Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8821 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8821 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso n. 24454-2024, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE c.f. 100754850154, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’a vv. NOME COGNOME, dal quale è rappresentata e difesa –
Resistente
Avverso la sentenza n. 1662/21/2023 della Corte di giustizia tributaria di II grado della Lombardia, depositata il l’ 11 maggio 2023; 11 dicembre udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell ‘ 2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Iva -Rimborsi -OgdSE -Natura degli oneri -Legittimazione del cessionario
sentite le conclusioni della Procura Generale, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME sentite le conclusioni delle parti presenti,
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata e dagli atti difensivi si evince che la società, oggi resistente, chiese il rimborso dell’Iva ritenuta indebitamente versata per le annualità 2016/2018. L’indebito versamento e ra riferito all ‘inclusione nella base imponibile iva degli Oneri Generali afferenti al Sistema Elettrico ( cd. OGdSE) da parte dei propri fornitori di energia elettrica, inclusione ritenuta erronea. I dinieghi espressi o taciti, opposti dall’Agenzia delle entrate, furono impugnati dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano, che con sentenza n. 4214/01/2021 rigettò i ricorsi riuniti.
L’appello proposto dalla società dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Lombardia fu accolto con sentenza n. 1662/21/2023.
Il giudice di secondo grado, dopo aver illustrato i fatti e gli esiti del giudizio di primo grado, essersi lungamente diffuso sulla legittimazione della società a richiedere il rimborso, sulla natura giuridica, tributaria o no, degli oneri generali di sistema, sulla correttezza o meno della loro inclusione nell’imponibile ai fini della determinazione dell’imposta sul valore aggiunto, ha riconosciuto i presupposti legittima nti la società alla ripetizione dell’iva, reputata non dovuta sugli OGdSE, così accogliendo integralmente l’appello.
L’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza e ne ha chiesto la cassazione, sulla base di un motivo, ulteriormente illustrato da memoria. La società si è costituita ai soli fini della eventuale partecipazione alla pubblica udienza.
All’esito della discussione tenuta n ell’udienza pubblica celebrata l’11 dicembre 2024, sentite le conclusioni della Procura Generale e delle parti presenti, la causa è stata discussa e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate ha denunciato la v iolazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 18, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. La Corte di giustizia avrebbe erroneamente riconosciuto che il cessionario esercente attività d’impresa, differenziandosi
dal consumatore finale, è legittimato nei confronti dell’erario a proporre domanda di rimborso di quanto ritenuto indebitamente versato, e, per l’ipotesi di rifiuto del rimborso, è legittimato ad adire il giudice tributario ai fini della determinazione degli obblighi e dei pesi che su di essi gravano.
N el ricorso l’Agenzia delle entrate , oltre che negare la natura tributaria degli oneri generali afferenti al sistema elettrico nazionale -appellandosi in particolare alla pronuncia delle Sez. U, n. 35282, del 18 dicembre 2023- ha escluso, comunque, che il cessionario abbia nei suoi confronti legittimazione a pretendere il rimborso dell’Iva in rivalsa, che rit enga indebitamente pagata.
La questione, che si pone come logicamente prioritaria e assorbente, è proprio la seconda, ossia quella della legittimazione del cessionario/committente a richiedere il rimborso direttamente nei confronti de ll’Agenzia. D’altronde, non è casuale che il giudice d’appello ne abbia trattato per prima in sentenza.
Si tratta di questione assorbente perché, ove condivise le ragioni erariali, mancherebbe la stessa legittimazione della società all’azione di rimborso, venendo dunque meno l’ammissibilità stessa del ricorso introduttivo del giudizio. Nelle memorie illustrative, la ricorrente, al di là della complessiva difesa delle ragioni di ricorso, insiste significativamente proprio sulla carenza di legittimazione della società alla presentazione dell’istanza di rimborso Iva. Parimenti, in sede di discussione nella pubblica udienza, anche la difesa della società ha rappresentato le ragioni che la legittimerebbero a far valere direttamente nei confronti dell’erario il diritto al rimborso dell’Iva non dovuta.
