Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 574 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 574 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME, del Foro di Milano, che hanno indicato recapito PEC;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 1875, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 16.6.2021, e pubblicata il 10.5.2022; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: Ires 2011 – Istanza di rimborso – Mancata deduzione Irap per personale dipendente Prova dei versamenti di cui si domanda il rimborso.
raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore NOME COGNOME il quale ha confermato la richiesta di voler dichiarare inammissibile il ricorso;
ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dall’Avv. NOME COGNOME delegato dell’Avv. NOME COGNOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnativa e, per la controricorrente, dall’Avvocato dello Stato NOME COGNOME che ha domandato il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
Fatti di causa
La RAGIONE_SOCIALE inviava mediate spedizione telematica all’Agenzia delle Entrate, il 12.3.2013, istanza di rimborso dell’Ires, con riferimento all’omessa deduzione dell’Irap, in relazione all’anno d’imposta 2011. Il 30.8.2018 (ric., p. 2), l’Amministrazione finanziaria comunicava di aver accolto l’istanza parzialmente, ritenendo non dovuta la restituzione di Euro 68.263,00.
La contribuente impugnava il provvedimento di diniego parziale, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, al fine di conseguire l’integrale rimborso, e la CTP accoglieva il ricorso.
L’Amministrazione finanziaria spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che riformava la decisione dei primi giudici, e riaffermava la correttezza del diniego parziale di rimborso opposto dall’Ente impositore.
Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione assunta dal giudice del gravame, la società, affidandosi ad un motivo di ricorso. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del s.Procuratore Generale NOME
COGNOME ed ha domandato dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, perché la società domanda il rinnovo dell’esame del fatto processuale in sede di giudizio di legittimità. Quindi la ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
Con il suo motivo di ricorso, la contribuente contesta la ‘nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3 per violazione e falsa applicazione del combinato disposto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 446 del 1997, nonché dell’art. 2 del D.L. n. 201/2011, commi 1 e 1quater’, per non avere il giudice dell’appello rilevato l’errata determinazione del costo del personale come effettuata nell’atto impugnato, ed aver erroneamente ritenuto che ‘ai fini IRAP ed Ires … i soli costi per il personale che possono essere considerati come effettivamente ‘sostenuti’ in un determinato periodo d’imposta siano esclusivamente quelli desumibili dalla dichiarazione Irap e dalla voce ‘Costi della produzione per il personale’ del modello Ires’ (ric., p. 7 ss.). Critica inoltre la ricorrente che la CTR ha erroneamente escluso il diritto al rimborso da parte della RAGIONE_SOCIALE in relazione agli oneri per il personale dipendente sostenuti dalla incorporata società RAGIONE_SOCIALE
Occorre preliminarmente rilevare come sia l’Amministrazione finanziaria sia il P.M. abbiano censurato, nei loro scritti, l’inammissibilità del ricorso proposto dalla società, perché in realtà finalizzato a richiedere il riesame della decisione di fatto che compete al giudice del merito. Questa critica non appare integralmente condivisibile, perché la contribuente pone anche una questione di diritto, se i costi del personale in relazione ai quali non opera la deducibilità dell’Irap dal reddito, ma concorrono comunque a formare la base imponibile dell’Irap e siano perciò da ritenersi suscettibili di rimborso, siano soltanto quelli riportati nella dichiarazione dei redditi ai fini Irap ed Ires, o anche quelli esposti nel conto economico. Il ricorso risulta in questi limiti ammissibile.
La CTR ha ritenuto che ‘l’Ufficio ha correttamente quantificato la base imponibile IRAP sulle voci del costo di produzione del personale, desumibili dalla dichiarazioni regolarmente presentate, in conformità alle istruzioni rese sul tema dalla circolare n. 8/E del 3/4/2013 … l’imposta rilevante ai fini del calcolo della deduzione è quella versata nel periodo d’imposta di riferimento, a titolo di saldo del periodo d’imposta precedente e di acconto nel periodo d’imposta successivo nei limiti, con riguardo all’acconto, dell’imposta dovuta … atteso che la parte versata in eccedenza -come risulta dalla liquidazione definitiva del debito di periodo -costituisce un credito dell’esercizio medesimo. Nel caso in esame, posto che la società originaria ricorrente non ha provato di aver versato maggior IRAP , l’ufficio ha determinato l’ammontare dell’imposta deducibile sulla base delle dichiarazioni IRAP e IRES, quest’ultima con riferimento al costo della produzione per il personale’. Inoltre, ‘con riguardo poi all’acconto IRAP versato dalla RAGIONE_SOCIALE società che è stata fusa per incorporazione nella RAGIONE_SOCIALE con effetti contabili e fiscali retroattivi al 1/9/2011, si precisa che, in virtù della circolare n. 8 del 3/4/2013 dell’ADE, risulta di competenza della stessa incorporata, in quanto riferito al periodo d’imposta chiuso al 31 agosto 2011; per questa ragione il versamento di tale acconto non poteva computarsi nell’istanza di rimborso’ (sent. CTR, p. IV s., evidenza aggiunta).
