Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6617 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 6617  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2070/2024 R.G. proposto da: REGIONE CALABRIA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso  la  SENTENZA  di  CORTE  DI  GIUSTIZIA  TRIBUTARIA  II GRADO della CALABRIA n. 2891/2023 depositata il 10/11/2023. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14/01/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE corrispondeva alla regione Calabria a titolo di versamento dell’IRBA la somma complessiva di euro 143.583,16=, di cui -con riferimento all’anno 2016: euro 4.967,64; -con  riferimento all’anno 2017: euro 17.285,34; -con riferimento all’anno  2018:  euro  50.586,38; -con  riferimento all’anno  2019:  euro  60.688,66; -con  riferimento  all’anno  2020: euro 10.055,14.
Essa,  con  istanza  inviata  via  EMAIL  il  1°  luglio  2020  anche  alla regione  Calabria  –  oltreché  all’RAGIONE_SOCIALE  (doc.  2  del fascicolo  della  contribuente)  –  richiedeva  il  rimborso  di  tutti  gli importi versati.
La regione Calabria, con provvedimento prot. n. 234576 del 17 luglio 2020 trasmesso in pari data, comunicava il proprio diniego al rimborso, così motivando:
In merito all’RAGIONE_SOCIALE Regionale sulla Benzina per Autotrazione (IRBA), pur avendo aperto la Commissione europea nei confronti dell’Italia una procedura d’infrazione per violazione degli obblighi derivanti dall’art. 1 paragrafo 2 della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale RAGIONE_SOCIALE accise, in vigenza dell’attuale normativa nazionale e regionale in materia, l’ufficio scrivente ritiene che l’imposta in questione sia dovuta fino all’entrata in vigore di eventuali nuove norme che stabiliscano la sua abrogazione, che non potrà che produrre effetti ex nunc. In ragione di quanto sopra, la pretesa creditoria avanzata dall’istante non può essere accolta. Nessuna rilevanza assume, poi, nei rapporti con la società istante[,] la decisione espressa dalla citata a sostegno RAGIONE_SOCIALE pretese creditorie, con la quale viene riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRBA ad altro contribuente giacché la stessa non ha una portata erga omnes, ma va applicata solo ed esclusivamente nei confronti RAGIONE_SOCIALE parti in causa .
La CTP di Catanzaro, adita impugnatoriamente dalla contribuente nei confronti della sola regione Calabria (cfr. il ricorso di  primo  grado  allegato  ‘sub’  ‘Ricorso.pdf’ al fascicolo della contribuente),  con  sentenza  emessa  il  13  settembre  2021  e pubblicata  mediante  deposito  in  Segreteria  il  18  novembre  2021, rigettava il ricorso, richiamando l’art. 1, comma 628, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
La  contribuente  proponeva  appello,  parzialmente  accolto  dalla CGT II della Calabria, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
La  sentenza  impugnata  ha  respinto  il  ricorso  in  forza  del  disposto dell’art. 1, comma 628, della legge 30 dicembre 2020 n. 178 che, nello stabilire l’abrogazione dell’IRBA, ha fatto ‘salvi gli effetti RAGIONE_SOCIALE obbligazioni tributarie già insorte … con ciò escludendo la ripetibilità del tributo versato nelle annualità di imposta precedenti all’entrata in vigore della disposizione abrogatrice’.
Tuttavia, più recentemente, con sentenza 6 marzo 2023 n. 6687, la Suprema Corte ha affermato che pure tale ultima disposizione è ‘in contrasto con il diritto dell’Unione Europea (direttiva 2008/118), così come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia, che ha consegnato la corretta interpretazione dell’art. 1, paragrafo 2, della direttiva citata, ritenendo che il suo disposto osti a una normativa nazionale che istituisce un’imposta regionale sulle vendite di benzina per autotrazione’, sicché anch’essa dev’essere disapplicata.
Il  principio  operante nel caso di specie è, quindi, quello generale di cui all’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992, secondo cui ‘la domanda di  restituzione,  in  mancanza  di  disposizioni  specifiche,  non  può  essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione’, che vale per ogni indebito tributario, qualunque sia la ragione che lo ha generato, compreso il contrasto con norme di diritto comunitario.
