Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14337 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14337 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13511/2022 R.G., proposto
DA
la ‘ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Caserta, in persona del l’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con studio in Caserta, elettivamente domiciliata presso l’AVV_NOTAIO , con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
il Comune di Marcianise (CE), in persona del Vice-Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con studio in Trani, elettivamente domiciliato presso l’AVV_NOTAIO, con studio in Roma, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
TARSU TIA TARI
RIMBORSO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania l’8 novembre 2021 , n. 7862/16/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO;
dato atto che nessuno è comparso per la ricorrente ed il controricorrente;
udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. La ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania l’8 novembre 2021, n. 7862/16/2021, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione d el silenzio -rifiuto sull’istanza presentata il 10 agosto 2018 per il rimborso della somma di € 19.133,26, a titolo di interessi residuati (al saggio del 7% per semestre) sull’importo indebitamente corrisposto l’1 luglio 2007, nella misura complessiva di € 16.584,90, a saldo della TARSU relativa agli anni 2000 e 2001, all’esito della decurtazione della somma rimborsata dal Comune di Marcianise (CE) il 12 dicembre 2017 nella misura complessiva di € 19.506,56, di cui € 16.584,00 per capitale ed € 2.924,66 per interessi (al saggio legale per anno), con riferimento ad uno stabilimento per la produzione di imballaggi flessibili in Marcianise (CE), a seguito dell’annullamento definitivo della relativa cartella di pagamento in virtù della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 27 maggio 2015, n. 5121/08/2015, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti del Comune di Marcianise (CE) avverso
la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta il 28 ottobre 2019, n. 5634/12/2019, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario – sul rilievo: a) che il pagamento delle annualità rimborsate dopo l’annullamento giudiziale dell’atto impositivo era stato eseguito in vigenza del regolamento approvato con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 22 marzo 1999, n. 28, modificato con deliberazione adottata dal Consiglio comunale il 30 marzo 2007, n. 19, il cui art. 10 prevedeva la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso dei tributi comunali in misura pari al saggio legale per anno; b) che la deliberazione adottata dal Commissario Straordinario il 7 maggio 2009, n. 96, la quale aveva stabilito la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso dei tributi comunali in misura pari al saggio del 7% per semestre , non era vigente per l’anno 2007; c) che tale previsione era stata superata con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 27 aprile 2010, n. 11, la quale aveva ripristinato la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso dei tributi comunali in misura pari al saggio legale per anno.
Il Comune di Marcianise (CE) ha resistito con controricorso.
Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per la dichiarazione di inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 112 e/o 132, secondo comma, n. 4, in relazione all’art.
360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato rigettato l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione carente o omessa pronunzia sulla questione della ‘erronea individuazione della disciplina normativa applicabile al caso di specie’, nonostante l’espressa riproposizione con l’att o di appello.
1.2 Con il secondo motivo, si denunciano, al contempo: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 11 e 12 disp. prel. cod. civ., 16 della deliberazione adottata dal Commissario Straordinario il 7 maggio 2009, n. 96, e 10 della deliberazione adottata dal Consiglio comunale il 30 marzo 2007, n. 19, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 112 e/o 132, secondo comma, n. 4, 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado -con motivazione carente -che la contribuente non avesse diritto al rimborso degli interessi sulle somme corrisposte per la TARSU relativa agli anni 2000 e 2001, in base al l’art. 16 del regolamento TARSU approvato con deliberazione adottata dal Commissario Straordinario il 7 maggio 2009, n. 96, sull’erro neo presupposto della sopravvenuta abrogazione con la deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 27 aprile 2010, n. 11, la quale aveva avuto per oggetto il regolamento ‘ per l’applicazione dell’istituto per l’accertamento con adesione e autotutela ‘.
1.3 Con il terzo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 112 e/o 132, secondo comma, n. 4, in relazione all’art.
360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato rigettato l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione carente o omessa pronunzia sulla censura relativa alla violazione dell’art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , che era stata riproposta dalla contribuente con uno specifico motivo di appello.
