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Rimborso imposta benzina: Cassazione e diritto UE

Una società di distribuzione carburanti ha richiesto il rimborso dell’imposta regionale sulla benzina (IRBA) versata tra il 2015 e il 2020, sostenendone l’incompatibilità con la direttiva europea 2008/118/CE. La Corte di Cassazione, con la sentenza 3787/2025, ha accolto il ricorso, stabilendo che l’IRBA è illegittima perché priva di una ‘finalità specifica’ richiesta dal diritto UE. La Corte ha inoltre chiarito che la legittimazione passiva per le azioni di rimborso spetta esclusivamente all’Agenzia delle Dogane e non alla Regione, disponendo quindi il rimborso imposta benzina a favore della società.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Imposta Benzina: la Cassazione conferma l’illegittimità dell’IRBA per contrasto con il diritto UE

Con la recente sentenza n. 3787/2025, la Corte di Cassazione è intervenuta su una questione di grande rilevanza per le aziende del settore carburanti, sancendo il diritto al rimborso dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione (IRBA). La decisione si fonda sull’incompatibilità di tale tributo con la normativa europea in materia di accise, in particolare con la Direttiva 2008/118/CE. Questo pronunciamento non solo chiarisce la sorte di un’imposta a lungo dibattuta, ma stabilisce anche principi fondamentali sulla corretta individuazione dell’ente a cui rivolgere le istanze di restituzione.

I Fatti di Causa

Una società operante nella distribuzione di carburanti ha agito in giudizio per ottenere il rimborso dell’IRBA versata alla Regione Campania per le annualità dal 2015 al 2020. La società sosteneva che l’imposta fosse illegittima in quanto incompatibile con l’articolo 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/CE. Tale normativa consente agli Stati membri di applicare altre imposte indirette sui prodotti sottoposti ad accisa solo se queste perseguono una ‘finalità specifica’. Secondo la ricorrente, l’IRBA non soddisfaceva tale requisito, essendo destinata genericamente a finanziare il bilancio regionale.

I giudici di primo e secondo grado avevano respinto le richieste della società, ritenendo che la finalità di rafforzamento patrimoniale delle aziende sanitarie locali fosse sufficiente a qualificare l’imposta come ‘specifica’. La società ha quindi proposto ricorso per cassazione.

L’incompatibilità dell’IRBA e il diritto al rimborso imposta benzina

Il cuore della questione giuridica risiede nel concetto di ‘finalità specifica’. La Corte di Cassazione, allineandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare la causa C-255/20), ha chiarito che una finalità è ‘specifica’ solo se non è puramente di bilancio. L’imposta deve essere concepita per raggiungere un obiettivo preciso, ad esempio ambientale o sanitario, direttamente collegato al consumo del prodotto tassato.

Nel caso dell’IRBA campana, la destinazione del gettito al rafforzamento delle ASL o ad un fondo sanitario regionale è stata giudicata una finalità generica di bilancio. Non è stato ravvisato un nesso diretto tra il consumo di benzina e l’utilizzo specifico delle somme incassate. L’imposta non era strutturata per disincentivare l’uso di prodotti inquinanti o per finanziare attività volte a ridurre l’impatto ambientale dei combustibili. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’incompatibilità dell’IRBA con il diritto dell’Unione, disapplicando la normativa nazionale e regionale che la istituiva.

La Questione della Legittimazione Passiva: Regione o Agenzia delle Dogane?

Un altro punto cruciale affrontato dalla sentenza riguarda l’individuazione del soggetto tenuto alla restituzione. La Corte ha stabilito che la legittimazione passiva nelle azioni di rimborso dell’imposta sulla benzina spetta in via esclusiva all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, e non alla Regione che pure beneficiava del gettito.

Questa conclusione si basa sulla natura ‘erariale’ del tributo. Sebbene denominata ‘regionale’, l’IRBA era istituita e regolata da leggi statali. Le Regioni avevano un ruolo marginale, quasi di ‘mera tesoreria’, nella gestione dell’imposta, mentre tutte le funzioni di accertamento, liquidazione e riscossione coattiva erano affidate agli organi statali, ovvero all’Agenzia delle Dogane. È l’Agenzia, quindi, l’ente che ha gestito le procedure fiscali e che deve rispondere delle istanze di rimborso per i versamenti indebiti.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione cassando la sentenza di appello e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso originario della società contro l’Agenzia delle Dogane. Ha dichiarato inammissibile, invece, il ricorso nei confronti della Regione Campania. La Corte ha sottolineato che, una volta accertata l’incompatibilità di una norma interna con il diritto UE, il giudice nazionale ha l’obbligo di disapplicarla. Questo principio si estende anche alle clausole di ‘salvezza’ che, come nel caso dell’abrogazione dell’IRBA dal 2021, miravano a mantenere validi gli obblighi tributari sorti in precedenza. Se l’imposta è radicalmente illegittima perché contraria ai principi europei, non può produrre alcun effetto, nemmeno per il passato.

La Corte ha inoltre chiarito che la natura del tributo è definita dalla sua struttura e dalla ripartizione delle competenze, non dalla destinazione finale del gettito. Poiché lo Stato, attraverso l’Agenzia, manteneva il controllo completo sulle fasi di accertamento e riscossione, è l’Agenzia a dover essere considerata l’interlocutore corretto per le richieste di rimborso.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un punto fermo per tutte le imprese che hanno versato l’IRBA negli anni passati. Le conclusioni della Corte aprono la strada a numerose azioni per ottenere il rimborso dell’imposta sulla benzina considerata illegittima. Le implicazioni pratiche sono significative: le aziende devono indirizzare le loro istanze di rimborso esclusivamente all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. La decisione ribadisce la supremazia del diritto dell’Unione Europea sulle normative nazionali contrastanti e fornisce un’interpretazione chiara del requisito della ‘finalità specifica’, che fungerà da guida per la valutazione di altri tributi simili. Infine, la complessità della materia e l’evoluzione giurisprudenziale hanno indotto la Corte a compensare le spese di giudizio tra le parti.

Perché l’imposta regionale sulla benzina (IRBA) è stata considerata illegittima?
L’IRBA è stata considerata illegittima perché in contrasto con la Direttiva europea 2008/118/CE. Secondo la Corte, l’imposta non perseguiva una ‘finalità specifica’ richiesta dalla normativa UE, ma era destinata a contribuire genericamente al bilancio regionale, finalità non ammessa per imposte indirette su prodotti già soggetti ad accisa come la benzina.

Chi è il soggetto corretto a cui chiedere il rimborso dell’imposta sulla benzina non dovuta?
La sentenza stabilisce che il soggetto dotato di legittimazione passiva esclusiva, e quindi l’unico a cui chiedere il rimborso, è l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Questo perché, nonostante l’imposta fosse ‘regionale’ e il gettito destinato alle Regioni, le funzioni di accertamento, liquidazione e contenzioso erano interamente gestite dall’organo statale.

La soppressione di una legge che istituisce un’imposta salva gli obblighi tributari sorti in precedenza, anche se l’imposta è contraria al diritto UE?
No. La Corte ha chiarito che se l’imposta è incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, la sua illegittimità è radicale. Di conseguenza, il giudice nazionale deve disapplicare la norma interna, inclusa qualsiasi clausola che miri a far salvi gli effetti per il passato. L’imposta non è dovuta neanche per le annualità precedenti alla sua formale abrogazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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