Pertanto, il ricorso introduttivo dev’essere accolto limitatamente alle somme versate dall’appellante a titolo di imposta regionale sulla benzina per autotrazione (IRBA) nei due anni antecedenti all’01.07.2020.
Propone  ricorso  per  cassazione  la  regione  Calabria  con  un motivo. Resiste la contribuente con controricorso.
In  data  21  dicembre  2024,  il  Pubblico  RAGIONE_SOCIALE,  in  persona della AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, deposita conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
In  data  31  dicembre  2024,  il  difensore  della  contribuente deposita memoria, ulteriormente illustrativa RAGIONE_SOCIALE ragioni di questa.
All’odierna pubblica udienza, dopo breve discussione, il Pubblico RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  predetto  Sost.  Proc.  Gen.,  reitera  la richiesta di rigetto del ricorso.
AVV_NOTAIO per la contribuente si riporta ai propri atti, insistendo nelle conclusioni rassegnatevi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia:
Violazione  e/o  falsa  applicazione  dell’articolo  1,  comma  628,  della legge n. 178/2020, dell’art. 27 della legge regionale n. 34/2010, dell’art. 1 legge regionale Calabria n. 34/2020, in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c .
Il motivo è così sintetizzato:
La Corte d’Appello ha errato nella parte in cui -facendo espresso richiamo alla sentenza n. 6687/2023 della Corte di Cassazione -ha ritenuto che, con tale pronuncia, la Suprema Corte avrebbe chiarito che la disposizione di cui all’art. 1, comma 628 della L. n. 178/2020, che, nell’abrogare l’IRBA, ha fatto salvi ‘gli effetti RAGIONE_SOCIALE obbligazioni tributarie già insorte’ -si ponga in contrasto con il diritto comunitario e, quindi, deve essere disapplicata, non considerando la peculiarità della situazione della regione Calabria, che ha invece, previsto la finalizzazione dell’imposta.
In via preliminare deve essere esaminata d’ufficio la questione della legittimazione passiva della regione nel presente giudizio in ordine alla istanza di rimborso dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione azionata nel giudizio di merito, dovendosi richiamare il principio statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui « la decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale “quaestio iuris”, pur avendo costituito la premessa logica della
statuizione di merito, non sia stata sollevata dalle parti, posto che una  questione  può  ritenersi  decisa  dal  giudice  di  merito  soltanto ove abbia formato  oggetto  di  discussione  in  contraddittorio »  (cfr. Cass., Sez. U., 20 marzo 2019, n. 7925 e, più di recente, Cass., 13 maggio 2024, n. 12936; Cass., 1 luglio 2024, n. 17989; Cass., 1 luglio 2024, n. 18001).
Tanto premesso, nella fattispecie in esame vengono in rilievo l’art. 1 della legge 14 giugno 1990, n. 158 (recante « Norme di delega in materia di autonomia impositiva RAGIONE_SOCIALE regioni e altre disposizioni concernenti i rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni »), che, nel riconoscere l’autonomia finanziaria RAGIONE_SOCIALE regioni, prevedeva « l’applicazione di tributi propri e quote di tributi erariali accorpati in un fondo comune che assicuri il finanziamento RAGIONE_SOCIALE spese necessarie ad adempiere a tutte le funzioni normali compresi i servizi di rilevanza nazionale » e, in attuazione della delega legislativa, l’art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 398 del 1990, che stabiliva che « le regioni hanno la facoltà di istituire, con leggi proprie, un’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nelle rispettive regioni, successivamente alla data di entrata in vigore della legge istitutiva , in misura non eccedente lire 30 al litro ». L’art. 17 d.lgs. n. 398 del 1990, al comma 2, ha poi stabilito che « le regioni, possono, con successive leggi, fissare l’aliquota dell’imposta in misura diversa da quella precedentemente prevista, purché non eccedente lire 30 al litro, sulla benzina erogata successivamente alla data di entrata in vigore della legge che dispone la variazione ». L’art. 18 ha previsto che « l’imposta eventualmente istituita è dovuta dal soggetto consumatore della benzina ed è riscossa dal soggetto erogatore che deve versarlo alla regione sulla base dei quantitativi erogati risultanti dal registro di carico e scarico di cui all’art. 3 del decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 1957, n. 474 » ed il successivo
art. 19 ha disposto che « le modalità di accertamento, i termini per il  versamento  dell’imposta  nelle  casse  regionali,  le  sanzioni,  da determinare in misura compresa tra il 50 per cento ed il 100 per cento  del  tributo  evaso,  le  indennità  di  mora  e  gli  interessi  sono disposti da ciascuna regione con propria legge, con l’osservanza dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato ».
