Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9111 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9111 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8743/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME
COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA DI SECONDO GRADO DELLA LOMBARDIA n. 722/2023 depositata il 23/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Corte di Giustizia di secondo grado della Lombardia ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 722/2023 depositata in data 23/02/2023, ha accolto l’appello proposto da Unicredit Factoring s.p.a. ( hinc: Unicredit) e, in parziale riforma della sentenza n. 4604/2021 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, ha rideterminato in Euro 1.019.178,07 l’ammontare degli interessi dovuti alla parte appellante maturati sul credito da rimborso IVA.
Il contenzioso riguarda l’ammontare degli interessi calcolati su un rimborso IVA di centocinquanta milioni di euro maturato da Edison s.p.a. (successivamente ceduto a Unicredit) e inizialmente liquidati dall’amministrazione finanziaria in Euro 468.493,15 a fronte di una maggior richiesta di Euro 1.709.589,04 (con una differenza pari a Euro 1.241.095,89, sulla cui istanza di restituzione si è formato il cd. silenzio-rifiuto, impugnato ex art. 21, comma 2, d.lgs. 31/12/1992, n. 546).
Il rimborso del credito è stato chiesto con la dichiarazione IVA presentata in data 15/05/2020 da RAGIONE_SOCIALE ai sensi degli artt. 30 e 38 bis d.P.R. 26/10/1972, n. 633.
La CGT2 ha ritenuto che l’unica richiesta di documenti proveniente dall’amministrazione finanziaria fosse quella del 25/05/2020 , evasa in
data 13/08/2020, data di scadenza del termine di novanta giorni. Non essendo spirato tale termine, non sono maturati gli interessi. Di conseguenza, gli interessi:
sono dovuti nel periodo compreso tra il 13/08/2020 e il 01/11/2020; – non sono dovuti nel periodo della ritardata consegna della garanzia ex art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 (dal 04/11/2020 al 30/11/2020; – sono dovuti nel periodo durante il quale sono stati chiesti i chiarimenti in merito alla cessione del credito (cioè dal 29/12/2020 al 09/02/2021), dal momento che la contribuente, in data 18/12/2020, aveva fatto pervenire, a mezzo di ufficiale giudiziario, copia dell’atto di cessione del credito, dove era indicato l’IBAN intestato a RAGIONE_SOCIALE indipendentemente dal possesso dell’originale ricevuto per la registrazione del contratto (imposta di registro) che fa retroagire la
e ciò conoscenz a da parte dell’Agenzia delle Entrate al 10/10/2020.
Contro la sentenza della CGT2 l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
Unicredit ha resistito con controricorso.
…
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate ha denunciato, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972.
1.1. La parte ricorrente riepiloga così la sequenza cronologica dei fatti:
-in data 25 maggio 2020 l’Agenzia delle Entrate della Lombardia faceva una richiesta di documenti necessari, al fine di effettuare un controllo sui requisiti per il riconoscimento del diritto al rimborso e sulla regolarità del credito IVA riportato in dichiarazione;
-in data 13 agosto 2020 – dopo n. 81 giorni – la società RAGIONE_SOCIALE ottemperava alla suddetta richiesta di documentazione;
-in data 4 novembre 2020, esaurita la fase istruttoria, l’Ufficio richiedeva la garanzia ex art. 38-bis del D.P.R. 633/72, non sussistendo in capo alla società RAGIONE_SOCIALE i requisiti per l’esonero dalla sua presentazione;
in data 30 novembre 2020, dopo n. 27 giorni la società istante produceva la polizza fideiussoria emessa dalla società RAGIONE_SOCIALE
-in data 18 dicembre 2020 era notificato all’Ufficio un atto denominato « Contratto di factoring pro soluto per cessione IVA annuale » del 10 dicembre 2020, registrato presso l’Ufficio di Milano 2 nella medesima data, al n. 63359 Serie 1T, con cui la società RAGIONE_SOCIALE cedeva a titolo oneroso il credito di cui sopra (oltre interessi maturati e maturandi) alla società RAGIONE_SOCIALE c.f. P_IVA;
in data 29 dicembre 2020 si rendeva necessario notificare ad entrambe le società (cedente e cessionaria) una richiesta di chiarimenti in merito all’atto di cessione del credito;
in data 9 febbraio 2021, dopo n. 43 giorni veniva prodotto all’Ufficio un atto di integrazione alla cessione di credito nel quale si precisava: « Con il presente atto, le Parti concordano che i pagamenti che il Debitore effettuerà in dipendenza della Cessione dovranno essere effettuati, per avere pieno effetto liberatorio nei suoi confronti, esclusivamente alla Cessionaria sul seguente conto corrente bancario intestato alla Cessionaria medesima: c/c n. 103982941, presso UNICREDIT Spa (ABI 02008 Cab.094340), IBAN: IT05 P020 0809 434I 00103982 941 ».
