Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20832 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20832 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
Oggetto: Tributi
Diniego di rimborso Iva
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 4937 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del curatore fallimentare pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio allegato al ricorso e autorizzazione ad agire dal Giudice delegato, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore ;
-intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 5629/14/21 depositata in data 6 luglio 2021, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
Rilevato che
–RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE liquidazione, in persona del curatore fallimentare pro tempore , propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 3109/09/2019 della Commissione Tributaria provinciale di Caserta che aveva accolto il ricorso del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione avverso il silenzio -rifiuto all’istanza di rimborso presentata in data 27/7/2018 dal curatore del fallimento (dichiarato in data 14/12/2017)- di un credito Iva pari a euro 162.850,68 che si assumeva originato nel 2007 ed che era stato esposto dalla società, per l’ultima volta, nel rigoRX2 della dichiarazione Mod. Unico 2010, anno 2009 (di euro 196.817,00) per essere utilizzato in compensazione;
-in punto di fatto, la CTR premette che: 1)il RAGIONE_SOCIALE liquidazione aveva proposto ricorso dinanzi alla CTP di Caserta avverso il silenziorifiuto all’istanza di rimborso presentata dal curatore fallimentare, in data 27 luglio 2018, avente ad oggetto il credito Iva di euro 162.850,68 che si assumeva sorto nel 2007, esposto, da ultimo, nella dichiarazione 2010 per l’anno 2009, nel rigo RX2 per essere utilizzato in compensazione; 2) con sentenza n. 3109/09/2019, la CTP di Caserta lo aveva accolto ritenendo a) tempestiva l’istanza di rimborso presentata nel 2018 entro due anni dalla
cessazione dell’attività, essendo stata la società dichiarata fallita nel 2017; b) non contestata dall’RAGIONE_SOCIALE l’esistenza del credito Iva in questione riportato per gli anni successivi mai utilizzato salvo due compensazioni negli anni 2010 e 2011; 3)avve rso la suddetta sentenza aveva proposto appello l’Ufficio deducendo: a) la tardività della richiesta di rimborso Iva presentata oltre i termini decadenziali di due anni dal versamento previsti dall’art. 21 del d.lgs. 546/92, essendo stato il credito (di euro 196.817,00 poi ridottosi) indicato nel rigo RX della dichiarazione Mod NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno 2009, come credito da utilizzare in compensazione e non come credito richiesto a rimborso con inapplicabilità del termine di prescrizione decennale; b) la sussistenza di discordanze non avendo la società mai dichiarato, durante il periodo di attività 2001-2017, alcuna operazione attiva ed essendo il credito Iva richiesto nascente da presunte operazioni effettuate in data antecedente al 2009; 4) aveva controdedotto il RAGIONE_SOCIALE eccependo preliminarmente la tardività dell’appello e nel merito la infondatezza del gravame;
-la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) andava respinta l’eccezione di tardività dell’appello notificato il 6 novembre 2019, risultando agli atti una richiesta di rimborso del 25.7.2019 (confermata dal sollecito del 29.10.2019), atto diverso dalla notifica della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve per proporre l’impugnazione; 2) premesso che il credito Iva in oggetto (inizialmente di euro 196.817,00 poi ridotto a euro 162.850,68) era stato indicato, da ultimo, nella dichiarazione Mod. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno 2009, quale credito da utilizzare in compensazione/detrazione e non quale credito richiesto a rimborso, era legittimo il diniego di rimborso in questione non essendo stata, in tal modo, formulata alcuna istanza di rimborso né sussistendo alcuna ragione per una conversione della istanza di compensazione in rimborso atteso il sopraggiungere del fallimento della società molti anni dopo (2017); peraltro, non risultava essere stata avanzata istanza formale di rimborso Iva nel termine biennale ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 546/92;