La disciplina in esame è stata poi modificata dalla legge n. 549 del 1995, il cui art. 3, al comma 14, ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 1996, gli artt. 18 e 19 d.lgs. n. 398 del 1990 e, al comma 13, ha inciso sulla struttura dell’IRBA, ponendone la corresponsione a carico del concessionario dell’impianto di distribuzione (e non più del soggetto consumatore della benzina, con riscossione da parte del soggetto erogatore, tenuto a versarne l’importo alla regione, come previsto dall’art. 18 dello stesso d.lgs n. 398 del 1990), nella misura determinata sulla base dei quantitativi erogati e contabilizzati nei registri di carico e scarico.
Nel dettare disposizioni sull’accertamento e sulla riscossione del tributo, in continuità con l’abrogato art. 19 d.lgs. n. 398 del 1990, lo stesso comma 13 ha altresì precisato che « le modalità ed i termini di versamento, anche di eventuali rate di acconto, le sanzioni, da stabilire in misura compresa tra il 50 e il 100 per cento dell’imposta evasa, sono stabiliti da ciascuna regione con propria legge ». Sempre il comma 13 ha, poi, previsto che, « per la riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per la individuazione dell’organo amministrativo competente. Le regioni hanno facoltà di svolgere controlli sui soggetti obbligati al versamento dell’imposta e di accedere ai dati risultanti dalle registrazioni fiscali tenute in base alle norme vigenti, al fine di segnalare eventuali infrazioni o irregolarità all’organo competente per l’accertamento. Ciascuna
regione riscuote, contabilizza e dà quietanza RAGIONE_SOCIALE somme versate, secondo le proprie norme di contabilità ».
A questo assetto normativo si è allineata la disciplina della regione Calabria, che ha istituito l’IRBA, giusta l’art. 27 della legge regionale 29 dicembre 2010, n. 34, il quale (tra l’altro) prevedeva: « 1 Al fine di consentire il rispetto degli impegni finanziari previsti dal Piano di rientro in materia sanitaria approvato con specifico accordo con lo Stato, è istituita con decorrenza dal 1° gennaio 2011 l’imposta regionale sulla benzina per autotrazione di cui al decreto legislativo 21 dicembre 1990 n. 398, articolo 17. 2. La misura dell’imposta è determinata in euro 0.0258 per litro di benzina. 3. L’imposta è dovuta alla regione dal concessionario o titolare dell’autorizzazione dell’impianto di distribuzione di carburante o, per sua delega, dalla società petrolifera che sia unica fornitrice del suddetto impianto, su base mensile e sui quantitativi di cui al D.M. 30 luglio 1996 del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Finanze, articolo 1, comma 1, lettera d) […] ».
L’IRBA è stata soppressa tanto dal legislatore nazionale, che, con l’art. 1, comma 628, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), ha disposto che « l’articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 14 giugno 1990, n. 158, l’articolo 17 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, l’articolo 3, comma 13, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, l’articolo 1, comma 154, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e l’articolo 1, commi 670, lettera a), e 671, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recanti disposizioni in materia di imposta regionale sulla benzina per autotrazione, sono abrogati. Sono fatti salvi gli effetti RAGIONE_SOCIALE obbligazioni tributarie già insorte », quanto dalla stessa regione Calabria che con l’art. 1 della legge regionale 30 dicembre 2020, n. 126, ha espressamente previsto che « L’articolo 27 della legge regionale 29 dicembre 2010, n. 34 (Collegato alla manovra di
finanza regionale per l’anno 2011), è abrogato. Sono fatti salvi gli effetti RAGIONE_SOCIALE obbligazioni tributarie già insorte ».
