Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3774 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3774 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3980/2024 R.G. proposto da
Regione Campania , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME dell’Avvocatura Regionale, come da procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAILregioneEMAIL);
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania n. 4261/16/2023, depositata il 10.07.2023.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 14.01.2025;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
Oggetto:
Tributi – I.R.B.A. –
diniego di rimborso –
legittimazione passiva
Sentita, per la ricorrente, Regione Campania, l’avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Napoli rigettava il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il diniego dell’istanza di rimborso dell’Imposta regionale sulla benzina per autotrazione (IRBA), versata per gli anni d’imposta 2019 e 2020.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CGT di secondo grado della Campania, dopo una breve ricostruzione normativa e cronologica dell’IRBA, accoglieva l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE aderendo alla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 6687 del 2023) e osservando, per quello che qui ancora interessa, che la disposizione dell’art. 1, comma 628, della l. n. 178 del 2020 (che ha abrogato l’art. 17 del d.lgs. n. 398 del 1990, istitutivo dell’IRBA, facendo salvi gli ‘effetti delle obbligazioni tributarie già insorte ‘ ) doveva essere disapplicata perché in contrasto con la direttiva UE n. 118/2008, come interpretata dalla Corte di Giustizia UE (da ultimo, con l’ordinanza del 9 novembre 2021) , in quanto l’IRBA era stata destinata anche dalla Regione Campania non ad uno scopo specifico, ma a mere finalità di bilancio e ciò valeva anche per le annualità pregresse alla sua abrogazione.
Contro la suddetta decisione la Regione Campania proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALE rimaneva intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, non essendosi il giudice di secondo grado pronunciato sull’eccezione sollevata dalla Regione Campania , sin dal giudizio di primo grado e riproposta in appello, in ordine alla necessità che il
concessionario dell’impianto di distribuzione fornisse in giudizio la prova di essere rimasto economicamente inciso dal prelievo, dimostrando e documentando in modo inequivocabile che il carico fiscale non era stato trasferito su altri soggetti.
2. Con il secondo motivo, deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 18, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 546 del 1992, 2697 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., per avere la CGT di secondo grado errato nel ritenere che la contribuente avesse diritto al rimborso senza verificare se fosse stata rispettata la corretta distribuzione dell’onere della prova, posto che la disapplicazione della norma interna in contrasto con le norme UE ‘ de ve passare per l’accertamento che il relativo onere economico sia rimasto a carico del ricorrente ‘ , essendo inconferenti i precedenti giurisprudenziali in materia di rimborso delle accise a seguito di applicazione di una direttiva CE, in quanto l’applicazione dell’IRBA sul quantitativo di carburante venduto al consumatore finale non è lasciata alla discrezionalità dell’operatore economico, ma costituisce un obbligo di legge, per cui la mancata traslazione è un fatto costitutivo del diritto al rimborso, che deve essere provato dal contribuente (attore sostanziale); rileva che l’IRBA non può costituire mai fiscalmente un ‘costo’ per il gestore, in quanto è un tributo che viene riscosso all’atto dell’erogazione del carburante e deve essere riversato alla Regione; risultava, quindi, fuorviante l’affermazione in base alla quale, non essendo previsto dalla legge un obbligo di rivalsa del fornitore sul consumatore finale, si presumeva che l’imposta fosse rimasta a suo carico perché in realtà l’IRBA per il fornitore era neutra, posto che il gestore doveva solo riscuoterla sul quantitativo venduto e riversarla alla Regione; anche a voler ritenere corretta la qualificazione del relativo onere come un costo di esercizio gravante sull’impresa, quest’ultima avrebbe dovuto, in base all’art. 29, comm a 4, della l. n.
428 del 1990, a pena di inammissibilità, comunicare l’istanza di rimborso anche alla competente Agenzia delle entrate.
