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Rimborso IVA e interessi: stop se la documentazione tarda

La Corte di Cassazione chiarisce che il periodo per la maturazione degli interessi su un rimborso IVA si sospende se il contribuente impiega più di 15 giorni a fornire la documentazione richiesta dall’Agenzia delle Entrate. La richiesta di documenti è legittima se non manifestamente pretestuosa. La sentenza accoglie il ricorso dell’Agenzia, negando gli interessi per i periodi di ritardo documentale.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA e Interessi: Quando si Sospende la Decorrenza?

La gestione di un cospicuo rimborso IVA può rivelarsi complessa, soprattutto quando l’Amministrazione Finanziaria avanza richieste di documentazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su come tali richieste incidano sulla maturazione degli interessi a favore del contribuente. La Corte ha stabilito che la collaborazione e la sollecitudine del contribuente sono essenziali per non vedere sospeso il proprio diritto agli interessi.

Il Caso: Una Complessa Procedura di Rimborso

Una società contribuente aveva richiesto un rimborso IVA per un importo di 150 milioni di euro. L’Agenzia delle Entrate, a seguito della richiesta, aveva avviato l’istruttoria, chiedendo documenti aggiuntivi. La società impiegava 81 giorni per fornire quanto richiesto. Successivamente, il credito veniva ceduto a una società di factoring.

L’Agenzia delle Entrate, a seguito della notifica della cessione, richiedeva ulteriori chiarimenti, in particolare sulle coordinate bancarie (IBAN) su cui effettuare il pagamento per avere un effetto liberatorio. Anche in questo caso, la risposta arrivava dopo 43 giorni.

La controversia è nata proprio sul calcolo degli interessi: la società cessionaria riteneva che gli interessi fossero dovuti anche durante i periodi in cui l’Agenzia attendeva la documentazione. La Corte di Giustizia di secondo grado aveva parzialmente accolto questa tesi, ma l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul rimborso IVA

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione di secondo grado, accogliendo pienamente le ragioni dell’Agenzia delle Entrate. Il principio cardine, basato sull’art. 38 bis del D.P.R. 633/1972, è che il tempo concesso all’amministrazione per la valutazione non può essere eroso da ritardi imputabili al contribuente.

Sospensione per Ritardata Consegna Documentale

La norma prevede che il periodo tra la notifica della richiesta di documenti e la loro consegna, se superiore a 15 giorni, non si computa ai fini della decorrenza degli interessi. Nel caso di specie, il ritardo di 81 giorni nella prima risposta ha giustamente causato la sospensione della maturazione degli interessi. Avallare una tesi contraria, secondo la Corte, priverebbe l’amministrazione del termine ‘ragionevole’ di 90 giorni previsto dalla legge per effettuare le proprie verifiche.

Legittimità delle Richieste di Chiarimenti

Anche la seconda richiesta di chiarimenti, relativa alla cessione del credito e all’IBAN, è stata ritenuta legittima. La Corte ha sottolineato che una richiesta di documenti da parte dell’amministrazione non è sindacabile dal giudice, a meno che non si riveli ‘manifestamente pretestuosa o meramente dilatoria’.

Considerando l’elevato importo del rimborso e la necessità di identificare con certezza il nuovo titolare del credito e le corrette modalità di pagamento per estinguere il debito, la richiesta è stata giudicata del tutto ragionevole e non pretestuosa. Di conseguenza, anche il periodo di 43 giorni per ottenere risposta ha correttamente sospeso la decorrenza degli interessi.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio di collaborazione e ragionevolezza. L’art. 38 bis è strutturato per incentivare la sollecitudine del contribuente: risposte fornite entro 15 giorni non incidono sulla decorrenza degli interessi, garantendo continuità. Superata questa soglia, scatta la sospensione, a tutela del tempo necessario all’amministrazione per la sua attività istruttoria. La legge, infatti, non può addossare all’amministrazione finanziaria l’onere di corrispondere interessi su somme che non può liquidare per un fatto addebitabile al richiedente stesso.

La Corte ha inoltre affermato un importante principio sulla discrezionalità dell’amministrazione: le richieste documentali sono espressione del potere istruttorio e possono essere contestate solo in caso di palese arbitrarietà. Nel caso specifico, la necessità di avere un quadro chiaro e completo, specialmente dopo una cessione del credito, era fondamentale per procedere al pagamento in modo corretto e liberatorio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza rafforza un concetto fondamentale nei rapporti tra Fisco e contribuente: la tempestività nelle risposte è cruciale. Per chi richiede un rimborso IVA, è essenziale rispondere alle richieste di documentazione dell’Agenzia delle Entrate nel minor tempo possibile, e comunque entro 15 giorni, per evitare la sospensione della maturazione degli interessi. Inoltre, la decisione conferma che le richieste istruttorie dell’amministrazione godono di un’ampia legittimità, e possono essere contestate solo in casi eccezionali di manifesta pretestuosità. Per le aziende, ciò significa organizzare i propri uffici amministrativi per garantire risposte rapide ed esaustive, al fine di accelerare l’incasso dei rimborsi e massimizzare gli interessi dovuti.

Se il contribuente risponde a una richiesta di documenti per un rimborso IVA dopo più di 15 giorni, maturano gli interessi per quel periodo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’art. 38 bis, comma 1, d.P.R. 633/1972 stabilisce che il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta e la data di consegna dei documenti, se superiore a 15 giorni, non viene computato ai fini della decorrenza degli interessi di mora.

L’Agenzia delle Entrate può chiedere chiarimenti sulla cessione di un credito IVA, sospendendo gli interessi, anche se l’atto è già stato notificato?
Sì. La Corte ha stabilito che la richiesta di chiarimenti, come quella sull’IBAN corretto per il pagamento al nuovo creditore, è un legittimo esercizio del potere istruttorio dell’amministrazione. Se la risposta del contribuente supera i 15 giorni, il decorso degli interessi viene sospeso, a meno che la richiesta non sia manifestamente pretestuosa o dilatoria.

Un giudice può valutare se una richiesta di documenti da parte dell’Agenzia delle Entrate è opportuna?
No, non nel merito. La richiesta di documenti al contribuente non è sindacabile dal giudice di merito, salvo che, alla luce di una valutazione complessiva, essa si riveli manifestamente pretestuosa o meramente dilatoria e contraria al principio di ragionevolezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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