ad euro 1.160.000,00, a suo tempo corrisposta da RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE[,] si è rivelata non dovuta all’erario. La stessa società cessionaria RAGIONE_SOCIALE, a seguito RAGIONE_SOCIALE definizione concordata con l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ha emesso la “nota di credito” n. 24 del 31.12.2008, pervenuta alla RAGIONE_SOCIALE il 2.3.2009.
Conseguentemente, in data 14.4.2009 la RAGIONE_SOCIALE ha presentato all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE di Roma 1 apposita istanza, ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.L.gs. n. 546/1992, di rimborso dell’imposta di € 1.160.000,00, in base a quanto definito con il citato atto di adesione. Avverso il silenzio-rigetto dell’Amministrazione, proponeva ricorso[,] accolto dalla CTP (con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese) con sentenza n. 85/27/11 […].
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, rigettato dalla CTR del Lazio con sentenza n. 294/38/12, depositata l’8.11.2011.
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, accolto dalla Sez. 5 Civ. di questa Suprema Corte con ordinanza n. 20843 del 17/10/2019, dep. 2020, sulla base RAGIONE_SOCIALE seguente motivazione:
-con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 21, settimo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e 2697 c.c., per aver la sentenza impugnata riconosciuto il diritto RAGIONE_SOCIALE contribuente al recupero dell’i.v.a. versata in eccesso, benché quest’ultima non avesse previamente provveduto alla variazione dell’imponibile indicato in fattura ai sensi dell’art. 26, d.P.R. n. 633 del 1972;
-il motivo è fondato;
-occorre rammentare che, in tema d’IVA, l’emittente RAGIONE_SOCIALE fattura, in base al principio di cartolarità, è tenuto a versare l’imposta ivi liquidata a meno che non l’abbia tempestivamente corretta o annullata ai sensi dell’art. 26, d.P.R. n. 633 del 1972, sì da consentire l’applicazione dell’esatta imposta dovuta ed il corretto esercizio del diritto di detrazione da parte del destinatario, fermo restando che l’inottemperanza agli adempimenti richiesti dalla norma non consente all’Amministrazione finanziaria di pretendere il pagamento dell’imposta, né osta al riconoscimento del rimborso dell’i.v.a. indebitamente versata in eccedenza ove il giudice di merito abbia accertato che sia stato definitivamente eliminato il rischio che il destinatario abbia utilizzato o possa utilizzare tale documento ai fini RAGIONE_SOCIALE detrazione (cfr. Cass., ord.,
18 aprile 2019, n. 10974; Cass., ord., 26 settembre 2018, n. 22963; Cass. 27 maggio 2015, n. 10939);
-tale affermazione risulta coerente con la giurisprudenza eurounitaria, la quale ha affermato che, ai sensi dell’art. 21, n. 1, lett. c), RAGIONE_SOCIALE sesta direttiva (e, oggi, dell’art. 203, direttiva 2006/112/CE), chiunque esponga l’i.v.a. in una fattura o in ogni altro documento che ne fa le veci è debitore di tale imposta e, dunque, indipendentemente da qualsiasi obbligo di versarla in ragione di un’operazione soggetta ad i.v.a., in relazione all’esigenza di eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale derivante dall’esercizio del diritto a detrazione (cfr. Corte Giust., 8 maggio 2019, RAGIONE_SOCIALE ; Corte Giust., 31 gennaio 2013, COGNOME trans; Corte Giust., 18 giugno 2009, Stadeco);
-ha precisato che quando colui che ha erroneamente emesso una fattura, in quanto relativa a prestazione non imponibile, abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdita di gettito fiscale o, comunque, tale rischio sia definitivamente venuto meno per aver l’amministrazione fiscale negato definitivamente il diritto alla detrazione dell’i.v.a. esercitato dal committente o cessionario, non può essere negato all’emittente la fattura il diritto al rimborso dell’i.v.a. fatturata per errore e versata (cfr. Corte giust. 11 aprile 2013, Rusedespred);