3. Con il terzo motivo, deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 18, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 546 del 1992, 17 del d.lgs. n. 398 del 1990 e 3 della l.r. n. 28 del 2003, per avere i giudici di secondo grado ritenuto erroneamente la sussistenza dell’incompatibilità della norma regionale istitutiva dell’IRBA con la direttiva UE 2008/118 , senza considerare che: l ‘art. 3 della l.r. n. 28 del 2003, istitutiva dell’IRBA nella Regione Campania, non poteva ritenersi in contrasto con l’art. 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, perché aveva una previsione di destinazione specifica del gettito e non aveva un mero scopo di bilancio; l’art. 1 della citata legge regionale, nel prevedere che le entrate derivanti anche dall’IRBA fossero destinate al finanziamento di un fondo prioritariamente utilizzato per il rafforzamento patrimoniale delle Aziende sanitarie locali o per l’incremento del capitale della società di cui all’articolo 6, comma 1, in relazione a specifici programmi, risultava contraddistinto da una finalità specifica e non puramente di bilancio, attese le funzioni attribuite, in particolare, alle Aziende sanitarie locali riguardo alle attività di prevenzione delle problematiche sanitarie della popolazione regionale, anche legate alla tutela dell’ambiente che in cideva sulla salute delle persone; la stessa Corte di Giustizia, nella decisione del 9 novembre 2021 (causa C-255/20), non aveva chiarito se la finalità di bilancio poteva coesistere con la ‘ finalità specifica ‘ richiesta dalla direttiva 2008/118 e ciò rendeva la norma della Regione Campania in esame senza dubbio compatibile con la predetta direttiva UE, in quanto non poteva negarsi che la struttura dell’imposta in questione non era svincolata da una indubbia finalità di scoraggiare il comportamento dei contribuenti volto al consumo di determinati prodotti, tanto in un’ottica
di riorientamento delle stesse scelte dei consumatori in direzione di finalità di tutela della salute dei cittadini tramite la tutela ambientale, come del resto voluto dalla citata direttiva 2008/118.
3.1 Preliminarmente va disattesa la richiesta di rinvio della trattazione della causa, presentata dalla Regione Campania, in attesa della definizione della questione pregiudiziale sollevata dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte nei giudizi di rimborso dell’IRBA, in quanto anche la causa riguardante la predetta questione pregiudiziale è stata fissata per la medesima udienza pubblica del 14 gennaio 2025.
Sempre i n via preliminare deve essere esaminata d’ufficio la questione della legittimazione processuale della Regione nel presente giudizio in ordine alla istanza di rimborso dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione azionata nel giudizio di merito, dovendosi richiamare al riguardo il principio statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo il quale « La decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale “quaestio iuris”, pur avendo costituito la premessa logica della statuizione di merito, non sia stata sollevata dalle parti, posto che una questione può ritenersi decisa dal giudice di merito soltanto ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio » (Cass., Sez. U., 20 marzo 2019, n. 7925; Cass., 13 maggio 2024, n. 12936; Cass., 1 luglio 2024, n. 17989; Cass., 1 luglio 2024, n. 18001).
Sul punto va rilevato che l’art. 1 della legge 14 giugno 1990, n. 158 (recante « Norme di delega in materia di autonomia impositiva delle regioni e altre disposizioni concernenti i rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni ») ha riconosciuto l’autonomia finanziaria delle regioni, prevedendo « l’applicazione di tributi propri e quote di tributi erariali accorpati in un fondo comune che assicuri il finanziamento delle spese necessarie ad adempiere a tutte le funzioni normali compresi i
servizi di rilevanza nazionale ». In attuazione della delega legislativa, l’art. 17, comma 1, del d .lgs. n. 398 del 1990 ha stabilito che le « Regioni hanno la facoltà di istituire, con leggi proprie, un’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nelle rispettive Regioni, successivamente alla data di entrata in vigore della legge istitutiva , in misura non eccedente lire 30 al litro ». Lo stesso art. 17 cit. ha stabilito, al comma 2, che « Le regioni, possono, con successive leggi, fissare l’aliquota dell’imposta in misura diversa da quella precedentemente prevista, purché non eccedente lire 30 al litro, sulla benzina erogata successivamente alla data di entrata in vigore della legge che dispone la variazione ». L’art. 18 dello stesso decreto legislativo ha previsto che « L’imposta eventualmente istituita è dovuta dal soggetto consumatore della benzina ed è riscossa dal soggetto erogatore che deve versarlo alla regione sulla base dei quantitativi erogati risultanti dal registro di carico e scarico di cui all’art. 3 del decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 1957, n. 474 » e il successivo art. 19 ha disposto che « Le modalità di accertamento, i termini per il versamento dell’imposta nelle casse regionali, le sanzioni, da determinare in misura compresa tra il 50 per cento ed il 100 per cento del tributo evaso, le indennità di mora e gli interessi sono disposti da ciascuna regione con propria legge, con l’osservanza dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato ».
