LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rimborso IRAP professionisti: no senza prova separata

Un professionista ha richiesto un rimborso IRAP per i compensi derivanti da cariche societarie, sostenendo di non aver utilizzato la propria autonoma organizzazione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che in assenza di prova della totale separatezza tra le attività, il rimborso non è dovuto. L’onere della prova ricade interamente sul contribuente che, avendo uno studio professionale, deve dimostrare di non averne utilizzato la struttura per gli incarichi esterni.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IRAP professionisti: la Cassazione chiarisce l’onere della prova

La questione del rimborso IRAP professionisti torna al centro del dibattito con una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso analizzato riguarda un dottore commercialista che, oltre alla sua attività, ricopriva cariche di amministratore e sindaco in diverse società. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: il professionista che possiede una autonoma organizzazione e richiede il rimborso dell’imposta versata sui compensi societari ha l’onere di provare la completa separazione tra le due attività. Vediamo i dettagli.

I fatti del caso: la richiesta di rimborso e il contenzioso

Un professionista chiedeva all’Agenzia delle Entrate il rimborso di una parte dell’IRAP versata per l’anno 2010. L’importo richiesto, pari a oltre 10.000 euro, si riferiva ai compensi percepiti per le sue attività di vice-presidente del consiglio di amministrazione di un istituto di credito e di presidente del collegio sindacale e sindaco effettivo di altre società.

L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso. Il contribuente impugnava il diniego e la Commissione tributaria provinciale gli dava ragione, ordinando il rimborso. Tuttavia, l’Agenzia appellava la decisione e la Commissione tributaria regionale ribaltava la sentenza, confermando la legittimità del diniego. Il caso giungeva così in Cassazione.

Il ricorrente sosteneva che per tali incarichi societari non aveva utilizzato la propria autonoma organizzazione professionale, ma quella messa a disposizione dagli enti stessi, e che quindi quei compensi non avrebbero dovuto essere assoggettati a IRAP.

La decisione della Corte sul rimborso IRAP professionisti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del professionista, ritenendolo infondato. Secondo gli Ermellini, la giurisprudenza consolidata è chiara: non ha diritto al rimborso d’imposta il professionista che, disponendo di un’autonoma organizzazione per la sua attività principale, svolge contestualmente incarichi di sindaco o amministratore.

Questo perché si presume che vi sia un’attività unitaria, in cui le conoscenze tecniche e la struttura professionale siano coinvolte in entrambe le sfere. La Corte ha sottolineato che un libero professionista non è automaticamente escluso dall’imposizione IRAP per i redditi derivanti da cariche organiche in società commerciali.

Le motivazioni: la presunzione di unitarietà e l’onere della prova

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri: la presunzione di unitarietà dell’attività e l’onere probatorio a carico del contribuente. I giudici hanno chiarito che, quando un professionista richiede un rimborso, spetta a lui dimostrare l’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione per l’attività specifica per cui chiede il rimborso. In questo caso, il contribuente non è riuscito a provare che per i suoi incarichi di consigliere e sindaco non si fosse avvalso delle strutture, dei dipendenti e dei collaboratori del proprio studio professionale.

La Corte ha inoltre specificato che l’onere della prova della totale separatezza tra le attività è a carico del contribuente per due ragioni: primo, perché si deve presumere che il professionista svolga anche le attività connesse alla carica societaria mediante la propria organizzazione; secondo, perché in un’istanza di rimborso è colui che la presenta a dover provare la sussistenza dei presupposti per ottenerlo.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per i professionisti

Questa ordinanza conferma un orientamento rigido e consolidato, con importanti implicazioni pratiche. I professionisti che ricoprono anche cariche societarie e intendono contestare l’assoggettamento a IRAP dei relativi compensi devono essere pronti a fornire una prova rigorosa e documentata della completa separazione tra l’attività libero-professionale e quella gestoria/di controllo. Non è sufficiente affermare di aver utilizzato le strutture della società; è necessario dimostrare attivamente di non aver impiegato in alcun modo le risorse del proprio studio. In assenza di tale prova, la richiesta di rimborso IRAP professionisti è destinata a essere respinta.

Un professionista che ricopre cariche societarie ha diritto al rimborso IRAP sui compensi percepiti per tali incarichi?
No, non automaticamente. Secondo la Corte, il professionista che dispone di una propria autonoma organizzazione non ha diritto al rimborso se non prova la totale assenza del requisito dell’autonoma organizzazione in relazione allo svolgimento delle attività societarie, dimostrando che non si è avvalso della struttura del proprio studio.

Su chi ricade l’onere di provare la separazione tra l’attività professionale e gli incarichi societari?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. Trattandosi di un’istanza di rimborso, è il professionista che deve dimostrare la sussistenza dei presupposti per il rimborso stesso, ovvero che per gli incarichi di amministratore o sindaco non ha utilizzato in alcun modo la propria organizzazione professionale.

Cosa si presume se un professionista ha uno studio organizzato e accetta incarichi come sindaco o amministratore?
Si presume che il professionista svolga tali attività avvalendosi della propria organizzazione professionale. La Corte afferma che l’attività è sostanzialmente unitaria e coinvolge le conoscenze tecniche della professione. Spetta al professionista superare questa presunzione fornendo la prova contraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati