Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25048 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25048 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30330/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE
(
)
-ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BOLZANO n. 17/2020 depositata il 29/09/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria Regionale di Bolzano ( hinc: CTR), con la sentenza n. 17/2020 depositata in data 29/09/2020 ha rigettato gli appelli proposti dall’Agenzia delle Entrate conto le sentenze n. 86/2019 e 140/2019 della Commissione tributaria provinciale di Bolzano.
1.1. Secondo quanto risulta dagli atti di causa RAGIONE_SOCIALE ( hinc: la contribuente) aveva presentato plurime istanze di rimborso di crediti IVA trimestrali ai sensi degli artt. 30, comma 3, e 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972, per un importo pari a quasi dodici milioni di euro. A seguito di tali richieste l’Agenzia delle Entrate aveva emanato distinti provvedimenti di sospensione, comunicando che la società, in esito alle verifiche eseguite dalla Guardia di Finanza per gli anni di imposta dal 2005 al 2014 e al PVC del 04/06/2014 -da cui era emersa un’imposta complessiva di Euro 37.781.294,77) , aveva ricevuto plurimi avvisi di accertamento, con la conseguenza che, per ottenere i rimborsi richiesti, avrebbe dovuto o definire tali pendenze o presentare idonea garanzia a tempo indeterminato.
La contribuente aveva, quindi, impugnato i provvedimenti di sospensione dei rimborsi IVA emessi ai sensi dell’art. 23 d.lgs. n. 471 del 1997, riuniti nell’ambito di due giudizi definiti con le sentenz e n. 86/2019 (relative agli atti di sospensione dei rimborsi IVA per il I, II, III trimestre del 2017 e per il terzo trimestre 2015) e 140/2019 (relativo agli atti di sospensione dei rimborsi IVA per il I, II e III trimestre 2018) che avevano accolto i ricorsi proposti dalla contribuente. Gli appelli proposti contro le sentenze n. 86/2019 e 140/2019 sono poi stati riuniti nel giudizio davanti alla CTR, definito con la sentenza n. 17/2020, impugnata nel presente giudizio.
In particolare, nel rigettare gli appelli riuniti proposti dall’Agenzia delle Entrate, la CTR -dato atto che l’Agenzia delle Entrate aveva medio tempore revocato tutti i provvedimenti di sospensione originariamente emessi in relazione al rimborso del credito IVA -ha ritenuto che, a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, n. 2320 del 2020) -l’Agenzia delle Entrate fosse tenuta alla restituzione delle fideiussioni sine die stipulate in sostituzione delle sospensioni disposte. In particolare, considerato che le pronunce delle commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano ritenuto infondati i carichi pendenti in relazione ai quali l’amministrazione finanziaria aveva disposto la sospensione -che aveva perso, conseguentemente, efficacia -ha ritenuto che (anche) le fideiussioni dovessero necessariamente seguire la sorte di quest’ultima.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
La contribuente ha resistito con controricorso, con contestuale ricorso incidentale.
La Procura Generale della Corte di cassazione ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale.
Con memoria ex art. 378 cod. proc. civ., depositata in data 22/06/2025, la ricorrente in via incidentale ha chiesto di dichiarare la cessazione della materia del contendere, con richiesta di condanna dell’amministrazione ricorrente in via principale al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio, nonché del precedente grado di merito. È stata altresì richiesta la condanna della ricorrente principale per lite temeraria ex art. 15, comma 2, d.lgs. 31/12/1992, n. 546.
