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Rimborso IVA cessazione attività: la guida completa

Un contribuente ha richiesto un rimborso IVA dopo la cessazione della propria attività. L’Agenzia delle Entrate ha negato il rimborso, ritenendo l’istanza tardiva. La Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di rimborso IVA per cessazione attività, la compilazione del quadro RX4 nella dichiarazione annuale è sufficiente per far scattare il termine di prescrizione ordinario di dieci anni, e non il più breve termine di decadenza biennale. La Corte ha quindi accolto il ricorso del contribuente su questo punto, cassando la sentenza precedente e rinviando il caso al giudice di merito per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA per cessazione attività: le regole sul termine di prescrizione

Quando un’impresa o un professionista chiude la propria partita IVA, una delle questioni più delicate è la gestione del credito IVA maturato. Ottenere il rimborso IVA per cessazione attività è un diritto, ma è fondamentale conoscere le procedure e, soprattutto, i termini corretti per non rischiare di perderlo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale, distinguendo nettamente tra prescrizione e decadenza e valorizzando il ruolo della dichiarazione annuale.

I fatti del caso

Un contribuente, dopo aver cessato la propria attività, presentava un’istanza per ottenere il rimborso di un credito IVA relativo a un’annualità pregressa. L’Agenzia delle Entrate respingeva la richiesta, sostenendo che fosse stata presentata oltre il termine di decadenza biennale. Secondo l’Amministrazione finanziaria, il diritto era sorto al momento della presentazione della dichiarazione annuale, ma l’istanza formale di rimborso era stata inviata molti anni dopo. Ne scaturiva un contenzioso che, dopo due gradi di giudizio con esiti opposti, giungeva all’attenzione della Corte di Cassazione.

La questione giuridica e il termine per il rimborso IVA cessazione attività

Il nodo centrale della controversia era stabilire quale termine si applicasse alla richiesta di rimborso del credito IVA in caso di cessazione dell’attività: il termine breve di decadenza di due anni, previsto dall’art. 21 del D.Lgs. 546/1992, o il termine di prescrizione ordinario di dieci anni, secondo l’art. 2946 del codice civile? La risposta a questa domanda dipende dalla natura giuridica della manifestazione di volontà del contribuente espressa nella dichiarazione dei redditi.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del contribuente, ha confermato il suo orientamento consolidato. I giudici hanno stabilito che la manifestazione di volontà di ottenere il rimborso del credito IVA è validamente espressa già con la compilazione del quadro RX4 della dichiarazione annuale. Questo atto è sufficiente a consolidare il diritto del contribuente, che da quel momento è soggetto non più a un termine di decadenza, ma all’ordinario termine di prescrizione decennale.

La Corte ha precisato che la successiva presentazione del modello VR (la richiesta formale di rimborso) non è un atto costitutivo del diritto, ma rappresenta un mero adempimento procedurale per l’esecuzione del pagamento. Di conseguenza, il suo invio tardivo non può causare la perdita del credito.

Questo principio assume un’importanza ancora maggiore nel caso di cessazione dell’attività, poiché il contribuente non ha la possibilità di utilizzare il credito in detrazione o in compensazione nell’anno successivo. L’unica via per recuperare l’eccedenza IVA è, appunto, il rimborso. La decisione della Corte è inoltre coerente con il diritto dell’Unione Europea e con il principio di neutralità dell’IVA, che mira a garantire che l’imposta non gravi sul soggetto passivo.

La Corte ha tuttavia accolto anche il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, che lamentava la mancata pronuncia del giudice di merito sulla fondatezza e sull’effettiva esistenza del credito. Pertanto, la sentenza è stata cassata con rinvio, affinché la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado si esprima non solo sul rispetto dei termini, ma anche sul merito della pretesa del contribuente.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale a tutela dei contribuenti: per salvaguardare il diritto al rimborso IVA per cessazione attività, è essenziale manifestare tale volontà nella dichiarazione annuale compilando l’apposito quadro. Una volta compiuto questo passo, il contribuente ha dieci anni di tempo per sollecitare il pagamento, senza che l’amministrazione finanziaria possa eccepire la decadenza del diritto. Questo non esime, ovviamente, dal dover provare l’esistenza e l’ammontare del credito qualora venga contestato nel merito.

Qual è il termine per richiedere il rimborso IVA dopo la cessazione dell’attività?
Il diritto al rimborso è soggetto al termine di prescrizione ordinario di dieci anni, a condizione che il contribuente abbia manifestato la volontà di ottenerlo compilando l’apposito quadro (es. RX4) nella dichiarazione annuale finale. Non si applica il più breve termine di decadenza di due anni.

La presentazione del modello di richiesta di rimborso (modello VR) è necessaria per non perdere il diritto al credito?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la presentazione del modello VR è un adempimento procedurale per l’esecuzione del pagamento, ma non è l’atto che costituisce il diritto al rimborso. L’atto fondamentale che impedisce la decadenza è la corretta compilazione della dichiarazione annuale.

La compilazione del quadro RX4 nella dichiarazione garantisce automaticamente il rimborso?
No, non automaticamente. La compilazione del quadro RX4 assicura che il diritto non decada e possa essere richiesto entro dieci anni. Tuttavia, l’Amministrazione Finanziaria ha sempre la facoltà di contestare l’esistenza o l’ammontare del credito. Il contribuente deve essere in grado di dimostrare la fondatezza della sua pretesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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