Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6429 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6429 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5706/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 6888/2022 depositata il 08/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con istanza del 12/11/2012, mediante la compilazione del modello VR 2012, la società RAGIONE_SOCIALE presentava istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate per le somme versate a titolo di IVA per l’anno 2011. L’istanza della società ricorrente era fondata sul disposto normativo degli artt. 38 bis del DPR 633/72 e 30, terzo comma, lett. e), DPR 633/72, atteso che la stessa, operatore non residente, aveva il diritto di chiedere il rimborso avendo formalmente nominato, ai sensi dell’art. 17, comma 2, DPR 633/72 un rappresentante fiscale nello Stato.
La società sulla base dei medesimi presupposti aveva negli anni precedenti (dal 2003 al 2008) chiesto ed ottenuto il rimborso IVA in parola.
L’Ufficio, in data 15.10.2014, notificava alla RAGIONE_SOCIALE il rigetto della suddetta istanza con provvedimento di diniego (cronologico n. 22795/2014) ritenendo non sussistenti i presupposti che consentono il rimborso delle somme versate a titolo di IVA.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti, la RAGIONE_SOCIALE non poteva detrarre l’IVA sui beni e servizi acquistati presso terzi né, conseguentemente, poteva chiederla a rimborso, perché alla stessa si applica il regime speciale IVA di cui all’art.74-ter del DPR 633/72 relativo alle agenzie di viaggi che organizzano pacchetti turistici.
La Commissione Tributaria adita, con la sentenza n. 3822/12/15, depositata in data 06.07.2015, rigettava il ricorso compensando le spese.
Con sentenza n. 6888/01/2022, depositata l’ 08.08.2022, la Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia rigettava l’appello
della contribuente e confermava la sentenza impugnata, compensando le spese di giudizio. Il ricorso per cassazione della contribuente è affidato a due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 74 ter del dpr 633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR compiuto un’erronea ricognizione della fattispecie, ritenendo che ‘ l’unico modo per applicare correttamente la disposizione normativa contenuta nell’art. 74 ter del D.P.R. n. 633/1972 sarebbe quello della tenuta di una contabilità separata che consentisse di distinguere agevolmente i corrispettivi dovuti alla società odierna ricorrente per l’organizzazione di pacchetti turistici rispetto a quelli dovuti per una singola prestazione ‘ e trascurando che la contribuente ‘ ha ampiamente documentato per l’anno in contestazione mediante la produzione di tutte le fatture acquisti e vendite, le liquidazioni periodiche IVA, il registro acquisti, il registro vendite, il prospetto dei fornitori ecc., mai oggetto di contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, che la propria attività si sostanziava, su specifica richiesta dei propri clienti, cittadini americani, nel prenotare il singolo servizio consistente prevalentemente nel noleggio di autovetture ‘.
Con il secondo motivo di ricorso si adombra la nullità della sentenza per error in procedendo sulla valutazione della prova; violazione dell’art. 116, comma 1 e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., avendo la CTR valutato come assorbente la mancata tenuta di una contabilità separata per le singole prestazioni rispetto ai pacchetti turistici, tralasciando di esaminare e valutare la copiosa documentazione probatoria offerta dalla società odierna ricorrente che ha prodotto: tutte le fatture di acquisto, t utte le fatture di vendita, i registri IVA, le liquidazioni
periodiche IVA, il prospetto dei fornitori, un campione esemplificativo e significativo dell’abbinamento tra fatture vendita negli Stati Uniti d’America e fatture degli acquisti effettuati in Italia con elenco riepilogativo per l’anno in esame’.
I due motivi, suscettibili di trattazione unitaria per intima connessione, non colgono nel segno e vanno disattesi.
Il giudice d’appello ha compiuto un accertamento di fatto, ad esso istituzionalmente riservato, statuendo nel senso denegando il rimborso, in quanto l’IVA è stata assolta, nella qualità di tour operator , da un’agenzia di viaggi statunitense in relazione a servizi turistici prestati in Italia. L’IVA in parola, a norma del co. 3 dell’art. 74-ter del d.P.R. 633/72, non è ammessa in detrazione.
La norma da ultimo richiamata, invero, delinea un regime speciale dell’IVA per le aziende di viaggio e turismo, recependo quanto quanto disposto dall’art. 26, della sesta Direttiva Iva 77/388/Cee (ora art. 306 Direttiva 2006/112/Cee).
Il ridetto art. 74ter prevede un regime denominato “base da base”, ai fini della determinazione dell’IVA, derogatorio di quello ordinario, nel caso di operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e turismo per la organizzazione di pacchetti turistici verso il pagamento di un corrispettivo globale. In tal caso, piuttosto che applicare il regime ordinario di determinazione dell’IVA, si prevede che, ai fini della determinazione dell’imposta sulle suddette operazioni, il corrispettivo dovuto all’agenzia di viaggi e turismo è diminuito dei costi sostenuti per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da terzi a diretto vantaggio dei viaggiatori, al lordo della relativa imposta. A completare la disciplina in esame è la previsione secondo cui non è ammessa in detrazione l’imposta relativa ai costi sostenuti dall’agenzia di viaggi e turismo per la cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate da terzi a vantaggio diretto dei viaggiatori. In sostanza, secondo questo regime speciale: come base imponibile, ai fini IVA, si considera solo
il margine realizzato dall’agenzia di viaggi e turismo, cioè la differenza tra il costo sostenuto da detta agenzia, comprensivo di Iva, delle cessioni e dei servizi rientranti nel viaggio « tutto compreso » da essa venduto e il prezzo al netto dell’Iva da essa applicato per tale viaggio; correlativamente, l’applicazione del regime speciale in esame preclude all’agenzia di viaggi e turismo di potere richiedere il rimborso dell’Iva per i costi sostenuti.