6. La disciplina in esame è stata poi modificata dalla legge n. 549 del 1995, il cui art. 3, al comma 14, ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 1996, gli artt. 18 e 19 del citato d.lgs. n. 398 del 1990 e, al comma 13, ha inciso sulla struttura dell’IRBA ponendone la corresponsione a carico del concessionario dell’impianto di distribuzione (e non più del soggetto consumatore della benzina, con riscossione da parte del soggetto erogatore, tenuto a versarne
l’importo alla Regione, come previsto dall’art. 18 dello stesso decreto legislativo n. 398 del 1990) nella misura determinata sulla base dei quantitativi erogati e contabilizzati nei registri di carico e scarico.
6.1 Nel dettare le disposizioni sull’accertamento e sulla riscossione del tributo, in continuità con l’abrogato art. 19 del d .lgs. 2n. 398 del 1990, lo stesso comma 13 ha altresì precisato che « le modalità ed i termini di versamento, anche di eventuali rate di acconto, le sanzioni, da stabilire in misura compresa tra il 50 e il 100 per cento dell’imposta evasa, sono stabiliti da ciascuna regione con propria legge ». Sempre il comma 13 ha, poi, previsto che « Per la riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per la individuazione dell’organo amministrativo competente. Le regioni hanno facoltà di svolgere controlli sui soggetti obbligati al versamento dell’imposta e di accedere ai dati risultanti dalle registrazioni fiscali tenute in base alle norme vigenti, al fine di segnalare eventuali infrazioni o irregolarità all’organo competente per l’accertamento. Ciascuna regione riscuote, contabilizza e dà quietanza delle somme versate, secondo le proprie norme di contabilità ».
7. A questo assetto normativo si è allineata la disciplina regionale Campania, dapprima con l’art. 3 della legge regionale n. 28 del 2003, che ha stabilito che « L’imposta è dovuta alla Regione dal concessionario dell’impianto di distribuzione di carburante sulla base dei quantitativi erogati in ogni mese » e, dopo, con l’art. 2, comma 2, della legge regionale Campania n. 8 del 2004, che ha modificato l’art. 3 della legge regionale n. 28 del 2003, aggiungendo alla parola «concessionario» le seguenti «e dal titolare», per poi addivenire alla formulazione del medesimo art. 3, così come risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 3, della legge regionale n. 15 del 2005:
« L’imposta è dovuta alla Regione dal concessionario e dal titolare dell’autorizzazione dell’impianto di distribuzione del carburante o, per loro delega, dalla società petrolifera che sia unica fornitrice dell’impianto, su base mensile e sui quantitativi di cui al decreto del Ministero delle finanze 30 luglio 1996, articolo 1, comma 1, lettera d)».
Detta imposta, da ultimo, è stata soppressa tanto dal legislatore nazionale, che, con l’art. 1, comma 628, della legge n. 178 del 2020 (Legge di bilancio 2021), ha disposto che « L’articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 14 giugno 1990, n. 158, l’articolo 17 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, l’articolo 3, comma 13, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, l’articolo 1, comma 154, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e l’articolo 1, commi 670, lettera a), e 671, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recanti disposizioni in materia di imposta regionale sulla benzina per autotrazione, sono abrogati. Sono fatti salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte. », quanto dalla stessa Regione Campania che, in attuazione del disposto dell’art. 1, comma 629, della legge di bilancio 2021, con l’art. 54 della legge 29 giugno 2021, n. 5, nel disporre l’abrogazione delle disposizioni normative che, per il passato, avevano regolato il prelievo tributario in questione (art. 54, comma 2), ha espressamente previsto che « A decorrere dal periodo d’imposta 2021 è soppressa l’imposta regionale sulla benzina per autotrazione. Sono fatti salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte » (art. 54, comma 1).
