Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28504 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28504 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14274/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA PUGLIA n. 1123/2016 depositata il 03/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In data 21 marzo 2008, la contribuente presentava richiesta di rimborso del credito IVA relativo all’anno d’imposta 2007, tramite modello VR. L’RAGIONE_SOCIALE, con nota del 14 maggio 2008, negava il diritto al rimborso, rilevando che le fatture da cui scaturiva l’IVA a credito si riferivano all’acquisto in leasing di una serra e ad opere di montaggio e di installazione di un impianto elettrico ed irriguo su un terreno non di proprietà della società.
Quest’ultima impugnava il diniego dinanzi alla CTP di Lecce, la quale accoglieva parzialmente il ricorso.
L’Ufficio proponeva appello, che veniva respinto dalla CTR della Puglia.
Il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE è affidato a due motivi.
La contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c., e dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1992, sotto il profilo della carenza di motivazione, con conseguente nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., mancando nella motivazione della sentenza d’appello qualsiasi ‘collegamento logico e giuridico con tutti i fatti dedotti in giudizio’.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 30, co. 3, lett. c), del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 2697 c.c., avuto riguardo all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR tralasciato di considerare che rientrano nella categoria dei beni ammortizzabili i beni autonomamente funzionali, ossia ‘fisicamente amovibili e asportabili senza perdere l’autonoma funzionalità e la caratteristica di bene’.
Il primo motivo è infondato.
Ancorché contrassegnata da una motivazione scarna e asciutta, la sentenza ben lascia cogliere la propria ratio decidendi .
Questa Corte ha incisivamente affermato che ‘In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.,
individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale’, di ‘motivazione apparente’, di ‘manifesta ed irriducibile contraddittorietà’ e di ‘motivazione perplessa od incomprensibile’, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un ‘fatto storico’, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia ‘decisivo’ ai fini di una diversa soluzione della controversia’ (Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 7090 del 2022).
Il mezzo di ricorso è, in altri termini, infondato perché l’apparenza della motivazione postula che il fondamento della decisione appaia non percepibile, in quanto recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. n. 21302 del 2022; Cass. n. 6758 del 2022).
La decisione impugnata, tuttavia, assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge vigenti, attesa l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione.
Nella specie, la soglia del ‘minimo costituzionale’ richiesto ai fini della sussistenza e/o non apparenza della motivazione della sentenza non è infranta.
Il secondo motivo è infondato.
Sostiene la ricorrente che le opere rispetto alle quali viene invocato il diritto al rimborso dalla contribuente (impianto elettrico, fertirrigazione), riguardando un terreno non di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, ma detenuto in forza di un contratto con un soggetto terzo
proprietario, delineano una fattispecie concreta al di fuori della sfera di applicabilità dell’art. 30, comma 3, lett. c), del d.P .R. n. 633 del 1972, il quale appunto prevede che il diritto al rimborso dell’IVA spetti soltanto qualora si riferisca all’acquisto (o all’importazione) di beni ammortizzabili, dovendosi ritenere tali, ai sensi degli artt. 102 e 103 del d.P.R. n. 917 del 1986, quelli non solo strumentali all’attività dell’impresa, ma anche dei quali il contribuente (soggetto passivo) abbia il possesso in virtù del diritto di proprietà o altro diritto reale.
In altri termini, venendo in rilievo opere su un terreno di proprietà di terzi, esse non possono essere annoverate tra i beni ammortizzabili della sua impresa, secondo le citate previsioni del TUIR, non bastando a tal fine la loro – pacifica – strumentalità all’esercizio dell’impresa stessa. Secondo parte ricorrente, tale fatto giuridico rende insussistente il diritto al rimborso IVA, non risultando applicabile la specifica previsione di cui all’art. 30, co. 3, lett. c), del d.P.R. n. 633 del 1972.
Questa opzione ricostruttiva cozza con il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, a tenore del quale ‘l’esercente attività d’impresa o professionale ha diritto al rimborso dell’IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l’attività svolta’ (Cass., Sez. Un., n. 13362 del 2024).
Il supremo consesso nomofilattico, nel dirimere il contrasto giunto al suo vaglio, ha privilegiato l’interpretazione avvertita come conforme al diritto unionale, alla cui stregua vanno rispettati, da un lato, il principio di neutralità fiscale , impedendo che l’IVA incida sui soggetti passivi come farebbe su un consumatore finale; dall’altro, i principi di proporzionalità ed effettività (v. Corte giust., C -274/10, Commissione europea/Repubblica di Ungheria ; C -107/10, RAGIONE_SOCIALE ; C -254/16, RAGIONE_SOCIALE
Hungary Kft ; C -133/18, RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE ).
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Nulla sulle spese, essendo la contribuente rimasta intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Spese irripetibili.
Così deciso in Roma, il 10/07/2025.
Il Presidente
NOME LA COGNOME