Come, dunque, reso esplicito dalla successione normativa sopra ripercorsa,  l’IRBA  non  può  trovare  più  applicazione  nella  regione Calabria a decorrere dall’anno d’imposta 2021.
In ragione di quanto detto, gli aspetti procedurali, dichiarativi, liquidativi, di accertamento, di riscossione e sanzionatori dell’IRBA, ad integrazione e modifica di quanto inizialmente stabilito nel 1990, sono stati modificati e fissati dall’art. 3, comma 13, della legge n. 549 del 1995, che, per quel che rileva in questa sede, ha stabilito che « gli uffici tecnici di finanza effettuano l’accertamento e la liquidazione dell’imposta regionale sulla base di dichiarazioni annuali presentate, dai soggetti obbligati al versamento dell’imposta e che per la riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per la individuazione dell’organo amministrativo competente ».
Anche il comma 3bis dell’art. 27 della legge regionale calabra n. 34 del 2010 stabiliva: « I soggetti passivi devono presentare, entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello nel corso del quale si sono avverati i presupposti di imposta, all’ufficio tributario della regione Calabria competente territorialmente, la stessa dichiarazione presentata, per ciascuna provincia, all’ufficio dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE territorialmente competente e redatta in conformità ai criteri stabiliti dal decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 30 luglio 1996 […] ».
Il  conseguente  corollario  è  che l’IRBA  è un  tributo  regionale proprio  derivato,  in  quanto  colpisce  la  vendita  della  benzina  per autotrazione  in  base  alla  quantità,  e  non  al  valore,  e  diviene esigibile  nel  momento  e  nel  luogo  in  cui  avviene  l’immissione  al consumo  del  prodotto  energetico;  dunque,  l’imposta  è  dovuta  al
momento  della  fornitura  della  benzina  al  consumatore  finale  e  il fornitore, « in  caso  di  pagamento  indebito,  è  l’unico  soggetto legittimato  a  presentare  istanza  di  rimborso  all’Amministrazione finanziaria  ai  sensi  dell’art.  29,  comma  2,  della  legge  n.  428  del 1990 ».
Peraltro, già nell’impianto della legge di delega n. 158 del 1990 (art.  6),  la  « facoltà  RAGIONE_SOCIALE  regioni  a  statuto  ordinario  di  istituire un’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti  di  distribuzione  ubicati  nelle  predette  regioni »  veniva correlata all’obiettivo di « attribuire alle regioni a statuto ordinario una più ampia autonomia impositiva in adempimento del precetto di cui al secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione ».
Anche la Corte Costituzionale, di recente, ha affermato che « l’IRBA è stata prevista dall’art. 17 del d.lgs. n. 398 del 1990, in attuazione della legge delega n. 158 del 1990, la quale, all’art. 6, comma 1, lettera c), al dichiarato fine di ‘attribuire alle regioni a statuto ordinario una più ampia autonomia impositiva in adempimento del precetto di cui al secondo comma dell’art. 119 della Costituzione’, aveva consentito a dette regioni di introdurre, con proprie leggi, un’imposta sulla benzina per autotrazione erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nei rispettivi territori» e che « L’IRBA si configura come un tributo regionale proprio derivato, avente struttura analoga a quella dell’accisa, in quanto, al pari di questa, colpisce la vendita della benzina per autotrazione in base alla quantità, e non al valore, e diviene esigibile nel momento e nel luogo in cui avviene l’immissione al consumo del prodotto energetico » (Corte cost., 4 giugno 2024, n. 100).
Dunque,  l’IRBA  rientra  tra  i  cosiddetti  ‘tributi  propri  derivati’ RAGIONE_SOCIALE regioni, cioè quei tributi che, come precisa l’art. 7, comma 1, lett.  b),  n.  1,  della  legge  n.  42  del  2009  (legge  delega  sul federalismo fiscale) sono « istituiti  e  regolati  da  leggi  statali,  il  cui gettito è attribuito alle Regioni ».