-la ricorrenza di un rischio di perdita del gettito erariale va esclusa quando la fattura erroneamente emessa è stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale, nel rispetto RAGIONE_SOCIALE forme e dei termini previsti dall’art. 26, d.P.R. n. 633 del 1972 per l’emenda degli errori concernenti la emissione o la indicazione dei dati riportati nella fattura, funzionali ad assicurare il ripristino RAGIONE_SOCIALE corrispondenza tra realtà economica e rappresentazione cartolare RAGIONE_SOCIALE stessa e a consentire l’applicazione RAGIONE_SOCIALE esatta imposta dovuta ed il corretto esercizio del diritto a detrazione;
-in alternativa, il rischio di perdita del gettito fiscale può ritenersi insussistente solo quando risulti accertato che la fattura erroneamente emessa sia stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale (annotandola nel registro acquisti od in altre scritture contabili destinate ad evidenziare il diritto alla detrazione), ovvero ancora quando l’Amministrazione finanziaria (anche a seguito di segnalazione dello stesso emittente, ovvero nell’esercizio dei poteri di verifica di ufficio) abbia contestato e definitivamente disconosciuto con provvedimento divenuto definitivo -o riconosciuto legittimo con
accertamento passato in giudicato -il diritto alla detrazione vantato dal destinatario RAGIONE_SOCIALE predetta fattura;
-alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono deve intendersi l’affermazione, ricorrente nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui in ipotesi di indebito tributario in materia di i.v.a. il ricorso da parte del contribuente alla procedura di variazione ex art. 26, d.P.R. n. 633 del 1972 non è obbligatorio, ma è rimesso alla sua libera scelta, potendo egli, sempre optare per l’esercizio dell’azione generale di rimborso (cfr. Cass., ord., 7 giugno 2017, n. 14239; Cass. 11 maggio 2012, n. 7330);
-in quest’ultimo caso, dunque, il diritto alla restituzione dell’IVA erroneamente versata presuppone […] che sia offerta dimostrazione RAGIONE_SOCIALE definitiva eliminazione del rischio di perdita del gettito erariale derivante dall’utilizzo o dalla possibilità di utilizzo RAGIONE_SOCIALE fattura da parte del destinatario RAGIONE_SOCIALE fattura ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione.
La RAGIONE_SOCIALE conseguentemente formulava i seguenti principi di diritto:
-In tema di IVA, nel caso in cui sia erroneamente emessa fattura per operazioni non imponibili, il contribuente ha diritto al rimborso dell’imposta versata qualora provveda alla rettifica RAGIONE_SOCIALE fattura ai sensi dell’art. 26, d.P.R. n. 633 del 1972, ovvero qualora sia accertato il definitivo venir meno del rischio di perdita di gettito erariale derivante dall’utilizzo o dalla possibilità di utilizzo RAGIONE_SOCIALE fattura da parte del destinatario RAGIONE_SOCIALE fattura ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta dovuta o assolta in via di rivalsa;
-[L]’accertamento del definitivo venir meno di un siffatto rischio presuppone l’accertamento che la fattura erroneamente emessa sia stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale, annotandola nel registro acquisti od in altre scritture contabili destinate ad evidenziare il diritto alla detrazione, ovvero che l’Amministrazione finanziaria abbia contestato e definitivamente disconosciuto con provvedimento divenuto definitivo -o riconosciuto legittimo con accertamento passato in giudicato -il diritto alla detrazione vantato dal destinatario RAGIONE_SOCIALE predetta fattura;
–NOMEL]a domanda di rimborso dell’i.v.a. assolta in relazione ad un’operazione non imponibile avanzata ai sensi dell’art. 21, secondo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, presuppone che sia offerta dimostrazione RAGIONE_SOCIALE definitiva eliminazione del rischio di perdita del gettito erariale
derivante dall’utilizzo o dalla possibilità di utilizzo RAGIONE_SOCIALE fattura da parte del destinatario RAGIONE_SOCIALE fattura ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione.
