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Rimborso IRES: la Cassazione rigetta il ricorso

Una società operante nel settore energetico ha richiesto un rimborso IRES per investimenti in impianti fotovoltaici, avvalendosi di agevolazioni fiscali. L’Agenzia delle Entrate si è opposta, ma i giudici di primo e secondo grado hanno dato ragione alla società. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni precedenti, rigettando definitivamente il ricorso dell’Agenzia. La Corte ha chiarito che le motivazioni del Fisco si basavano su presupposti di fatto errati, in particolare sulla presunta richiesta di riporto di perdite fiscali mai avvenuta, confermando così il pieno diritto della società al rimborso IRES.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IRES per Investimenti Ambientali: La Cassazione Conferma il Diritto del Contribuente

In un’importante ordinanza, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una controversia relativa al rimborso IRES per investimenti ambientali, confermando il diritto di una società a recuperare le imposte versate in eccesso. La decisione rigetta le tesi dell’Agenzia delle Entrate, i cui motivi di ricorso sono stati ritenuti infondati perché basati su presupposti di fatto errati. Questo caso offre spunti cruciali per le aziende che investono in sostenibilità e si trovano a interfacciarsi con il Fisco.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Rimborso e l’Opposizione del Fisco

Una società operante nel settore dell’energia rinnovabile aveva realizzato dodici impianti fotovoltaici tra il 2010 e il 2011. Ritenendo di possedere i requisiti per beneficiare delle agevolazioni “Tremonti ambiente” (previste dalla Legge 388/2000), l’azienda ha presentato un’istanza per ottenere il rimborso delle eccedenze IRES versate per gli anni d’imposta dal 2011 al 2013. L’importo totale richiesto ammontava a oltre 600.000 euro.

Di fronte alla richiesta, l’Agenzia delle Entrate non ha fornito risposta entro i 90 giorni previsti, facendo scattare il meccanismo del “silenzio-rifiuto”. La società ha quindi impugnato tale silenzio dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP), che ha accolto il ricorso, riconoscendo la tempestività dell’istanza e la sussistenza dei requisiti richiesti.

Il Percorso Giudiziario e l’Appello dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello contro la decisione della CTP, sollevando diverse eccezioni, tra cui la presunta tardività della richiesta per l’annualità 2011 e, soprattutto, la tesi secondo cui la società, avendo dichiarato un reddito pari a zero nel 2010, non avrebbe potuto beneficiare di perdite riportabili negli anni successivi. Tuttavia, anche la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ha confermato la decisione di primo grado, dando nuovamente ragione al contribuente.

Non soddisfatta, l’Amministrazione finanziaria ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su due motivi principali:
1. La presunta omissione di pronuncia da parte della CTR sulla questione delle perdite fiscali del 2010.
2. La violazione e falsa applicazione delle norme sul riporto delle perdite (art. 84 TUIR), sostenendo che la società avesse illegittimamente basato la sua richiesta su perdite mai dichiarate.

La Decisione della Cassazione: Analisi del Rimborso IRES

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, offrendo chiarimenti importanti.
In via preliminare, ha respinto l’eccezione della società contribuente basata sulla “doppia conforme”, specificando che tale principio non si applica quando il ricorso lamenta violazioni di legge (error in procedendo) e non semplici vizi di motivazione sui fatti.

Le Motivazioni della Corte

Nel merito, la Corte ha smontato entrambe le argomentazioni del Fisco.

Sul primo motivo, i giudici hanno stabilito che la CTR non aveva omesso alcuna decisione. Anzi, aveva correttamente evidenziato come fosse stata la stessa Amministrazione finanziaria, in risposta a un interpello, a indicare alla società la strada dell’istanza di rimborso come unica modalità per recuperare le imposte versate in eccesso. Questo ha indebolito la posizione dell’Agenzia, che contestava una procedura da lei stessa suggerita.

Sul secondo e cruciale motivo, la Corte ha rilevato un errore fondamentale nel ragionamento dell’Agenzia. Il Fisco presupponeva che la richiesta di rimborso si fondasse sul riporto di perdite fiscali subite nel 2010. Tuttavia, dall’esame degli atti è emerso chiaramente che la società non aveva riportato alcuna perdita del 2010 negli anni successivi (2011-2013). Il motivo di ricorso si basava, quindi, su un presupposto di fatto non provato e, di conseguenza, era infondato.

Conclusioni

La decisione della Cassazione è rilevante per diverse ragioni. In primo luogo, ribadisce che i ricorsi dell’Amministrazione finanziaria devono fondarsi su presupposti fattuali corretti e provati; un’argomentazione basata su una premessa errata è destinata a fallire. In secondo luogo, valorizza il comportamento del contribuente che segue le indicazioni fornite dalla stessa Agenzia, come nel caso della procedura di rimborso indicata tramite interpello. Infine, questa ordinanza rappresenta una vittoria per le imprese che investono in settori strategici come le energie rinnovabili, confermando che il diritto alle agevolazioni fiscali, se correttamente documentato, non può essere negato sulla base di contestazioni pretestuose o fondate su errori di fatto.

Un’eccezione basata su un presupposto di fatto errato può essere accolta in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha rigettato il motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate proprio perché si basava su un presupposto non provato, ossia che la società avesse chiesto il riporto di perdite fiscali dell’anno 2010, circostanza che dall’esame degli atti non risultava veritiera.

La regola della “doppia conforme” impedisce sempre il ricorso in Cassazione se due sentenze di merito sono identiche?
No, la regola non si applica se il ricorso, come in questo caso, non lamenta difetti di motivazione ma specifiche violazioni di legge (come la violazione dell’art. 112 c.p.c. o dell’art. 84 TUIR).

Come ha interpretato la Corte il presunto mancato pronunciamento della Commissione Tributaria Regionale su un motivo d’appello?
La Corte ha ritenuto il motivo infondato, evidenziando che la Commissione Tributaria Regionale si era espressamente pronunciata sulla questione e aveva sottolineato come fosse stata la stessa Amministrazione finanziaria a indicare al contribuente la via dell’istanza di rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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