Quel che rileva, ai nostri fini, è la circostanza che, come sopra evidenziato, proprio in considerazione della peculiarità del regime in esame, alle agenzie di viaggi e turismo che organizzano pacchetti turistici nel territorio dell’Unione europea non sono consentiti la detrazione o il rimborso dell’IVA dei costi sostenuti per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da terzi a diretto vantaggio dei viaggiatori.
La finalità della disciplina sul ‘regime speciale’ è stata più volte affermata dalla Corte di giustizia che ha precisato che « Detto regime speciale persegue, di conseguenza, un obiettivo di semplificazione delle norme relative all’iva applicabile alle agenzie di viaggio. Esso mira, del pari, a ripartire il gettito derivante dalla percezione di tale imposta in modo equilibrato tra gli Stati membri, assicurando, da un lato, l’attribuzione del gettito dell’Iva relativo a ciascun servizio individuale allo Stato membro in cui ha luogo la consumazione finale del servizio e, dall’altro, l’attribuzione di quello afferente al margine dell’agenzia di viaggio allo Stato membro in cui quest’ultima è stabilita » (Corte di giustizia, 26 settembre 2013, C-189/11; 26 settembre 2013, C-236/11). Questa peculiare finalità, va ribadito, viene perseguita mediante la corretta applicazione del meccanismo di funzionamento del sistema “base da base”, e trova il suo fondamento nella previsione di cui all’art. 310, Direttiva n. 2006/112/Cee, secondo cui gli importi dell’imposta sul valore aggiunto imputati all’agenzia di viaggi e turismo da altri soggetti passivi per le operazioni di cui all’art. 307
effettuate a diretto vantaggio del viaggiatore non sono né detraibili né rimborsabili in alcuno Stato membro.
In realtà, la ragione del diniego di detrazione o rimborso configurato dall’art. 310, cit., a livello di normativa unionale, ed attuato nel diritto interno con l’art. 74ter , d.P.R. n. 633/1972, risiede nel fatto che tale limitazione è necessaria al fine di potere assicurare l’attribuzione del gettito a ciascuno dei vari Paesi in cui i servizi facenti parte dei pacchetti sono resi, poiché è proprio tale meccanismo che, mediante il diniego di detrazione o rimborso, consente di assicurare che i servizi forniti durante il viaggio siano assoggettati all’imposta nei diversi Paesi in cui gli stessi sono erogati.
L’art. 55, D.L. n. 69/2013, convertito dalla L 9 agosto 2013, n. 98, che prevede che: « Alla luce di quanto previsto 3 dall’articolo 310 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, l’articolo 74-ter, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si interpreta nel senso che l’imposta assolta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi, di cui al comma 2 dello stesso articolo, effettuate da terzi nei confronti delle agenzie di viaggio stabilite fuori dell’Unione europea a diretto vantaggio dei viaggiatori non è rimborsabile. Fermo restando quanto previsto in materia di risorse proprie del bilancio dell’Unione europea, sono comunque fatti salvi i rimborsi che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano stati eventualmente effettuati; altresì non si da luogo alla restituzione delle somme che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, risultino già rimborsate e successivamente recuperate dagli uffici dell’amministrazione finanziaria ». L’art. 55 cit. è chiaramente funzionale alla corretta applicazione del sistema in esame e, soprattutto, aderente alla funzione che, a livello della normativa unionale, viene configurata
ai fini della concreta attuazione dello speciale regime Iva in esame. La suddetta previsione normativa evidenzia, in modo chiaro, che l’interpretazione da essa indicata dell’art. 74ter , d.P.R. n. 633/1972, che si muove nella direzione di limitare il diritto al rimborso dell’IVA anche nel caso di agenzie di viaggi e turismo stabilite fuori dall’Unione europea, trova fondamento proprio nella previsione di cui all’art. 310, Direttiva n. 2006/112/Cee, ed è conforme alla finalità e alla ratio di quest’ultima previsione normativa unionale, secondo quanto sopra più specificamente indicato.
Va precisato che la previsione normativa in esame ha indubbia valenza interpretativa della disposizione contenuta nell’art. 74ter , comma 3, d.P.R. n. 633/1972, come si evince dal tenore letterale della stessa, finalizzata espressamente a dettare l’esatta linea interpretativa della previsione in esame, peraltro fondata, come espressamente precisato, sul contenuto dell’art. 310, Direttiva 2006/112/Cee, e sull’evoluzione interpretativa della stessa Corte di giustizia.