6.1. Con tale memoria la ricorrente in via incidentale ha esposto che:
-l’Agenzia delle Entrate – nonostante la condanna esecutiva, sollecito e diffida formale della contribuente del 24/08/2020 (doc. 13-14 controricorso) – si è inizialmente rifiutata di restituire le fideiussioni suppletive, rifiutando, in data 20/10/2020 (successivamente alla sentenza di condanna del 18/09/2020 e nonostante Cass., Sez. U, 31/01/2020, n. 2320), la restituzione delle garanzie, in ragione della necessità di attendere il passaggio in giudicato delle sentenze per restituire le garanzie prestate ex art. 23 d.lgs. 472 del 1997;
solo a seguito di formale atto di messa in mora di SAD ex art. 70, co. 2, D.lgs. 546/1992, notificato in data 14.12.2020, l’Ufficio, nelle more del presente giudizio di legittimità, ha finalmente ottemperato alla sentenza del Giudice di appello e restituito a SAD, in data 21.04.2021, le fideiussioni integrative stipulate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, occorre dare atto che -nonostante l’istanza di dichiarazione della cessazione della materia del contendere – la richiesta della ricorrente incidentale di condannare l’Agenzia delle
Entrate al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio e di quello precedente, oltre che per lite temeraria ex art. 15, comma 2-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, impone di esaminare i motivi di ricorso principale e incidentale.
Con l’unico motivo di ricorso principale è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
2.1. In via preliminare, occorre dare atto di quanto riferito dalla ricorrente, in via principale, in ordine al fatto che tutti i carichi pendenti contenuti negli avvisi di accertamento sono stati annullati (ancorché non definitivamente all’epoca di presentazione del ricorso ) da talune sentenze emesse dalle commissioni tributarie provinciali e regionali. Inoltre, tutti i provvedimenti di sospensione dei rimborsi IVA sono stati revocati per effetto della presentazione della garanzia fideiussoria da parte della contribuente, cui ha fatto seguito l’esecuzione dei rimborsi richiesti.
Con riferimento al motivo di ricorso è stato, poi, evidenziato che, l’amministrazione finanziaria, in relazione alle richieste di rimborso IVA ex art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 aveva, inizialmente, sospeso i rimborsi, in ragione della presenza degli avvisi di accertamento (non definitivi), ai sensi dell’art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997. Nel corso del giudizio di primo grado, al fine di ottenere l’erogazione dei rimborsi, la contribuente aveva prestato le garanzie fideiussorie aggiuntive a tempo indeterminato, con la conseguente revoca dei provvedimenti di sospensione e il rimborso anticipato dei crediti IVA.
3.1. La ricorrente principale ha, quindi, richiamato la disciplina dei rimborsi IVA di cui all’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972, evidenziando che, in presenza di ragioni di credito erariale diverse
da quelle che giustificano il rimborso, possono essere applicate, come precisato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, n. 2320 del 2020), le disposizioni contenute negli artt. 23 d.lgs. n. 472 del 1997 e 69 r.d. n. 2440 del 1923. Di conseguenza, la sospensione dei rimborsi IVA ex art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997 è stata correttamente attuata dall’amministrazione finanziaria, dato che, al momento della sua emissione, la società era destinataria di un PVC in cui veniva rilevato un recupero d ‘imposta d’importo assai rilevante.
A seguito della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bolzano, n. 20/2020 depositata in data 13/02/2020 (con cui sono stati annullati, sebbene non in modo definitivo, i carichi pendenti nei confronti della società contribuente), sono venuti meno i requisiti per i provvedimenti di sospensione ex art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997. Peraltro, alla data del 13/02/2020, i provvedimenti di sospensione del rimborso IVA relativi al I, II e III trimestre 2017 e I, II e III trimestre 2018 erano stati autonomamente revocati, in quanto la contribuente aveva prestato la garanzia fideiussoria alternativa alla definizione dei carichi pendenti.
3.2. La CTR ha, tuttavia, ritenuto, in violazione dell’art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997, che in esito alle sentenze che hanno disconosciuto i carichi pendenti, l’Agenzia delle Entrate fosse tenuta alla restituzione delle fideiussioni stipulate, legando le sorti dei provvedimenti di sospensione dei rimborsi ex art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997 -la cui sopravvivenza era impedita da quanto stabilito da Cass., Sez. U, n. 2320 del 2020 -a quella delle fideiussioni presentate per ottenere l’anticipata e immediata er ogazione dei rimborsi.
