Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15896 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15896 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente – contro
COGNOME
OGGETTO: Sisma in Sicilia 1990 – Rimborso del 90% delle imposte versate -Lavoratore dipendente.
-intimato – avverso
la sentenza n. 4640/2015, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, il 1°.10.2015, e pubblicata il 10.11.2015;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
COGNOME, lavoratore dipendente residente in Comune interessato dal sisma in Sicilia del 1990, domandava il rimborso del 90% delle imposte versate per suo conto dal sostituto d’imposta, il
datore di lavoro. L’Agenzia delle Entrate non accoglieva l’istanza restitutoria.
Il contribuente impugnava il diniego opposto avverso la sua istanza di rimborso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, la quale riteneva fondato il ricorso e statuiva che la restituzione era dovuta.
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la sentenza sfavorevole conseguita dalla CTP, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, sostenendo che nessun rimborso fosse stato previsto dalla legge in relazione alle imposte già versate. La Commissione Tributaria Regionale respingeva il gravame con la sentenza richiamata in epigrafe, confermando la decisione di primo grado.
Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a tre motivi di impugnazione. Il contribuente ha ricevuto la notificazione del ricorso presso il difensore costituito in grado di appello il 17.2.2016, ma non ha svolto difese nel presente giudizio di legittimità.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002, dell’art. 14 delle Preleggi al cod. civ., e dell’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014, perché la normativa di agevolazione per i contribuenti residenti in Sicilia all’epoca del sisma prevede il diritto a non pagare il 90% delle imposte dovute, ma non il rimborso di quanto pagato, ed in ogni caso il rimborso potrebbe essere riconosciuto solo al datore di lavoro, sostituto d’imposta che ha operato la trattenuta sulla retribuzione ed il versamento all’erario, ma non al lavoratore dipendente.
Con il secondo mezzo di impugnazione, ancora introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1277, 1224 e 2697 cod. civ., per avere la CTR interamente confermato la decisione di primo grado, che aveva però riconosciuto al contribuente il diritto al risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria, sebbene il contribuente non avesse assicurato alcuna prova di aver subito un simile pregiudizio.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate prospetta il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non aver pronunciato sulla questione, discussa tra le parti, della non rimborsabilità di alcuna somma ai lavoratori dipendenti ma, casomai, al datore di lavoro, che però non aveva proposto l’istanza restitutoria, certo non operando in materia il principio di non contestazione, avendo l’Ente impositore sempre richiesto il rigetto integrale delle pretese del contribuente.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
4.1. Invero questa Corte ha ripetutamente esaminato le questioni con esso proposte dall’Amministrazione finanziaria, ed ha raggiunto un orientamento consolidato che le critiche proposte non inducono a modificare. Si è infatti condivisibilmente statuito che ‘in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dall’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, essa può avvenire con due modalità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato,
cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto ex post ‘ (Cass. sez. VI-V, 22.2.2018, n. 4291; già in questo senso Cass. sez. VI-V, 12.6.2012, n. 9577).
4.2. Non si è poi mancato di specificare che, superate alcune oscillazioni giurisprudenziali, a seguito di un primo orientamento che comunque riconosceva al lavoratore dipendente il diritto a conseguire il rimborso delle imposte versate per suo conto, in aggiunta al datore di lavoro, sostituto d’imposta (Cass. sez. VI -V, 5.12.2017, n. 29039), si è poi chiarito che ‘la domanda di rimborso ai sensi dell’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002 -riguardante la definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991, e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa -può essere proposta soltanto dal soggetto passivo in senso sostanziale, unico legittimato, e non anche dal sostituto d’imposta, come avallato dal legislatore con l. n. 123 del 2017, trattandosi di sanatoria volta a indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi’ (Cass. sez. V, 28.2.2020, n. 5498).
Il primo motivo di ricorso va perciò respinto.
Mediante il secondo strumento di impugnazione l’Ente impositore deduce la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR perché, nel confermare la decisione dei giudici di primo grado, ha implicitamente riconosciuto al contribuente il diritto a percepire il maggior danno da svalutazione monetaria, che però non era stato provato.
5.1. Questa censura è inammissibile poiché, non avendo la CTR pronunciato affatto sul punto, la ricorrente aveva lo specifico onere di indicare come avesse introdotto la propria critica nei gradi di merito del giudizio, al fine di consentire a questa Corte di legittimità di adempiere al suo compito di verificare tempestività e
congruità delle questioni proposte dalle parti, ancor prima di stimarne la decisività, ma l’Amministrazione finanziaria non vi ha provveduto.
Mediante il terzo strumento d’impugnazione l’Agenzia delle Entrate denuncia il ritenuto vizio di motivazione della sentenza impugnata per non aver pronunciato sulla questione della non rimborsabilità di alcuna somma ai lavoratori dipendenti ma, casomai, al datore di lavoro, che però non ha proposto l’istanza restitutoria, certo non operando in materia il principio di non contestazione, avendo l’Ente impositore sempre richiesto il rigetto integrale delle pretese del contribuente.
6.1. Il motivo di ricorso è dichiaratamente proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., ed in tal senso è avuto riguardo alla previsione dell’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ. ( ratione temporis applicabile) – inammissibile ricorrendo un’ipotesi di doppia decisione conforme dei giudici di merito, non avendo l’Ente impositore evidenziato una qualsivoglia difformità tra le pronunce di primo e secondo grado sul punto.
6.2. Anche a reinterpretare la contestazione come una censura non di omesso esame di un fatto decisivo, bensì di omessa pronuncia su una domanda, vizio di nullità da contestarsi ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., il motivo di ricorso rimane inammissibile perché la CTR non pronuncia sul punto, ed era quindi specifico onere della ricorrente indicare come avesse introdotto la propria critica nei gradi di merito del giudizio, allo scopo di consentire a questa Corte di legittimità di adempiere al suo compito di verificare tempestività e adeguatezza delle questioni proposte dalle parti, ancor prima di valutarne la decisività, ma -anche in tal caso -l’Amministrazione finanziaria non vi ha provveduto.
6.3. Solo per completezza, è opportuno ribadire che la tesi secondo cui il rimborso del 90% delle imposte effettivamente
versate possa essere richiesto dal datore di lavoro, sostituto d’imposta, e non dal prestatore di lavoro dipendente, è comunque infondata, come illustrato esaminando il primo strumento d’impugnazione.
In definitiva il ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria è infondato e deve, perciò, essere respinto.
Non devono liquidarsi spese di lite, non avendo il contribuente svolto difese nel giudizio di legittimità.
8.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate .
Così deciso in Roma, il 16.4.2025.