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Rimborso IRAP medico: socio di Srl, niente da fare

Un medico radiologo, socio al 50% di una società di diagnostica per immagini, ha richiesto il rimborso dell’IRAP versata, sostenendo la mancanza di autonoma organizzazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Secondo la Corte, la qualifica di socio di maggioranza e l’operare in via esclusiva per la società creano una presunzione di coinvolgimento diretto nell’organizzazione aziendale. Il professionista non è riuscito a fornire la prova contraria, pertanto la richiesta di rimborso IRAP medico è stata respinta.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IRAP Medico: la Cassazione chiarisce il ruolo del socio di S.r.l.

La questione del rimborso IRAP medico continua a essere un tema centrale nel contenzioso tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali per i professionisti che operano all’interno di società di capitali. La Suprema Corte ha stabilito che un medico radiologo, socio al 50% della S.r.l. per cui lavora in esclusiva, non ha diritto al rimborso, poiché la sua posizione crea una forte presunzione di coinvolgimento nell'”autonoma organizzazione” aziendale, presupposto fondamentale dell’imposta.

I Fatti di Causa

Un medico radiologo presentava una domanda di rimborso per l’IRAP versata per l’anno d’imposta 2013, sostenendo di essere privo di un’autonoma organizzazione. Il professionista svolgeva la sua attività esclusivamente per una società a responsabilità limitata operante nel settore della diagnostica per immagini, della quale deteneva il 50% delle quote sociali. L’altro 50% era detenuto da un altro socio, che ricopriva anche il ruolo di amministratore.

L’Agenzia delle Entrate rigettava la richiesta, e il contribuente impugnava il silenzio-rifiuto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che respingeva il ricorso. La decisione veniva confermata anche in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di merito ritenevano che la complessa struttura utilizzata dal professionista (con un fatturato significativo, personale dipendente e beni strumentali di valore) e la sua qualifica di socio al 50% fossero elementi sufficienti a dimostrare l’esistenza del presupposto impositivo. Di conseguenza, il medico proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Suprema Corte e il nesso con il rimborso IRAP medico

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo e confermando la decisione della Commissione Tributaria Regionale. I giudici hanno ribadito principi consolidati in materia, applicandoli specificamente alla figura del professionista-socio.

La Corte ha sottolineato che, nelle controversie relative al rimborso di un tributo, l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto spetta al contribuente. In questo caso, il medico avrebbe dovuto dimostrare l’assenza di un’autonoma organizzazione, un compito reso arduo dalla sua posizione all’interno della società.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si articola su alcuni punti cardine. In primo luogo, viene ribadito che il presupposto dell’IRAP è l’esercizio di un’attività autonomamente organizzata. Per un professionista, ciò si verifica quando è lui stesso il responsabile dell’organizzazione e non è semplicemente inserito in una struttura facente capo ad altri.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la qualifica di socio al 50% non fosse un dettaglio irrilevante. Al contrario, tale posizione induce a presumere un diretto coinvolgimento e interesse nel buon funzionamento, nell’avviamento e nella redditività della società. Questo forte legame societario rende difficile sostenere che il professionista fosse estraneo alle dinamiche organizzative o che dovesse “sottostare all’organizzazione altrui”.

I giudici hanno specificato che la CTR ha correttamente ritenuto non assolto l’onere della prova da parte del contribuente. Quest’ultimo non è riuscito a dimostrare il suo mancato coinvolgimento nell’organizzazione della struttura in cui operava in via esclusiva. La sua quota societaria e il presumibile rapporto di parentela con l’altro socio amministratore costituivano elementi presuntivi di segno contrario che il professionista non ha superato. Di conseguenza, la valutazione dei giudici di merito è stata considerata insindacabile in sede di legittimità, in quanto logica e rispettosa delle regole sulla ripartizione dell’onere probatorio.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale molto chiaro: per un professionista che sia anche socio di rilievo della struttura in cui opera, ottenere un rimborso IRAP medico è estremamente difficile. La partecipazione al capitale sociale, specialmente se significativa, crea una presunzione di coinvolgimento nell’organizzazione autonoma che è difficile da superare. Il contribuente deve fornire una prova rigorosa della sua totale estraneità alle scelte gestionali e organizzative, dimostrando di essere un mero prestatore d’opera inserito in una struttura altrui. In assenza di tale prova, l’imposta è legittimamente dovuta.

Un medico socio di una S.r.l. ha diritto al rimborso IRAP?
Non automaticamente. Secondo la Corte, se la partecipazione societaria è rilevante (nel caso di specie, 50%) e il professionista opera esclusivamente all’interno della società, si presume un suo diretto coinvolgimento nell’organizzazione. Per ottenere il rimborso, spetta a lui fornire la prova contraria, dimostrando di essere completamente estraneo alla gestione e alle decisioni organizzative.

Su chi ricade l’onere della prova in una richiesta di rimborso IRAP?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. È il professionista che chiede il rimborso a dover dimostrare in giudizio l’assenza del presupposto impositivo, ossia la mancanza di un’autonoma organizzazione che potenzi la sua attività lavorativa.

Cosa si intende per “autonoma organizzazione” ai fini del rimborso IRAP medico?
Per “autonoma organizzazione” si intende una struttura di capitali o lavoro altrui che faccia capo direttamente al professionista e ne potenzi l’attività. Non è sufficiente avvalersi di una struttura organizzata, ma è necessario che questa sia “autonoma”, cioè sotto la responsabilità e il controllo del professionista stesso. Essere inseriti in una struttura gestita e organizzata da altri non costituisce presupposto per l’imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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