in data 9 marzo 2021 era effettuata la disposizione di pagamento per un capitale di euro 150.000.000,00, oltre interessi quantificati in euro 468.493,15 calcolati secondo disposizioni di cui all’art. 38 bis del D.P.R.633/1972.
1.2. La ricorrente ha evidenziato, pur nella corretta evocazione del quadro normativo rilevante per la decisione della presente controversia, due errori di diritto nella sentenza impugnata.
1.3. Il primo errore è quello di aver ritenuto che gli interessi potessero maturare nonostante l’incompletezza della documentazione prodotta dalla contribuente. In tale prospettiva, è errata la riconosciuta debenza degli interessi (pari a Euro 665.75342) calcolati per 81 giorni nel periodo compreso tra il 13/08/2020 e il 01/11/2020: in tale arco di tempo l’ufficio non ha potuto portare a compimento l’istruttoria per il rimborso per cause imputabili al contribuente stesso.
1.4. Il secondo errore riguarda il periodo compreso tra il 29/12/2020 e il 09/02/2021 -durante il quale sono stati calcolati, come dovuti, interessi per Euro 353.424,66 -considerato che l’atto denominato « Contratto di factoring pro soluto per cessione IVA annuale» del 10/12/2020 non consentiva di rilevare quale fosse l’adempimento del debitore ceduto, in relazione all’erogazione del rimborso, non essendo indicato l’IBAN su cui eseguire l’accredito, né il soggetto beneficiario del rimborso. Ne è, quindi, s caturita un’ulteriore richiesta di chiarimenti, seguita dalla dichiarazione integrativa del 09/02/2021 riportata supra, sub 1.1.
Passando all’esame del ricorso, i n via preliminare, occorre dare atto dell’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità articolata Unicredit a pag. 8-9 del controricorso, in quanto la parte ricorrente non avrebbe censurato, con l’unico motivo di ricorso , tutte le rationes decidendi della sentenza impugnata. Queste ultime devono essere, infatti, ricavate da una lettura complessiva della sentenza impugnata e non possono essere estrapolate, considerando solamente la frase riportata nella sesta pagina, dove si legge che: « Come riportato dalla stessa agenzia a pag. 11 delle controdeduzioni (peraltro senza data ne protocollo) l’unica richiesta documentale è quella del 25 maggio 2020,
ottemperata in data 13 agosto 2020, data coincidente con quella di scadenza dei 90 gg. »
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha fatto (v. la nona e la decima pagina del file PDF) una distinzione in quattro periodi:
dal 13/08/2020 al 01/12/2020: ritenendo dovuti gli interessi;
dal 04/11/2020 al 30/11/2020: ritenendo non dovuti gli interessi in ragione della ritardata consegna della garanzia;
dal 01/12/2020 al 28/12/2020: ritenendo dovuti gli interessi;
dal 29/02/2020 al 09/02/2021: ritenendo dovuti gli interessi in ragione del fatto che la richiesta di chiarimenti non poteva avere effetto sospensivo, stante la notificazione dell’atto di cessione.
