Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22798 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22798 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17993/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME del foro di Ragusa, giusta procura speciale in atti e con indicazione di indirizzo pec, quale domicilio digitale;
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 186/2022 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. distaccata di Catania, depositata in data 10.1.2022, non notificata;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 7.5.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con separati ricorsi COGNOME NOMECOGNOME esercente la libera professione di medico radiologo, impugnava davanti alla C.T.P. di Catania il silenzio rifiuto sulle domande di rimborso dell’IRAP versata per gli anni di imposta dal 2005 al 2012, assumendo
IRAP -diniego rimborso -medico radiologo socio .
l’insussistenza del presupposto impositivo per difetto di autonoma organizzazione.
La C.T.P. di Catania, nella resistenza dell’Agenzia Entrate, previa riunione dei ricorsi, dichiarava cessata la materia del contendere per il periodo successivo al 4.8.2012; rigettava la domanda per gli anni 2005, 2006 e 2007 per mancato assolvimento dell’onere della prova; dichiarava la decadenza dal diritto al rimborso per gli anni di imposta 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012 (fino al 4.8.2012) per tardività delle istanze.
La C.T.R. della Sicilia, adita dal soccombente, rigettava -con la sentenza riportata in epigrafe – il gravame, dando atto della mancata proposizione di censure relativamente agli anni di imposta per i quali la C.T.P. aveva dichiarato la decadenza dal diritto al rimborso.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
E’ stata fissata l’udienza camerale del 7.5.2025, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, rubricato «nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4. C.p.c. (motivazione apparente) », il ricorrente assume che la C.T.R. si era limitata ad una motivazione, seriale, astratta e meramente teorica, applicabile a qualsiasi causa in materia di IRAP, priva di concreta attinenza al caso specifico sottoposto al suo esame con l’atto di appello.
Il motivo è infondato.
1.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento
giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, ove il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Sez. 1 30 giugno 2020 n. 13248; Sez. 1, 18 giugno 2018 n. 16057; n. 27112 del 2018; n. 22022 del 2017; Sez. 6-5, 7 aprile 2017 n. 9097 e n. 9105; Sez. U 3 novembre 2016 n. 22232; Sez. U 5 agosto 2016 n. 16599; Sez. U 7 aprile 2014, n. 8053).
1.2. Nel caso di specie, la C.T.R., dopo aver richiamato normativa e pronunce giurisprudenziali pertinenti ed aver affermato che l’onere della prova del diritto al rimborso era posto a carico del contribuente, ne ha rilevato il mancato assolvimento, posto che il contribuente non aveva esposto i costi sostenuti per conseguire i ricavi dichiarati, non consentendo di valutare se la struttura aziendale fosse o meno ‘minimale’. Ha , inoltre, aggiunto che la parte appellante nulla aveva dedotto in merito alla decadenza eccepita e rilevata dalla C.T.P., statuizione quest’ultima che si interpreta agevolmente nel senso che non erano state formulate censure in merito alla decadenza dal diritto al rimborso dichiarata dal giudice di primo grado per gli anni 2008, 2009, 2010, 2011 e fino al 4.8.2012.
La pronuncia soddisfa pertanto il parametro del c.d. ‘minimo costituzionale’.
Con il secondo motivo, deduce « violazione e falsa applicazione degli articoli 2, comma 1, del decreto legislativo n. 446/1997 e 2967 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », assumendo che la C.T.R. avrebbe dovuto accogliere il gravame, avendo adeguatamente assolto all’onere della prova, avendo affermato di essere un medico radiologo e di svolgere detta attività esclusivamente per la C.RAGIONE_SOCIALE, di svolgere la propria attività con prevalente lavoro proprio e di essere dotato di modesti beni strumentali, di non avere personale dipendente e di avvalersi dei mezzi e del personale del centro diagnostico, circostanze tutte che trovavano supporto nella documentazione ‘già in atti’, che integra in questa sede ‘per maggior trasparenza’ (v. pag. 11 ric.).
2.1. Va, in primo luogo, ricostruita la vicenda processuale, al fine di definire il perimetro dell’oggetto del presente ricorso per cassazione.
In primo grado, l’Agenzia delle Entrate aveva eccepito la decadenza per gli anni 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012; contestato la fondatezza del preteso diritto al rimborso per gli anni dal 2005 al 2007 e riconosciuto il rimborso dell’imposta versata dopo il 4.8.2012.
La C.T.P. aveva accolto l’eccezione di decadenza e, per come rilevato dalla C.T.R., tale statuizione non era stata fatta oggetto di gravame, con la conseguenza che rimanevano in contestazione esclusivamente gli anni 2005, 2006 e 2007, essendosi per il resto formato il giudicato interno sfavorevole al contribuente.
2.2. Tanto chiarito, anche questo motivo è infondato.
Va rilevata d’ufficio l’inammissibilità della produzione documentale effettuata per la prima volta in sede di legittimità, elencata alle pagine 11 e 12 del presente ricorso, avendo parte ricorrente, per sua stessa ammissione, prodotto nella fase di merito solo il libro
dei cespiti (così ‘integrandoli’ inammissibilmente in sede di legittimità) e, comunque, omesso di specificare in quale fase processuale sarebbero stati eventualmente depositati.
Nel resto, va osservato che, a fronte dei rilevanti ricavi dichiarati per gli anni qui in contestazione, per come riportati nella sentenza impugnata a pagina 2 (euro 510.000,00 nel 2005, euro 608.102,00 nel 2006 ed euro 746.000,00 nel 2007), appare immune da vizi logici la decisione adottata dalla C.T.R., secondo cui non era stata offerta idonea prova dell’insussistenza di un’autonoma organizzazione, invece riscontrata sulla base degli accertamenti fiscali (essendo, infatti, mancata -come già sottolineato -l’allegazione e, in ogni caso, la prova incombente sul contribuente -sui costi sostenuti per conseguire i ricavi dichiarati, non consentendosi di valutare se la struttura aziendale fosse o meno minimale), in tal modo rimanendo esclusa ogni violazione delle norme come denunciata con la doglianza in esame.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.5.2025.