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Rimborso fiscale: la PA deve pagare, anche con fondi-

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando che l’amministrazione è tenuta a eseguire integralmente le sentenze di condanna al pagamento di un rimborso fiscale. In caso di incapienza dei fondi, la Corte ha ribadito la necessità di attivare la procedura speciale del “conto in sospeso”, assicurando così il diritto del contribuente anche per crediti d’imposta derivanti da eventi calamitosi. La sentenza sottolinea l’obbligo della Pubblica Amministrazione di adempiere ai giudicati, anche attraverso strumenti contabili straordinari.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso fiscale: La PA deve sempre pagare anche se i fondi mancano

Ottenere una sentenza favorevole contro l’Agenzia delle Entrate è solo metà della battaglia. L’altra metà consiste nell’ottenere l’effettiva esecuzione di quella decisione. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: la Pubblica Amministrazione non può sottrarsi al pagamento di un rimborso fiscale dovuto, nemmeno adducendo la mancanza di fondi. Vediamo come si è sviluppato il caso e quali sono le implicazioni per i contribuenti.

I fatti del caso: un rimborso parziale

La vicenda trae origine dal diritto, riconosciuto in via definitiva a un gruppo di contribuenti, al rimborso di una quota delle imposte Irpef e Ilor versate nei primi anni ’90. Tale diritto era legato alle agevolazioni previste per le zone colpite da eventi sismici in Sicilia. Nonostante una sentenza passata in giudicato, l’amministrazione finanziaria aveva provveduto al pagamento di meno della metà della somma totale dovuta, lasciando un residuo considerevole non saldato.

Il giudizio di ottemperanza e il ricorso dell’Agenzia

Di fronte al pagamento parziale, i contribuenti hanno avviato un giudizio di ottemperanza per ottenere l’esecuzione integrale della sentenza. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha accolto la loro richiesta, ordinando all’Agenzia delle Entrate di saldare il debito entro 120 giorni e minacciando la nomina di un Commissario ad acta in caso di ulteriore inadempimento.

Contro questa decisione, l’Agenzia ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo due argomenti principali:
1. La competenza a pagare non sarebbe dell’ufficio territoriale, ma di un’altra articolazione amministrativa.
2. La speciale procedura del “conto in sospeso”, che garantisce il pagamento in caso di incapienza, non sarebbe applicabile a questa specifica tipologia di rimborsi, per i quali il legislatore avrebbe voluto limitare i pagamenti ai soli fondi disponibili.

Il rimborso fiscale e la procedura del “conto in sospeso”

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni dell’amministrazione, confermando la decisione dei giudici di merito. Il cuore della sentenza risiede nella corretta interpretazione degli strumenti a disposizione per garantire l’effettività delle decisioni giudiziarie contro la Pubblica Amministrazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici supremi hanno innanzitutto chiarito che il ricorso dell’Agenzia, pur formalmente basato sulla violazione di norme specifiche, sollevava in sostanza una questione procedurale sull’estensione del giudizio di ottemperanza. Nel merito, la Corte ha smontato la tesi della difesa erariale, richiamando la propria giurisprudenza consolidata. Secondo la Cassazione, anche per i rimborsi d’imposta derivanti da eventi calamitosi, in caso di incapienza dei fondi specifici, l’amministrazione ha l’obbligo di attivare la procedura del “conto in sospeso”. Questo meccanismo contabile serve proprio a superare l’ostacolo della temporanea mancanza di liquidità, iscrivendo il debito in un apposito capitolo di bilancio per garantirne il futuro pagamento. Negare questa possibilità significherebbe vanificare il diritto del contribuente, rendendo la sentenza di condanna una mera dichiarazione di principio senza effetti concreti.

Le conclusioni

La decisione rappresenta un’importante vittoria per i contribuenti. Viene stabilito con chiarezza che una sentenza passata in giudicato che riconosce un diritto a un rimborso fiscale deve essere eseguita integralmente. La Pubblica Amministrazione non può trincerarsi dietro la scusa della mancanza di fondi dedicati. L’ordinanza ribadisce che il giudizio di ottemperanza, con la possibile nomina di un Commissario ad acta e l’obbligo di attivare il “conto in sospeso”, costituisce un presidio fondamentale per tutelare i diritti dei cittadini nei confronti dello Stato, garantendo che le decisioni della giustizia vengano rispettate.

Cosa può fare un contribuente se l’Agenzia delle Entrate non esegue completamente una sentenza che ordina un rimborso fiscale?
Può avviare un “giudizio di ottemperanza” davanti al giudice tributario per obbligare l’amministrazione a pagare le somme dovute. Se l’inadempimento persiste, il giudice può nominare un Commissario ad acta che si sostituisca all’ente per effettuare il pagamento.

L’Agenzia delle Entrate può rifiutarsi di pagare un rimborso fiscale adducendo la mancanza di fondi disponibili?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mancanza o l’incapienza dei fondi non è una giustificazione valida per non eseguire una sentenza. In questi casi, l’amministrazione è tenuta ad attivare la procedura contabile speciale del “conto in sospeso” per garantire il pagamento del debito.

La procedura speciale del “conto in sospeso” si applica anche ai rimborsi d’imposta legati a calamità naturali come i terremoti?
Sì. La sentenza chiarisce che, secondo la giurisprudenza consolidata, anche in queste materie specifiche occorre attivare la procedura del “conto in sospeso” qualora i fondi dedicati al rimborso siano insufficienti, per assicurare il soddisfacimento del diritto del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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