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Rimborso IRBA: la Cassazione decide su chi deve pagare

Una società fornitrice di carburante ha richiesto il rimborso dell’IRBA (Imposta Regionale sulla Benzina per Autotrazione) versata, sostenendone l’illegittimità secondo il diritto UE. La Corte di Cassazione, con la sentenza 6619/2025, ha accolto il ricorso, stabilendo principi fondamentali sul rimborso IRBA. Ha chiarito che l’imposta è incompatibile con le direttive europee per mancanza di una ‘finalità specifica’. Inoltre, ha identificato l’Agenzia delle Dogane come l’unico soggetto tenuto alla restituzione (legittimazione passiva) e ha posto a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere di provare l’avvenuta traslazione del costo sul consumatore finale.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IRBA: La Cassazione Stabilisce Chi Restituisce la Tassa Illegittima

Con la sentenza n. 6619 del 2025, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione di grande rilevanza per le imprese del settore energetico: il rimborso IRBA, l’Imposta Regionale sulla Benzina per Autotrazione. La Corte ha stabilito che tale imposta è contraria al diritto dell’Unione Europea e ha chiarito in modo definitivo a chi spetta restituire le somme indebitamente versate e su chi grava l’onere di provare l’eventuale trasferimento del costo sui consumatori finali.

I Fatti di Causa

Una società operante nella distribuzione di carburanti aveva presentato un’istanza per ottenere il rimborso dell’IRBA pagata per gli anni 2018, 2019 e 2020. La richiesta era rivolta sia alla Regione Campania, beneficiaria del gettito, sia all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Di fronte al silenzio delle amministrazioni, interpretato come un rigetto (il cosiddetto silenzio-rifiuto), la società ha avviato un contenzioso tributario.

Le commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano respinto le ragioni del contribuente. In particolare, i giudici di merito avevano sostenuto che l’imposta, pur essendo stata abolita, restava dovuta per le annualità passate e che, in ogni caso, la società non aveva fornito la prova di non aver trasferito l’onere dell’imposta sui consumatori finali, arricchendosi ingiustamente in caso di rimborso.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Rimborso IRBA

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione dei giudici di merito, accogliendo le tesi della società fornitrice. La sentenza si fonda su tre pilastri argomentativi di fondamentale importanza.

L’Illegittimità dell’IRBA per Contrasto con il Diritto UE

Il primo punto, e il più decisivo, riguarda la natura stessa dell’imposta. La Corte, allineandosi alla consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), ha ribadito che un’imposta indiretta su prodotti già soggetti ad accisa armonizzata, come la benzina, è legittima solo se persegue una “finalità specifica”.

Nel caso dell’IRBA campana, i giudici hanno concluso che il suo scopo era meramente quello di finanziare il bilancio regionale, in particolare il settore sanitario, senza alcun collegamento specifico e diretto tra il consumo di carburante e la finalità perseguita. Questa mancanza di “finalità specifica” rende l’imposta incompatibile con la direttiva europea 2008/118/CE e, di conseguenza, non dovuta.

La Legittimazione Passiva: A Chi Chiedere il Rimborso?

Una volta stabilita l’illegittimità del tributo, la Corte ha affrontato il problema di individuare il soggetto corretto a cui chiedere la restituzione. Sebbene la Regione fosse la beneficiaria finale delle somme, la Cassazione ha indicato nell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’unico soggetto passivamente legittimato nel giudizio di rimborso.

Questa conclusione si basa sul fatto che l’intera gestione del tributo – dall’accertamento alla riscossione, fino alla gestione del contenzioso – era affidata per legge agli uffici statali. La Regione svolgeva un ruolo di mera “tesoreria”, ricevendo il gettito senza avere competenze operative sulla gestione dell’imposta. Pertanto, la domanda di rimborso va rivolta all’ente che ha gestito attivamente il prelievo. Il ricorso contro la Regione è stato quindi dichiarato inammissibile.