Detta definizione ha trovato adeguata sede nel decreto legislativo n. 68 del 2011, che all’art. 8 ha elencato i tributi RAGIONE_SOCIALE regioni a statuto ordinario, distinguendo: al comma 1, i tributi propri autonomi « ceduti », che possono, cioè, essere istituiti e interamente disciplinati o anche soppressi con legge regionale, tra i quali non è previsto il tributo in questione; al comma 2, la tassa automobilistica, che si configura come un tertium genus , vale a dire un tributo proprio derivato particolare, parzialmente « ceduto » alle regioni; al comma 3 i « tributi propri derivati », cioè gli altri tributi riconosciuti alle regioni a statuto ordinario dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto stesso.
Come in numerose occasioni ha affermato la Corte costituzionale, questi tributi, che  sono  quindi  individuati  dalla norma  in  via  residuale,  conservano  inalterata  la  loro  natura  di tributi erariali (Corte cost., 26 marzo 2010, n. 123; Corte cost., 14 luglio  2009,  n.  216;  Corte  cost.,  25  ottobre  2005,  n.  397;  Corte cost., 26 gennaio 2004, n. 37; Corte cost., 26 settembre 2003, n. 296).
Nel descritto contesto normativo, con specifico riferimento all’IRBA istituita dalla regione Lazio con l’art. 3 della corrispondente legge regionale n. 19 del 2011, e dunque ad una disciplina del tutto omogenea a quella qui in esame, siccome rinveniente dal medesimo fondamento normativo offerto dalla legislazione nazionale e connotata da medesimi contenuti di regolazione, si innesta la considerazione che è intervenuta a sancirne la contrarietà al diritto unionale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, giusta ordinanza del 9 novembre 2021 resa in causa C255/20, su rinvio pregiudiziale riguardante l’interpretazione dell’art. 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12 alla luce dell’art. 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 118/08, che dispone nei seguenti termini: « Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte
siano  conformi  alle  norme  fiscali  comunitarie  applicabili  per  le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni ».
Ai sensi di detta disposizione, che sostanzialmente riproduce le previgenti disposizioni di cui all’art. 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12 (cfr. CGUE, 9 novembre 2021, causa C-255/20, punto 27; CGUE, 5 marzo 2015, causa C-553/13, punto 34), gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette a condizione che dette imposte rispondano a finalità specifiche e che siano conformi alle norme fiscali dell’Unione applicabili ai fini RAGIONE_SOCIALE accise o dell’imposta sul valore aggiunto sia per la determinazione della base imponibile sia per il calcolo, l’esigibilità ed il controllo. Le due condizioni, che mirano ad evitare che le imposizioni indirette supplementari ostacolino indebitamente gli scambi, hanno carattere cumulativo e, per quanto attiene alla prima, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia emerge che una finalità specifica, per essere tale, non deve essere puramente di bilancio (cfr. CGUE, 7 febbraio 2022, causa C-460/21, punti 19 e ss.; CGUE, 9 novembre 2021, causa C-255/20, punti 27 e ss.; CGUE, 25 luglio 2018, causa C-103/17, punti 34 e ss.).
Con riferimento alla nozione di finalità specifica, la Corte di Giustizia, nell’ordinanza richiamata, ha rilevato che l’IRBA istituita dalla regione Lazio « persegue solo una finalità generica di supporto al bilancio degli enti territoriali» (punto 38), per poi concludere che « l’art. 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella italiana istitutiva di un’imposta regionale sulle vendite di benzina per autotrazione, dal momento che «non si può ritenere che tale imposta abbia una ‘finalità specifica’ ai sensi di tale
disposizione, il suo  gettito essendo  inteso solo a contribuire genericamente al bilancio degli enti locali ».
Il quadro d’insieme che si va delineando si completa considerando che, in conformità a quanto stabilito da questa Corte, se è vero che oggetto del presente giudizio è la realizzazione di una pretesa impositiva insorta prima della soppressione del tributo, pretesa impositiva che, stante la su riportata clausola legale, dovrebbe rimanere « salva » nei suoi effetti obbligatori, tuttavia l’accertata incompatibilità dell’imposta con il diritto dell’UE esclude che la clausola di salvezza in sé e per sé possa sopravvivere alla radicale espunzione del tributo, proprio per le prevalenti considerazioni di incompatibilità rispetto all’ordinamento unionale.
