Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22803 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22803 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17494/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME del foro di Ragusa, giusta procura speciale in atti e con indicazione di domicilio digitale;
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 24/2022 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. distaccata di Catania, depositata in data 3.1.2022, non notificata;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 7.5.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME impugnava davanti alla C.T.P. di Catania il silenzio rifiuto sulla domanda di rimborso dell’IRAP versata per l’anno di imposta 2013 , presentata in data 23.11.2016, assumendo
IRAP -diniego rimborso -medico radiologo -socio di RAGIONE_SOCIALE
l’insussistenza del presupposto impositivo per difetto di autonoma organizzazione.
La C.T.P. di Catania, nella resistenza dell’Agenzia delle Entrate, rigettava il ricorso.
La C.T.R. della Sicilia, sez. distaccata di Catania, adita dal soccombente, rigettava il gravame con la sentenza richiamata in epigrafe.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
E’ stata fissata l’udienza camerale del 7.5.2025, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo -rubricato «nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 57 del decreto legislativo n. 546/92 » – il ricorrente assume che l’Agenzia delle Entrate aveva dedotto solo in appello la sua qualità di socio al 50% della società RAGIONE_SOCIALE e che la C.T.R. aveva fondato la decisione su di una inammissibile, prima che irrilevante, allegazione in fatto formulata per la prima volta in sede di gravame , in violazione del divieto di cui all’art. 57 del decreto legislativo n. 546/92.
Il motivo è infondato.
1.1. Questa Corte ha più volte precisato che nel processo tributario la parte resistente la quale, in primo grado, si sia limitata anche solo ad una contestazione generica del ricorso, può rendere specifica la stessa in sede di gravame poiché il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992, riguarda solo le eccezioni in senso stretto e non anche le mere difese (v. Cass. n. 20234/2025 e Cass n. 12651/2018).
La contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria della sussistenza dei presupposti del diritto al rimborso costituisce un’attività processuale di «mera difesa», la quale attiva l’onere probatorio del contribuente, secondo il principio generale previsto dall’art. 2697 c.c., senza essere soggetta ad alcuna preclusione, né alla decadenza prevista dall’art. 57, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cass. n. 20234/2025, cit., Cass. n. 5288/2024, Cass. n. 25859/2023, Cass. n. 14046/2019, Cass. n. 15026/2014).
1.2. Alla luce dei principi appena richiamati, deve ritenersi che l’Ufficio non abbia affatto proposto in appello domande e/o eccezioni nuove, avendo unicamente precisato la difesa già svolta in primo grado mediante la produzione, consentita dall’art. 58 del decreto legislativo n. 546/92, della visura camerale della società RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo, deduce « violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. degli articoli 2, comma 1, d.lgs. n. 446/1997 e 2697 c.c. », per avere la C.RAGIONE_SOCIALE. tenuto conto di circostanze irrilevanti quali la sua qualità di socio della società RAGIONE_SOCIALE, nonché della consistenza della partecipazione societaria, del fatturato annuo, del valore dei beni strumentali, del numero di esami e del fatto che lavorasse solo per la società di cui era socio, disattendendo il consolidato orientamento di legittimità in materia di medici radiologi, di cui, fra l’altro, alle pronunce nn. 9071/2021, 10916/2018, n. 547/2016 di questa Corte.
Il motivo è infondato.
2.1. Si legge nella sentenza impugnata (pag. 2), dopo il richiamo dei principi enucleati nella sentenza a S.U. n. 9451/2016: «Ora, dalla documentazione ritualmente prodotta dalle parti è risultato che l’appellante ha svolto nell’anno 2013, sulla base di un contratto di collaborazione stipulato in data 10.1.2012, la professione di medico radiologo esclusivamente presso la struttura del Centro
Ibleo Tomografia Computerizzata RAGIONE_SOCIALE, di cui il contribuente è socio, unitamente a COGNOME NOME, con sottoscrizione del 50% delle quote di detta società avente capitale sociale di euro 81.120,00, eseguendo ivi n. 7748 esami di radiodiagnostica per esami, pari al 100% dell’attività svolta, di cui ai compensi dichiarati dell’importo di euro 1.012.180,00 fatturato alla detta società, della quale ha utilizzato la complessa struttura dotata di locali, personale dipendente, collaboratori e beni strumentali mobili di euro 149.240,00. Ciò posto, reputa la C.T.R. che nel giudizio non sia stato provato dal contribuente, cui spettava il relativo onere probatorio, di avere svolto la professione suddetta in assenza di quegli elementi che qualificano un’attività come organizzata nei termini di cui sopra si è detto».