Le censure dell’Amministrazione finanziaria si rivelano fondate .
Intanto va rappresentato che nel caso di specie ci si trova di fronte ad un contratto di fornitura di energia elettrica, nel quale la cessionaria è società che acquista la materia da un fornitore (trader), essendo a sua volta in rapporto diretto con l’amministrazione finanziaria, e dunque, a propria volta, soggetto passivo ai fini IVA, senza però poter esercitare il diritto alla detrazione, in quanto svolge attività nel settore del gioco e delle scommesse -con conseguente preclusione del diritto alla detrazione dell’imposta assolta
sugli acquisti, così da non poter neutralizzare gli effetti di quella indebita imposizione mediante il meccanismo della detrazione-.
Ciò chiarito, i n materia di rimborso dell’IVA indebitamente versata, la giurisprudenza unionale ha affermato che «in mancanza di disciplina comunitaria in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (cfr. sentenze 17 giugno 2004, causa C-30/02, RAGIONE_SOCIALE, Racc. pag. I-6051, punto 17, e 6 ottobre 2005, causa C-291/03, RAGIONE_SOCIALE, Racc. pag. I-8477, punto 17)» (così CGUE, sentenza del 15 marzo 2007, RAGIONE_SOCIALE, C-35/05, EU:C:2007:167, p. 37; da ultimo, CGUE, sentenza 11 aprile 2024, RAGIONE_SOCIALE C-316/22, p. 33).
Si è quindi affermato che «i principi di neutralità, effettività e non discriminazione non ostano ad una legislazione nazionale, quale quella in esame nella causa principale», ovvero quella italiana, «secondo cui soltanto il prestatore di servizi è legittimato a chiedere il rimborso delle somme indebitamente versate alle autorità tributarie a titolo di IVA, mentre il destinatario dei servizi può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti del prestatore. Tuttavia, nel caso in cui il rimborso dell’IVA divenga impossibile o eccessivamente difficile, gli Stati membri devono prevedere, in ossequio al principio di effettività, gli strumenti necessari per consentire a tale destinatario di recuperare l’imposta indebitamente fatturata» (CGUE, sentenza del 15 marzo 2007, RAGIONE_SOCIALE, C-35/05, punto 42; sentenza 11 aprile 2024 RAGIONE_SOCIALE, C-316/22, p. 33).
La carenza di legittimazione del consumatore finale ad agire direttamente nei confronti dell’amministrazione finanziaria è costantemente
affermata anche dalla Corte di legittimità (cfr., ex multis , Cass. n. 34957 del 2021; Cass. n. 24220 del 2023).
Per le ipotesi di impossibilità od eccessiva difficoltà ad ottenere il rimborso direttamente dal fornitore, la deroga è stata riconosciuta dalla Corte di giustizia nella decisione già richiamata (sentenza 11 aprile 2024 RAGIONE_SOCIALE, C-316/22), nella quale si è affermato che «Il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che non permette al consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare sopportato a causa della ripercussione operata da un fornitore, in base ad una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che tale fornitore aveva indebitamente versato, consentendogli unicamente di intentare un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito contro detto fornitore, qualora il carattere indebito di tale versamento sia la conseguenza della contrarietà dell’imposta in parola ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta e tale motivo di illegittimità non possa essere validamente invocato nell’ambito di tale azione, in ragione dell’impossibilità di invocare in quanto tale una direttiva in una controversia tra privati».
Con tali chiarimenti la Corte di giustizia, pur confermando che il destinatario dei servizi può richiedere il rimborso dell’IVA indebitamente versata unicamente al prestatore, esercitando la relativa azione di ripetizione dell’indebito, mentre non ha legittimazione direttamente nei confronti de ll’amministrazione finanziaria se non in limitate ipotesi, ha riconosciuto al consumatore finale il diritto a rivolgere direttamente a tale amministrazione l’istanza di rimborso di una imposta , qualora contraria «ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta». Ciò per l’evidente ragione che tale direttiva non può essere validamente invocata nell’ambito di un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito contro il fornitore (cd. inefficacia «orizzontale» o diretta di una direttiva non attuata, costantemente affermata dalla Corte unionale -cfr. CGUE, C-316/22, punto 27; CGUE, 22 dicembre 2022, Sambre & Biesme e Commune de Farciennes, C-383/21 e
C-384/21, punto 36, CGUE; 22 novembre 2017, Cussens, C-251/16, punto 26; CGUE, 12 dicembre 2013, Portgás, C-425/12, punti 18 e 22).
Si tratta di principi e precedenti unionali ampiamente richiamati nella giurisprudenza di legittimità più recente (Cass., 9 settembre 2024, n. 24208). In tale pronuncia questa ha avvertito che la presenza di una imposta incompatibile con il diritto dell’Unione, a causa di una direttiva non attuata o, come nel caso ivi esaminato, solo tardivamente attuata dallo Stato italiano, ripercossa a titolo di rivalsa dal fornitore sul consumatore finale, cos tituisce titolo per procedere nei confronti dell’ente impositore con azione di ripetizione di indebito oggettivo, stante l’impossibilità per il consumatore finale di invocare nei confronti del fornitore (in quel caso, di energia elettrica) l’efficacia oriz zontale della direttiva tardivamente attuata dallo Stato italiano.
Se questi sono i principi che segnano il perimetro entro il quale il raccordo tra disciplina, interna e unionale, e giurisprudenza, di legittimità e unionale, consente l’emersione della legittimazione del consumatore a rivolgere le proprie istanze di rimborso direttamente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, tornando al caso oggetto della presente controversia, non è quest a l’ipotesi per la quale quella legittimazione possa trovare ingresso.
Nella fattispecie che occupa questo collegio, gli oneri generali di sistema non sono affatto incompatibili con il diritto unionale, come conferma il fatto che la Corte di giustizia UE si è anche occupata della loro natura giuridica (cfr. CGUE, sentenza 18 gennaio 2017, nella causa C-189/2015, IRCCS Santa Lucia) e ciò pure ha fatto questa Corte in sede di regolamento di giurisdizione (cfr. Cass. Sez. U., n. 35282/2023).
Ritiene, infine, il Collegio che non sussistono i presupposti per la rimessione della questione alla Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE, come sollecitato in sede di discussione dal difensore della società e richiesto dalla Procura Generale.
La questione posta nel presente giudizio è stata già ampiamente esaminata dalla Corte di giustizia unionale e risolta nel senso già chiarito nelle argomentazioni sopra illustrate. Le ragioni prospettate dalla difesa,
infatti, rispetto all’ orientamento giurisprudenziale consolidato, non scalfiscono quelle riferibili alla posizione esclusiva del fornitore e agli eventuali ‘inconvenienti’ che si potrebbero verificare per tale soggetto, per non assumere rilievo in questo giudizio. In ogni caso non sono idonee a giustificare la necessità di un’azione diretta del consumatore finale nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Ebbene, la Corte di giustizia tributaria di II grado, nel decidere nel senso opposto, non ha tenuto conto dei principi di diritto enunciati.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza va cassata.
Peraltro, per quanto chiarito in motivazione, la società, nell’instaurare nei confronti della Agenzia delle entrate un giudizio di rimborso dell’Iva che assumeva indebitamente versata, era priva di legittimazione.
Da ciò discende l’inammissibilità originaria del ricorso introduttivo, così che la sentenza va cassata, senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, terzo comma, ultima parte, cod. proc. civ.
Le spese, che vanno regolate anche in considerazione della partecipazione della difesa della società in sede di pubblica discussione, vanno integralmente compensate, per ogni fase e grado, in ragione della complessità della questione e del suo carattere di novità rispetto all’epoca in cui è insorta la controversia.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa senza rinvio la sentenza.
Compensa integralmente le spese processuali.
Così deciso in Roma, il giorno 11 dicembre 2024