Rimborso Imposte Dirette: L’Autocertificazione Basta per gli Aiuti de Minimis?
L’ottenimento di un rimborso imposte dirette può trasformarsi in un complesso percorso legale, soprattutto quando si intreccia con le normative europee sugli aiuti di Stato. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare una questione cruciale: quale valore probatorio ha un’autocertificazione per dimostrare di rientrare nella regola ‘de minimis’? Analizziamo il caso per comprendere meglio i principi in gioco.
I Fatti di Causa
La controversia nasce dalla richiesta di due coniugi, titolari di redditi di lavoro autonomo e di impresa, di ottenere il rimborso del 90% delle imposte dirette versate per gli anni d’imposta dal 1990 al 1992. Di fronte al silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate, i contribuenti hanno adito le vie legali.
Il loro diritto al rimborso era subordinato alla compatibilità con la disciplina europea sugli aiuti di Stato, in particolare al rispetto della cosiddetta regola ‘de minimis’. Questa regola stabilisce che gli aiuti di piccola entità non necessitano di autorizzazione da parte della Commissione Europea, in quanto non idonei a falsare la concorrenza.
La Decisione della Commissione Tributaria Regionale
In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ha dato ragione ai contribuenti, rigettando l’appello dell’Ufficio. I giudici regionali hanno ritenuto che i contribuenti avessero assolto al loro onere probatorio. A sostegno della loro posizione, avevano infatti depositato in giudizio una ‘autocertificazione di non conseguimento degli aiuti di stato per il triennio precedente’.
Secondo la CTR, questo documento era sufficiente per dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della regola ‘de minimis’, confermando così il loro diritto al rimborso delle imposte versate (Irpef e Ilor).
Il Ricorso dell’Agenzia delle Entrate e la questione del rimborso imposte dirette
Insoddisfatta della decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico, ma complesso, motivo. L’Amministrazione finanziaria ha denunciato la violazione di numerose norme, sia nazionali che europee, tra cui l’articolo 2697 del Codice Civile, che disciplina l’onere della prova, e gli articoli 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che regolano gli aiuti di Stato.
Il cuore della doglianza dell’Agenzia è che una semplice autocertificazione non possa essere considerata una prova sufficiente per un fatto così rilevante, specialmente in una materia delicata come quella degli aiuti di Stato, che impatta direttamente sulla concorrenza nel mercato unico europeo. Secondo l’Ufficio, ammettere una prova così debole significherebbe violare i principi comunitari e nazionali sull’onere probatorio, che spetta a chi chiede il beneficio.
Le Motivazioni
La decisione della Commissione Tributaria Regionale si fonda su un’interpretazione che valorizza l’autocertificazione come strumento idoneo a soddisfare l’onere probatorio del contribuente. I giudici di merito hanno ritenuto che, data la natura della circostanza (provare un ‘non fatto’, ovvero il non aver ricevuto aiuti), l’autodichiarazione rappresentasse la prova massima esigibile. Tale approccio mira a bilanciare la necessità di rigore nell’applicazione delle norme europee con il principio di non aggravare eccessivamente la posizione processuale del contribuente. Tuttavia, la questione che la Cassazione dovrà risolvere è se questo bilanciamento sia corretto o se, al contrario, la tutela della concorrenza europea richieda una prova più solida e oggettiva, che vada oltre la mera dichiarazione della parte interessata. La pronuncia della Suprema Corte sarà determinante per definire lo standard probatorio richiesto in casi analoghi di rimborso imposte dirette.
Le Conclusioni
Il caso sottoposto alla Corte di Cassazione ha implicazioni pratiche di notevole portata. Una decisione favorevole ai contribuenti potrebbe semplificare l’accesso a benefici fiscali simili, riconoscendo un ampio valore all’autocertificazione. Al contrario, un accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate rafforzerebbe la necessità per i contribuenti di fornire prove documentali concrete e oggettive per dimostrare il rispetto dei limiti ‘de minimis’. Questa seconda opzione, pur essendo più onerosa per i cittadini e le imprese, garantirebbe una maggiore aderenza alla normativa europea e una più efficace prevenzione della concessione di aiuti di Stato illegittimi. La sentenza finale stabilirà un importante precedente su come bilanciare i diritti del contribuente con le esigenze di controllo del mercato unico europeo.
Qual è l’oggetto principale della controversia?
La controversia riguarda la richiesta di rimborso del 90% delle imposte dirette versate da due coniugi per il triennio 1990-1992 e la validità di un’autocertificazione come prova per l’applicazione della regola europea ‘de minimis’ sugli aiuti di Stato.
Cosa ha deciso la Commissione Tributaria Regionale?
La Commissione Tributaria Regionale ha deciso in favore dei contribuenti, stabilendo che la loro autocertificazione, in cui dichiaravano di non aver ricevuto altri aiuti di Stato nel triennio precedente, era una prova sufficiente per soddisfare l’onere probatorio e ottenere il rimborso richiesto.
Per quale motivo l’Agenzia delle Entrate ha fatto ricorso in Cassazione?
L’Agenzia delle Entrate ha fatto ricorso sostenendo che una semplice autocertificazione non è una prova adeguata per dimostrare il rispetto della regola ‘de minimis’, e che la decisione dei giudici di merito viola le norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) e la normativa europea sugli aiuti di Stato (artt. 107 e 108 TFUE).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10716 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10716 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15374/2022 R.G. proposto da : AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
-intimati- avverso Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia -Sezione Distaccata di Catania n. 2888/2022 depositata il 04/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. In controversia avente ad oggetto il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME coniugi titolari, con riferimento alle dichiarazioni dei redditi per il triennio d’imposta 1990 -1992, di redditi di lavoro autonomo, di impresa e di partecipazione, avverso il silenzio rifiuto mantenuto dall’Agenzia delle Entrate sull’istanza di rimborso del 90% delle imposte dirette versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, la Commissione tributaria regionale della Sicilia Sezione staccata di Catania, rigettava l’appello dell’Ufficio avverso la
sentenza di primo grado, che aveva dichiarato la spettanza del rimborso richiesto.
1.1. In particolare la CTR, chiamata a verificare la sussistenza del diritto del contribuente e la compatibilità dello stesso con la decisione della Commissione europea 14/08/2015 n. 5549 e in specie la ricorrenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis , evidenziava che gli appellati avevano depositato in giudizio copia della «autocertificazione di non conseguimento degli aiuti di stato per il triennio precedente», in tal modo adempiendo al loro onere probatorio e, per quanto consentito dalla natura della circostanza, offrendo prova della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della regola de minimis . Evidenziava dunque che l’appello andava accolto, dovendosi riconoscere il rimborso di Irpef e Ilor nel periodo di riferimento.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato ad unico motivo.
I contribuenti sono rimasti intimati.
Il giudizio è stato fissato per l’adunanza camerale del 14/04/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denuncia la «Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289; dell’articolo 1, comma 665 della legge 23 dicembre 2014 n. 190 e successive modifiche e integrazioni; dell’articolo 2697 c.c. del Codice civile; degli articoli 107 e 108 del Trat tato sul funzionamento dell’Unione Europea; dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con Decisione UE 2016/195, notificata con il n. C(2015)5549 final, anche nel prisma del combinato disposto degli articoli 11, 117 e 53 Cost., in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, del Codice di procedura civile. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art 360 comma 1 n. 4 c.p.c.
Così deciso in Roma, il 14/04/2025.