Richiamati indi i principi illustrati nella sentenza di questa Corte n. 10916/2018, la C.T.R. (pag. 3) afferma: «Sul punto osserva la C.T.R. che la complessa struttura in cui ha operato il contribuente per svolgere la sua intensa e proficua attività professionale non gli sia del tutto estranea (come dedotto invece dall’appellante), essendo egli socio al 50% della società cui è riferibile la struttura suddetta e, quindi, non c’è dubbio che egli era chiaramente e direttamente interessato al buon funzionamento, all’avviamento ed alla redditività della stessa, tenuto conto anche del verosimile rapporto di parentela che lo legava al socio amministratore nella persona di COGNOME NOME ( titolare del restante 50% di quote), da cui può inferirsi anche un certo coinvolgimento nella dinamica più strettamente organizzativa della società e può, comunque, certamente escludersi che l’appellante abbia dovuto ‘ sottostare all’organizzazione altrui, rispettare orari e mansioni così come gli altri professionisti collaboratori esterni della struttura ‘ e di essere stato ‘ inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse ‘, per come dallo stesso dedotto».
2.2. Deve premettersi che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, nelle controversie relative al rimborso di un tributo, il contribuente riveste la posizione di attore in senso sostanziale, con la conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare gli elementi costitutivi della domanda (cfr. Cass. n. 19500/2024, Cass. n. 1857/2024, Cass. n. 28233/2023, Cass. n. 18644/2023, Cass. n. 1906/2020).
Questa Corte ha, altresì, osservato (v. da ultimo, Cass. n. 1857/2024) che l’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 stabilisce che il presupposto dell’IRAP, già definita dall’art. 1 come imposta a carattere reale, è «l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi».
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 2001, ha ribadito che l’IRAP non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, e ha rilevato che mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, con dell’imposta, per difetto del suo necessario presupposto, l’autonoma organizzazione, il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto, rimessa pertanto al giudice di merito.
Questa Corte a Sezioni unite, con la sentenza n. 9451/2016 (in continuità con Cass., Sez. U., n. 12108/2009, ma specificando ulteriormente i requisiti dell’impiego del lavoro altrui), ha chiarito i parametri alla cui stregua la questione di fatto deve essere valutata: «con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito
dell’autonoma organizzazione -previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15/09/1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accídit , il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive».
2.3. Con specifico riguardo alla fattispecie nella quale l’attività dell’eventuale soggetto passivo dell’imposizione viene espletata a favore di un soggetto terzo già dotato di una propria struttura organizzativa e deve coordinarsi con quest’ultima, ha elaborato il principio generale in forza del quale non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia <>, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata e di cui non sia responsabile (tra le tante Cass. n. 9692/2012, con riferimento al medico che lavori presso una clinica privata diretta e organizzata da altri; analogamente, Cass. n. 9071/2021 per il medico radiologo socio di società avente quale oggetto sociale la erogazione di esami diagnostici, che tuttavia svolgeva la sua attività per altre strutture sanitarie).
2.4. Senonché, va osservato che il ricorrente non si confronta in alcun modo con l’affermazione della C.T.R. secondo cui era presumibile un suo diretto coinvolgimento nell’organizzazione della
società, sia perché era socio al 50%, sia per il presumibile rapporto di parentela con l’altro socio e che doveva , inoltre, ritenersi escluso che fosse tenuto a sottostare all’organizzazione altrui o osservare orari e direttive, come dallo stesso dedotto.
La C.T.R. ha ritenuto, pertanto, non assolto l’onere della prova, incombente sul contribuente, di dimostrare il suo mancato coinvolgimento nell’organizzazione della struttura nella quale operava in via esclusiva e di cui era socio al 50%, in presenza di elementi presuntivi di segno contrario, valutazione in fatto insindacabile in sede di legittimità e comunque rispettosa delle regole di riparto dell’onere della prova, la cui violazione va , pertanto, ritenuta insussistente.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia « omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c .» e precisamente, l’omesso esame delle seguenti circostanze: non si era mai avvalso di lavoro altrui; non disponeva di beni strumentali superiori a quanto a sé indispensabile per rendere le prestazioni professionali, quali autovettura e modesti mobili strumentali, come da libro cespiti prodotto in primo grado; lo svolgimento della sua attività di radiologo per la RAGIONE_SOCIALE in virtù di un contratto di collaborazione professionale, con retribuzione a percentuale dietro presentazione di fattura e onere a suo carico di assicurazione per infortuni e responsabilità civile professionale e relativa tutela legale; la stipula di un contratto di assicurazione da parte della C.RAGIONE_SOCIALE per eventuali danni dallo stesso cagionati; la convenzione della società con il RAGIONE_SOCIALE; l’attestazione della C.RAGIONE_SOCIALE da cui emergeva che la responsabilità del centro era in capo a COGNOME NOME, direttore generale e amministratore unico.
Da tali elementi, enucleati in sede di gravame, si sarebbe dovuta evincere l’assenza di autonoma organizzazione.
3.1. Il motivo è inammissibile, perché formulato in violazione del disposto di cui all’art. 348 -ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ. (‘ratione temporis’ applicabile nella fattispecie), vertendosi nella specie in ipotesi di doppia pronuncia di merito conforme in relazione alle censure dedotte, senza che il ricorrente abbia assolto l’onere di indicare i profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle poste a fondamento della pronuncia di rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura proposta (cfr. Cass. n. 26774 del 2016, n. 5528 del 2014 e, più recentemente, Cass. n. 5947 del 2023).
Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
6.Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.5.2025.