Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2596 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2596 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
NOME RIMBORSO -IRAP 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30602/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale a margine del ricorso,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE -sezione staccata di Taranto n. 1390/28/2021, depositata il 3 maggio 2021;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza in camera di consiglio del 13 ottobre 2023 dal consigliere AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– Rilevato che:
In data 8 marzo 2012 COGNOME NOME richiedeva all’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il rimborso di parte dell’IRAP versata per l’anno d’imposta 2009 , per l’importo di € 14.445,00, limitatamente ai compensi percepiti per le attività di vicepresidente del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, e di presidente del collegio sindacale e sindaco effettivo di società di capitali.
Con provvedimento prot. n. 2013NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 16 maggio 2013 l’RAGIONE_SOCIALE comunicava il diniego del rimborso richiesto.
Avverso il suddetto provvedimento di diniego il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Taranto la quale, con sentenza n. 2202 /03/2015, pronunciata l’11 giugno 2015 e depositata in segreteria il 20 luglio 2015, lo accoglieva, disponendo il rimborso richiesto.
Interposto gravame dall’Ufficio , la Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE -sezione staccata di Taranto, con sentenza n. 1390/28/2021, pronunciata l’ 11 dicembre 2020 e depositata in segreteria il 3 maggio 2021, in riforma dell’impugnata sentenza accoglieva l’appello e confermava la legittimità del diniego al rimborso, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, sulla base di un unico motivo
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 13 ottobre 2023, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso principale COGNOME NOME deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3, comma 1, lett. c ), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Rileva il ricorrente che erroneamente la RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto che i compensi percepiti quale vice-presidente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e quale presidente e componente di collegi sindacali di società dovessero essere considerati ai fini IRAP, in quanto, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE conoscenze tecnicogiuridiche acquisite nel corso dell’attività professionale, tali incarichi erano gestiti senza l’utilizzo della propria autonoma organizzazione, pur posseduta, avendo invece egli utilizzato, per tali incarichi, l’organizzazione professionale dell’ente presso il quale svolgeva tali attività.
Procedendo quindi all’esame del motivo di ricorso principale, la Corte osserva che lo stesso è infondato.
Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non ha diritto al rimborso di imposta il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte
conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorché non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente (Cass. 12 settembre 2017, n. 21161; Cass. 2 marzo 2017, n. 5631; Cass. 5 marzo 2012, n. 3434).
Più in particolare, «in tema di IRAP, il libero professionista non è automaticamente escluso dall’imposizione con riferimento all’esercizio dell’attività di titolare di cariche organiche di enti o società commerciali, con la conseguenza che, ove presenti domanda di rimborso dell’imposta che assume indebitamente versata, ha l’onere di provare l’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione in relazione allo svolgimento di detta attività» (Cass. 15 febbraio 2019, n. 4576).
A tali principi si è pienamente conformata la corte territoriale, la quale ha evidenziato -con accertamento di fatto insindacabile in questa sede – come il contribuente non avesse provato che, per le attività di consigliere e sindaco nei svariati incarichi di consigliere e sindaco, egli non si avvalesse RAGIONE_SOCIALE strutture, dei dipendenti e dei collaborati del proprio studio professionale, per i quali sosteneva ingenti costi documentati dal mod. Unico. Non vi è dubbio, peraltro, che, nel caso di specie, l’on ere della prova della totale separatezza tra tali attività e quella normalmente svolta dal ricorrente come dottore commercialista mediante la propria struttura professionale fosse a carico dello stesso contribuente, sia
perché si deve presumere che il professionista svolga anche tali attività mediante la propria organizzazione professionale, sia perché, trattandosi di istanza di rimborso, per la quale spetta a colui che la presenta provare la sussistenza dei presupposti per il rimborso stesso (cfr. Cass. 17 maggio 2018, n. 12052; Cass. 18 maggio 2018, n. 12291).
Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare il ricorrente tenuto al pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quate r, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2023 .