Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9576 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9576 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25711/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME STUDIO LEGALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SARDEGNA-CAGLIARI n. 201/2022 depositata il 21/03/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si apprende quanto segue:
sentenza numero 395/05/2017 -depositata in segreteria in data 29 marzo 2017 – la Commissione tributaria provinciale di Cagliari, in accoglimento del ricorso rgr numero 514/2016 ha annullato l’atto di recupero numero TARGA_VEICOLO emesso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e compensato fra le parti le spese del giudizio.
Con detto atto l’Amministrazione finanziaria ha irrogato la sanzione prevista dall’articolo 5 comma 5 del decreto legislativo numero 471/1990 il quale stabilisce che è punito con la sanzione amministrativa pari al 30% del credito rimborsato il soggetto che chiede a rimborso la eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione in assenza dei presupposti di cui all’articolo 30 del d.p.r. numero 633/1972.
Il fulcro della problematica, secondo i giudici di prime cure, consiste proprio nello stabilire se, nel caso in esame, si è in presenza di un credito di iva detraibile o rimborsabile ovvero se l’investimento consiste nel miglioramento sui beni di terzi e, quindi, le spese sostenute per la realizzazione dell’impianto possono essere considerale oneri pluriennali, cioè spese relative a più esercizi di cui al comma 3 dell’articolo 108 del TUIR.
Ad avviso dei giudici di prime cure, l’investimento non può essere considerato quale miglioramento su beni di terzi .
Proponeva appello l’ufficio in via principale ed altresì la contribuente in via incidentale sulle spese.
2.1. La CTR, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’uno e respingeva l’altro, sulla base della seguente motivazione:
La società appellata e la RAGIONE_SOCIALE hanno concluso un contratto preliminare di costituzione di diritto di superficie a tempo determinato a effetti anticipati avente a oggetto un’area sita in
Sanlm1 con corrispettivo da corrispondersi in un’unica soluzione alla stipula del contratto definitivo.
Prima della scadenza della proroga del 30 settembre 2013 la RAGIONE_SOCIALE ha stipulato un contratto di costituzione del diritto di superficie per venti anni con la Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE, contratto che prevedeva che l’impianto di biogestore da biomasse, edificato a cura e spese dell’appellata fosse di proprietà della Cooperativa in virtù del principio dell’accessione di cui all’articolo 934 del codice civile.
La società di leasing si impegnava a emettere i pagamenti a favore della RAGIONE_SOCIALE per quanto riguardava l’intero corrispettivo pattuito a preliminare per la costituzione del diritto di superficie e a favore dell’appellata per i costi di costruzione da quest’ultima sostenuti e da sostenersi.
La RAGIONE_SOCIALE ha, quindi, rivestito la qualità di utilizzatore dell’impianto in virtù del contratto di locazione finanziaria perfezionato con la società di leasing.
Ciò premesso bisogna interpretare l’articolo 30 comma 3 lettera c) del d.p.r. numero 633/1972 che consente il rimborso della eccedenza detraibile risultante dalla differenza tra l’imposta a debito e il credito da detrazione a condizione che il soggetto passivo di imposta richieda il rimborso all’atto della presentazione della dichiarazione e che l’imposta si riferisca ad acquisto di beni ammortizzabili.
Strumentali sono quei beni utilizzati nel ciclo produttivo posseduti a titolo di proprietà o di altro diritto reale.
Nella fattispecie in esame l’impianto non era di proprietà del soggetto che l’ha realizzata, ovvero la società appellata, quanto della RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’articolo 934 del codice civile.
La prima semplicemente detiene e gestisce l’impianto di biogestore da biomasse in virtù della locazione finanziaria.
La società appellata, pertanto, non avrebbe potuto iscrivere a bilancio quale bene ammortizzabile in quanto l’impianto non rientrava nella previsione normativa di cui alla lettera c) del comma 3 dell’articolo 30 del d.p.r. numero 633/1972.
La contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi; l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. La contribuente deposita ampia memoria telematica addì 27-29
gennaio 2025 ad ulteriore illustrazione delle proprie ragioni, compendiandola con nota delle spese.
Considerato che:
Il secondo motivo di ricorso assume priorità logica.
Con esso si denuncia: ‘Violazione o falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., dell’art. 57 del d. lgs. n. 546 del 1992’.
