Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18320 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19500/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CURATELA DEL RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE , che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE GIUST.TRIB. DI SECONDO GRADO DELL’ABRUZZO – SEZ. ST. PESCARA n. 609/06/23 depositata il 19/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 609/06/23 del 19/07/2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (di seguito CGT2) accoglieva l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 343/01/22 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Chieti (di seguito CGT1), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in fallimento (di seguito curatela) nei confronti di un diniego di rimborso IVA relativo all’anno d’imposta 2021.
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, il diniego di rimborso era stato giustificato da AE sul presupposto della mancata cessazione dell’attività d’impresa, non avendo la società contribuente provveduto alla chiusura della partita IVA.
1.2. La CTR respingeva l’appello di AE , evidenziando che: a) «il credito Iva maturato dalla società in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento va necessariamente ricompreso tra i crediti che il curatore è tenuto a riscuotere nell’adempimento dei suoi compiti istituzionali funzionali alla liquidazione del patrimonio del fallito per la soddisfazione dei creditori nel rispetto della par condicio »; b) la dichiarazione IVA presentata dal curatore fallimentare doveva essere equiparata alla cessazione dell’attività, con conseguente legittimità della richiesta di rimborso.
Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
La curatela resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, NOME deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 30, secondo comma, 35 e 74 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per avere la CGT2 erroneamente ritenuto che la
dichiarazione ex art. 74 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 depositata dal curatore fallimentare sia equiparabile alla cessazione dell’attività d’impresa.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Non v’è ragione di discostarsi, infatti, dall’orientamento consolidato di questa Corte, ben riassunto dalla sentenza impugnata, che va, dunque, confermata.
1.3. Come chiarito, infatti, da questa Corte, « la posizione IVA maturata in epoca precedente la dichiarazione di fallimento è differente da quella successiva, ponendosi la coincidenza della partita IVA per le operazioni prefallimentari e postfallimentari come circostanza meramente occasionale, che non muta l’autonomia giuridica RAGIONE_SOCIALE operazioni facenti capo al fallito, di cui il curatore è avente causa e amministratore del patrimonio, e quelle riferibili alla massa dei creditori, nel cui interesse opera il curatore stesso, quale gestore del patrimonio altrui, con conseguente necessità di redazione, ai sensi dell’art. 74-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, di due distinte dichiarazioni IVA, aventi ad oggetto le operazioni effettuate dal fallito anteriormente e successivamente al fallimento » (Cass. n. 14620 del 29/05/2019).
1.4. La necessità di distinguere tra la posizione IVA ante fallimento e la posizione IVA post fallimento giustifica l’orientamento per il quale la dichiarazione, prevista dall’art. 74 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 del curatore, relativamente alle operazioni anteriori all’apertura o all’inizio della procedura concorsuale, è equiparabile alla dichiarazione di cessazione di attività; con la conseguenza che essa, al pari della dichiarazione annuale, chiudendo il rapporto tributario antecedente al fallimento, fa sorgere, da quella data, ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 633 del 1972, il diritto al rimborso dei versamenti
d’imposta che risultano effettuati in eccedenza (Cass. n. 27948 del 30/12/2009; Cass. n. 36385 del 13/12/2022).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 78.286,00.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, ad euro 200,00 per spese borsuali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 12/06/2024.