Le sentenze (sopravvenute) di annullamento, ancorché non definitive, dei carichi pendenti, pur facendo venir meno i presupposti
per il mantenimento dei provvedimenti di sospensione del rimborso ex art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997, non hanno efficacia sulle fideiussioni medio tempore prestate dal contribuente per ottenere l’erogazione anticipata del rimborso. Tanto più che Cass., Sez. U, n. 2320 del 2020 non ha fatto alcun riferimento alla questione relativa alle fideiussioni, che costituiscono atti volontari sostitutivi della tutela dei crediti erariali assicurata dall’art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997.
3.3. Ad avviso della ricorrente in via principale, la fideiussione è, infatti, svincolata dalle sorti del provvedimento di sospensione e trova, invece, la propria giustificazione causale nell’erogazione anticipata del rimborso.
L’Agenzia delle Entrate rileva, infine, che lo stesso art. 8, comma 4, legge n. 212 del 2000 -nel prevedere che quando sia definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore a quella accertata, l’amministrazione è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere il rimborso -presuppone una durata delle fideiussioni ancorata esclusivamente alla definitività dell’accertamento.
Passando all’esame del motivo , deve darsi atto dell’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità per difetto di autosufficienza sollevata dalla parte controricorrente, in ragione del fatto che l’Agenzia delle entrate avrebbe omesso l’illustrazione delle ragioni di diritto esposte dalla contribuente negli atti di primo e secondo grado. Dalla lettura del ricorso emerge, infatti, quali fossero le censure della contribuente contro gli atti impositivi impugnati (pag. 3 e 7 del ricorso in cassazione) e, in via esemplificativa, sono richiamati anche i contenuti di alcune memorie depositate in primo e in secondo grado (es. pag. 4 e 12 del ricorso in cassazione). Il requisito di specificità non richiede, del resto, un’analitica indicazione
di ogni e qualsivoglia argomentazione spesa dalla controparte nei precedenti gradi di giudizio (arg. ex Cass., Sez. U, 18/03/2022, n. 8950).
4.1. Occorre rilevare, poi, che, prima dell’illustrazione dei suoi contenuti, la ricorrente principale premette che: « l’errore in cui è incorso il Giudice di appello, come subito si dirà, consiste nell’aver ordinato anche lo svincolo delle fideiussioni rilasciate dalla contribuente al fine di conseguire l’immediato rimborso dei crediti Iva.»
4.2. La CTR ha ritenuto , nonostante l’esecuzione dei rimborsi, che non potesse essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, poiché l’Agenzia delle Entrate intende va mantenere le fideiussioni sine die.
La questione dirimente, tuttavia, è che oggetto dei ricorsi introduttivi davanti al giudice di prime cure erano unicamente i provvedimenti di sospensione e in tal senso si era pronunciata la sentenza di primo grado riportata a pag. 7, nella parte in cui afferma che nel caso di specie mancavano i requisiti per la sospensione del rimborso o per pretendere per la sua revoca ulteriori garanzie diverse da quelle disposte dall’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972.
Il petitum del presente giudizio è pertanto costituito dalla domanda di annullamento degli atti di sospensione della richiesta di rimborso, venuti meno a seguito dell’esecuzione di quest’ultimo da parte dell’Agenzia delle Entrate , una volta presentata la fideiussione sine die. La richiesta di prestazione di quest’ultima da parte dell’amministrazione finanziaria costituiva, quindi, un possibile motivo di contestazione della legittimità degli atti di sospensione (i quali precisavano, secondo quanto si legge a pag. 2 del ricorso in cassazione che la sospensione avrebbe operato in attesa della definizione delle pendenze in corso ‘o della presentazione di idonea
garanzia, senza limiti temporali, per l’ammon tare dei contesti stessi, fino all’ammontare del rimborso’.
Diversamente, la richiesta di restituzione delle fideiussioni sine die successivamente prestate dal contribuente ha costituito oggetto di un’indebita estensione del petitum da parte del giudice di seconde cure (che secondo quanto si legge a pag. 14 del controricorso scaturisce dalla richiesta della società contribuente di conferma delle sentenze di primo grado col conseguente obbligo di restituzione delle illegittime fideiussioni ‘integrative’ nel frattempo prestate).