Ora -dato atto che il motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 per il riconoscimento degli interessi nei periodi indicati, supra, sub 1 e 4 -occorre evidenziare che, se è vero che la sentenza impugnata fa riferimento, da un lato, all’ unica richiesta documentale , evasa in data 13/08/2020 (facendo decorrere la maturazione degli interessi da quest’ultima data), ritiene sussistere , dall’altro lato, un’ipotesi di sospensione connessa alla ritardata consegna della garanzia (v. supra , n. 2, periodo 04/11/202030/11/2020), evidenziando che: « l’ordinanza n. 25164/2022 la Corte di Cassazione ha affermato che la mancata produzione della documentazione attestante la conseguita garanzia finanziaria impedisce la liquidazione del rimborso al contribuente, per fatto esclusivamente a lui attribuibile ed comporta la sospensione della decorrenza degli interessi. »
2.1. Ciò premesso occorre fare due considerazioni: la prima è che le censure relative al riconoscimento degli interessi nel periodo compreso tra il 13/08/2020 e il 01/11/2020 e il 29/12/2020 e il 09/02/2021 non riguardano la richiesta di ulteriore documentazione, ma una non corretta interpretazione dell’art. 38 bis, comma 1, d.P.R .
n. 633 del 1972, nel primo caso (su cui v. infra, sub 3) e la richiesta di chiarimenti a seguito della notificazione della cessione del credito IVA, nel secondo caso (ipotesi che, peraltro, integra una sopravvenienza successiva alla richiesta di rimborso avanzata alcuni mesi prima dalla RAGIONE_SOCIALE s.p.a.).
3. Partendo dalla verifica di quello indicato dalla parte ricorrente come il primo errore di diritto ( i.e. il periodo compreso tra il 13/08/2020 e il 01/11/2020), occorre richiamare il testo dell’art. 38 bis, primo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, il quale prevede che: « I rimborsi previsti nell’articolo 30 sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione. Sulle somme rimborsate si applicano gli interessi in ragione del 2 per cento annuo, con decorrenza dal novantesimo giorno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, non computando il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi quindici giorni. »
Sul punto questa Corte (Cass. 19/05/2022, n. 16101) ha rilevato come, in tema di rimborso, nonostante il margine di discrezionalità concesso agli Stati membri nel dare attuazione all’art. 183 Dir. 2006/112/CE del 28/11/2006 ( hinc: Dir. 2006/112/CE), sia, comunque, necessario che non sia leso il principio della neutralità fiscale. Deve essere, quindi, garantito al soggetto passivo di recuperare la totalità del credito risultante dall’eccedenza cui egli ha diritto, in modo che il rimborso sia eseguito entro un termine ragionevole. In ogni caso, il sistema di rimborso adottato non deve esporre il soggetto passivo a rischio finanziario alcuno (CGUE, causa C-107/10, RAGIONE_SOCIALE, § 33; causa C-487/20, RAGIONE_SOCIALE, § 25; causa C-582/20, RAGIONE_SOCIALE, § 58). Di conseguenza, qualora il rimborso dell’eccedenza di IVA non avvenga entro un termine ragionevole, il soggetto passivo ha
diritto agli interessi di mora, perché altrimenti la sua situazione risulterebbe pregiudicata, in violazione del principio di neutralità. Sebbene l’art. 183 Dir. 2006/112/CE non preveda l’obbligo di corresponsione di interessi sull’eccedenza di IVA da rimborsare, né specifichi il dies a quo ai fini della determinazione relativa, il principio in questione comunque comporta che le perdite finanziarie generate da un rimborso eseguito oltre un termine ragionevole siano compensate dal pagamento di interessi di mora (CGUE, causa C-387/16, Nidera, § 25; causa C-446/18, RAGIONE_SOCIALE CZ, § 40; causa C-844/19, CS, § 40). È stato, quindi, evidenziato -sempre da Cass. n. 16101 del 2022 che, per escludere la corresponsione degli interessi occorre, di conseguenza, stabilire che il rimborso sia stato eseguito entro un termine ragionevole (Cass. n. 28333 del 2018), oppure che non sia configurabile la mora del debitore, ossia dell’amministrazione, per mancanza di certezza del debito (sul punto, ex multis , Cass. n. 28257 del 2013 e 28258 del 2013). Tale termine ragionevole è stato individuato nell’art. 38 bis, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972 in novanta giorni, « non computando il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi quindici giorni» (sul punto v. Cass., 23/08/2022, n. 25164).