2.1. ‘In data 30 ottobre 2017, l’Ufficio ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia, sostenendo, per la prima volta, che non sussisterebbero presupposti di cui all’art. 30, co. 3, lett. c) del Decreto Iva per il rimborso, in quanto l’Impianto non sarebbe di proprietà di Strovina (che lo ha edificato), bensì della Società di Leasing, per cui tale Impianto non avrebbe potuto essere iscritto tra i beni ammortizzabili della Società, che non avrebbe pertanto diritto al rimborso del Credito Iva 2012. È di tutta evidenza come l’Ufficio, in secondo grado, con il ricorso in appello abbia introdotto una nuova domanda’.
2.2. Il motivo è inammissibile perché, in difetto di precisione ed autosufficienza, non riproduce, oltreché compiutamente la motivazione del provvedimento impugnato, le difese della parte pubblica in primo e secondo grado, onde dimostrare l’assunto della novità delle difese dalla medesima rassegnate in appello.
Può procedersi alla disamina degli altri motivi.
Primo motivo di ricorso: ‘Violazione o falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., dell’art. 30, comma 3, lett. c) del decreto iva e degli artt. 934 e 936 del codice civile’.
4.1. Vi si denuncia, per sommi capi, quanto segue:
-‘La CRT Sardegna ha accolto l’appello dell’Ufficio, disconoscendo il diritto di Strovina al rimborso del Credito Iva 2012 ex art. 30, co. 3, del Decreto Iva, poiché la stessa non sarebbe stata la proprietaria dell’Impianto, bensì l’utilizzatrice in forza dei due Contratti di Leasing stipulati l’anno successivo, nel 2013’.
-‘In primo luogo, l’illegittimità della Sentenza di Secondo Grado discende dalla circostanza che la stessa è stata emessa sulla base della tesi erronea secondo cui, in caso di contratto di leasing, l’utilizzatore non potrebbe chiedere il rimborso del credito Iva ex art. 30, comma 3, lett. c) del Decreto Iva. Tale tesi, che è illegittima e contrastante con l’insegnamento consolidato di questa ill.ma Suprema Corte, non è comunque applicabile alla fattispecie in esame, come eccepito da COGNOME a pag. 7 delle proprie controdeduzioni in appello (doc. 9) (in primo grado, l’Ufficio non aveva sollevato tale contestazione). Infatti, come risulta agli atti ed è incontestato, COGNOME ha sostenuto costi per l’acquisto dei Beni Mobili dell’Impianto che hanno generato un credito Iva per il periodo d’imposta 2012 di importo pari a euro 991.520. Con la relativa Dichiarazione Iva per l’anno 2012, presentata in data 29 luglio 2013 (cronologico n. 166), COGNOME ha chiesto a rimborso una parte del suddetto credito Iva, per un importo di euro 326.520 (ossia il Credito Iva 2012 oggetto del contendere), riportando in compensazione per il periodo d’imposta successivo 2013 la parte restante del credito Iva, pari ad euro 665.000. L’importo del Credito Iva 2012 chiesto a rimborso corrisponde all’acquisto dei Beni Mobili dell’Impianto, vale a dire di beni mobili strumentali propri di Strovina (ed iscritti nel relativo bilancio), correlati sì all’Impianto ma il cui utilizzo è possibile a prescindere del bene a cui sono collegati (l’Impianto, appunto), essendo beni aventi natura autonoma. Il tutto come confermato dalla Perizia (doc. 2 a -b e allegato 5 (prima e seconda parte) al ricorso di primo grado della Ricorrente). Diversamente, i Contratti di Leasing sono stati stipulati in data 27 marzo 2013 ‘con efficacia dalla data odierna’ ai sensi dell’art. 3 Decorrenza e durata del Contratto, ossia in un momento successivo alla nascita del Credito Iva 2012, nell’ambito di una classica operazione di lease-back che nulla ha a che vedere con il Credito Iva 2012 chiesto a rimborso’.