Ciò precisato, va osservato che il primo periodo dell’articolo in esame dispone che l’art. 74- ter, comma 3, d.P.R. n.633/1972, deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’Iva versata da soggetti che, operando quali agenzie di viaggio nell’offrire pacchetti turistici in favore dei propri clienti, siano stabiliti fuori dall’Unione europea, in tal modo applicando il regime della non rimborsabilità o detraibilità dell’Iva in esame a qualunque operatore che svolga attività di agenzia di viaggio, quindi indipendentemente dal fatto che sia stabilito o meno in un Paese dell’Unione.
La previsione di cui all’art. 55 D.L. n. 69/2013, interpreta espressamente l’art. 74- ter, d.P.R. n. 633/1972, nel senso che esso si applica anche al caso di agenzie di viaggio e turismo stabilite fuori dall’Unione europea ed è quindi chiaro, sotto il profilo
della normativa interna, che non può essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’IVA versata all’odierna ricorrente, ostandovi l’espressa previsione normativa in esame.
Ciò detto, è granitico orientamento di questa Corte che il contribuente il quale pretenda un rimborso riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda (tra varie, Cass. n. 21197 del 2014 e Cass. n. 15026 del 2014); il principio è stato ribadito anche in relazione al rimborso ex art. 38-ter del d.P.R. 633/72 (Cass. n. 12633 del 2012).
La situazione controversa è la spettanza del diritto al rimborso, che l’Agenzia nega; di modo che è pur sempre il preteso titolare del diritto al rimborso, ossia il preteso creditore, a dover provare il fondamento della propria pretesa. In particolare, il fatto costitutivo da provare consiste nello svolgimento di distinte e specifiche attività e non già di quella di tour operator in favore di terzi.
Questa Corte ha difatti già avuto occasione di chiarire (Cass. n. 4961 del 2017; Cass. n. 4776 del 2016) che il regime speciale stabilito per le agenzie di viaggio dall’art. 74ter d.P.R. n. 633 del 1972 non trova applicazione qualora l’agenzia agisca esclusivamente in qualità di intermediario, e non in nome proprio, tra il viaggiatore ed il terzo fornitore di servizi, oppure fornisca singoli servizi turistici, svincolati dall’organizzazione del viaggio, in ragione dell’obiettivo perseguito da tale disposizione, che è quello di evitare le difficoltà derivanti agli operatori economici dall’osservanza dei regime generale. Disciplina, questa, ha rimarcato la Corte, conforme alla giurisprudenza comunitaria (per la quale si veda, da ultimo, Corte giust. in causa C-300/12, RAGIONE_SOCIALE.
Lo svolgimento di attività di vendita di singoli servizi non è stato puntualmente dimostrato secondo l’apprezzamento di merito della
Commissione Tributaria Regionale, che ha reputato non conducente a tal fine il compendio documentale che parte ricorrente assume trascurato, di fatto sollecitando una rivisitazione del sindacato di merito già espletato dal giudice d’appello.
La sentenza impugnata risponde al criterio di riparto degli oneri della prova dinanzi indicato, in quanto, pur rimarcando la necessità di tenere una contabilità separata, di fatto stigmatizza la carenza del compendio probatorio raggiunto dalla contribuente, risolvendo la controversia applicando una regola di giudizio che non inverte il canone di distribuzione degli oneri probatori.
Il giudice del gravame ha esaminato nel merito la questione ed ha orientato la decisione sulla base del presupposto che la contribuente era un’agenzia di viaggi e turismo con sede all’estero e che offriva pacchetti turistici in favore dei propri clienti anch’essi non residenti. Nell’economia della decisione emerge che la società ricorrente, con sede in USA, svolge l’attività di Tour operator e che l’inclusione di singoli servizi, tra cui l’autonoleggio di vetture, nei propri pacchetti non consente di qualificare diversamente la predetta attività, come erroneamente fatto dall’Agenzia delle entrate.
La circostanza che nella trama argomentativa la Commissione Tributaria Regionale adombri la mancata dimostrazione della cessione di servizi singoli in luogo di pacchetti turistici attraverso una ‘ contabilità separata’ non vale a far assurgere detta modalità probatoria a presupposto di accesso al rimborso in virtù dell’applicazione del regime ordinario, ma semplicemente ad enucleare un elemento che, nella inattitudine del quadro istruttorio emerso in corso di causa ad enucleare i ‘pacchetti turistici’ dai servizi asseritamente ceduti come singoli, sarebbe stata suscettibile di agevolare la distinzione.
Con specifico riguardo al secondo motivo di ricorso, ancorché si adombri la violazione dell’art. 112 c.p.c., in realtà non viene attinto
il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, sol che si consideri che il giudice d’appello ha statuito sulla domanda della contribuente correlata al rimborso invocato e ha esplicitamente disatteso il compendio probatorio reso in corso di causa a supporto della perorata applicazione del regime fiscale ordinario.
Nessuna violazione dell’art. 116 c.p.c. emerge dalla decisione d’appello. Il giudice regionale ha maturato ed espresso il proprio libero convincimento. In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020; Cass. n. 16016 del 2021).
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 29/01/2025.