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Rimborso IRPEF su somme restituite: la Cassazione

Un contribuente, dopo aver restituito a un ente pensionistico delle somme percepite indebitamente e già tassate, ha richiesto il rimborso dell’IRPEF versata. L’Agenzia delle Entrate ha negato il rimborso, sostenendo che l’unica via fosse la deduzione dal reddito. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7960/2024, ha stabilito che il contribuente ha la libera scelta tra la deduzione dell’onere e la richiesta di rimborso IRPEF diretto, confermando il diritto del cittadino a recuperare le imposte non più dovute.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IRPEF per somme restituite: la Cassazione conferma il diritto del contribuente

Quando un cittadino si trova a dover restituire somme percepite in passato, come una pensione o uno stipendio, sorge una domanda cruciale: che fine fanno le tasse già pagate su quegli importi? Con la sentenza n. 7960 del 25 marzo 2024, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara, consolidando un principio fondamentale a tutela del contribuente: la possibilità di scegliere tra la deduzione dal reddito e la richiesta di un rimborso IRPEF diretto. Questa decisione mette un punto fermo su una questione che vede spesso contrapposti i cittadini e l’Amministrazione Finanziaria.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un pensionato che, per diversi anni (dal 2002 al 2006), aveva percepito un trattamento pensionistico da un ente previdenziale. Su tali somme, come previsto dalla legge, erano state operate le ritenute fiscali alla fonte. Successivamente, nel 2012, la prestazione pensionistica veniva revocata poiché ritenuta non spettante. A partire dal 2013, il contribuente avviava un piano di restituzione delle somme indebitamente percepite, restituendo l’importo al lordo delle imposte a suo tempo trattenute.

Ritenendo di aver subito una doppia imposizione, il pensionato presentava nel 2015 un’istanza all’Agenzia delle Entrate per ottenere il rimborso IRPEF pari alle ritenute subite, per un importo di oltre 24.000 euro. Di fronte al silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, il contribuente adiva le vie legali, ottenendo ragione sia in primo che in secondo grado. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, ricorreva in Cassazione.

La Questione Giuridica: Deduzione o Rimborso IRPEF?

Il fulcro del contenzioso verteva sull’interpretazione dell’articolo 10 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (t.u.i.r.). Secondo la tesi dell’Agenzia delle Entrate, l’unica modalità a disposizione del contribuente per recuperare il carico fiscale sulle somme restituite era quella di portare in deduzione l’importo lordo restituito dal proprio reddito complessivo nell’anno della restituzione stessa (il cosiddetto “onere deducibile”). In pratica, il Fisco sosteneva che non fosse possibile chiedere un rimborso diretto.

Il contribuente, al contrario, rivendicava il suo diritto a scegliere lo strumento per lui più favorevole, ovvero l’azione di rimborso, che garantisce la restituzione effettiva delle imposte non più dovute, specialmente in casi di redditi bassi o incapienza fiscale dove la deduzione potrebbe risultare inefficace.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul Rimborso IRPEF

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, offrendo motivazioni dettagliate e di grande importanza pratica.

In primo luogo, i giudici hanno chiarito che la possibilità di utilizzare il meccanismo dell’onere deducibile, prevista dall’art. 10 del t.u.i.r., costituisce una facoltà e non un obbligo per il contribuente. Il mancato esercizio di questa facoltà non preclude in alcun modo il ricorso alla procedura ordinaria di rimborso per somme indebitamente versate. Si tratta di due strumenti alternativi, la cui scelta è rimessa alla libera valutazione del contribuente.

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda l’individuazione del termine per la presentazione della domanda di rimborso (il dies a quo). L’Agenzia sosteneva che il termine dovesse decorrere dal momento del versamento originario delle ritenute. La Cassazione ha invece stabilito che il presupposto per la restituzione non sorge al momento del pagamento (all’epoca legittimo), ma solo nel momento successivo in cui l’obbligo di restituire la prestazione rende indebito il prelievo fiscale. È questo “fatto sopravvenuto” a far decorrere il termine di 48 mesi previsto dall’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973 per chiedere il rimborso IRPEF.

Infine, la Corte ha ribadito che sia il sostituto d’imposta (l’ente che ha operato la ritenuta) sia il sostituito (il contribuente che ha subito il prelievo) sono legittimati a chiedere il rimborso, confermando l’autonomia dei rapporti tra le parti rispetto a quello con il Fisco.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza n. 7960/2024 rafforza significativamente la posizione del contribuente, che si trova a dover gestire la restituzione di somme precedentemente tassate. Il principio affermato è quello della libertà di scelta: il cittadino può valutare la convenienza tra la deduzione dell’onere dal reddito e l’azione diretta di rimborso IRPEF. Questa decisione è fondamentale per evitare ingiuste penalizzazioni, soprattutto per i soggetti con redditi bassi (incapienti) per i quali la deduzione non produrrebbe alcun beneficio effettivo. La Corte ha così garantito che il recupero delle imposte non più dovute sia un diritto concreto e non una mera possibilità teorica, riaffermando un principio di equità e giustizia tributaria.

Se restituisco somme già tassate, come una pensione o uno stipendio non dovuto, posso chiedere il rimborso diretto delle tasse pagate?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il contribuente ha la libera scelta tra dedurre l’importo lordo restituito dal proprio reddito (come onere deducibile) oppure presentare un’istanza diretta di rimborso IRPEF all’Agenzia delle Entrate.

Qual è il termine per presentare la domanda di rimborso IRPEF in questi casi?
Il termine di decadenza per la richiesta di rimborso (48 mesi secondo l’art. 38 del D.P.R. 602/1973) non inizia a decorrere dalla data in cui la ritenuta è stata originariamente operata, ma dal momento successivo in cui sorge l’obbligo di restituire le somme, poiché è solo da quel momento che il versamento dell’imposta diventa indebito.

L’Agenzia delle Entrate può obbligarmi a recuperare le tasse solo tramite la deduzione dal reddito?
No. La sentenza chiarisce che la deduzione è una facoltà e non un obbligo. L’Amministrazione Finanziaria non può precludere al contribuente la via del rimborso diretto, in quanto si tratta di strumenti alternativi la cui scelta è rimessa al contribuente stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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