1.4 Con il quarto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4 e 5, e 156, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato rigettato l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione contrastante col dispositivo, avendo riconosciuto che la deliberazione adottata dal Commissario Straordinario il 7 maggio 2009, n. 96, era stata in vigore per meno di un anno, « per cui al massimo per tale lasso di tempo la liquidazione poteva avvenire a tasso invocato ».
Il primo motivo è infondato.
2.1 Come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (nel testo antecedente alla modifica apportata dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che: « La sentenza deve contenere: (…) 4) la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto; (…) ».
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente
incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. 5^, 21 marzo 2024, n. 7613; Cass., Sez. 5^, 9 aprile 2024, n. 9446).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Se z. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2024, n. 2029; Cass., Sez. 5^, 21 marzo 2024, n. 7613; Cass., Sez. 5^, 9 aprile 2024, n. 9446). 2.2 Per il resto, ad integrare gli estremi della omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessario che sia completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile in riferimento alla soluzione del caso concreto: il che non si verifica quando la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Cass., Sez. 5^, 18 ottobre 2021, n. 28718).
In ogni caso, nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ.,
postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del ” fatto processuale “, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 19 luglio 2021, n. 20438; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, n. 29665; Cass., Sez. 5^, 18 settembre 2023, n. 26778).
2.3 Nella specie, però, si può ritenere che, oltre ad essersi espressamente pronunciata sulla questione controversa, la sentenza impugnata contenga anche un’adeguata illustrazione delle ragioni sottese al rigetto del motivo di appello in questione, che è stato idoneamente giustificato con la successione temporali delle discipline regolamentari in materia di interessi sulle somme rimborsate dall’ente impositore per indebito versamento del contribuente.
Difatti, premesso: a) che l’art. 10 del regolamento approvato con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 22 marzo 1999, n. 28, modificato con deliberazione adottata dal
Consiglio comunale il 30 marzo 2007, n. 19, aveva previsto la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso dei tributi comunali in misura pari al saggio legale per anno; b) che la deliberazione adottata dal Commissario Straordinario il 7 maggio 2009, n. 96, aveva stabilito la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso dei tributi comunali in misura pari al saggio del 7% per semestre; c) che la deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 27 aprile 2010, n. 11, aveva ripristinato la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso dei tributi comunali in misura pari al saggio legale per anno; il giudice di appello ha coerentemente ritenuto che gli interessi spettanti alla contribuente dovessero essere liquidati dall’ente impositore nella misura vigente all’epoca della maturazione del credito al rimborso (cioè, alla data dell’1 luglio 2007), trovando applicazione ratione temporis l’art. 10 del regolamento approvato con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 22 marzo 1999, n. 28, e modificato con deliberazione adottata dal Consiglio comunale il 30 marzo 2007, n. 19.
Il secondo motivo ed il terzo motivo – la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta -sono infondati, per quanto, nonostante la correttezza del dispositivo in punto di diritto, la motivazione della sentenza impugnata debba essere parzialmente emendata ed integrata in parte qua nei termini specificati in appresso, ai sensi dell’art. 384, quarto comma, cod. proc. civ.
3.1 Il collegio è chiamato a scrutinare la questione della successione temporale di regolamenti comunali, i cui testi integrali sono stati ritualmente prodotti dalle parti nel corso del giudizio, per cui il thema decidendum viene a concentrarsi sull ‘esatta individuazione del regolamento applicabile ratione
temporis alla fattispecie controversa, essendo incontestato tra le parti il diverso tenore delle norme regolamentari in conflitto. Per cui, il canone dell’autosufficienza nella declinazione conformata ai parametri euro-unitari -può considerarsi ampiamente soddisfatto in relazione all’allegazione ed alla documentazione delle fonti di normazione secondaria che vengono in rilievo nell’odierna controversia.
3.2 Ciò posto, la fattispecie attiene alla successione di norme tributarie di rango secondario, le quali trovano la loro fonte in regolamenti adottati dagli enti locali in base ad una specifica previsione legislativa (in particolare, l’art. 1, commi 164 e 165, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 , in relazione all’art. 68 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 , ed all’art. 52 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446).