Si legge, infatti, a pag. 14 del ricorso in cassazione: « .. tenuto conto dell’intervenuta revoca di tutti provvedimenti di sospensione dei rimborsi e della erogazione dei rimborsi richiesti, l’Ufficio domandava l’estinzione di entrambi i giudizio di appello per cessata materia del contendere. In ordine alla richiesta di svincolo e restituzione delle garanzie fideiussorie, l’Ufficio osservava infatti che tale restituzione non avrebbe potuto formare oggetto di decisione, in quanto oggetto della controversia erano solo i provvedimenti di sospensione dei rimborsi impugnati. Le fideiussioni erano state depositate solo successivamente all’instaurazione del giudizio e non potevano quindi costituire materia del contendere.»
Tale considerazione è corretta: le fideiussioni sono state prestate dalla società contribuente a seguito dell’instaurazione del giudizio e non potevano essere, quindi, oggetto di alcuna decisione da parte della CTR perché non erano oggetto del procedimento instaurato con l’impugnazione degli atti di sospensione. Di conseguenza, una volta venuti questi ultimi per effetto della prestazione delle fideiussioni, il giudice di seconde cure non avrebbe potuto negare la declaratoria di cessazione della materia del contendere. Deve, quindi, ritenersi non corretta la decisione della CTR che -una volta contestata la revoca dei provvedimenti di sospensione e l’erogazione dei rimborsi richiesti
ha ritenuto di non poter dichiarare la cessazione della materia del contendere in ragione della mancata restituzione delle fideiussioni.
Quanto appena evidenziato non è scalfito da quanto riportato dalla controricorrente a pag. 23-24 del controricorso contenente il ricorso incidentale, dove richiama le conclusioni, tanto dell’ufficio che della contribuente, in cui si chiede di pronunciarsi non solo sulla legittimità dei provvedimenti di sospensione, ma anche sulle fideiussioni sine die medio tempore prestate. Le parti non sono, infatti, libere di modificare ad libitum l’oggetto del processo tributario che nella specie nasce in relazione alla richiesta di annullamento degli atti di sospensione, essendo pacifico non solo che le fideiussioni siano state prestate in pendenza di giudizio, ma anche che le stesse non rientrino tra gli atti impugnabili ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992. Di conseguenza, non può essere condiviso quanto affermato dalla controricorrente a pag. 24 del controricorso e cioè che: « gli atti processuali non lasciano dunque dubbi che oggetto del presente giudizio è non solo la legittimità dei provvedimenti di sospensione (ora revocati, ma ancor prima inefficaci), ma altresì la legittimità e debenza delle fideiussioni prestate.»
La CTR avrebbe, quindi, dovuto dichiarare la cessazione della materia del contendere.
Dato atto, quindi, che i provvedimenti di sospensione impugnati sono stati revocati e sono stati eseguiti i rimborsi richiesti, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere sul ricorso principale.
Diversamente, devono ritenersi infondati i motivi di ricorso incidentale.
5.1. In particolare, con il primo motivo di ricorso incidentale è stata denunciata , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR compensato le spese di lite in assenza di soccombenza parziale o di gravi ed eccezionali ragioni espressamente motivate.
5.2. La ricorrente incidentale evidenzia che, in base all’art. 15, d.lgs. n. 546 del 1992, le spese di lite possono essere compensate solo in caso di soccombenza parziale o quando sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate.
Nel caso di specie, tuttavia, la CTR, nel rigettare l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha motivato la statuizione sulla compensazione delle spese su una non meglio specificata complessità delle questioni trattate, che non assurge, tuttavia, ai requisiti previsti nell’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 per la compensazione delle spese di lite.
Parimenti non integra i presupposti di legge il riferimento ai contrasti giurisprudenziali esistenti fino a Cass., Sez. U, n. 2320 del 2020.
5.3. Con il secondo motivo di ricorso incidentale è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.,, la nullità della sentenza nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno omesso di motivare sulle gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione delle spese di giudizio. Nella specie la sentenza impugnata ha motivato in ordine alla sussistenza dei requisiti per la compensazione rinviando alla complessità delle questioni affrontate. Tale motivazione deve ritenersi meramente apparente, in quanto non consente di individuare la complessità delle questioni che giustificherebbe la compensazione.