-‘Si chiede, inoltre la cassazione della Sentenza di Secondo Grado in quanto la stessa è stata emessa sulla base di erronee argomentazioni giuridiche. Infatti, il diritto dell’odierna Ricorrente ad ottenere il rimborso del Credito Iva 2012 non si basa sulla sua qualità di utilizzatrice nell’ambito dei Contratti di Leasing del 2013, come erroneamente statuito dalla CTR Sardegna, bensì sulla circostanza che COGNOME ha sostenuto spese per l’acquisto di beni ammortizzabili, vale a dire i Beni Mobili dell’Impianto’. ‘In particolare, gli investimenti effettuati dall’odierna Ricorrente si possono ricondurre a due principali tipologie: (i) quelli relativi alla costruzione dell’immobile nel quale sorge l’Impianto e (ii) quelli finalizzati all’acquisto dei Beni Mobili dell’Impianto, vale a dire beni strumentali e attrezzature mobili che sì costituiscono parti dell’Impianto, ma sono beni asportabili e utilizzabili in maniera autonoma rispetto ad esso. Ebbene, come eccepito sia in primo (pagg. 4 e 5 del ricorso -doc. 6) sia in secondo grado (pagg. 8 e 9 delle controdeduzioni con appello incidentale -doc. 9), COGNOME ha chiesto il rimborso del Credito Iva 2012 (nella relativa dichiarazione Modello Iva 2013) proprio in relazione ai soli costi sostenuti per l’acquisto dei suddetti Beni RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, in qualità di beni mobili strumentali asportabili e utilizzabili in maniera autonoma, quali macchinari ed attrezzature mobili’.
-‘Si chiede la cassazione della Sentenza di Secondo Grado anche nel punto in cui dichiara che il diritto al rimborso del Credito Iva da parte della Ricorrente non sussisterebbe, in quanto l’Impianto sarebbe di proprietà della Cooperativa ai sensi dell’art. 934 del codice civile (‘Opere fatte sopra e sotto il suolo’) e, pertanto, non sarebbe un bene ammortizzabile per la Società. Ai sensi dell’art. 30, co. 3, lett. c) del Decreto Iva, il contribuente può chiedere, in tutto o in parte, il rimborso dell’eccedenza Iva detraibile ‘limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili”.
4.2. Il motivo -che supera il vaglio di ammissibilità perché enuclea con precisione le censure, correlandole a pertinente rubrica -è fondato ai sensi della motivazione a seguire.
Nel ragionamento della CTR non viene ‘funditus’ in linea di conto la circostanza che la contribuente ha ‘rivestito la qualità di utilizzatore dell’impianto in virtù del contratto di locazione finanziaria perfezionato’ nel 2013 -‘con la società di leasing’: invero la CTR ha ben presente la scansione temporale, avendo poco sopra osservato che ‘prima della scadenza della proroga del 30 settembre 2013 la RAGIONE_SOCIALE ha stipulato un contratto di costituzione del diritto di superficie per venti anni con la Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE.
L’elemento centrale del ragionamento della CTR che si limita ad inserire la stipula del contratto (‘rectus’, dei due contratti) di leasing in una complessiva ricostruzione diacronica -è rappresentato dal non essere la contribuente proprietaria dell’impianto. Ciò si evince con chiarezza laddove puntualizza, in via di sintesi, che ‘nella fattispecie in esame l’impianto non era di proprietà del soggetto che l’ha realizzata, ovvero la società appellata, quanto della RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’articolo 934 del codice civile’.
Proprio in ciò si annida l’errore in diritto compiuto dalla CTR, consistente nell’aver attribuito decisiva rilevanza, ai fini della richiesta di rimborso di cui all’art. 30, comma 3, lett. c), decr. IVA, al presupposto della proprietà dei beni.
Un tanto non corrisponde all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, andato assestandosi grazie a Sez. U, Sentenza n. 13162 del 14/05/2024 (Rv. 671381 -01), a termini della quale,
L’esercente attività d’impresa o professionale ha diritto al rimborso dell’IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l’attività svolta.