3.3 Secondo le rispettive prospettazioni delle parti, anche sulla scorta della documentazione prodotta, si delinea, in realtà, la coesistenza e la contrapposizione di due regolamenti comunali: – da una parte, il regolamento ‘ per l’applicazione dell’istituto per l’accertamento con adesione e autotutela ‘, che era stato , dapprima, approvato con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 22 marzo 1999, n. 28, ed era stato, poi, modificato con deliberazioni adottate dal Consiglio comunale il 30 marzo 2007, n. 19, ed il 27 aprile 2010, n. 11, il cui art. 10 prevedeva la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso dei tributi comunali in misura pari al saggio legale per anno;
-dall’altra parte, il regolamento per lo ‘ smaltimento dei rifiuti urbani interni ‘, che era stato approvato con deliberazione adottata dal Commissario Straordinario il 7 maggio 2009, n. 96, il cui art. 16, ultimo comma, stabiliva la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso della TARSU in misura pari al saggio del 7% per semestre.
3.4 A i fini dell’insorgenza del diritto al rimborso per i tributi locali (ed i relativi accessori) vengono in rilievo i commi 164 e 165 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a tenore dei quali: « 164. Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L’ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza. 165. La misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi nella stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a decorrere dalla data dell’eseguito versamento ».
Tali disposizioni hanno sostituito con decorrenza dall’1 gennaio 2007 , ai sensi dell’ art. 1, comma 1364, e per effetto dell’abrogazione disposta dall’art. 1, comma 172, lett. b, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 l’art. 75 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, il quale conteneva una specifica disciplina del rimborso in materia di TARSU, stabilendo che: « 1. Nei casi di errore e di duplicazione ovvero di eccedenza del tributo iscritto a ruolo rispetto a quanto stabilito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale o dal provvedimento di annullamento o di riforma dell’accertamento riconosciuto illegittimo, adottato dal Comune con l’adesione del contribuente prima che intervenga la sentenza della commissione tributaria provinciale, l’ufficio comunale dispone lo sgravio o il rimborso entro novanta giorni. 2. Lo sgravio o il rimborso del tributo iscritto a ruolo, riconosciuto non dovuto ai
sensi dell’articolo 64, commi 3 e 4, è disposto dall’ufficio comunale entro i trenta giorni dalla ricezione della denuncia di cessazione o dalla denuncia tardiva di cui al comma 4 del medesimo articolo, da presentare, a pena di decadenza, entro i sei mesi dalla notifica del ruolo in cui è iscritto il tributo. 3. In ogni altro caso, lo sgravio o il rimborso del tributo riconosciuto non dovuto è disposto dal Comune entro novanta giorni dalla domanda del contribuente da presentare, a pena di decadenza, non oltre due anni dall’avvenuto pagamento. 4. Sulle somme da rimborsare è corrisposto l’interesse del 7 per cento semestrale a decorrere dal semestre successivo a quello dell’eseguito pagamento ».
Cosicché, le modifiche apportate al regolamento ‘ per l’applicazione dell’istituto per l’accertamento con adesione e autotutela ‘ da lle deliberazioni adottate dal Consiglio comunale il 30 marzo 2007, n. 19, ed il 27 aprile 2010, n. 11, prevedendo la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso dei tributi locali in misura pari al saggio legale per anno, si sono conformate ai limiti imposti dai commi 164 e 165 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dai quali si è, invece, discostato il regolamento per lo ‘ smaltimento dei rifiuti urbani interni ‘, nella versione introdotta con deliberazione adottata dal Commissario Straordinario il 7 maggio 2009, n. 96, stabilendo la spettanza degli interessi per la riscossione o il rimborso della TARSU in misura pari al saggio del 7% per semestre, con un’illegittima riproduzione in parte qua dell’ ormai abrogato art. 75 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507.
Inoltre, il comma 171 del citato art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha espressamente previsto che: « Le norme di cui ai commi da 161 a 170 si applicano anche ai rapporti di
imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge », sancendo così la retroattività anche della disciplina dettata in materia di rimborsi, in deroga alla regola generale dell’art. 11, primo comma, disp. prel. cod. civ.
Con specifico riguardo al citato comma 171, questa Corte ha precisato che, in tema di rimborso delle imposte, solo con la scadenza del termine per formulare la relativa richiesta si determina il consolidamento dei rapporti di dare ed avere tra contribuente ed ente impositore e l’esaurimento dello stesso rapporto tributario (Cass., Sez. 5^, 23 novembre 2020, n. 26555).