3.1. In sostanza, il legislatore ha ritenuto di riservare all’amministrazione un termine ragionevole per la decisione, fissandolo in novanta giorni e senza computare il periodo compreso tra la notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna. La decorrenza di tale termine non è scalfita da risposte del contribuente alla richiesta di documentazione in un margine di tempo (ristretto) al di sotto di quindici giorni. Superato tale termine la richiesta documentale, a prescindere dal momento in cui avvenga, sospende il termine ragionevole di novanta giorni che la legge concede all’amministrazione finanziaria per la valutazione dell’istanza di
rimborso del contribuente. La sospensione superiore a quindici giorni incide, quindi, sulla decorrenza degli interessi, a prescindere dal momento temporale in cui sia, eventualmente, collocata, e cioè tanto nei primi novanta giorni dalla presentazione dell’istanza che successivamente.
3.2 . Avallare una lettura dell’art. 38 bis, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972 come quella sostenuta nella sentenza impugnata -che ritiene irrilevanti, ai fini della sospensione prevista nella norma, richieste documentali avanzate nel periodo di novanta giorni concesso all’amministrazione per decidere, anche ove superiori al periodo di comporto di quindici giorni previsto nella disposizione appena richiamata -finirebbe per privare l’amministrazione del termine ragionevole di novanta giorni concesso per la verifica dei requisiti necessari a dare riscontro positivo all’istanza di rimborso. Sul punto questa Corte ha rilevato, in modo condivisibile, che non è possibile ipotizzare una stasi dell’attività amministrativa a discrezione del contribuente e addossare all’amministrazione finanziaria l’onere di corrispondere gli interessi su somme che non può liquidare per fatto addebitabile al richiedente (Cass., 06/09/2013, n. 20510).
Seguendo tale prospettazione, nel caso di specie, a fronte dell’istanza di rimborso avanzata in data 15/05/2020 e la richiesta di documenti del 25/05/2020, il deposito della documentazione al novantesimo giorno (13/08/2020) finisce per privare, in toto , l’amministrazione di un adeguato periodo di valutazione della documentazione necessaria per rispondere all’istanza di rimborso del contribuente.
Al contrario l’art. 38 bis, comma 1, cit. incentiva la collaborazione e la sollecitudine del contribuente, grazie alla previsione che rende irrilevanti, ai fini della decorrenza del termine di novanta giorni, risposte alle istanze documentali dell’amministrazione finanziaria, inferiori a quindici giorni. Mantenersi al di sotto di tale termine implica,
quindi, un’assoluta certezza dell’applicazione degli interessi riconosciuti dall’art. 38 bis cit. una volta decorsi novanta giorni dall’istanza.
3.3. Deve, quindi, affermarsi che « In caso di rimborso del credito IVA, ai sensi dell’art. 38 bis, comma 1, d.P.R. 26/10/1972, n. 633, non si computa, ai fini della decorrenza degli interessi di mora, il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’amministrazione finanziaria e la data della loro consegna da parte del contribuente, se superiore a quindici giorni, senza che assuma rilievo, in senso contrario, la circostanza che la richiesta integrativa sia fatta nei novanta giorni successivi alla presentazione della dichiarazione annuale o successivamente. »
3.4. Di conseguenza, deve ritenersi errata la statuizione della sentenza impugnata che ha considerato come dovuti gli interessi sulla somma oggetto di rimborso (anche) nel periodo compreso tra il 13/08/2020 e il 01/11/2020, senza tenere conto del periodo di sospensione tra la richiesta di documentazione da parte dell’amministrazione finanziaria (25/05/2020) e la data di consegna di tale documentazione da parte del contribuente (13/08/2020) superiore a quindici giorni.
Venendo al l’esame d i quello indicato dalla ricorrente come il secondo errore di diritto della sentenza impugnata, relativo alla decorrenza degli interessi nel periodo compreso tra il 29/12/2020 e il 09/02/2021, la CGT2 incentra la valutazione della debenza degli interessi nel periodo appena richiamato, collegandola alla notificazione dell’atto di cessione del credito con l’indicazione di un IBAN . In tal modo il giudice di seconde cure ritiene, evidentemente, pretestuosi, i chiarimenti richiesti dall’amministrazione finanziaria.