Come, dunque, reso esplicito dalla successione normativa sopra ripercorsa, l’IRBA non può trovare più applicazione nella Regione Campania a decorrere dal periodo d’imposta 2021.
Per quanto rilevato, gli aspetti procedurali, dichiarativi, liquidativi, di accertamento, di riscossione e sanzionatori dell’IRBA, a d integrazione e modifica di quanto inizialmente stabilito nel 1990, sono stati modificati e fissati dall’art. 3, comma 13, della legge n. 549/1995,
che, per quel che rileva in questa sede, ha stabilito che gli uffici tecnici di finanza effettuano l’accertamento e la liquidazione dell’imposta regionale sulla base di dichiarazioni annuali presentate, dai soggetti obbligati al versamento dell’imposta e che per la riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per la individuazione dell’organo amministrativo competente » .
Ne consegue che l’IRBA è un tributo regionale proprio derivato, in quanto, colpisce la vendita della benzina per autotrazione in base alla quantità e non al valore, divenendo esigibile nel momento e nel luogo in cui avviene l’immissione al consumo del prodotto energetico; l’imposta è , dunque, dovuta al momento della fornitura della benzina al consumatore finale e il fornitore, in caso di pagamento indebito, è l’unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 29, comma 2, della legge n. 428 del 1990.
11.2 G ià nell’impianto della legge di delega n. 158 del 1990 (art. 6), peraltro, la « facoltà delle regioni a statuto ordinario di istituire un’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nelle predette regioni » veniva correlata all’obiettivo di « attribuire alle regioni a statuto ordinario una più ampia autonomia impositiva in adempimento del precetto di cui al secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione ».
11.3 Anche la Corte Costituzionale, di recente, ha affermato che « L’IRBA è stata prevista dall’art. 17 del d.lgs. n. 398 del 1990, in attuazione della legge delega n. 158 del 1990, la quale, all’art. 6, comma 1, lettera c), al dichiarato fine di ‘attribuire alle regioni a statuto ordinario una più ampia autonomia impositiva in adempimento del precetto di cui al secondo comma dell’art. 119 della Costituzione’,
aveva consentito a dette regioni di introdurre, con proprie leggi, un’imposta sulla benzina per autotrazione erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nei rispettivi territori» e che « L’IRBA si configura come un tributo regionale proprio derivato, avente struttura analoga a quella dell’accisa, in quanto, al pari di questa, colpisce la vendita della benzina per autotrazione in base alla quantità, e non al valore, e diviene esigibile nel momento e nel luogo in cui avviene l’immissione al consumo del prodotto energetico » (Corte Costituzionale, 4 giugno 2024, n. 100).
11.4 L’ IRBA rientra, quindi, tra i cosiddetti «tributi propri derivati» delle Regioni, cioè quei tributi che, come precisa l’art. 7, comma 1, lett. b, n. 1, della legge n. 42 del 2009 – la legge delega sul federalismo fiscale -sono « istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle Regioni ». Detta definizione ha trovato adeguata sede nel d.lgs. n. 68 del 2011, che all’art. 8 ha elencato i tributi delle regioni a statuto ordinario, distinguendo: al comma 1, i tributi propri autonomi «ceduti» – che possono, cioè, essere istituiti e interamente disciplinati o anche soppressi con legge regionale, tra i quali non è previsto il tributo in questione; al comma 2, la tassa automobilistica – che si configura come un tertium genus , vale a dire un tributo proprio derivato particolare, parzialmente «ceduto» alle regioni; al comma 3 i «tributi propri derivati» e cioè gli altri tributi riconosciuti alle Regioni a statuto ordinario dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto stesso.
11.5 Come in numerose occasioni ha affermato la Corte costituzionale, questi tributi, che sono quindi individuati dalla norma in via residuale, conservano inalterata la loro natura di tributi erariali (Corte cost., 26 marzo 2010, n. 123; Corte cost., 14 luglio 2009, n. 216; Corte cost., 25 ottobre 2005, n. 397; Corte cost., 26 gennaio 2004, n. 37; Corte cost., 26 settembre 2003, n. 296).