La RAGIONE_SOCIALE riteneva l’inosservanza dei superiori principi da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, aggiungendo:
[N]on rilevante […] si rileva la circostanza, accertata nella sentenza impugnata, relativa al fatto che la cessionaria, a seguito di definizione concordata RAGIONE_SOCIALE sua posizione con l’Amministrazione finanziaria, aveva emesso nota di debito per il recupero RAGIONE_SOCIALE maggiore imposta versata alla contribuente e, quindi, a storno RAGIONE_SOCIALE stessa, aveva emesso corrispondente nota di credito, in quanto circostanze ambigue (non è chiaro se la successione RAGIONE_SOCIALE note abbia, o no, evidenziato l’insussistenza del corrispondente diritto di detrazione) e, quindi, inidonee a dimostrare l’avvenuta rettifica RAGIONE_SOCIALE fattura emessa ai sensi e nelle forme di cui al menzionato art. 26 ovvero l’assenza di un danno per l’erario, attuale o potenziale, derivante dall’esercizio del diritto di detrazione del destinatario RAGIONE_SOCIALE fattura.
Riassunto dalla contribuente il giudizio, la CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, compensando le spese.
5.1. In motivazione, ricostruito, con ampie citazioni, il tenore dell’ordinanza rescindente, osservava:
[R]ileva il Collegio che non sono stati forniti né emergono dagli atti di causa elementi che escludono in modo inequivoco l’inesistenza [‘recte’, l’esistenza] del rischio di perdita di gettito erariale, qualora si accogliesse la pretesa vantata dal contribuente di restituzione dell’I.v.a. versata.
Gli stessi Giudici di legittimità non si sono limitati ad esprimere i principi di diritto applicabili nel caso di specie, ma si sono espressi anche sulla rilevanza probatoria, in. relazione ai principi espressi, degli elementi rappresentati dalla parte richiedente. Ha aggiunto, infatti, la S.C. che ‘non rilevante … si rileva la circostanza, accertata nella sentenza impugnata, relativa al fatto che la cessionaria, a seguito di definizione concordata RAGIONE_SOCIALE sua posizione con l’Amministrazione finanziaria, aveva emesso nota di debito […]’.
Sul punto, rileva il Collegio che non sono stati apportati in questa sede, né emergono dagli atti, elementi ulteriori rispetto a quelli rappresentati in sede di legittimità, che consentano di superare l’ambiguità RAGIONE_SOCIALE suddette circostanze, come rilevata dalla RAGIONE_SOCIALE., sì da
escludere in modo inequivoco l’inesistenza [‘recte’, l’esistenza] del rischio di perdita di gettito erariale.
È, dunque, condivisibile quanto affermato dall’RAGIONE_SOCIALE secondo cui la ricorrente non ha fornito dati concreti e probanti in ordine alle modalità di contabilizzazione RAGIONE_SOCIALE note di variazione emesse dalla cessionaria, come queste hanno concorso alla liquidazione dell’imposta. Le note di variazione devono essere emesse dal cedente -soggetto tenuto all’adempimento in quanto soggetto passivo d’imposta – entro lo stesso termine per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti, con decorrenza dal momento in cui si verifica l’evento.
Ferma restando, dunque, la duplice via che può essere seguita dal contribuente, come precisato dalla Cassazione, che conferma la percorribilità dell’istanza di rimborso, deve pure condividersi quanto affermato dall’RAGIONE_SOCIALE in ordine allo specifico meccanismo previsto dall’art. 26 più volte citato che non prevede un termine perentorio per effettuare la variazione. Nel caso di specie, il presupposto per procedere alla variazione si è verificato al momento del perfezionamento dell’adesione all’accertamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, avvenuto in data 11/12/2007, con il deposito presso il predetto RAGIONE_SOCIALE del Mod. NUMERO_DOCUMENTO attestante il pagamento di quanto concordato, atto di cui la RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza.