Sicché, per le stesse ragioni ostative già evidenziate dalla CGUE nell’esaminata ordinanza, il giudice nazionale deve disapplicare la norma interna che vorrebbe mantenere al tributo soppresso una residuale efficacia impositiva per il passato, in rapporto alle obbligazioni insorte prima della soppressione stessa. Conclusione, questa, che impone di ritenere non dovuta l’imposta anche per le annualità antecedenti al 2021, con ciò parimenti disapplicandosi la previsione di limiti temporali (espliciti od impliciti) di (residua) validità ed efficacia di un’imposta che si pone in già affermato totale contrasto con il diritto dell’UE e, in particolare, con l’articolo 1, par. 2, della direttiva 118/08 (cfr. fra le tante Cass., 6 marzo 2023, n. 6687; Cass., 7 marzo 2023, n. 6858; Cass., 8 marzo 2023, n. 6966; Cass., 19 giugno 2023, n. 17436; Cass., 19 giugno 2023, n. 17529).
Fermo  quanto  precede,  anche  rispetto  alla  nozione  di  finalità specifica  in  relazione  alla  legge  regionale  calabra  n.  34  del  2010, deve  rilevarsi  che  il  « fine  di  consentire  il  rispetto  degli  impegni finanziari previsti dal Piano di rientro in materia sanitaria approvato con  specifico  accordo  con  lo  Stato »,  di  cui  all’art.  27,  comma  1, della stessa, esula dalla finalità specifica per come individuata dalla
direttiva testé citata, alla luce dell’ordinanza della Corte di Giustizia del  9  novembre  2021,  rivelando  una  pura  e  semplice  finalità  di gettito o di bilancio.
Ed invero, la finalità specifica non può mai esser data dalla finalità di bilancio, perché qualsiasi imposta persegue necessariamente uno scopo di bilancio, mentre, per soddisfare il requisito unionale, è necessario che l’imposta sia diretta di per sé a garantire la tutela della salute e dell’ambiente in tanto in quanto il gettito sia obbligatoriamente utilizzato al fine di ridurre i costi sociali ed ambientali precipuamente connessi al consumo del carburante su cui essa grava, cosicché sussista un nesso diretto tra l’uso del gettito e la finalità dell’imposta; pertanto, deve essere esclusa la finalità specifica nel caso in cui il gettito sia finalizzato (come nel caso di specie) alle spese sanitarie in generale e non a quelle specificamente connesse al consumo del carburante. Ciò conformemente ai principi statuiti dai giudici unionali che, ai fini della configurabilità della finalità specifica, hanno ritenuto necessario che la normativa nazionale preveda meccanismi di assegnazione predeterminata a fini ambientali del gettito dell’imposta e, in mancanza di siffatta assegnazione predeterminata, che l’imposta sia concepita, quanto alla sua struttura, segnatamente riguardo alla materia imponibile o all’aliquota, in modo tale da scoraggiare i contribuenti dall’utilizzare i prodotti i cui effetti sono più nocivi per la salute e per l’ambiente.
Dunque, anche in relazione alla legge regionale calabra n. 34 del 2010, deve rilevarsi che l’incasso regionale del tributo è indebito, in quanto l’IRBA non soddisfaceva i requisiti previsti dalla direttiva 118 del 2018, poiché non era individuabile la finalità specifica secondo l’interpretazione vincolante della Corte di Giustizia (cfr., fra le tante, con riferimento a diverse leggi regionali, Cass., 31 luglio 2023, n. 23201; Cass., 19 giugno 2023, nn. 17529 e 17436; Cass., 25 maggio 2023, n. 14606; Cass., 8 marzo 2023,
nn. 6966, 6961, 6956, 6943, 6923 e 6903; Cass., 6 marzo 2023, n. 6687).