12. Orbene, in questo contesto normativo, con specifico riferimento all’IRBA istituita dalla Regione Lazio con l’art. 3 della legge regionale n. 19 del 2011, e, dunque, ad una disciplina del tutto omogenea a quella (ora) in esame siccome rinveniente dal medesimo fondamento normativo offerto dalla legislazione nazionale, e connotata da medesimi contenuti di regolazione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è specificamente intervenuta a seguito di rinvio pregiudiziale, in ordine al tributo qui dedotto, l’IRBA, con ordinanza del 9 novembre 2021, nella causa C-255/20, pronunciandosi sulla domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione dell’art. 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12 alla luce dell’art. 1, paragrafi 1 e 2 della direttiva 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, che, dispone nei seguenti termini: « Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni ».
12.1 Ai sensi di detta disposizione, che sostanzialmente riproduce le previgenti disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12 (cfr. CGUE, 9 novembre 2021, causa C-255/20, punto 27; CGUE, 5 marzo 2015, causa C-553/13, punto 34), gli Stati membri possono, quindi, applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette a condizione che dette imposte rispondano a finalità specifiche e che siano conformi alle norme fiscali dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’imposta sul valore aggiunto per la determinazione della base imponibile, nonché per il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta. Le due condizioni, che mirano ad evitare che le imposizioni indirette supplementari ostacolino indebitamente gli
scambi, hanno carattere cumulativo e, per quanto attiene alla prima di dette condizioni, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia emerge che una finalità specifica ai sensi della disposizione di cui trattasi è una finalità che non sia puramente di bilancio (cfr. CGUE, 7 febbraio 2022, causa C-460/21, punti 19 e ss.; CGUE, 9 novembre 2021, causa C255/20, punti 27 e ss.; CGUE, 25 luglio 2018, causa C-103/17, punti 34 e ss.).
12.2 Con riferimento alla nozione di finalità specifica, la Corte di giustizia, nell’ordinanza richiamata, ha rilevato che l’IRBA « persegue solo una finalità generica di supporto al bilancio degli enti territoriali» (punto 38), per poi concludere che l’art. 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quel la italiana istitutiva di un’imposta regionale sulle vendite di benzina per autotrazione, dal momento che «non si può ritener e che tale imposta abbia una ‘finalità specifica’ ai sensi di tale disposizione, il suo gettito essendo inteso solo a contribuire genericamente al bilancio degli enti locali ».
12.3 Inoltre, conformemente a quanto stabilito da questa Corte, se è vero che oggetto del presente giudizio è la realizzazione di una pretesa impositiva insorta prima della soppressione del tributo e che, stante la su riportata clausola legale, dovrebbe rimanere «salva» nei suoi effetti obbligatori, tuttavia, l’accertata incompatibilità dell’imposta con il diritto UE esclude che la clausola di salvezza possa sopravvivere alla radicale espunzione del tributo, proprio per le predette considerazioni di incompa tibilità, dall’ordinamento nazionale. Sicché, per le stesse ragioni ostative già evidenziate dalla CGUE nella pronuncia menzionata, il giudice nazionale deve disapplicare la norma interna che vorrebbe mantenere al tributo soppresso una residuale efficacia impositiva per il passato, cioè in rapporto alle obbligazioni insorte prima della soppressione stessa. Conclusione, questa, che
impone di ritenere non dovuta l’imposta anche per le annualità precedenti al 2021, con ciò parimenti disapplicando la citata legge regionale che ha, a sua volta, collocato un limite temporale di validità ed efficacia di un’imposta che si pone in già afferm ato totale contrasto con il diritto UE e, in particolare, con l’articolo 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE (cfr. fra le tante Cass., 6 marzo 2023, n. 6687; Cass., 7 marzo 2023, n. 6858; Cass., 8 marzo 2023, n. 6966; Cass., 19 giugno 2023, n. 17436; Cass., 19 giugno 2023, n. 17529).
