Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24221 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24221 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18009/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE ,
elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania n. 2896/2023 depositata il 03/05/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/06/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Emerge dalla sentenza impugnata, e dagli atti di parte, quanto segue.
Con ricorso ritualmente proposto e depositato il Curatore fallimentare di RAGIONE_SOCIALE propose opposizione avverso il diniego di rimborso del credito, notificato in data 30/09/2020, relativo al periodo di imposta 2014, pari ad € 407.899,00, emesso a seguito di dichiarazione integrativa del 25/09/2019. La C.T.P. respinse il ricorso del contribuente. La decisione venne impugnata e il giudice di seconde cure accolse l’appello così statuendo:
«Ha ritenuto la Suprema Corte, con pronuncia avente riguardo proprio a rimborso IVA per l’anno 2014, che ‘ In tema di IVA, la dichiarazione, prevista dall’art. 74-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (nel testo applicabile “ratione temporis”, anteriore alla modifica apportata dall’art. 11 del d.P.R. n. 542 del 1999), del curatore o del commissario liquidatore, relativamente alle operazioni anteriori all’apertura o all’inizio RAGIONE_SOCIALE procedure concorsuali, è equiparabile alla dichiarazione di cessazione di attività, con la conseguenza che essa, al pari della dichiarazione annuale, chiudendo il rapporto tributario antecedente alle procedure concorsuali, fa sorgere, da quella data, ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 633 del 1972, il diritto al rimborso dei versamenti d’imposta che risultino effettuati in eccedenza. Ne deriva, quindi, che il termine decennale di prescrizione per la richiesta del rimborso dei crediti IVA, relativo ad operazioni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, decorre dalla dichiarazione di cui all’art.
74-bis C.I.T. oppure dallo scadere del termine per presentarla (cioè dal quarto mese successivo alla nomina del curatore fallimentare)’. La medesima pronuncia afferma: ‘ancora, in argomento si è precisato che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9794 del 23/04/2010; ma anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18915 del 16/09/2011) la richiesta di rimborso relativa all’eccedenza d’imposta, risultata alla cessazione dell’attività, essendo regolata del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale di cui al D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizione specifiche; diversamente opinando proprio perché l’attività non prosegue, non sarebbe infatti possibile portare l’eccedenza in detrazione l’anno successivo; …. pacifica la circostanza relativa alla mancata contestazione nel merito del credito IVA (ultima pag. della sentenza impugnata, righe n. 8 e n. 9), trova applicazione la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 22/02/2017, n. 4559; Cass. civ., Sez. V, Sentenza, n. 20678/2014; Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 09/10/2015, n. 20255; Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 12/09/2012, n. 15229; Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 16/05/2012, n. 7684) secondo la quale (specificamente, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4559 del 22/02/2017) ove il credito di imposta sia già desumibile dalle dichiarazioni del contribuente e non sia contestato dall’Amministrazione finanziaria, non è necessaria una specifica istanza di rimborso, che costituisce solo il presupposto di esigibilità per l’avvio del relativo procedimento, per cui non trova applicazione il termine biennale di decadenza previsto dal D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, u.p., ma solo quello di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c….’ (cfr. Cassazione civile sez. VI, 13/12/2022, (ud. 29/09/2022, dep. 13/12/2022), n.36385). A tale orientamento giurisprudenziale, che affronta tutti i punti controversi
nel presente giudizio, il collegio adito intende dare seguito. Nella specie, dunque, va ritenuta acquisita la cessazione di attività e deve essere rilevato che, in definitiva, il dato formale di aver portato il credito per il rimborso o meno, in assenza di contestazioni in ordine all’ammontare dello stesso, come nella specie, fa sì che il rimborso sia esigibile non nel termine del richiamato art. 21 bensì nel più ampio termine di prescrizione decennale ».
Avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso affidato ad un motivo. Resiste con controricorso la contribuente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza con un motivo perché avrebbe falsamente applicato l’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972 ed avrebbe violato l’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Secondo la prospettazione della ricorrente la situazione in cui versava la società, all’epoca della presentazione della domanda di rimborso, non sarebbe assimilabile alla cessazione dell’attività prevista dal citato art. 30 e pertanto mancherebbe il presupposto necessario per il richiesto rimborso. Secondo le emergenze processuali, infatti, la società all’epoca dei fatti sarebbe risultata attiva ancorché in stato di scioglimento, liquidazione e fallimento.
Il ricorso è infondato.
Trova, nella specie, applicazione il principio statuito da Cass. n. 36385 del 2022, al quale questa Corte aderisce, secondo il quale in tema di IVA, la dichiarazione, prevista dall’art. 74-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (nel testo applicabile “ratione temporis”, anteriore alla modifica apportata dall’art. 11 del d.P.R. n. 542 del 1999), del curatore o del commissario liquidatore, relativamente alle operazioni
anteriori all’apertura o all’inizio RAGIONE_SOCIALE procedure concorsuali, è equiparabile alla dichiarazione di cessazione di attività, con la conseguenza che essa, al pari della dichiarazione annuale, chiudendo il rapporto tributario antecedente alle procedure concorsuali, fa sorgere, da quella data, ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 633 del 1972, il diritto al rimborso dei versamenti d’imposta che risultino effettuati in eccedenza.
Ne deriva, quindi, che il termine decennale di prescrizione per la richiesta del rimborso dei crediti IVA, relativo ad operazioni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, decorre dalla dichiarazione di cui all’art. 74 bis cit. oppure dallo scadere del termine per presentarla (cioè dal quarto mese successivo alla nomina del curatore fallimentare). Ancora, in argomento si è precisato che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9794 del 23/04/2010; ma anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18915 del 16/09/2011) la richiesta di rimborso relativa all’eccedenza d’imposta, risultata alla cessazione dell’attività, essendo regolata dal comma 2 dell’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizione specifiche; diversamente opinando proprio perché l’attività non prosegue, non sarebbe infatti possibile portare l’eccedenza in detrazione l’anno successivo.
Dall’applicazione alla fattispecie in esame dei principi innanzi riportati consegue l’infondatezza della doglianza anche in punto di decadenza dal diritto al rimborso.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento dei compensi, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 28 giugno 2024