Per cui, con riguardo ai tributi locali, in generale (ed alla TARSU, in particolare), anche per i rimborsi originati da vicende risalenti ad epoca anteriore all’1 gennaio 2007, che non si siano ancora definite ed esaurite fino a tale data, trova applicazione il citato comma 165 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sulla determinazione e sulla decorrenza degli interessi compensativi da corrispondere al contribuente.
3.5 Nel caso di specie, si può ritenere che il diritto al rimborso (con la conseguente spettanza e maturazione degli interessi compensativi) sia insorto a favore della contribuente soltanto con l’ annullamento definitivo della cartella di pagamento per la TARSU relativa agli anni 2000 e 2001 da parte della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 27 maggio 2015, n. 5121/08/2015, la quale è passata in giudicato il 29 dicembre 2015.
Per cui, secondo il principio tempus regit actum , la misura degli interessi compensativi è senz’altro disciplinata dal regolamento ‘ per l’applicazione dell’istituto per l’accertamento con adesione e autotutela ‘, nella versione modificata ratione temporis con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 27 aprile
2010, n. 11, il cui art. 10 dispone in conformità all’art. 1, comma 165, dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 -che: « Il tasso di interesse per la riscossione ed il rimborso dei tributi comunali è fissato in misura pari al tasso legale » per anno (secondo la previsione generale dell’art. 1284, primo comma, cod. civ.).
Peraltro, non si pone a monte l’esigenza di risolvere una relazione di potenziale conflittualità ratione materiae con l’art. 16, ultimo comma, de l regolamento per lo ‘ smaltimento dei rifiuti urbani interni ‘ , che deve essere disapplicato ex art. 7, comma 5, della legge 31 dicembre 1992, n. 546, per palese contrarietà all’art. 1, comma 165, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
3.6 Quindi, la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta nel senso che il rimborso è disciplinato (quanto alla misura degli interessi compensativi) dal regolamento comunale ‘ per l’applicazione dell’istituto per l’accertamento con adesione e autotutela ‘, nel testo novellato con la deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 27 aprile 2010, n. 11, ferma restando la liquidazione del quantum debeatur in base al saggio legale in ragione annua.
Da ultimo, anche il quarto motivo è infondato.
4.1 Difatti, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, sussiste contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, che determina la nullità della sentenza impugnata, soltanto quando il provvedimento risulti inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale e, conseguentemente, del diritto o bene riconosciuto (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2015, n. 26077; Cass., Sez. 6^-1, 27 giugno 2017, n. 16014; Cass., Sez. 6^-5, 17 ottobre 2018, n. 26074; Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2020, n. 614; Cass., Sez. 6^, 9 dicembre
2020, n. 28088; Cass., Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11689; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28971; Cass., Sez. 5^, 24 ottobre 2022, n. 31301; Cass., Sez. 6^-5, 21 novembre 2022, n. 34141).
4.2 Tuttavia, non si delinea alcun contrasto tra motivazione e dispositivo nel passaggio in cui il giudice di appello si era limitato ad ipotizzare (in astratto) che l’eventuale applicabilità della disciplina invocata dal contribuente (con decorrenza dalla deliberazione adottata dal Commissario Straordinario il 7 maggio 2009, n. 96) -che era stata preventivamente esclusa a monte – sarebbe stata limitata al lasso temporale della sua transitoria vigenza (cioè, fino alla deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 27 aprile 2010, n. 11). Si tratta, infatti, di un’argomentazione indirettamente rafforzativa delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, che nulla aggiunge, per l’intrinseca superfluità, alla chiara enunciazione della ratio decidendi .
Difatti, è pacifico che, in sede di legittimità sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte ad abundantiam o costituenti obiter dicta , poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione, essendo estranee alla ratio decidendi della medesima (in termini: Cass., Sez. Lav., 22 novembre 2010, n. 23635; Cass., Sez. 1^, 10 aprile 2018, n. 8755; Cass., Sez. 1^, 8 giugno 2022, n. 18429; Cass., Sez. 5^, 2 maggio 2024, n. 11861). 5. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
7 . Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 3.500,00 per compensi, oltre a rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 24 aprile 2024.