La ricorrente ricorda che, secondo la tesi dell’Amministrazione finanziaria, la società avrebbe erroneamente incluso, ai fini della determinazione dell’importo richiesto a rimborso, costi non deducibili, ‘quali i) piani azionari, ii) bonus e contributi al personale dipendente, iii) rilasci relativi all’utilizzo del fondo incentivi all’esodo, ovvero voci di costo che in base al dettato normativo di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 446 del 1997 sono escluse dalle deduzioni rilevanti ai fini della determinazione base imponibile
IRAP, in quanto ricomprese ‘ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13” (ric., p. 7). Contesta però la società che le voci di costo oggetto del contendere, ed indicate nel conto economico, se non sono deducibili, nondimeno sono imponibili ai fini Irap e comportano perciò l’incremento dell’imposta dovuta.
4.1. Inoltre, con riferimento all’acconto Irap versato dalla RAGIONE_SOCIALE la ricorrente rileva che questa società, al fine di equiparare la data a quella della incorporante RAGIONE_SOCIALE ha chiuso il proprio bilancio al 31 agosto 2011, il secondo acconto Irap è stato versato il 30.11.2011 e si riferisce all’anno d’imposta 2011, ‘ovvero al periodo d’imposta dal 01/01/2011 al 31/08/2011 … anno per il quale è stata fatta la richiesta di rimborso da parte della società incorporante’ (ric., p. 16).
Sembra opportuno preliminarmente rilevare che il presente giudizio trae origine da una domanda di rimborso proposta dalla ricorrente, ed è un principio generale che il contribuente il quale domanda la restituzione di somme deve dimostrare, con prova rigorosa, di averle versate all’Erario.
Tanto premesso la società, con riferimento al primo profilo in contestazione, concentra invero la propria attenzione nel proporre una questione teorica, se ai fini del calcolo dell’ammontare dell’Irap che può incidere sul diritto al rimborso debba tenersi conto soltanto di quanto esposto nella dichiarazione dei redditi, oppure debbano prendersi in considerazione anche voci riportate nel conto economico, e trascura la ratio decidendi della CTR, secondo cui ‘la società originaria ricorrente non ha provato di aver versato maggior IRAP’ rispetto all’importo indicato nella specifica voce della dichiarazione dei redditi. La contribuente non si confronta con la chiara motivazione espressa dal giudice dell’appello, non ne contrasta il fondamento, non chiarisce come abbia provato che l’importo dell’Irap versata è risultato maggiore di quanto indicato
nella dichiarazione dei redditi, e non assolve, pertanto, all’onere della prova posto a suo carico.
Riguardo al secondo profilo in contestazione, relativo alla possibilità di domandare il rimborso del secondo acconto versato dalla società RAGIONE_SOCIALE, la ricorrente censura, a quanto è dato comprendere, che il rimborso competeva perché versato dopo la decorrenza degli effetti della fusione societaria.
Si è già anticipato, però, come la CTR abbia spiegato che, secondo quanto previsto anche dalla circolare n. 8 del 3/4/2013 dell’ADE, risulta di competenza della incorporata la legittimazione a richiedere il rimborso, in quanto riferito al periodo d’imposta chiuso al 31 agosto 2011; per questa ragione il versamento di tale acconto non poteva computarsi nell’istanza restitutoria proposta dalla incorporante. Questo chiaro argomento non risulta contrastato dalla ricorrente, la quale anzi conferma che il rimborso atteneva all’esercizio chiuso al 31.8.2011, quando ancora non erano operativi gli effetti della fusione.
In definitiva, il ricorso introdotto dalla contribuente appare infondato e deve perciò essere respinto.
Appare equo dichiarare compensate tra le parti le spese dei gradi di merito del processo, mentre le spese di lite del giudizio di legittimità seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della causa.
7.1. Ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, anche del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso introdotto dalla RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
Compensa tra le parti le spese di lite dei gradi di merito del giudizio, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali del giudizio di cassazione in favore della costituita controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2023.