Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19564 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19564 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5702/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con gli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrenti- contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato ,
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 3416/2022, depositata il 07/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 24 giugno 2020, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, consolidate, e RAGIONE_SOCIALE, consolidante, presentavano istanza di rimborso delle somme versate, a titolo di saldo IRES per il periodo d’imposta 1° ottobre 2017 -30 settembre 2018 e di acconti IRES per il periodo
successivo, da RAGIONE_SOCIALE nella qualità di consolidante del gruppo.
Il rimborso veniva richiesto sul presupposto della mancata fruizione, al momento della dichiarazione dei redditi, dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 6, commi da 13 a 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (c.d. “RAGIONE_SOCIALE“), relativa ad investimento per la realizzazione di una centrale per la produzione di energia elettrica da biomasse, i cui lavori erano iniziati nel 2008 e si erano conclusi nel corso del 2009.
Formatosi il silenziorifiuto dell’Amministrazione sulla istanza di rimborso, le società ricorrenti ricorrevano avanti alla Commissione tributaria provinciale di Milano.
L’Amministrazione contestava la pretesa, deducendo l’intervenuta decadenza dal diritto al rimborso e la mancata dimostrazione dei presupposti oggettivi e soggettivi per la fruizione dell’agevolazione.
Il ricorso delle società contribuenti veniva respinto dall’adita CTP, con pronuncia confermata all’esito del giudizio di appello .
In particolare, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigetta va l’appello delle società, ritenendo che, in materia di rimborsi, il termine di decadenza quadriennale previsto dall’art. 38 del DPR 602/1973 decorresse dal momento del versamento dell’imposta asseritamente non dovuta, individuato nella scadenza per il versamento del saldo di imposta per il 2009.
Avverso la predetta sentenza le società hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato con il successivo deposito di memoria difensiva ex art. 380-bis.1 c.p.c.
Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso le società contribuenti deducono, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, d.p.r. n. 602/1973 e dell’art. 84 d.p.r. n.
917/1986 e all’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546». Lamentano le ricorrenti che la CTR abbia identificato la decorrenza del termine di 48 mesi, ex art. 38 DPR n. 602/1973, per la richiesta di rimborso, da quello di versamento del saldo d’imposta per l’annualità in cui tale investimento è stato effettuato , a prescindere che via stato un effettivo versamento d’imposta da richiedere a rimborso in detto periodo d’imposta , laddove la norma invocata dispone che il rimborso debba essere richiesto entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso.
1.1. Nella specie, allegano che la variazione in diminuzione -la quale avrebbe potuto essere legittimamente operata – non ha determinato un versamento indebito, ma solo un aumento della perdita d’esercizio per il periodo di imposta interessato 1° ottobre 2009 -30 settembre 2010. In particolare , l’aver operato nella dichiarazione dei redditi ‘riliquidata’ relativa a tale periodo di imposta la variazione RAGIONE_SOCIALE avrebbe fatto emergere una maggiore perdita fiscale per entrambe le Società e, segnatamente, una maggiore perdita fiscale pari ad euro 13.003.420 per RAGIONE_SOCIALE ed una maggiore perdita fiscale pari ad euro 2.624.752,66 per RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le dette perdite fiscali sono state, poi, riportate in avanti negli anni ai sensi dell’art. 84 TUIR, sempre mediante ‘riliquidazione’ ora per allora delle dichiarazioni dei redditi degli esercizi successivi a quello dell’investimento, come detto, al fine di verificare l’eventuale emersione di un versamento indebito effettuato a titolo di IRES.
1.2. Considerato che dalle dichiarazioni dei redditi delle Società non è emerso alcun debito di imposta sino al periodo d’imposta 1° ottobre 2017 -30 settembre 2018, fino a tale data non è risultata alcuna imposta versata indebitamente a titolo di IRES.
1.3. Le società hanno, pertanto, proceduto a presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 cit. , nel primo momento utile a tal fine,
ovvero a seguito dell’emersione del primo debito IRES a loro carico (ossia, appunto, quello emerso con la presentazione della dichiarazione relativa all’esercizio 1° ottobre 2017 30 settembre 2018) e, quindi, del primo versamento indebito effettuato, ossia il versamento a titolo di IRES effettuato in data 30 aprile e 30 agosto 2019.