Più in particolare, per maggior chiarezza, mette conto di rilevare come detta sentenza, in motivazione (parr. 12 s., p. 8 s.), si dia peso di osservare quanto segue:
12. L’indirizzo che restringe la portata applicativa della previsione di cui all’art. 30, secondo comma, lett. c), dPR 633/1972 si basa essenzialmente sulle espressioni «acquisto» e «ammortizzabili», negando che sia rimborsabile l’IVA assolta in relazione a beni non acquistati, vale a dire dei quali il soggetto passivo non abbia acquisito la proprietà o altro diritto reale e che per tale ragione non rientrino tra i beni dell’impresa ammortizzabili, ancorchè si tratti di beni strumentali all’esercizio della impresa medesima (in questo senso, Cass. Sez. 5, n. 24779 del 04/12/2015; Sez. 5, n. 23667 del 28/10/2020; nello stesso senso Sez. 5, n. 24518 del 4/11/2020; successivamente all’ordinanza di rimessione, Sez. 5, n. 21228 del 19/07/2023). Tali pronunce, sostanzialmente, enucleano il concetto di “bene ammortizzabile” dagli artt. 102, 103, dPR 917/1986, 2424, lett. B) I e II, cod. civ., come bene iscrivibile tra le “immobilizzazioni” (materiali o immateriali), che secondo i principi contabili OIC (24, 16), sono riferibili a costi ad utilità pluriennale per l’acquisto di beni durevoli, escludendosi che possa considerarsi a tal fine sufficiente la mera “strumentalità” del bene. Peraltro, con più specifico riguardo al profilo strettamente unionale dell’imposta, questa giurisprudenza ha affermato che il principio di neutralità non implica un rapporto biunivoco tra detrazione e rimborso, costituendo il secondo un modo non ordinario di garantire detto principio, come invece la prima. Diversamente, l’orientamento che interpreta in modo più ampio l’enunciato normativo in esame assegna un valore tendenzialmente assoluto al principio eurounitario di neutralità, nel senso che, in ogni caso, il soggetto passivo dell’imposta non può esserne inciso al pari di un consumatore finale (in questo senso, v. Cass. Sez. 5, n. 6200 del 27/03/2015; Sez. 6 -5, n. 215 del 11/01/2021; Sez. 5, n. 27813 del 22/09/2022). Ed è dunque un’interpretazione “unionalmente orientata” a guidare questa ermeneusi dell’art. 30, secondo comma, lett. c), dPR 633/1972, oltre la sua stretta letteralità, latamente intendendosi per “acquisto” la disponibilità del bene e per “ammortizzabile” la sua durevolezza/utilità pluriennale, campeggiando in questo lessico normativo il concetto funzionale, questo sì imprescindibile, di “strumentalità” ai fini imprenditoriali del soggetto passivo.
13. Il Collegio ritiene di dover seguire il secondo indirizzo, per la dirimente ragione che il giudice nazionale, particolarmente quello di ultima istanza, nel caso dubbio deve adottare un criterio di “interpretazione conforme”, a maggior ragione qualora, come nel caso in esame, oggetto del giudizio sia un’imposta “armonizzata” ossia soggetta alla disciplina unionale delle ben note “direttive IVA” .
Dunque, intendendo dare ulteriore consolidamento all’indirizzo prevalente nella Sezione specializzata tributaria, per collocare la giurisprudenza di questa Corte all’interno dei principi di quella europea, non vi è alternativa ad un’interpretazione estensiva della disposizione legislativa interna. Pertanto, in particolare, all’espressione «acquisto … di beni ammortizzabili», utilizzata dal legislatore IVA interno (art. 30, terzo comma, lett. c), dPR 633/1972), va attribuito il significato -lato -di disponibilità di tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di norma, non solo quello derivante dall’acquisizione della proprietà ovvero di un diritto reale, ma anche da un contratto di locazione/comodato), ferma in ogni caso la necessaria “strumentalità” dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (che comunque è presupposto generale della detraibilità dell’IVA ex art. 19, comma 1, dPR 633/1972). Più specificamente, va rimarcato che il concetto di “bene ammortizzabile” non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell’IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette (artt. 102, 103, dPR 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili.
Piuttosto bisogna fare riferimento alla nozione -ampia e sostanzialmente economica -di «beni di investimento» che è quella utilizzata nella direttiva “rifusa” (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione “conforme” deve affidarsi. Ed allora appare chiaro che l’applicazione della disposizione legislativa de qua ve necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio -lungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali).
5. L’accoglimento del motivo in disamina assorbe il successivo, volto a denunciare ‘Violazione o falsa applicazione dell’artt. 934 e
omesso esame del preliminare di superficie (art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. e art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.)’.
In definitiva, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo ed assorbito il terzo.
In relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma, lì 13 febbraio 2025.