Quanto  precede  per  addivenire  alla  conclusione  che,  nella vicenda in esame, alla base RAGIONE_SOCIALE istanze di rimborso si collocano assestati  profili  di  incompatibilità  del  prelievo  con  l’art.  1,  par.  2, della suddetta direttiva di armonizzazione del sistema RAGIONE_SOCIALE accise, per l’assenza di una « finalità specifica » qualificante il prelievo.
E tuttavia -così pervenendosi al  momento  nodale  della decisione -il  gettito  è  stato  procurato  alle  regioni  da  una  legge dello Stato che non ha riconosciuto alcuna discrezionalità a livello locale,  al  punto  da  elidere  ogni  margine  di  autonomia  finanziaria periferica, e non è stato nemmeno gestito dalle regioni, che hanno svolto  un  mero  ruolo  di  servizio  all’interno  di  assetti  stabiliti  dal legislatore statale.
Prova  ne  è  che  le  procedure  e  gli  atti  necessari  a  fornire attuazione  al  prelievo  (modelli,  dichiarazioni  di  consumo,  canali telematici di trasmissione, ecc.) sono stati definiti dall’RAGIONE_SOCIALE, che, inoltre, è rimasta per legge titolare RAGIONE_SOCIALE funzioni di accertamento e riscossione coattiva del tributo.
Nessuna competenza è, dunque, residuata alle regioni in ordine alla definizione dello schema di attuazione del tributo, regolato, da ultimo, dall’art. 3 della legge n. 549 del 1995.
Ancora, la destinazione finale del gettito a favore RAGIONE_SOCIALE regioni non  costituisce  un  elemento  sufficiente  ad  indurre,  da  un  lato,  i titolari  RAGIONE_SOCIALE  azioni  di  rimborso  a  rivolgere  l’istanza  direttamente all’ente  territoriale  e,  dall’altro,  l’RAGIONE_SOCIALE  fiscale  ad  eccepire  il proprio difetto di legittimazione passiva nelle controversie giudiziarie nate dai dinieghi di rimborso del tributo.
Ritenere  diversamente  significa  superare  limiti  di  carattere operativo, oltreché giuridico, dal momento che agli enti territoriali è preclusa  la  verifica  in  concreto  del  presupposto  del  diritto  al rimborso, non avendo tra l’altro avuto mai evidenza (salva
l’eventuale prova processuale) degli effettivi versamenti eseguiti dai sostituti per ciascun contribuente nelle annualità in questione. In altri termini, le regioni, a differenza dell’erario, non hanno e soprattutto non possono acquisire, mediante procedure di accertamento che competono solo a quest’ultimo, contezza dell’intervenuta unitaria corresponsione del tributo, disponendo (come il comma 3bis dell’art. 1, della legge regionale calabra n. 34 del 2010 qui in discussione) di mere comunicazioni in forma aggregata sui volumi dell’imposta che ciascun soggetto tenuto al versamento del tributo ha indirizzato, non a caso, in via prioritaria, secondo quanto previsto dalla normazione statale anche di attuazione (decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 30 luglio 1996), all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: comunicazioni di per sé inidonee verificare se e quali somme siano state versate da parte di chi abbia successivamente azionato il diritto di rimborso.
Sul piano giuridico, l’affermazione della legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE, in ragione della natura erariale di prelievi normati dal legislatore statale al fine di sostituire le fonti di finanziamento degli enti periferici, tiene specificamente conto del dato normativo (art. 3, comma 13, della legge n. 549 del 1995, che stabilisce che « gli uffici tecnici di finanza effettuano l’accertamento e la liquidazione dell’imposta regionale sulla base di dichiarazioni annuali presentate, con le modalità stabilite dal RAGIONE_SOCIALE, dai soggetti obbligati al versamento dell’imposta, entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferiscono, e trasmettono alle regioni i dati relativi alla quantità di benzina erogata nei rispettivi territori e che per la riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per la individuazione dell’organo amministrativo competente; inoltre, le regioni devono segnalare eventuali infrazioni o irregolarità
all’organo  competente  per  l’accertamento »).  Tale  affermazione  è ulteriormente avvalorata dalla finalità specifica del prelievo, identificata nello scopo esclusivo di creare ‘finanza aggiuntiva’ alle regioni,  che  ne  giustifica  la  qualificazione  in  termini  di  « mero trasferimento di risorse dallo Stato agli enti territoriali », secondo la previsione di cui all’art.  119,  secondo  comma,  ultima parte, della Costituzione.