-l’RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata;
-all’udienza del 4 ottobre 2023, con ordinanza depositata in data 19 ottobre 2023, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo mandando alla cancelleria per l’acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito;
Considerato che
-con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 51, comma 1, e 38, comma 2 del d.lgs. n. 546/1992 per avere la CTR rigettato l’eccezione di inammissibilità per tardività dell ‘appello notificato dall’Ufficio , in data 6 novembre 2019, sull’assunto che, in data 25 luglio 2019, risultava agli atti una ‘ richiesta di rimborso ‘ , quale atto diverso dalla notifica della sentenza di primo grado, ancorché – come si evinceva dagli allegati 5) e 6) RAGIONE_SOCIALE controdeduzioni in appello -il fallimento, già, in data 25 luglio 2019, avesse notificato la sentenza di primo grado all’RAGIONE_SOCIALE mediante deposito della stessa presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Provinciale di Caserta (protocollo n. 69327) unitamente al l’invito al pagamento, e, in data 29 luglio 2019, avesse notificato via PEC il sollecito di pagamento, con conseguente inammissibilità del gravame proposto dall’Ufficio oltre il termine breve di sessanta giorni;
-premessa l’autosufficienza del motivo avendo il RAGIONE_SOCIALE ricorrente specificato di avere allegato alle controdeduzioni in appello (alleg. 5 e 6) gli atti processuali di cui viene richiesto il riesame, nel merito è infondato;
– premesso che, nel disciplinare le modalità di notifica della sentenza di appello ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 2, vigente ratione temporis , dispone che ” Le parti hanno l’onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti a norma dell’art. 16, depositando nei successivi trenta giorni l’originale o copia autentica dell’originale notificato, ovvero copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del RAGIONE_SOCIALE postale unitamente all’avviso di ricevimento, nella segreteria che ne rilascia ricevuta e l’inserisce nel fascicolo di ufficio “, e il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16 , cui fa rinvio il comma 2 dell’art.
38 cit., disciplina le forme della notificazione degli atti del processo tributario, distinguendo in modo inequivoco tra le notificazioni eseguite “secondo le norme dell’art. 137 c.p.c. e ss. ” (comma 2) e le notificazioni “che possono essere fatte anche direttamente a mezzo del RAGIONE_SOCIALE postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento…..” (comma 3) e se dirette alla Amministrazione finanziaria od al RAGIONE_SOCIALE, anche ” mediante consegna all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia ” (comma 3) ( Sez. 5, Sentenza n. 8151 del 2015), nella specie, come risulta dall’esame del fascicolo dei gradi di merito (senz’altro consentito a questa Corte, trattandosi quello denunciato di error in procedendo , per il quale la Corte stessa è anche giudice del fatto processuale – ex multís, Cass. n. 6014/2018), dall’allegato 5 ) dell’atto di controdeduzioni in appello risulta protocollata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE provinciale di Caserta (con il n. NUMERO_DOCUMENTO) soltanto la ‘ richiesta di rimborso Iva dal 2007 al 2010 a seguito di sentenza della CTP n. 3109/2019 ‘ con mittente il RAGIONE_SOCIALE e non già la sentenza d i primo grado mentre dall’allegato 6 ) risulta la notifica via PEC in data 29.10.2019 del sollecito di pagamento unitamente alla sentenza della CTP di Caserta n. 3109/2019 e al provvedimento del GD del 2.10.2019 che autorizza il sollecito. Da qui la correttezza della statuizione della CTR di rigetto dell’eccezione di tardività dell’appello dell’Ufficio notificato pacificamente il 6 novembre 2019 a fronte della notifica della sentenza di primo grado avvenuta (come sostenuto dall’Ufficio) il 29.10.2019;
