Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18715 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18715 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
Rimborso Irap
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18777/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., successore ope legis di IACP di Avellino, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale allegata al ricorso, che dichiara di voler ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC
EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è difesa;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Campania, sezione staccata di Salerno, n. 8104/2019, depositata in data 30/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025 dal relatore consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Secondo quanto evidenziato nella sentenza impugnata, RAGIONE_SOCIALE, succe ssore dell’Istituto autonomo case popolari di Avellino, proponeva istanza di rimborso della maggior Irap versata e impugnava il silenzio rifiuto, opposto dall’amministrazione, davanti alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Avellino, evidenziando di aver dichiarato, nella dichiarazione Irap 2012 per l’anno di imposta 2011, un credito di imposta, omettendo per mero errore di riportarlo nella dichiarazione 2013 per l’ anno di imposta 2012 e di aver presentato tuttavia una dichiarazione integrativa della prima, il 13/02/2015, entro il termine di cui all’att. 2, commi 8 e 8 -bis, d.P.R. n. 322 del 1988.
La CTP di Avellino accoglieva il ricorso.
La Commissione tributaria regionale (CTR) della Campania, sezione staccata di Salerno, accoglieva l’appello erariale.
In particolare, in fatto, i giudici di appello ritenevano pacifico che: a) nell’anno di imposta 2011 l’IACP aveva maturato , a seguito di versamenti in eccedenza rispetto agli importi dovuti, un credito Irap di euro 174.659,00; b) il contribuente aveva omesso di effettuare, per quanto rileva, la dichiarazione Irap 2012 per l’anno 2011, presentata solo in data 30/09/2013; c) solo in una pretesa dichiarazione integrativa di tale dichiarazione, depositata in data 12/03/2015, la società aveva osteso il credito NOME.
Ciò premesso, il ragionamento posto a fondamento della decisione si articolava sui seguenti tre passaggi:
la dichiarazione 2012 per il 2011 (così come la dichiarazione 2010 per il 2009 e quella 2011 per il 2010) era tardiva in quanto presentata solo il 30/09/2013;
b) la dichiarazione integrativa del 13/02/2015 non poteva essere intesa come integrazione della dichiarazione 2012 per l’anno di imposta 2011, in quanto, ai sensi dell’art. 2, comma 7, d.P.R. n. 322/1988 , tale dichiarazione si considerava omessa, per cui essa costituiva esclusivamente titolo per la riscossione delle imposte dovute ma non anche titolo per il riconoscimento dei crediti esposti;
c) comunque, l’istanza di rimborso era tardiva in quanto presentata in data 27/11/2015 e quindi oltre i 48 mesi di cui all’art. 38 d.P.R. n. 602/1973, decorrenti dai versamenti.
Contro tale sentenza RAGIONE_SOCIALE Campania propone ricorso per cassazione in base a tre motivi.
L ‘ Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21 marzo 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 8 e 8bis , d.P.R. n. 322/1998 e dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973 nonché dell’art. 4 d.P.R. n. 42/1988 e dell’art. 115 c.p.c., evidenziando: a) che la dichiarazione integrativa e la domanda di rimborso sono opzioni concorrenti e non alternative, a seconda del fatto che l’interessato si attivi nel campo dell’accertamento (con la dichiarazione integrativa) o nell’ambito della riscossione (con l’istanza di rimborso), per cui la legittimazione al rimborso non fondava sulla presentazione di una valida dichiarazione integrativa; b) nel caso di specie non vi era alcuna dichiarazione integrativa ma al più una dichiarazione ultratardiva che comunque può fondare il diritto al rimborso (ma non la compensazione); c ) l’art. 4 d.P.R. n. 42/1988 prevede espressamente che ove l’eccedenza non sia computata nella dichiarazione dell’anno succes sivo e ove questa non è presentata il
contribuente può chiedere il rimborso a norma d ell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973.
1.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Un costante formante giurisprudenziale ritiene che l’ istanza di rimborso non sia preclusa dall’omessa presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8 -bis , d.P.R. n. 322 del 1998, non sussistendo alcuna interferenza tra l’autonoma facoltà di emendare gli errori mediante dichiarazione integrativa e la presentazione dell’istanza stessa, operando la prima nell’ambito dell’accertamento del debito tributario e la seconda nell’ambito del procedimento di riscossione.
Tale impostazione è ampiamente condivisa da questa Corte, la quale, in linea con i principi espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza 7/06/2016, n. 13378, ha, anche di recente, ribadito che l’emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (d.P.R. n. 322 del 1988, ex art. 2, comma 8bis ), che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso (d.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38), da proporre entro 48 mesi, nel caso d’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, dall’altro, operano su piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso) (così Cass. 16/07/2019, n. 19002, in tema di Irap; nello stesso senso si vedano anche Cass. 15/03/2019, n. 7389, in tema di Ires; Cass. 30/10/2018, n. 27583; Cass. 11/05/2018, n. 11507).
In definitiva, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi in danno del contribuente, la dichiarazione integrativa intesa
alla loro correzione deve essere presentata, ex art. 2, comma 8bis , d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre il termine di presentazione della dichiarazione riguardante il periodo di imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante, mentre, in caso di avvenuto pagamento di maggiori somme rispetto a quelle dovute, il contribuente, indipendentemente dal rispetto del suddetto termine, può in ogni caso opporsi, in sede contenziosa, alla maggior pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, senza però poter opporre in compensazione tali somme alle maggiori pretese di quest’ultima, e può chiederne il rimborso entro il termine di quarantotto mesi dal versamento, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. 20/11/2019, n. 30151; Cass. 30/05/2023, n. 15211).
