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Rimborso IVA attività preparatorie: no se i beni mancano

Una società chiede il rimborso IVA per attività preparatorie relative all’apertura di un hotel. La Cassazione nega il diritto, perché l’azienda non ha dimostrato quali specifici beni e servizi fossero stati acquistati a tale scopo, rendendo impossibile verificare l’inerenza delle spese.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA Attività Preparatorie: La Prova Specifica è Cruciale

Il diritto al rimborso IVA per attività preparatorie rappresenta un principio cardine del sistema fiscale, consentendo alle imprese di recuperare l’imposta assolta su beni e servizi acquistati prima ancora di iniziare a generare fatturato. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un limite fondamentale a questo diritto: l’onere per il contribuente di dimostrare in modo specifico e puntuale la natura e la consistenza dei beni e servizi acquistati, collegandoli inequivocabilmente al progetto imprenditoriale. Analizziamo la vicenda.

Il caso: dal cambio di attività al diniego del rimborso IVA

Una società a responsabilità limitata, dopo aver modificato il proprio codice attività per passare dalla fornitura di servizi generici alla gestione di un’attività alberghiera, presentava un’istanza di rimborso dell’IVA a credito per l’anno 2004. Il credito derivava dall’acquisto di beni strumentali ammortizzabili, asseritamente funzionali all’avvio della nuova attività di hotel.

L’Agenzia delle Entrate rigettava la richiesta, sostenendo due principali argomentazioni: in primo luogo, l’attività effettivamente svolta dalla società era la gestione di una casa di riposo, un’attività esente da IVA, il che precludeva il diritto alla detrazione; in secondo luogo, la società risultava non operativa.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, accogliendo l’appello dell’Amministrazione finanziaria. La società decideva quindi di ricorrere per Cassazione.

I motivi del ricorso e il principio del rimborso IVA per attività preparatorie

La società contribuente ha basato il proprio ricorso su nove motivi, tra cui la violazione del giudicato esterno (poiché una sentenza precedente su un’annualità diversa aveva dato ragione alla società), l’errata applicazione delle norme sul diritto al rimborso IVA per le attività preparatorie d’impresa e vizi procedurali relativi alla motivazione dell’atto di diniego.

Il punto centrale della difesa era che, anche in assenza di operazioni attive, l’imposta pagata per l’acquisto di beni e servizi destinati a un’attività imprenditoriale programmata deve essere rimborsabile. Questo principio, consolidato a livello europeo e nazionale, mira a non gravare l’imprenditore del costo dell’IVA nella fase di avvio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della contribuente, ritenendo infondati o inammissibili tutti i motivi sollevati. La decisione si fonda su argomentazioni precise che chiariscono i limiti del diritto al rimborso.

L’onere della prova a carico del contribuente

Il fulcro della decisione risiede nel secondo motivo di ricorso. La Corte ha sottolineato che non è sufficiente affermare in modo astratto di aver sostenuto costi per attività preparatorie. Il contribuente ha l’onere di dimostrare concretamente l’inerenza di tali costi con il progetto imprenditoriale.

Nel caso di specie, la società si era limitata a deduzioni generiche, senza identificare e documentare quali specifici beni e servizi fossero stati acquistati in funzione dell’attività alberghiera. Secondo i giudici, è mancata la “documentazione e chiarificazione degli esborsi affrontati”. Senza questa identificazione, è impossibile per l’Amministrazione finanziaria e per il giudice verificare il nesso funzionale tra l’acquisto e l’iniziativa economica programmata, un requisito essenziale per la detrazione e il conseguente rimborso.

Inammissibilità degli altri motivi di ricorso

La Corte ha respinto anche gli altri motivi. In particolare, ha escluso l’efficacia del giudicato esterno, precisando che una sentenza relativa a un determinato anno d’imposta non si estende automaticamente agli anni successivi per fattispecie “tendenzialmente permanenti” ma suscettibili di variazione annuale, come l’operatività di una società. Gli altri motivi, relativi a presunti vizi di motivazione dell’atto di diniego e della sentenza d’appello, sono stati giudicati inammissibili perché non evidenziavano un concreto pregiudizio al diritto di difesa o tentavano di ottenere un riesame del merito della controversia, precluso in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale in materia fiscale: il diritto al rimborso IVA per attività preparatorie non è automatico. Sebbene sia riconosciuto che l’imposta possa essere detratta anche prima dell’inizio delle operazioni attive, spetta interamente al contribuente l’onere di fornire una prova rigorosa, specifica e documentata dell’inerenza delle spese sostenute. Affermazioni generiche e non supportate da prove concrete non sono sufficienti a superare le contestazioni dell’Amministrazione finanziaria. Per le imprese in fase di start-up, ciò si traduce nella necessità di una contabilità estremamente precisa e di una documentazione impeccabile che colleghi ogni acquisto al progetto imprenditoriale.

È possibile ottenere il rimborso IVA per le spese sostenute prima di iniziare un’attività?
Sì, in linea di principio è possibile. La detrazione dell’imposta può spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle cosiddette attività preparatorie, a condizione che sia dimostrata l’inerenza delle spese con l’attività imprenditoriale programmata.

Perché la Corte ha negato il rimborso IVA in questo caso specifico?
La Corte ha negato il rimborso perché la società contribuente non ha adempiuto al proprio onere della prova. Non ha identificato né documentato in modo specifico quali beni e servizi fossero stati acquistati per la futura attività alberghiera, limitandosi a deduzioni generiche che non permettevano di verificare l’effettiva inerenza delle spese.

Una sentenza favorevole su un anno d’imposta vale automaticamente per gli anni successivi?
No. La Corte ha chiarito che l’effetto vincolante di una sentenza (giudicato esterno) in materia tributaria è limitato a fatti con efficacia permanente o pluriennale per legge. Non si estende a situazioni che possono variare annualmente, come l’operatività o meno di una società, che deve essere valutata per ogni singolo periodo d’imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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