12.4 Anche con riferimento alla nozione di finalità specifica in relazione alla legge regionale n. 28 del 2003, ferma restando l’ordinanza della Corte di Giustizia del 9 novembre 2021, pronunciata nella causa C-255/20, che ha stabilito la incompatibilità comunitaria dell’IRBA, ritenendo espressamente che non sussistesse la finalità specifica per come individuata dalla direttiva n. 118/2008/CE, deve rilevarsi che l’art. 1, comma 3, della legge regionale campana ha previsto una destinazione del gettito prodot to dall’IRBA, unitamente al gettito prodotto dalla tassa e dalla sopratassa automobilistica regionale (ex art. 2 della stessa legge) ad un fondo « prioritariamente utilizzato per il rafforzamento patrimoniale delle Aziende sanitarie locali o per l’incremento del capitale della società di cui all’articolo 6, comma 1 » Inoltre, l’art. 1, comma 3, citato, ha disposto che « Per il finanziamento del fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 400 milioni di euro per l’anno 2004 e di 200 milioni di euro per l’anno 2005 ».
12.5 Alla luce di quanto esposto, dunque, deve ritenersi che, conformemente a quanto affermato dai giudici unionali, la legge regionale n. 28 del 2003 non ha previsto una «finalità specifica» ai sensi dell’art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE, dov endosi considerare che il finanziamento di un fondo del bilancio regionale avente come scopi il rafforzamento patrimoniale delle Aziende sanitarie locali e l’incremento del capitale di una società destinata a sviluppare
programmi per la gestione del debito sanitario regionale rappresenti una finalità di bilancio, peraltro finanziata anche da altre fonti di gettito (quale la sopratassa automobilistica regionale) e comunque individuata solo in relazione ai periodi 2004 e 2005 e non anche per gli anni che vengono in rilievo nella presente causa. Ed invero, la finalità specifica non è data dalla «finalità di bilancio», perché qualsiasi imposta persegue necessariamente uno scopo di bilancio, ed è anche necessario che un’imposta sia diretta, di per sé, a garantire la tutela della salute e dell’ambiente e ciò si verifica quando il gettito dell’imposta debba obbligatoriamente essere utilizzato al fine di ridurre i costi sociali e ambientali specificamente connessi al consumo del carburante su cui grava l’imposta, cosicché sussista un nesso diretto tra l’uso del gettito e la finalità dell’imposta di cui trattasi; inoltre, deve essere esclusa la finalità specifica nel caso in cui il gettito dell’imposta sia finalizzato alle spese sanitarie in generale e non a quelle specificamente connesse al consumo del carburante (come nel caso di specie), perché spese generali che possono essere finanziate dal gettito di imposte di qualsiasi natura. Ciò conformemente ai principi statuiti dai giudici unionali che, ai fini della configurabilità della «finalità specifica», hanno ritenuto necessario che la normativa nazionale preveda meccanismi di assegnazione predeterminata a fini ambientali del gettito dell’imposta e, in mancanza di siffatta assegn azione predeterminata, che l’imposta sia concepita, quanto alla sua struttura, segnatamente riguardo alla materia imponibile o all’aliquota d’imposta, in modo tale da scoraggiare i contribuenti dall’utilizzare i prodotti i cui effetti sono meno nocivi per l’ambiente.
12.6 Anche in relazione alla legge regionale n. 28 del 2003, deve, quindi, rilevarsi che l’incasso della Regione Campania del tributo in oggetto è indebito, in quanto l’IRBA non soddisfaceva i requisiti previsti dalla Direttiva 2008/118/CE, poiché non era individuabile la finalità
specifica dell’imposta in questione, la quale, in coerenza con la giurisprudenza comunitaria, doveva essere rappresentata dalla destinazione del prelievo fiscale al finanziamento di attività volte alla riduzione dell’impatto ambientale dei combustibili liq uidi o ad una qualche finalità di salute pubblica riconnessa al consumo di carburante, mentre, nel caso concreto, la legislazione regionale campana aveva sostanzialmente attribuito a detta imposta unicamente un fine di bilancio, il che non consentiva di st abilire un nesso diretto tra l’uso di quel gettito tributario e le finalità (ambientali e di salute pubblica) alle quali avrebbe dovuto essere destinato e che, dunque, l’imposta di cui si trattava non rispettava le condizioni previste dall’ U.E. e non pote va ritenersi legittima (cfr., fra le tante, con riferimento a diverse legge regionali, Cass., 31 luglio 2023, n. 23201; Cass., 19 giugno 2023, nn. 17529 e 17436; Cass., 25 maggio 2023, n. 14606; Cass., 8 marzo 2023, nn. 6966, 6961, 6956, 6943, 6923 e 6903; Cass., 6 marzo 2023, n. 6687).