4.1. Tuttavia, la richiesta di chiarimenti e di documenti ai sensi dell’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 può essere considerata tamquam
non esset, ai fini della decorrenza degli interessi, nella sola ipotesi in cui tale richiesta si riveli manifestamente pretestuosa o dilatoria o riguardi una documentazione già in possesso dell’amministrazione finanziaria. La ragionevolezza del termine entro il quale l’amministrazione finanziaria deve eseguire il rimborso non esclude, infatti, l’espletamento di adempimenti istruttori che determinano in caso di risposta del contribuente superiore a quindici giorni -la sospensione del termine di novanta giorni, astrattamente fissato dal legislatore per l’esecuzione del rimborso (v. supra, sub 3.3).
L ‘ambito applicativo dell’art. 38 bis, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972 -con precipuo riferimento alle richieste documentali avanzate dall’amministrazione finanziaria è, infatti, governato dal principio di ragionevolezza (così come declinato anche nell’ambito della giurisprudenza unionale richiamata, supra, sub 3), quale limite esterno dell’azione dell’amministrazione finanziaria, che a sua volta perimetra anche l’ambito del sindacato giurisdizionale alle sole ipotesi di manifesta superfluità o arbitrarietà delle richieste documentali integrative.
4.2. Deve, quindi, affermarsi che: « In tema di rimborso ai sensi dell’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 la richiesta dall’amministrazione finanziaria di documenti al contribuente non è sindacabile dal giudice di merito, salvo che, alla luce di una valutazione complessiva del quadro fattuale e giuridico, non si riveli manifestamente pretestuosa o meramente dilatoria e contraria al principio di ragionevolezza. »
4.3. La sentenza impugnata non si conforma a quanto sin qui evidenziato: nel caso di specie risulta, infatti, che in data 09/02/2021 le parti abbiano, infine, trasmesso una dichiarazione in cui si legge che: « le Parti concordano che i pagamenti che il Debitore effettuerà in dipendenza della Cessione dovranno essere effettuati, per avere pieno
effetto liberatorio nei suoi confronti, esclusivamente alla Cessionaria sul seguente conto corrente bancario intestato alla Cessionaria medesima: c/c n. 103982941, presso RAGIONE_SOCIALE Spa (ABI 02008 Cab.094340), IBAN: IT05 P020 0809 434I 00103982 941».
Non solo l’IBAN indicato è diverso da quello riportato nella sentenza, ma le parti concordano che i pagamenti potranno avere efficacia liberatoria solo ove eseguiti sul conto corrente indicato nella dichiarazione del 09/02/2021. Ora, se è vero che la cessione del credito ha efficacia nei confronti del debitore ceduto quando sia stata notificata o accettata da quest’ultimo (art. 1264 c.c.), è altrettanto vero che il credito da rimborso IVA viene eseguito dall’amministrazione finanziaria in conto fiscale, tra mite accredito sul conto corrente dell’avente diritto al rimborso.
Infine, occorre rilevare come la stessa risposta data in data 09/02/2021 non sia meramente riepilogativa di atti e documenti già trasmessi all’amministrazione finanziaria, ma rechi una dichiarazione delle parti stesse.
4.4. Deve, quindi, ritenersi che la sentenza impugnata abbia errato, anche laddove ha dato rilievo alla notificazione dell’atto di cessione del credito, ritenendo che la richiesta di chiarimenti dell’amministrazione finanziaria non fosse idonea a sospendere la decorrenza del pagamento degli interessi, nell’ipotesi di risposta del contribuente superiore a quindici giorni, senza aver adeguatamente valutato le ragioni di tale richiesta e se quest’ultima fosse manifestamente dilatoria e superflua, tenuto conto delle concrete circostanze, tra le quali viene necessariamente in rilievo anche l’elevato ammontare del credito oggetto di rimborso, oltre che la sua cessione e l’esigenza di una compiuta identificazione del titolare e delle modalità di pagamento con efficacia liberatoria.
Alla luce di quanto sin qui rilevato, il ricorso è fondato e deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente procedimento.
…
P.Q.M.
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, deciderà anche accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; sulle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 28/02/2025.