Priva di pregio appare poi l’affermazione del richiedente secondo cui il rischio di perdita erariale sarebbe da escludere per la natura di soggetto pubblico RAGIONE_SOCIALE cessionaria RAGIONE_SOCIALE (di seguito, anche RAGIONE_SOCIALE) in quanto società partecipata totalmente dalla Regione Valle D’RAGIONE_SOCIALE. Basti rilevare che controparte, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non persegue interessi privatistici ma è un’agenzia fiscale.
La contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi; resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Primo motivo: ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5) del c.p.c.’.
1.1. Sin dal ricorso introduttivo la contribuente aveva rappresentato l’esistenza di un procedimento per ingiunzione di pagamento di euro 1.160.000,00 promosso dalla cessionaria innanzi al Tribunale Civile di RAGIONE_SOCIALE per la restituzione dell’Iva
versata. Alla luce del ricorso per decreto ingiuntivo RAGIONE_SOCIALE cessionaria, ‘l’esistenza del credito Iva è stata riconosciuta: (i) dalla stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE di Chatillon, secondo la quale la cessionaria avrebbe dovuto chiedere il rimborso alla cedente (come poi è stato fatto dalla RAGIONE_SOCIALE; (ii) dal Giudice Civile, il quale ha ordinato alla odierna ricorrente di versare tale importo alla RAGIONE_SOCIALE‘. ‘Ebbene tale circostanza, vale a dire la pendenza presso il Tribunale Civile di RAGIONE_SOCIALE di un giudizio di ingiunzione per la restituzione da parte RAGIONE_SOCIALE odierna ricorrente del medesimo importo di Euro 1.160.000 -nel quale la società è stata già condannata in primo grado -promosso dalla RAGIONE_SOCIALE dopo l’avvenuta presentazione di preventiva istanza di rimborso alla stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Chatillon, non è stato minimante esaminato dalla Commissione Tributaria Regionale. Nonostante la decisività di tale fatto per la risoluzione RAGIONE_SOCIALE controversia – in quanto, ovviamente[,] se la cessionaria ha presentato istanza di rimborso all’RAGIONE_SOCIALE[,] questo non può che dimostrare che la stessa non [ha] usato in detrazione l’Iva ovvero che, qualora lo avesse fatto[,] ha tempestivamente rettificato un presunto utilizzo -la CTR ha, ingiustificatamente, omesso ogni valutazione e conseguente pronunciamento su tale questione come risulta dalla semplice lettura RAGIONE_SOCIALE sentenza […]’.
1.2. Il motivo è per un verso inammissibile e per altro infondato.
È inammissibile perché (al netto di quel che si dirà subito in appresso circa le ragioni dell’infondatezza) il fatto dedotto non ha valenza decisiva. Sulla premessa che un’operazione assoggettata ad IVA determina l’insorgere di tre distinti ed autonomi rapporti giuridici: un primo, tra Amministrazione e cedente/prestatore, quanto all’obbligazione di pagamento, gravante esclusivamente in capo a questi, dell’imposta; un secondo, tra cedente/prestatore e cessionario/committente, quanto alla rivalsa; ed un terzo, tra
Amministrazione e cessionario/committente, quanto alla detrazione dell’imposta assolta in via di rivalsa (cfr. già Cass. n. 4020 del 2012), la circostanza che la contribuente, quale cedente, sia (viepiù provvisoriamente, giusta lo stato del giudice civile) riconosciuta debitrice RAGIONE_SOCIALE cessionaria attiene unicamente al secondo dei rapporti indicati, ossia quello, meramente privatistico, tra cedente/prestatore e cessionario/committente, senza nulla dire in riferimento al mancato esercizio RAGIONE_SOCIALE detrazione da parte RAGIONE_SOCIALE cessionaria, in modo da doversi scongiurare pregiudizio per l’erario nei termini indicati dall’ordinanza rescindente.