12.7 Tutto ciò per addivenire alla conclusione che, nella vicenda in esame, alla base delle istanze di rimborso si collocano assestati profili di incompatibilità del prelievo con l’art. 1, par. 2, della Direttiva 2008/118/CE, di armonizzazione del sistema delle accise, per l’assenza di una «finalità specifica» qualificante il prelievo, con la conseguente abrogazione del tributo da parte del legislatore italiano con la disposizione dell’art. 1, comma 628, della legge n. 178 del 2020, con decorrenza dall’1 ge nnaio 2021.
13. Il gettito, tuttavia, è stato procurato da una legge dello Stato che non ha riconosciuto alcuna discrezionalità a livello locale, al punto da elidere ogni margine di autonomia finanziaria periferica, e non è stato nemmeno gestito dalle Regioni, che hanno svolto un ruolo di servizio all’interno di assetti stabiliti dal legislatore statale.
13.1 Ed infatti, le procedure e gli atti necessari a fornire attuazione al prelievo (modelli, dichiarazioni di consumo, canali telematici di trasmissione, ecc.) sono stati unilateralmente definiti dall’Agenzia delle dogane che è rimasta anche titolare delle funzioni di accertamento e riscossione coattiva del tributo.
13.2 Nessuna competenza è, dunque, residuata alle Regioni in ordine alla definizione dello schema di attuazione del tributo regolato, da ultimo, dall’art. 3 della legge n. 549 del 1995.
13.3 Ancora, la destinazione finale del gettito a favore delle regioni non costituisce un elemento sufficiente ad indurre i titolari delle azioni di rimborso a rivolgere l’istanza direttamente all’ente territoriale e l’Agenzia fiscale ad eccepire il propri o difetto di legittimazione passiva nelle controversie giudiziarie nate dai dinieghi di rimborso del tributo.
13.4 Ritenere diversamente significa anche superare limiti di carattere operativo, prima ancora che giuridico, dal momento che agli Enti territoriali è preclusa la verifica del presupposto del diritto al rimborso non avendo avuto mai evidenza (salva l’even tuale prova processuale) degli effettivi versamenti eseguiti dai sostituti per ciascun contribuente nelle annualità in questione. In altri termini, le Regioni, a differenza dell’Erario, non hanno contezza dell’intervenuta corresponsione del tributo, disponendo di mere comunicazioni in forma aggregata sui volumi dell’imposta che ciascun soggetto , tenuto al versamento del tributo, ha indirizzato all’Agenzia delle dogane e che non permettono di verificare se e quali somme siano state versate da parte di chi abbia successivamente azionato il diritto di rimborso.
13.5 Sul piano giuridico, l’affermazione della legittimazione passiva dell’Agenzia delle dogane, in ragione della natura erariale di prelievi normati dal legislatore statale al fine di sostituire le fonti di finanziamento degli enti periferici, tiene specificamente conto del dato normativo ( e, segnatamente, dell’ art. 3, comma 13, della legge n. 549
del 1995, secondo il quale gli uffici tecnici di finanza effettuano l’accertamento e la liquidazione dell’imposta regionale sulla base di dichiarazioni annuali presentate, con le modalità stabilite dal Ministero delle finanze, dai soggetti obbligati al versamento dell’imposta, entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferiscono, e trasmettono alle Regioni i dati relativi alla quantità di benzina erogata nei rispettivi territori; per la riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del medesimo articolo, si applicano le disposizioni vigenti in materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per la individuazione dell’organo amministrativo competente; le Regioni, inoltre, devono segnalare eventuali infrazioni o irregolarità all’organo competente per l’accertamento) e del la natura intrinsecamente erariale dell’imposta, come rilevata anche dai giudici delle leggi. La stessa è ulteriormente confermata dalla finalità specifica del prelievo, identificata nello scopo esclusivo di creare «finanza aggiuntiva» alle Regioni, che ne giustifica la qualificazione in termini di mero trasferimento di risorse dallo Stato agli Enti territoriali, secondo la previsione di cui all’art. 119, secondo comma, ultima parte, della Costituzione.