1.4. Da ciò deriverebbe la tempestività della richiesta di rimborso effettuata in data 24 giugno 2020, prima del decorso dei 48 mesi richiesti ex lege per la decadenza dalla data dei versamenti a titolo di acconto e quale saldo dell’IRES relativa ai periodi di imposta 1° ottobre 2017 – 30 settembre 2018 e 1° ottobre 2018, 30 settembre 2019, avvenuti in data 30 aprile 2019, 30 aprile 2019 e 30 agosto 2019, come da Modelli F24 già allegati agli atti del giudizio di appello. 2. Con il secondo motivo, le ricorrenti denunciano la «Violazione e -19, legge n. 388/2000, dell’art. 38, d.p.r. n. 602/1973 e dell’art. 84 d.p.r. n. 917/1986 in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs.
falsa applicazione dell’art. 6, commi 13 31 dicembre 1992, n. 546».
Osservano le contribuenti che la CTR, nel rigettare il gravame, ha fatto erroneamente leva sull’omessa indicazione dell’agevolazione nella dichiarazione relativa all’anno d’imposta in cui l’investimento era stato sostenuto e sulla mancata presentazione di una dichiarazione integrativa nei termini di cui all’art. 2, commi 8 e 8 -bis, del DPR 322/1998.
2.1. Tale interpretazione si fondava su una presunta decadenza da un beneficio fiscale che, tuttavia, non è prevista da alcuna disposizione normativa. L’art. 6 L. 388/2000 non subordinava la spettanza dell’agevolazione ad una manifestazione di volontà formale in sede dichiarativa, né prevedeva cause di decadenza in caso di omissione.
2.2. Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, la dichiarazione dei redditi non poteva considerarsi ‘consolidata’ in
senso preclusivo per la parte contribuente, la quale conserva il diritto a emendarla al fine di rettificare errori a proprio sfavore, in ogni tempo, laddove ne derivino effetti su annualità ancora suscettibili di rettifica.
2.3. In definitiva, secondo le ricorrenti era da ammettersi, nel contesto delineato, la possibilità di rideterminare ex post il reddito d’impresa, deducendo un’agevolazione non fruita, anche oltre il termine per la dichiarazione integrativa, di riportare le maggiori perdite così calcolate e di richiedere, entro i limiti dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973, il rimborso delle imposte indebitamente versate.
I motivi, da esaminare congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono fondati.
3.1. Questa Corte ha già, in relazione alla questione oggetto della censura in esame, più volte osservato che la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno d’imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante del conto energia e dalla detassazione degli investimenti previsti dalla l. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 6, commi da 13 a 19, c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE‘; incertezza interpretativa poi risolta solo a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 19, d.m. 5 luglio 2012, cui hanno fatto seguito gli stessi documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria (cfr. Risoluzione dell’Agenzia delle entrate 20 luglio 2016, n. 58/E, nel solco di quanto già espresso dalla Risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010), in ordine alla possibilità di beneficiare ‘ora per allora’ dell’agevolazione c.d. RAGIONE_SOCIALE), anche con domanda di rimbor so, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, laddove non fosse stata presentata nei termini dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8 bis del d.P.R. n. 392/1998 (cfr., ex multis , Cass. n. 33277 del 29/11/2023; Cass. sez. trib., 25 settembre 2023, n. 27308; Cass. sez. 6-5, ord. 31
gennaio 2023, n. 2931; Cass. sez. trib., ord. 15 novembre 2022, n. 33660).
3.2. Ciò, del resto, in conformità al principio generale dell’emendabilità della dichiarazione dei redditi quale dichiarazione di scienza, che consente la deduzione della sussistenza del diritto al godimento dell’agevolazione anche in sede di giudizio, quale ormai consolidato a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 30 giugno 2016, n. 13378 (cfr., da ultimo, in senso conforme, Cass. n. 3451/2025 e precedenti ivi richiamati, con riguardo alla specifica tematica in oggetto).
3.3. Si pone, pertanto, la questione della tempestività dell ‘ istanza di rimborso presentata dalle società ricorrenti in data 24 giugno 2020. 3.4. È costante orientamento di questa Corte che il termine di decadenza di quarantotto mesi ex art. 38, d.P.R. n. 602 del 1973, vada computato non dal precedente versamento della maggior imposta, indebito in ragione della fruizione del beneficio fiscale, bensì a partire dal d.m. 5/07/2012, che, risolvendo la incertezza normativa preesistente, riconosceva la possibilità di cumulo del conto energia e della Tremonti ambientale.
