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Rimborso IRAP professionisti: no senza prova separata

La Corte di Cassazione ha negato il rimborso IRAP a un professionista per i compensi derivanti da incarichi societari. La sentenza chiarisce che, in presenza di un’autonoma organizzazione, spetta al contribuente dimostrare la totale separazione tra l’attività professionale e quella di amministratore o sindaco. In assenza di tale prova, l’attività è considerata unitaria e soggetta a imposta.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IRAP Professionisti e Incarichi Societari: La Prova della Separazione è Cruciale

Il tema del rimborso IRAP professionisti che ricoprono anche incarichi in organi societari è da tempo al centro del dibattito giurisprudenziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: in presenza di un’autonoma organizzazione, il professionista che chiede il rimborso dell’imposta versata sui compensi da amministratore o sindaco deve fornire la prova rigorosa che tali attività siano state svolte in modo completamente separato dalla sua struttura professionale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso: La Richiesta di Rimborso IRAP di un Professionista

Un dottore commercialista aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso parziale dell’IRAP versata per l’anno d’imposta 2011. La richiesta riguardava i compensi percepiti per le sue attività di vice-presidente del consiglio di amministrazione di un istituto di credito e di presidente e membro del collegio sindacale di altre società di capitali.

L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso. Il contribuente impugnava il diniego e la Commissione tributaria provinciale gli dava ragione, ordinando il rimborso. Tuttavia, l’Ufficio proponeva appello e la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ribaltava la decisione, confermando la legittimità del diniego. Il professionista, a quel punto, presentava ricorso per cassazione.

La questione giuridica

Il nodo centrale della controversia era stabilire se i compensi derivanti da tali incarichi dovessero essere assoggettati a IRAP. Secondo il ricorrente, queste attività erano gestite senza l’utilizzo della propria autonoma organizzazione professionale, ma avvalendosi esclusivamente delle strutture messe a disposizione dagli enti presso cui venivano svolte. Pertanto, mancando il presupposto dell’autonoma organizzazione, l’imposta non sarebbe stata dovuta.

La Decisione della Cassazione sul Rimborso IRAP Professionisti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del professionista, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento consolidato secondo cui, per un libero professionista, l’assoggettamento a IRAP non è automaticamente escluso per i redditi derivanti da cariche organiche in società o enti.

Il punto cruciale, secondo la Corte, risiede nell’onere della prova. Quando un professionista, che già dispone di una struttura organizzata per la sua attività principale, chiede il rimborso dell’imposta, spetta a lui dimostrare l’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione in relazione specifica agli incarichi societari.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su principi chiari e consolidati. In primo luogo, quando un professionista svolge contemporaneamente la sua attività e quella di amministratore o sindaco, si presume che l’attività sia sostanzialmente unitaria. Le conoscenze tecniche acquisite nella professione sono direttamente collegate e utilizzate anche negli incarichi societari.

In questo contesto, non è possibile scorporare facilmente le diverse categorie di compensi per verificare i requisiti impositivi di ciascuna. Di conseguenza, sorge una presunzione: si presume che il professionista utilizzi la propria organizzazione (studio, dipendenti, collaboratori) anche per svolgere gli incarichi esterni.

Per vincere questa presunzione, il contribuente ha l’onere di fornire una prova stringente della “totale separatezza” tra le due attività. Deve dimostrare in modo inequivocabile di non essersi avvalso in alcun modo delle strutture del proprio studio professionale per gli incarichi di consigliere e sindaco. Nel caso di specie, il ricorrente non è riuscito a fornire tale prova, non superando quindi la presunzione a suo carico. L’onere della prova in una richiesta di rimborso spetta sempre a chi lo richiede.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione ha importanti implicazioni pratiche per tutti i professionisti che detengono cariche societarie. Se un professionista dispone di un’autonoma organizzazione (come uno studio con dipendenti e costi significativi), i compensi percepiti come amministratore o sindaco sono, in linea di principio, soggetti a IRAP. Per ottenere un rimborso, non è sufficiente affermare di aver utilizzato la struttura della società amministrata; è necessario provare in modo documentale e inequivocabile una netta separazione gestionale e strutturale. In assenza di questa prova, il Fisco considererà legittimamente le diverse attività come un complesso unitario, assoggettando tutti i relativi proventi all’imposta regionale.

Un professionista che ricopre anche cariche di amministratore o sindaco deve sempre pagare l’IRAP su tali compensi?
Non necessariamente, ma se il professionista dispone di una propria autonoma organizzazione per la sua attività principale, si presume che tale struttura venga utilizzata anche per gli incarichi societari. Per evitare l’imposta su tali compensi, deve provare la totale separazione tra le due attività.

Chi deve provare che l’attività di amministratore è svolta senza l’ausilio della propria organizzazione professionale?
L’onere della prova spetta al contribuente che presenta l’istanza di rimborso. È lui che deve dimostrare in modo rigoroso di non aver utilizzato le strutture, i dipendenti o i collaboratori del proprio studio professionale per svolgere gli incarichi societari.

Cosa si intende per prova della “totale separatezza” tra le attività?
Significa dimostrare che l’incarico di amministratore o sindaco è stato gestito in modo completamente indipendente dalla struttura professionale. Il professionista deve provare di non aver utilizzato risorse del proprio studio (personale, attrezzature, locali) per adempiere ai doveri derivanti dalla carica societaria, basandosi unicamente sulle risorse fornite dall’ente amministrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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