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Rimborso Iva cessionario: no all’azione diretta

Una società operante nel settore dei giochi ha richiesto il rimborso dell’Iva pagata sugli oneri di sistema dell’energia elettrica, ritenendola non dovuta. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione di secondo grado, ha stabilito che il soggetto legittimato a richiedere il rimborso Iva cessionario direttamente all’Amministrazione finanziaria è unicamente il fornitore che ha versato l’imposta. Il consumatore finale, invece, deve agire in via civilistica contro il proprio fornitore per recuperare la somma indebitamente pagata, salvo casi eccezionali di impossibilità o eccessiva difficoltà non riscontrati nel caso di specie.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Iva Cessionario: la Cassazione chiarisce chi può agire contro il Fisco

In tema di rimborso Iva cessionario, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel rapporto tra contribuente, fornitore e Amministrazione finanziaria. Quando un’azienda paga un’Iva che ritiene non dovuta, può rivolgersi direttamente al Fisco per ottenerne la restituzione? La risposta, secondo gli Ermellini, è generalmente negativa. La via maestra è un’altra e coinvolge il fornitore che ha emesso la fattura.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di un’azienda, operante nel settore del gioco e delle scommesse, di ottenere il rimborso dell’Iva versata per gli anni dal 2016 al 2018. L’imposta contestata era quella applicata dai suoi fornitori di energia elettrica sui cosiddetti Oneri Generali di Sistema (OGdSE). L’azienda sosteneva che tali oneri non dovessero rientrare nella base imponibile Iva e che, di conseguenza, l’imposta pagata fosse indebita.

È importante sottolineare un dettaglio cruciale: l’attività svolta dalla società le precludeva il diritto alla detrazione dell’Iva sugli acquisti. Questo significa che non poteva recuperare l’Iva pagata attraverso il meccanismo ordinario, subendone il costo per intero.

Mentre la Commissione tributaria di primo grado aveva respinto la richiesta, la Corte di giustizia tributaria di II grado aveva dato ragione all’azienda, riconoscendole il diritto al rimborso. L’Agenzia delle Entrate ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La questione del rimborso Iva del cessionario e la legittimazione ad agire

Il nodo centrale della controversia non riguardava tanto la natura imponibile o meno degli oneri di sistema, quanto una questione logicamente preliminare: la legittimazione ad agire. In altre parole, la Corte doveva stabilire se il cessionario (l’azienda cliente) avesse il diritto di chiedere il rimborso direttamente all’Erario o se tale diritto spettasse unicamente al cedente (il fornitore di energia), ovvero colui che materialmente aveva incassato l’Iva e l’aveva versata allo Stato.

La Corte Suprema ha chiarito che il rapporto tributario ai fini Iva intercorre esclusivamente tra l’Amministrazione finanziaria e il soggetto passivo d’imposta, cioè il fornitore del bene o del servizio. È quest’ultimo che ha l’obbligo di versare l’Iva allo Stato ed è, di conseguenza, l’unico soggetto legittimato a chiederne il rimborso in caso di versamento indebito.

Il cessionario, che subisce l’addebito dell’Iva in fattura per effetto della rivalsa, non ha un rapporto diretto con il Fisco per quanto riguarda il versamento. Il suo unico rimedio, in via ordinaria, è l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti del proprio fornitore.

le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su un orientamento consolidato, sia a livello nazionale che europeo. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha costantemente affermato che, in assenza di una disciplina comunitaria specifica, spetta agli Stati membri definire le procedure di rimborso, purché rispettino i principi di effettività ed equivalenza.

Il sistema italiano, che prevede l’azione del cessionario verso il cedente e l’azione di quest’ultimo verso l’Erario, è stato ritenuto conforme a tali principi. Tuttavia, la stessa CGUE ha previsto delle deroghe. Il cessionario può agire direttamente contro lo Stato quando ottenere il rimborso dal fornitore sia “impossibile o eccessivamente difficile”. Questo avviene, ad esempio, quando l’indebito deriva dalla violazione di una direttiva europea chiara e incondizionata, che però non può essere fatta valere in un giudizio tra privati (c.d. inefficacia orizzontale).

Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che non sussistessero tali circostanze eccezionali. La questione degli oneri di sistema non deriva da una violazione del diritto unionale, pertanto non si ricade nell’ipotesi derogatoria. Di conseguenza, si applica la regola generale: l’azienda non aveva la legittimazione per intentare la causa di rimborso contro l’Agenzia delle Entrate.

le conclusioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria e ha cassato la sentenza di secondo grado senza rinvio. Questo significa che la decisione è definitiva e il giudizio si è concluso dichiarando l’inammissibilità originaria della domanda dell’azienda. La società era, fin dall’inizio, priva della legittimazione ad agire direttamente contro il Fisco.

Questa sentenza ribadisce un confine netto nelle azioni di rimborso Iva: il cessionario deve prima rivolgersi al proprio fornitore. L’azione diretta contro l’Erario resta un’ipotesi eccezionale, legata a specifiche condizioni di violazione del diritto UE e di provata impossibilità di recuperare l’imposta dal cedente.

Chi è il soggetto legittimato a chiedere il rimborso dell’Iva all’Amministrazione finanziaria?
Di norma, l’unico soggetto legittimato a chiedere il rimborso dell’Iva versata in eccesso è il prestatore di servizi o il cedente di beni (il fornitore), in quanto è lui il soggetto passivo d’imposta che ha un rapporto diretto con l’Erario.

Cosa può fare il consumatore finale (cessionario) che ha pagato un’Iva non dovuta?
Il consumatore finale deve esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti del proprio fornitore per ottenere la restituzione della somma pagata e non dovuta. Non può, di regola, agire direttamente contro l’Amministrazione finanziaria.

Esistono eccezioni che consentono al consumatore finale di chiedere il rimborso direttamente al Fisco?
Sì, ma sono ipotesi limitate. La giurisprudenza europea ammette l’azione diretta del consumatore finale quando il rimborso tramite il fornitore diventi impossibile o eccessivamente difficile. Tale situazione si verifica tipicamente quando l’indebito deriva da una norma nazionale in contrasto con una direttiva UE, che non può essere invocata in una controversia tra privati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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