L’Onere della Prova sulla Traslazione dell’Imposta

L’ultimo punto, cruciale per l’esito della lite, riguarda la prova della cosiddetta “traslazione dell’imposta”. I giudici di merito avevano negato il rimborso perché il contribuente non aveva dimostrato di aver sostenuto economicamente il costo del tributo, senza ribaltarlo sui clienti.

La Cassazione ha chiarito che questo ragionamento è errato. Conformemente ai principi europei, la traslazione dell’imposta non è un elemento costitutivo del diritto al rimborso, ma un fatto impeditivo. Di conseguenza, spetta all’Amministrazione finanziaria, e non al contribuente, dimostrare che l’impresa ha effettivamente trasferito l’onere sul consumatore finale e che il rimborso costituirebbe un arricchimento senza causa. Poiché l’Agenzia non ha fornito tale prova, il diritto al rimborso della società deve essere pienamente riconosciuto.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si ancorano saldamente al principio del primato del diritto dell’Unione Europea. I giudici hanno sottolineato come le normative nazionali che introducono tributi in contrasto con le direttive europee debbano essere disapplicate dal giudice nazionale. Questo principio si estende anche alle clausole di “salvaguardia” che pretenderebbero di mantenere in vita gli effetti di un’imposta illegittima per il passato.

Sul piano processuale, la Corte ha valorizzato la struttura normativa dell’IRBA, un tributo erariale “derivato” il cui gettito è attribuito alle Regioni, ma la cui gestione rimane in capo allo Stato. Questa architettura normativa è stata decisiva per identificare la corretta legittimazione passiva nell’Agenzia delle Dogane, semplificando il quadro per i contribuenti che intendono agire per la restituzione.

Infine, la Corte ha ribadito la lezione della CGUE sull’onere della prova: presumere la traslazione dell’imposta e porre a carico del contribuente la prova contraria renderebbe eccessivamente difficile, se non impossibile, l’esercizio del diritto al rimborso, violando il principio di effettività della tutela giurisdizionale garantito dal diritto UE. La prova della traslazione deve essere concreta e fornita dall’amministrazione che si oppone alla restituzione.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta una vittoria significativa per i contribuenti e stabilisce tre principi chiari e inequivocabili:
1. L’IRBA, in assenza di una finalità specifica, è illegittima e non dovuta.
2. L’azione di rimborso deve essere intentata esclusivamente nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
3. È onere dell’Amministrazione finanziaria provare che il contribuente ha trasferito l’imposta sui consumatori e che si arricchirebbe ingiustamente con il rimborso.

Questa decisione apre la strada a numerose azioni di rimborso da parte delle aziende del settore che, negli anni passati, hanno versato un’imposta ora ufficialmente dichiarata contraria alle norme europee.

A chi deve essere richiesta la restituzione dell’IRBA indebitamente versata?
La richiesta di rimborso deve essere presentata esclusivamente all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. La Corte di Cassazione ha stabilito che, nonostante il gettito fosse destinato alla Regione, la gestione amministrativa e del contenzioso del tributo era di competenza statale, rendendo l’Agenzia l’unico soggetto con legittimazione passiva.

Chi deve provare che l’imposta è stata trasferita sul consumatore finale per negare il rimborso IRBA?
L’onere di provare che l’imposta è stata trasferita sul consumatore finale (traslazione) grava sull’Amministrazione finanziaria (in questo caso, l’Agenzia delle Dogane). La traslazione è considerata un fatto impeditivo al diritto al rimborso e, pertanto, deve essere provata dall’ente che si oppone alla restituzione, non dal contribuente.

Perché l’Imposta Regionale sulla Benzina per Autotrazione (IRBA) è stata considerata illegittima?
L’IRBA è stata considerata illegittima perché in contrasto con le direttive dell’Unione Europea. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, un’imposta indiretta su un prodotto già soggetto ad accisa armonizzata (come la benzina) è ammissibile solo se persegue una “finalità specifica” (es. ambientale). La Corte ha ritenuto che l’IRBA avesse solo una generica finalità di bilancio, mancando di tale requisito essenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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