-con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546/92 e 30, comma 2, del d.P.R. n. 633/72 e 2964 c.c. per avere la CTR ritenuto tardiva l’istan za di rimborso del credito Iva di euro 162.850,68 presentata dal RAGIONE_SOCIALE in data 27 luglio 2018 per mancato rispetto del termine biennale di cui all’art. 21 cit. decorrente dalla presentazione dell’ultima dichiarazione (NUMERO_DOCUMENTO) sebbene, nella s pecie: 1) l’esposizione del detto credito nel rigo RX2 (per essere utilizzato in compensazione) della dichiarazione per l’anno 2009 fosse valsa come istanza di rimborso con applicazione del termine ordinario decennale, essendo, in seguito alla cessazione dell’attività della società, venuta
meno la possibilità di utilizzare il credito in compensazione con i debiti per operazioni attive e, comunque, 2) il termine di decadenza biennale di cui all’art. 21 cit. fosse stato rispettato avuto riguardo come dies a quo alla data di cessazione dell’attività della società intervenuta con la dichiarazione di fallimento nel 2017;
-con il terzo motivo si denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 comma 6 Cost per avere la CTR con una motivazione illogica o apparente, ritenuto tardiva la istanza di rimborso del credito Iva presentata dal RAGIONE_SOCIALE in data 27 luglio 2018;
– il terzo motivo è infondato;
premesso che si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 65, 28829 del 2021), nella specie la CTR ha accolto l’app ello dell’Ufficio sul rilievo assorbente della tardività dell’istanza di rimborso presentata dal RAGIONE_SOCIALE in data 27 luglio 2018 atteso che – essendo stato il credito Iva in questione (inizialmente di euro 196.817,00 poi ridotto a euro 162.850,68) indicato, da ultimo, nella dichiarazione del 2009 ( Mod. Iva 2010) quale credito da utilizzare in compensazione e non già come credito di cui si chiedeva il rimborso – non vi era alcuna ragione per ritenere formulata una istanza di rimborso né tantomeno poteva ravvisarsi una conversione della istanza di compensazione in una di rimborso (con applicazione del termine ordinario di prescrizione decennale) essendo il fallimento sopraggiunto molti anni dopo (2017); posta l’inapplicabilità del termine ordinario di prescrizione decennale, non risultava avanzata formale istanza di rimborso nel termine
biennale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546/92; trattasi dunque di un apparato argomentativo ben al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Cass., Sez. U, 8053/2014; Cass. sez. 5, Sentenza n. 11106 del 06/04/2022);
– il secondo motivo è infondato;
-questa Corte ha chiarito che la domanda di rimborso del credito IVA deve essere tenuta distinta da quella di compensazione dell’imposta con altro debito fiscale, sicché, laddove l’istanza del contribuente sia formulata in termini di compensazione, e non denoti l’inequivocabile volontà di ottenere il rimborso del credito (mediante l’indicazione dello stesso nel quadro “RX4” nella dichiarazione annuale), non si applica il termine ordinario decennale di prescrizione, bensì quello di decadenza biennale previsto dall’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cass. n. 24655 del 2022; Cass. n. 11662 del 04/05/2021; Cass. n. 30168 del 22/11/2018); invero, nel caso di compilazione del quadro ‘RX5’, implicante l’intenzione di portare il credito in detrazione, i l termine prescrizionale è stato ritenuto applicabile solo in presenza di eventi eccezionali, in ragione dei quali la richiesta di compensazione non avrebbe più potuto essere effettuata: è il caso della cessazione dell’attività (Cass. n. 6876 dell11/03/202 1;) ovvero della morte del contribuente (Cass. n. 15867 del 24/07/2020);
-invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte la domanda di rimborso del credito d’imposta maturato dal contribuente deve considerarsi già presentata con la compilazione del corrispondente quadro della dichiarazione annuale (“RX4”), la quale configura formale esercizio del diritto, con la precisazione che, ove si tratti di richiesta di rimborso relativa all’eccedenza d’imposta risultata alla cessazione dell’attività, la fattispecie è regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, e la richiesta è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale, non a quello biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, applicabile in via sussidiaria e residuale, solo in mancanza di disposizione specifiche; e ciò in quanto l’attività non prosegue, sicché non sarebbe possibile portare l’eccedenza in detrazione, e tanto meno in compensazione, l’anno successivo (Cass. n. 9941 del 2015, n. 2005 del 2014; nn. 7684, 7685 e 14070 del 2012; nn. 13920 e 20039 del 2011; nn. 9794 e