La CTR ha errato laddove, pur dando atto nella parte iniziale della motivazione, che «deve ritenersi pacifico, in punto di fatto, che, nell’anno di imposta 2011, l’IACP aveva maturato, a seguito di versamenti in eccedenza rispetto agli importi dovuti, un credito Irap pari a 174.659,00», ha poi escluso il diritto al rimborso, evidenziando che il credito non poteva considerarsi validamente esposto né nella dichiarazione, perchè tardiva, né nella dichiarazione integrativa, poiché questa non poteva considerarsi tale alla luce della tardiva, e quindi omessa, prima dichiarazione.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973, il vizio di motivazione apparente per violazione dell’obbligo di legge costituzionalmente imposto dall’art. 111 , sesto comma Cost., dell’art. 132 , secondo comma, n. 4 c.p.c. e dell’omologo art. 36 , comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992, per motivazione apparente in ordine alla ritenuta decadenza dal rimborso, affermata in maniera apodittica e senza alcun riferimento alla data del dies a quo , evidenziando che l’istanza era tempestiva
almeno rispetto al versamento in acconto del 30/11/2011; inoltre deduce che nel caso di avvenuta presentazione della dichiarazione, sebbene tardiva, non trovi applicazione il termine di cui all’ar t. 38 d.P.R. n. 602/1973, ma solo l’ ordinario termine di prescrizione decennale.
2.2. Occorre premettere che per questa Corte è ammissibile il ricorso per cassazione che cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5, c.p.c., allorché esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915), essendo sufficiente che la formulazione del motivo consenta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, sì da consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se essere fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., S.U., 6/05/2015, n. 9100, in linea Cass. n. 14756/2020), il che nel caso di specie è possibile.
2.3. La censura motivazionale è fondata.
Sul punto della decadenza e in particolare sul dies a quo effettivamente la motivazione resa dalla CTR è del tutto apparente; il ricorrente specifica che almeno il versamento del 30 novembre 2011, debitamente localizzato a pagina 12, sia da considerare non oggetto della decadenza a fronte dell ‘ istanza depositata il 27/11/2015 (questo ultimo dato è esplicitamente accertato dalla CTR); l’ufficio si difende con una ricostruzione in fatto intesa sostanzialmente a dimostrare che il credito risaliva all’anno 2009 , ma tale ricostruzione, peraltro apparentemente contraddetta nella parte iniziale della motivazione, ove la CTR considera pacifico che i versamenti in eccedenza risalgono
al 2011, non può in questa sede integrare la motivazione del tutto carente sul punto.
2.4. E ‘ inammissibile e comunque infondata invece la censura, pure contenuta all’interno del secondo motivo, intesa a ritenere applicabile il termine ordinario decennale di prescrizione del credito esposto in dichiarazione.
La censura è inammissibile perché la CTR non ne tratta né la parte indica ove abbia dedotto la questione.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la dichiarazione ultratardiva, in quanto inesistente, non fa sorgere il diritto al rimborso risultante dalla stessa, salvo che nella stessa dichiarazione non sia stata formulata una esplicita richiesta in tal senso (Cass. 29/12/2010, n. 26314: «La dichiarazione dei redditi tardivamente presentata, secondo la previsione contenuta nell’abrogato D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 9, (nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241), costituisce titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati, mentre, trattandosi di disposizione di tipo sanzionatorio che tende a disincentivare i ritardi nella presentazione della denuncia dei redditi, della dichiarazione tardiva l’erario non può tenere conto per il rimborso dei crediti d’imposta da essa risultanti, avendo in tal caso il contribuente, l’onere di formulare una espressa istanza al riguardo; detta istanza, peraltro, può ritenersi validamente rappresentata anche dalla dichiarazione dei redditi tardivamente presentata, ove in essa egli non si sia limitato ad esporre il credito d’imposta, ma ne abbia specificamente domandato il rimborso»; la soluzione è stata tenuta ferma anche da Cass. 23/01/2020, n. 1503, pur nell’evoluzione della fonte normativa, atteso che anche l’art. 2, comma 7, del d.P.R. n. 322 cit., qualificando come omessa la dichiarazione quando presentata oltre il novantesimo giorno dal termine ultimo di presentazione, al pari della
precedente disciplina lascia impregiudicato che essa costituisca solo titolo per la riscossione delle imposte dovute.
Nel caso di specie, la sentenza attesta che il credito era stato solo «osteso» in dichiarazione ma non ha evidenziato se ne fosse stato chiesto il rimborso in quella sede, né il ricorrente allega alcunchè al riguardo.
Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. , l’A RAGIONE_SOCIALE deduce l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, lamentando l’omesso esame del provvedimento di sgravio emesso dall’amministrazione in data 28 settembre 2015 che aveva riconosciuto il credito, e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., deduce violazione degli artt. 1988 e 2944 c.c., costituendo esso un vero e proprio riconoscimento del debito.
3.1. Il motivo è assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi, che postula la necessità di un nuovo esame in fatto.
Concludendo, vanno accolti i primi due motivi, con assorbimento del terzo; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, per nuovo esame e alla quale si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, nei termini di cui in motivazione, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, per nuovo esame, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2025.