Da ultimo, va valorizzata la circostanza dell’assoluta marginalità RAGIONE_SOCIALE regioni nell’attuazione del tributo, che induce a configurarne le funzioni – sempre nell’ambito della qualificazione, strettamente statale, dell’imposta e della relativa competenza attuativa – in termini di ‘mera tesoreria’ nel trasferimento di risorse. E d’altro canto, come già detto, il riferimento del citato art. 3, comma 13, della legge n. 549 del 1995 alla competenza dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in ordine ai servizi del contenzioso non può che evocarne sul piano processuale la legittimazione attiva e passiva.
Mette poi conto rilevare che la vicenda che ne occupa è assai prossima a quella decisa da questa Corte, in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis cod. proc. civ., con riferimento al rimborso di versamenti dell’addizionale provinciale per le accise sull’energia elettrica (istituita dall’art. 6 del decreto-legge n. 511 del 1988 al fine di sopperire alle esigenze finanziarie degli enti territoriali ed abrogata dall’art. 2, comma 6, del decreto legislativo n. 23 del 2011, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, per le regioni a statuto ordinario e dall’art. 4, comma 10, del decreto legge n. 16 del 2012, con decorrenza dal 1° aprile 2012, per le regioni a statuto speciale, a seguito di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea per violazione della direttiva 118/08). In tale fattispecie, questa Corte ha statuito il seguente principio di diritto: « Spetta in via esclusiva all’RAGIONE_SOCIALE la legittimazione passiva nelle liti promosse dal cedente della fonte energetica per il rimborso dell’addizionale provinciale
sulle accise, di cui all’ abrogato art. 6, del decreto-legge 511/1988, per  forniture  di  energia  elettrica  con  potenza  disponibile  non superiore a 200 kW » (Cass., 2 agosto 2024, n. 21883).
Deve,  dunque,  riconoscersi  la  legittimazione  passiva  esclusiva dell’RAGIONE_SOCIALE nel procedimento amministrativo e di poi nell’azione  di  rimborso  dell’imposta  regionale  sulla benzina  per autotrazione  incassata  dalle  regioni,  stante  la  natura  erariale  del prelievo, previsto dal legislatore statale al solo fine di sostituire le fonti di finanziamento degli enti territoriali.
In considerazione di quanto esposto, va evidenziata la irrilevanza  di  eventuali  Convenzioni  tra  regione  e  RAGIONE_SOCIALE, in relazione alle quali il Presidente, all’udienza pubblica, ha specificamente  richiesto  alle  parti  di  interloquire,  che,  comunque, ove esistenti, non incidono sulla gestione dei rimborsi.
Le suddette argomentazioni superano in radice qualsivoglia questione in ordine alla valutazione di ammissibilità dell’istanza di rimborso in riferimento all’obbligo di comunicazione della stessa anche all’RAGIONE_SOCIALE competente, ex art. 29, comma 4, della legge n. 428 del 1990, dovendosi oltretutto ritenere che nel giudizio di cassazione è precluso rilevare questioni di diritto pur conoscibili d’ufficio implicanti indagini ed accertamenti di fatto non effettuati (come nella specie) dal giudice di merito (Cass., 25 ottobre 2017, n. 25319; Cass., 13 agosto 2018, n. 20712).
In conclusione, pronunciando sul ricorso, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio e va dichiarato inammissibile il ricorso  originario,  impregiudicata  ogni  iniziativa  della  contribuente nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE.
Sussistono i presupposti, in considerazione dell’evoluzione normativa  ed  interpretativa  di  cui  si  è  dato  conto  nonché  della complessità della  materia  trattata,  per  compensare  tra  le  parti  le spese dei giudizi di merito e del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile il ricorso introduttivo della lite.
Compensa interamente fra le parti le spese dei giudizi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma, lì 14 gennaio 2025.