Né utile argomento in senso contrario può trarsi dalla considerazione che il ricorso per decreto ingiuntivo RAGIONE_SOCIALE cessionaria fa seguito a diniego di rimborso dalla medesima richiesto all’RAGIONE_SOCIALE. In disparte che, rispetto all’allegazione di tale circostanza, il ricorso cade in difetto di precisione, anche sotto il profilo dell’autosufficienza, perché non trascrive con congrua ampiezza (sì da consentirne un completo inquadramento) gli atti del procedimento monitorio da cui essa dovrebbe evincersi, specificando se tra essi figuri anche il provvedimento di diniego e, in tal caso, riportandone la motivazione, la locuzione, di cui al motivo, che, ‘ se la cessionaria ha presentato istanza di rimborso all’RAGIONE_SOCIALE[,] questo non può che dimostrare che la stessa non [ha] usato in detrazione l’Iva ovvero che, qualora lo avesse fatto[,] ha tempestivamente rettificato un presunto utilizzo’ è meramente ipotetica, in definitiva dando per dimostrato quel che invece avrebbe dovuto esserlo.
Il motivo è altresì infondato perché non corrisponde al vero l’affermazione che la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe considerato il fatto dedotto nel motivo.
La CTR dà espressamente atto RAGIONE_SOCIALE posizioni RAGIONE_SOCIALE contribuente in sede di riassunzione, siccome ribadite ancora nel motivo, ricordando: ‘ Ad ulteriore conforto RAGIONE_SOCIALE spettanza del credito Iva
richiesto a rimborso, la odierna ricorrente ha, altresì, rappresentato la pendenza presso il Tribunale Ordinario di RAGIONE_SOCIALE del giudizio per ingiunzione di pagamento proposto dalla cessionaria RAGIONE_SOCIALE contro la ricorrente avente ad oggetto proprio la restituzione dell’Iva di euro 1.160.000,00 versata in sede di acquisto del complesso aziendale [segue la ricostruzione del relativo giudizio]. Aggiunge pure la contribuente con riferimento alla inesistenza di qualsivoglia pericolo e danno erariale che non c’è stata nessuna detrazione operata dalla cessionaria dell’Iva corrisposta alla odierna ricorrente. La stessa ha presentato pressa l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE di Chatillon, istanza di rimborso; tale rimborso non è stato erogato non già perché l’RAGIONE_SOCIALE ha contestato resistenza del credito bensì, come risposto, perché la società avrebbe dovuto richiedere detta somma alla cedente’.
Talché, quando, più oltre, la CTR scrive che ‘non sono stati forniti né emergono dagli atti di causa elementi che escludono in modo inequivoco l’inesistenza (‘recte’, l’esistenza) del rischio di perdita di gettito erariale’, siffatto assunto, concorrendo le varie parti di una sentenza a comporre un corpo unico, si riferisce anche alle vicende del ricorso per decreto ingiuntivo presentato dalla cessionaria.
Secondo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione del principio RAGIONE_SOCIALE prossimità RAGIONE_SOCIALE prova e dell’art. 7, comma 1, D.Lgs n. 546/1992 -in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c.’.
2.1. In subordine, la sentenza impugnata viola il principio di vicinanza RAGIONE_SOCIALE prova. ‘La ricorrente è stata chiamata a fornire una prova impossibile: (i) la dimostrazione di una prova negativa (vale a dire che la cessionaria non avesse utilizzato in detrazione l’Iva corrisposta in sede di acquisto o l’avesse tempestivamente rettificata); (ii) che non è e non poteva essere nella sua disponibilità, trattandosi del comportamento fiscale ed i connessi
adempimenti relativi ad un diverso soggetto ossia la cessionaria RAGIONE_SOCIALE‘.
2.1. Il motivo è infondato.
L’esclusione del rischio di perdite di gettito per l’erario è elemento costitutivo del rimborso, con la conseguenza che, secondo l’art. 2697 cod. cv., la relativa prova grava, indefettibilmente, sul richiedente il rimborso.