3.5. Tuttavia, come evidenziato dalle stesse ricorrenti, la fruizione del beneficio opera mediante lo strumento contabile della variazione in diminuzione che, nel caso di specie, se correttamente -e legittimamente – operata avrebbe determinato non un versamento indebito, ma solo un aumento della perdita d’esercizio per il periodo di imposta interessato 1° ottobre 2009 -30 settembre 2010 e, dunque, la ‘riliquidazione’ della d ichiarazione dei redditi relativa a tale periodo di imposta avrebbe fatto emergere una maggiore perdita fiscale per entrambe le Società. Riportando, quindi, le perdite fiscali in avanti negli anni ai sensi dell’art. 84 TUIR, sempre mediante ‘riliquidazione’ ora per allora delle dichiarazioni dei redditi degli esercizi successivi a quello dell’investimento, il primo debito IRES a loro carico sarebbe emerso con la presentazione della dichiarazione
relativa all’esercizio 1° ottobre 2017 30 settembre 2018 e, perciò, il primo versamento indebito effettuato, ossia il versamento a titolo di IRES, sarebbe stato effettuato in data 30 aprile e 30 agosto 2019, sì che l’istanza di rimborso sarebbe stata presentata entro il termine decadenziale di 48 mesi dal versamento, come prescritto dall’art. 38 cit.
3.6. Va allora richiamato, in proposito, l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui il rimborso d’imposta non può che essere domandato nel primo periodo d’imposta successivo nel quale -a seguito del riporto in avanti della maggior perdita -emerge il versamento indebito (cfr. Cass. n. 2230/2021).
3.7. È stato, in particolare, affermato (con la pronuncia appena richiamata) che « Se è pur vero che questa Corte ha statuito che la doppia imposizione si possa evitare mediante l’esercizio da parte del contribuente – con istanza di rimborso e conseguente impugnazione, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, del silenzio rifiuto su di esso eventualmente formatosi – dell’azione di restituzione della maggior imposta indebitamente corrisposta per la mancata esposizione nell’annualità di competenza dei costi negati in relazione a una diversa imputazione temporale (Cass. V, n. 6331/2008), non di meno, gli arresti giurisprudenziali consolidati in questo senso attengono ad ipotesi di versamenti effettivi di cui viene chiesta la restituzione, non alle ipotesi di versamenti “virtuali”. Infatti, occorre ricordare che il sistema è incentrato sul principio per cui l’Erario non possa essere debitore di alcuno, ma semmai tenuto alla restituzione dell’indebito – originario, non sopravvenuto- comunque versato. In altri termini, non vi è un rapporto tra Fisco debitore e contribuente creditore, con pretesa di ricevere somme per sopravvenienze passive che riducano la base imponibile dopo l’esposizione in dichiarazione ed il versamento di quanto originariamente dovuto. Quand’anche a seguito di attività dell’Amministrazione finanziaria, cui aderisce (come nel caso in esame) il contribuente, sopravvengono nuovi
oneri, non sorge il diritto alla restituzione, ma la possibilità per il contribuente di portare a compensazione negli esercizi successivi. Ed un tanto per la certezza dei rapporti fiscali che impedisce diritti alla restituzione sul passato (oltre a quelli espressamente previsti, come l’indebito), ma semmai riconoscimento di credito di imposta per gli esercizi futuri.»
3.8. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: «In materia di detassazione degli investimenti previsti dalla l. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 6, commi da 13 a 19, c.d. ‘Tremonti ambiente’, il termine per la richiesta di rimborso ex art. 38, d.P.R. n. 602 del 1973, va computato non dal precedente versamento della maggior imposta, indebito in ragione della fruizione del beneficio fiscale, bensì a partire dal d.m. 5/07/2012, che, risolvendo la incertezza normativa preesistente, riconosceva la possibilità di cumulo del conto energia e della Tremonti ambientale; tuttavia, nella ipotesi in cui la fruizione del beneficio non abbia fatto emergere alcun precedente indebito versamento di imposta effettivo, ma tale versamento indebito sia emerso successivamente, a seguito del riporto in avanti della maggior perdita in applicazione del meccanismo dell’art. 84 del Tuir, il rimborso d’imposta non può che essere domandato nel primo periodo d’imposta successivo nel quale -a seguito del riporto in avanti della maggior perdita -emerge il versamento indebito, e solo da tale momento decorre il termine di decadenza ex art. 38 cit.».
3.9. Con specifico riguardo alla controversia in esame, la CTR, pur muovendo da una corretta ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale, ha pertanto errato nell’individuare il dies a quo del termine decadenziale di 48 mesi previsto dall’art. 38 del DPR n. 602/1973.
Il ricorso va, conseguentemente, accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione,
proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, oltre a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame e provveda sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17/06/2025.