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Rimborso IVA fallimento: la prescrizione è decennale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24221/2024, ha confermato che la richiesta di rimborso IVA fallimento è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello di decadenza biennale. Il termine decorre dalla presentazione della dichiarazione del curatore, equiparata a una dichiarazione di cessazione attività, momento in cui sorge il diritto al rimborso del credito maturato prima della procedura concorsuale.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA Fallimento: la Cassazione Conferma la Prescrizione Decennale

La gestione dei crediti fiscali durante una procedura fallimentare rappresenta una sfida complessa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia di rimborso IVA fallimento, chiarendo definitivamente i termini per l’esercizio di tale diritto. Nell’analizzare il caso di una società fallita contro l’Agenzia delle Entrate, i giudici hanno confermato che il termine applicabile non è la breve decadenza biennale, ma la prescrizione ordinaria di dieci anni.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di rimborso di un cospicuo credito IVA, relativo all’anno d’imposta 2014, avanzata dal curatore fallimentare di una società S.A.S. nel 2019. L’istanza era stata presentata a seguito di una dichiarazione integrativa. L’Agenzia delle Entrate aveva negato il rimborso, presumibilmente eccependo il superamento dei termini.

Il curatore si era opposto a tale diniego e, dopo un primo grado sfavorevole, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado aveva accolto l’appello della società. I giudici di merito avevano stabilito che la dichiarazione presentata dal curatore fallimentare, relativa alle operazioni antecedenti la procedura concorsuale, è equiparabile a una dichiarazione di cessazione di attività. Di conseguenza, il diritto al rimborso sorge in quel momento ed è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale. L’Amministrazione Finanziaria, non condividendo tale interpretazione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Questione del Termine: Rimborso IVA Fallimento tra Prescrizione e Decadenza

Il cuore della controversia risiede nella corretta individuazione del termine per la richiesta di rimborso IVA in un contesto fallimentare. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che, non essendoci una formale cessazione di attività (poiché l’impresa era in liquidazione e fallimento, ma non formalmente cancellata), non si potesse applicare la disciplina speciale che consente il rimborso e che, in ogni caso, dovesse valere il termine di decadenza biennale previsto dall’art. 21 del D.Lgs. 546/1992.

Al contrario, la tesi del contribuente, accolta dai giudici di secondo grado e ora dalla Cassazione, si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Secondo tale indirizzo, la dichiarazione IVA presentata dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 74-bis del D.P.R. 633/1972 chiude il rapporto tributario antecedente alla procedura. Questo atto è funzionalmente identico alla dichiarazione di cessazione di attività, perché l’impresa non può più proseguire l’attività economica e, quindi, non può portare in detrazione l’eccedenza IVA nell’anno successivo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’Agenzia infondato, aderendo pienamente all’orientamento giurisprudenziale già espresso in precedenza (in particolare con la sentenza n. 36385 del 2022). Gli Ermellini hanno ribadito i seguenti punti chiave:

1. Equiparazione della Dichiarazione del Curatore: La dichiarazione presentata dal curatore o dal commissario liquidatore per le operazioni anteriori alla procedura concorsuale ha lo stesso valore di una dichiarazione di cessazione di attività.
2. Sorgere del Diritto al Rimborso: Tale dichiarazione, chiudendo il rapporto tributario precedente, fa sorgere il diritto al rimborso dell’eccedenza d’imposta, ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. 633/1972. Poiché l’attività non prosegue, l’unica via per recuperare il credito è il rimborso, non potendo essere portato in detrazione.
3. Applicazione della Prescrizione Decennale: Il diritto al rimborso che sorge in questo contesto non è soggetto al termine di decadenza biennale, bensì al termine di prescrizione ordinario di dieci anni, come stabilito dall’art. 2946 del codice civile. Questo perché la richiesta di rimborso in caso di cessazione attività è regolata da una norma specifica (art. 30, comma 2, D.P.R. 633/1972) che non prevede un termine di decadenza, rendendo applicabile la regola generale della prescrizione.
4. Decorrenza del Termine: Il termine decennale inizia a decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione del curatore o, in alternativa, dallo scadere del termine utile per presentarla (quattro mesi dopo la nomina del curatore).

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione consolida un principio di certezza giuridica fondamentale per le procedure concorsuali. Stabilire che il rimborso IVA fallimento è soggetto a un termine di prescrizione di dieci anni offre ai curatori fallimentari un arco temporale adeguato per ricostruire la posizione fiscale della società e recuperare crediti preziosi per la massa fallimentare. Viene così respinta una visione formalistica che legava il diritto al rimborso a una cessazione di attività in senso stretto, riconoscendo invece la sostanza degli effetti prodotti dall’apertura del fallimento. La sentenza rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia al pagamento delle spese processuali, confermando la piena legittimità della richiesta di rimborso avanzata dalla curatela.

Qual è il termine per richiedere il rimborso di un credito IVA in caso di fallimento?
Il termine per richiedere il rimborso di un credito IVA maturato prima del fallimento è quello di prescrizione ordinaria di dieci anni, e non il termine di decadenza biennale.

Da quando decorre il termine decennale per la richiesta di rimborso IVA?
Il termine decennale decorre dalla data in cui il curatore fallimentare presenta la dichiarazione IVA relativa alle operazioni antecedenti il fallimento, oppure dallo scadere del termine ultimo per la sua presentazione (cioè dal quarto mese successivo alla nomina del curatore).

Perché la dichiarazione del curatore fallimentare è equiparata alla cessazione dell’attività?
È equiparata alla cessazione dell’attività perché, con l’apertura della procedura concorsuale, l’impresa non prosegue l’attività economica. Di conseguenza, il credito IVA non può essere portato in detrazione nell’anno successivo e l’unica modalità per recuperarlo diventa il rimborso. La dichiarazione del curatore chiude di fatto il rapporto tributario precedente alla procedura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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