Di tale principio la giurisprudenza di legittimità fa costante applicazione (cfr., ad es., la già citata Cass. n. 4020 del 2012, che, massimata sub Rv. 622057 -01 nel senso che ‘il cedente del bene o il prestatore del servizio è legittimato a pretendere il rimborso per la somma versata in relazione ad imposta indebitamente fatturata solo se sia completamente escluso il rischio di perdita di RAGIONE_SOCIALE fiscali da parte dell’Erario’, in motiv., par. 3.5, p. 9, scrive: ‘Orbene, facendo applicazione di tali affermazioni di principio al caso concreto, deve rilevarsi che, benché sia del tutto incontroverso che il RAGIONE_SOCIALE sia un ente non commerciale e, pertanto, non soggetto all’IVA, in quanto non svolgente attività di impresa, non risulta in alcun modo acquisita agli atti la dimostrazione, da parte dell’intimato [ossia del predetto RAGIONE_SOCIALE], che i conduttori che avevano corrisposto il canone locativo per gli immobili concessi loro in locazione dall’ente non avessero portato in detrazione l’importo dell’IVA loro addebitata in rivalsa. Per il che la dimostrazione RAGIONE_SOCIALE mancanza di danno per l’Erario, che possa derivare dal rimborso dell’imposta indebitamente corrisposta, non risulta acquisita agli atti’).
3. Terzo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione del principio di neutralità dell’IVA desumibile dalla direttiva 2006/112 del Consiglio dell’Unione europea, applicabil[e] in Italia in virtù dell’art. 117, c. 1, Cost. -indebito arricchimento dell’Erario in violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c.’.
3.1. ‘Nella sentenza, ulteriormente, si legge che: ‘Ferma restando, dunque, la duplice via che può essere seguita dal contribuente, come precisato dalla Cassazione, che conferma la percorribilità dell’istanza di rimborso, deve pure condividersi quanto affermato dall’RAGIONE_SOCIALE in ordine allo specifico meccanismo previsto dall’art. 26 più volte citato che non prevede un termine perentorio per effettuare la variazione […]’. Tale statuizione va censurata in quanto, anche a voler ammettere la possibilità per la cedente (allora denominata) RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE note di variazione ex art. 26, D.P.R n. 633/1972[,] nella sostanza, alla odierna ricorrente è impedito di percorrere tale via in quanto la società è stata cancellata in data 26.7.2016 dal Registro RAGIONE_SOCIALE Imprese per trasferimento RAGIONE_SOCIALE propria sede in Lussemburgo (cfr. visura camerale in All. n. 19 del ricorso in riassunzione nel fascicolo RAGIONE_SOCIALE riassunzione RAGIONE_SOCIALE contribuente) ed stata incorporata dalla RAGIONE_SOCIALE (cfr. Estratto Registro RAGIONE_SOCIALE Imprese Lussemburgo, in All. n. 20 del ricorso in riassunzione nel fascicolo giudizio di riassunzione RAGIONE_SOCIALE contribuente). Quindi, ad oggi non potrebbe essere utilizzato lo strumento di cui al citato art. 26. La società può solo ottenere il rimborso dell’IVA versata all’Erario. Rimborso che è stato, però, negato, a fronte di contestazioni sulla possibile avvenuta detrazione dell’IVA da parte RAGIONE_SOCIALE cessionaria. Quanto statuito dalla Commissione sentenza merita, quindi, censura anche perché determina la violazione del principio di neutralità in materia IVA […]’.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Lo è laddove, in difetto di autosufficienza, non esplicita essere già stata la censura sottoposta ai giudici di rinvio ed anzi, ancor prima, a questa S.C. nel primo giudizio di legittimità, tenuto conto che l’evento RAGIONE_SOCIALE cancellazione risale al 26 luglio 2016, mentre l’ordinanza n. 20843 del 2020, cit., al 17 ottobre 2019.
Lo è altresì perché non coglie l’effettiva ‘ratio decidendi’ RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, sotto un duplice profilo.
Anzitutto, l’affermazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, censurata nel motivo, va ricollegata a quella precedente, secondo cui ‘la ricorrente non ha fornito dati concreti e probanti in ordine alle modalità di contabilizzazione RAGIONE_SOCIALE note di variazione emesse dalla cessionaria’.