25318 del 2010; n. 27948 del 2009), non essendo neppure necessaria la presentazione del modello VR che costituisce, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, solo un presupposto per l’esigibilità del credito e, dunque, un adempimento prodromico al procedimento di esecuzione del rimborso (ex plurimis, Cass. sez. 6-5, n. 17495 del 2020; Cass. nn. 4592 e 4857 del 2015; nn. 10653, 20069 e 26867 del 2014; n. 14070 del 2012; n. 20039 del 2011);
-inoltre, si è correttamente osservato (cfr. Cass. n. 9941 del 2015), che la prospettata «soluzione ermeneutica è del resto coerente con il diritto eurounitario, poiché, se è vero che gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare l’osservanza degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, l’esatta RAGIONE_SOCIALE dell’imposta e la prevenzione di frodi, tuttavia è pur vero che tali misure non possono eccedere gli obiettivi sopra indicati (v. Corte di giustizia, 11 dicembre 2014, in causa C-590/14, Idexx; 8 maggio 2008, in causa C- 95/07 e C-96/07, RAGIONE_SOCIALE; 27 settembre 2007, in causa C- 146/05, Coilee), essendo il diritto al ristoro dell ‘ Iva versata “a monte” basilare nel sistema comunitario, in forza del principio di neutralità (cfr. Corte di giustizia, 22 dicembre 2010, in causa C- 438/09, COGNOME, p.to 34, con riguardo al caso di cessazione d’attività; 18 dicembre 1997, in cause riunite C-286/94, C-340/95, C401/95, C-47/96, RAGIONE_SOCIALE e altri). Deve quindi ritenersi ormai definitivamente superato il diverso e più risalente orientamento secondo cui, in caso di cessazione dell’attività, solo una domanda di rimborso conforme al modello ministeriale corrisponderebbe allo schema tipico delineato dall’art. 30 del decreto IVA, con la conseguenza che la domanda difforme resterebbe assoggettata alla decadenza biennale prevista, in via residuale, dal citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 (Cass. nn. 18920 e n. 18915 del 2011; n. 7669 del 2012)»;
-quanto al termine prescrizionale, questa Corte ha reiteratamente affermato che il credito Iva esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, in quanto l’istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto, ma solo
il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso ( ex multis , Cass. sez. 6-5, n. 17495 del 2020; n. 4559 del 2017, nn. 9941 e 4857 del 2015, n. 20678 del 2014, nn. 7684, 14070, 15229 e 23580 del 2012, n. 13920 del 2011, n. 9794 del 2010);
-nella specie, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere tardiva l’istanza di rimborso presentata dal fallimento in data 27 luglio 2018 in quanto, in sostanza, non poteva farsi applicazione del termine ordinario decennale di prescrizione non potendo la indicazione del credito Iva di euro 196.817,00 (poi ridotto a euro 162.850,68 a seguito di compensazioni effettuate negli anni 2010 e 2011, v. pag. 2 della sentenza impugnata e pag. 3 del ricorso), da ultimo, nella dichiarazione del 2009 (Mod. Iva 2010) quale credito da utilizzare in compensazione e non come credito di cui si chiedeva il rimborso valere come manifestazione della volontà di restituzione del detto credito né tantomeno essere convertita in una istanza di rimborso atteso che il fallimento e, dunque, la cessazione dell’attività era sopraggiunta molti anni dopo (nel 2017) e il credito Iva era stato esposto per l’ultima volta nella dichiarazione MU 2010, per l’anno 2009 e non riportato nelle successive dichiarazioni (come si evince anche dal ricorso pagg. 3 e 15) ; posta l’inapplicabili tà, nella specie, del termine ordinario decennale di prescrizione, la CTR ha dunque correttamente ritenuto tardiva l’istanza di rimborso presentata dal fallimento il 27 luglio 2018 oltre il termine biennale di decadenza ex art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546/92 decorrente dal versamento (nella specie, da intendersi coincidente con la presentazione dell’ultima dichiarazione, Modello Iva 2010, per l’anno 2009);
in conclusione, il ricorso va rigettato;
-nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta l’RAGIONE_SOCIALE intimata e non avendo svolto attività difensiva;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 13 marzo 2024