Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16116 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16116 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
Irpef – rimborso
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14764/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE difeso da se medesimo, p.e.c. EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis ;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, n. 3641/29/2023 depositata il 19 dicembre 2023, non notificata
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/04/2025 dal relatore consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Taranto, accoglieva l ‘appello proposto dall’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Taranto, contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Taranto che aveva accolto l ‘istanza di rimborso Irpef proposta da NOME COGNOME in relazione alla mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2012 di alcuni oneri deducibili, costituiti dai versamenti per la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Avvocati. In particolare, i giudici del gravame evidenziavano che l’istanza di rimborso non era ammissibile una volta scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa, vigente ratione temporis l’art. 2, comma 8 -bis, d.P.R. n. 600 del 1973, che prevedeva per la dichiarazione integrativa a favore il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo.
Contro tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente, in base a tre motivi, illustrati da successiva memoria.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza del 4/04/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 118, commi primo e secondo, disp. att. c.p.c. , dell’art. 111, sesto comma, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c.
1.1. Il motivo è infondato.
La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4, c.p. c. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U. n. 8053/2014; successivamente tra le tante Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 6626/2022).
In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Nel caso di specie, esclusa la mancanza di motivazione sotto l’aspetto grafico, la ratio decidendi è chiara e comprensibile, essendo data (unicamente) dalla necessità, per far valere la deduzione, di presentare preliminare dichiarazione integrativa entro il termine
annuale, rimanendo peraltro inespressa una eventuale motivazione sui rapporti con l’ulteriore giudizio tra le parti .
2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 2, comma 8bis , del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate con il d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni, nella legge 1 dicembre 2016, n. 225, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. , evidenziando che l’istanza di rimborso era ammissibile, richiamando Cass. Sez. U. n. 15063/2002, e che la disposizione applicata dalla CTR si riferisce alla possibilità di utilizzare in compensazione l’eventuale credito risultante dalla dichiarazione integrativa.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2, comma 8bis , del d.P.R. n. 322/1998 così come modificato con la conversione del d.l. n. 193/2016 in l. n. 225/2016, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3 c.p.c., ove si ritenga che la CTR abbia inteso fare applicazione del medesimo.
2.1. Il secondo motivo deve essere accolto alla luce dei precedenti di questa Corte.
Già Cass., Sez. U., 25/10/2002, n. 15063 aveva affermato che in tema di rimborso di somme versate per tributi non dovuti, l’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo anteriore alla novellazione, disposta con la legge 13 maggio 1999, n. 133, e gli artt. 16, commi primo e settimo, del d.P.R. n. 636 del 1972 e 19, comma primo, lett. g), del d.lgs. 12 dicembre 1992, n. 546, nel testo applicabile <>, contenenti la previsione del rimedi giurisdizionali contro la reiezione dell’istanza volta ad ottenere la restituzione delle somme, versate in regime di autotassazione, in base ad una dichiarazione dei redditi che risulti inficiata da errore, consentivano al contribuente, nel termine dalla norma stessa stabilito, di richiedere la ripetizione delle imposte pagate in adempimento di tali obblighi – in tutto o in parte –
inesistenti; i principi sono stati ribaditi, in parte qua, da Cass., Sez. U., 30/06/2016, n. 13378, secondo cui in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8bis (nel testo ritenuto applicabile dalla CTR, prima della modifica di cui al d.l. n. 193/2016 conv. dalla l. n. 225/2016), ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria. In tale decisione si è infatti espressamente evidenziato, tra l’altro , che il rimborso dei versamenti diretti di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8bis , d.P.R. n. 322/1998 (v. anche Cass. 15/03/2019, n. 7389; Cass. 20/11/2019, n. 30151), cui ha attribuito rilevanza preclusiva la Corte di giustizia tributaria.
Respinto il primo motivo, il ricorso va quindi accolto, in relazione al secondo, con assorbimento del terzo; la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, per il riesame del merito e delle questioni non espressamente esaminate, ed alla quale si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
accoglie il secondo motivo, rigettato il primo ed assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2025.