In buona sostanza, quel che la CTR rimprovera alla contribuente è la sua inerzia di fronte alle note di variazione RAGIONE_SOCIALE cessionaria.
Secondariamente, proprio in considerazione di ciò, siffatta affermazione deve essere letta nella sua interezza, in specie laddove evidenzia che, ‘nel caso di specie, il presupposto per procedere alla variazione si è verificato al momento del perfezionamento dell’adesione all’accertamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, avvenuto in data 11/12/2007, con il deposito presso il predetto RAGIONE_SOCIALE del Mod. NUMERO_DOCUMENTO attestante il pagamento di quanto concordato, atto di cui la RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza’.
In buona sostanza, quel che la CTR vuole evidenziare è che, sebbene lo ‘specifico meccanismo previsto dall’art. 26 più volte citato […] non preved[a] un termine perentorio per effettuare la variazione’, ciò vale (solo) per la percorribilità del meccanismo in sé e per sé, in dipendenza da un presupposto che può sopravvenire in qualsiasi tempo (a differenza del caso tipizzato in cui la variazione sia conseguenza del sopravvenuto accordo tra le parti o di un errore del contribuente, posto che, in questo caso, ai sensi dell’art. 26, comma 3, DPR n. 633 del 1972, è previsto il limite di un anno dall’emissione RAGIONE_SOCIALE fattura originaria per l’emissione del documento rettificativo) , ma non vale certamente per la tempestività RAGIONE_SOCIALE variazione una volta che
il presupposto si sia verificato e sia entrato nella sfera di conoscenza dell’interessato .
Ed invero, così enunciandosi principio di diritto, anche qualora la nota di variazione consegua a presupposto svincolato da limitazioni temporali (nella specie – secondo il ragionamento RAGIONE_SOCIALE CTR – il perfezionamento RAGIONE_SOCIALE procedura di adesione, pur dopo il quale può ‘in limine’ rilevare l’emissione RAGIONE_SOCIALE note di rettifica da parte RAGIONE_SOCIALE cessionaria: eventi di cui la contribuente ha avuto conoscenza) , comunque, il fatto che il diritto alla detrazione può essere esercitato al massimo con la dichiarazione annuale comporta in parallelo che la variazione, ben lungi dal poter essere formalizzata ‘sine die’, debba esserlo medesimamente entro il termine di presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazione annuale riferita all’anno di verificazione del presupposto .
Sicché, con il passaggio oggetto di censura, la CTR in realtà osserva che la contribuente (nell’espressione societaria che in allora possedeva, a prescindere dall’attuale), pur a conoscenza dell’adesione all’accertamento RAGIONE_SOCIALE cessionaria e, ad ogni modo, pur ricevute le note rettificative RAGIONE_SOCIALE medesima, non ha dato prova di aver minimamente (ed ‘a fortiori’ tempestivamente, cioè entro il termine di presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazione annuale relativa all’anno) adeguato (con note di variazione o comunque di recepimento RAGIONE_SOCIALE rettificative) la sua situazione contabile: ragion per cui la protesta, nel motivo, di non poter oggi essa farlo non coglie affatto nel segno, neppure laddove lamenta la vulnerazione del principio di neutralità. Una tale vulnerazione, invero, non sussiste, sol che si consideri che la lamentazione RAGIONE_SOCIALE contribuente di non poter ‘percorrere’ la ‘via’ ‘ RAGIONE_SOCIALE note di variazione ex art. 26, D.P.R n. 633/1972′, siccome ‘cancellata in data 26.7.2016 dal Registro RAGIONE_SOCIALE Imprese’, implica il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE mancata (per recuperare le eloquenti parole RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella pronuncia
rescindente) ‘avvenuta rettifica RAGIONE_SOCIALE fattura’: rettifica che costituisce l’unico necessario antecedente per eliminare l’intrinseca idoneità RAGIONE_SOCIALE fattura (in ragione del principio di cartolarità) a produrre effetti.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, liquidate in euro 13.900, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 9 ottobre 2024.