13.6 Da ultimo, va valorizzata la circostanza dell’assoluta marginalità del ruolo del le Regioni nell’attuazione del tributo, che induce a configurarne le funzioni -sempre nell’ambito della qualificazione, strettamente, statale dell’imposta de qua e della relativa competenza attuativa – in termini di «mera tesoreria» nel trasferimento di risorse. E d’altro canto, come già detto, il riferimento del citato art. 3, comma 13, della legge n. 549 del 1995 alla competenza dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli in ordine ai servizi del contenzioso non può che evocarne, sul piano processuale, la legittimazione attiva e passiva.
13.7 Mette conto rilevare, in ultimo, che la situazione è assai prossima a quella decisa da questa Corte, in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 363bis cod. proc. civ., con riferimento al rimborso di versamenti dell’addizionale provinciale per le accise sull’energia elettrica ( istituita dall’art. 6 del decreto-legge 511/1988, al fine di sopperire alle esigenze finanziarie degli Enti territoriali ed abrogata dall’art. 2, comma 6, del decreto legislativo n. 23 del 2011, con decorrenza 1 gennaio 2012, per le Regioni a statuto ordinario e dall’art. 4, comma 10, del decreto legge n. 16 del 2012, con decorrenza 1 aprile 2012, per le Regioni a statuto speciale, a seguito di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea per violazione della direttiva 2008/118/CE) , che ha statuito il seguente principio di diritto: « Spetta in via esclusiva all’Agenzia delle dogane e dei monopoli la legittimazione passiva nelle liti promosse dal cedente della fonte energetica per il rimborso dell’addizionale provinciale sulle accise, di cui all’ abrogato art. 6, del decreto-legge 511/1988, per forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW » (Cass., 2 agosto 2024, n. 21883).
13.8 Deve, dunque, riconoscersi la legittimazione passiva esclusiva dell’Agenzia delle d ogane nell’azione di rimborso dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione incassata dalle Regioni, stante la natura erariale del prelievo previsto dal legislatore statale al solo fine di sostituire le fonti di finanziamento degli enti territoriali.
In considerazione di quanto esposto, va evidenziata la irrilevanza di eventuali Convenzioni tra Regione e Agenzia delle d ogane, in relazione alle quali il Presidente, all’udienza pubblica, ha specificamente richiesto alle parti di interloquire, che comunque, ove esistenti, non incidono sulla gestione dei rimborsi.
Le suddette argomentazioni implicano anche l’assorbimento dell’eccezione, sollevata dalla Regione Campania in controricorso, di
inammissibilità dell’istanza di rimborso per omessa comunicazione della stessa anche all’Agenzia delle entrate competente, ex art. 29, comma 4, della legge n. 428 del 1990, dovendosi ritenere comunque che nel giudizio di cassazione non si possano prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’uffici o (Cass., 25 ottobre 2017, n. 25319; Cass., 13 agosto 2018, n. 20712).
16. In conclusione, quindi, pronunciando sul ricorso, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, con declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso proposto dalla società contribuente.
16.1 Sussistono i presupposti, in considerazione dell’evoluzione normativa ed interpretativa di cui si è dato conto nonché della particolare complessità della materia trattata, per compensare tra le parti le spese del giudizio di merito, mentre nulla va disposto in ordine a quelle del giudizio di legittimità, essendo la società contribuente rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile il ricorso introduttivo della lite; Compensa interamente fra le parti le spese dei giudizi di merito.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025