5.4. I due motivi di ricorso incidentale possono essere esaminati congiuntamente, dovendo ritenersi infondato il secondo motivo, essendo chiare -pur nella stringatezza della motivazione -le ragioni
per le quali il giudice di seconde cure ha ritenuto di dover disporre la compensazione delle spese di lite.
5.5. La non corretta statuizione del giudice di seconde cure in ordine alla mancata declaratoria della cessazione della materia del contendere rende, poi, infondato anche il primo motivo di ricorso, dal momento che il dispositivo della sentenza impugnata non avrebbe dovuto essere quello di rigetto degli appelli. Peraltro, occorre evidenziare che, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, nel caso di specie, la CTR aveva, comunque, dato una motivazione inerente alle gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate, facendo riferimento a contrasti giurisprudenziali esistenti sulla questione e all’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, adempiendo, in tal modo all’obbligo motivazionale richiesto dall’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992. Secondo questa Corte, infatti, la compensazione delle spese processuali, prevista dall’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo modificato dall’art. 9, comma 1, lett. f), n. 2) del d.lgs. n. 156 del 2015, è consentita, oltre che nell’ipotesi di soccombenza reciproca, solo in presenza di ragioni gravi ed eccezionali, da enunciare espressamente nella decisione, quali la condotta processuale della parte soccombente nell’agire e resistere in giudizio, nonché l’incidenza di fattori esterni e non controllabili, tali da rendere, nel caso concreto, contraria al principio di proporzionalità l’applicazione del criterio generale della soccombenza (Cass., 03/09/2024, n. 23592). Nel caso di specie la CTR ha ricondotto la decisione della compensazione sulle spese di lite non solo alla complessità delle questioni trattate, ma anche all’incertezza del quadro giurisprudenziale (ad avviso del giudice di seconde cure chiarito da una pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte del 2020, cioè alcuni mesi prima della sentenza impugnata nel presente
giudizio), con una valutazione che -assolvendo al requisito motivazionale richiesto dall’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 – è esente dal sindacato di legittimità di questa Corte, integrando una valutazione rimessa al giudice di merito.
La ricorrente incidentale ha poi richiesto la condanna della parte ricorrente al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art. 15, comma 2-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, ovvero la condanna dell’amministrazione finanziaria al pagamento in suo favore di una somma equitativamente determinata ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ.
6.1. La ricorrente incidentale rileva che la proposizione del ricorso in cassazione impone un’attesa di molti anni per ottenere la restituzione delle fideiussioni, dovendo immobilizzare, come garanzia collaterale, l’importo di Euro 6.300.000, con evidente danno, considerato anche la contribuente svolge un servizio pubblico essenziale. Tanto più che l’amminis trazione finanziaria si rifiuta anche di restituire le fideiussioni integrative per i rimborsi IVA (non oggetto della presente vertenza) per cui è stata prestata la fideiussione ordinaria triennale ex art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972.
6.2. Tale domanda è inammissibile, in quanto la causa petendi del risarcimento del danno per ritardata restituzione delle fideiussioni esula dall’oggetto del presente processo tributario (che aveva per oggetto l’annullamento degli atti di sospensione e non la restituzione delle fideiussioni). Di conseguenza, la domanda inerente alla ritardata restituzione delle fideiussioni e alla condotta tenuta nell’amministrazione finanziaria integra una questione che esula dall’oggetto del presente giudizi o ed è, pertanto, avulsa dalla disciplina regolativa delle spese processuali di cui agli artt. 15 d.lgs. n. 546 del 1992 e 96 cod. proc. civ.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento al ricorso principale, mentre deve essere rigettato il ricorso incidentale.
7.1. Deve essere disposta la compensazione delle spese di lite dell’intero giudizio.
P.Q.M.
dichiara la cessazione della materia del contendere in relazione al ricorso principale;
rigetta il ricorso incidentale;
dispone la compensazione delle spese di lite dell’intero giudizio; Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/07/2025.