Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15236 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15236 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma ;
– ricorrente –
contro
Intesa Sanpaolo S.p.A .RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa in calce al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato recapito Pec., ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 316, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 15.10.2019, e pubblicata il 21.5.2020; dal ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta Consigliere NOME COGNOME
la Corte osserva:
OGGETTO:
Rimborso – indebitamente
Imposte
versate
–
Interessi –
Termine di decorrenza e finale.
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate Riscossione provvedeva a rimborsare alla Società Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE.p.A., in data 12.10.2017, la somma di Euro 10.054.756,60, a seguito dei provvedimenti di sgravio di quattro cartelle di pagamento relative ad imposte versate dal contribuente a seguito di iscrizione a ruolo a titolo provvisorio in pendenza di giudizio.
La contribuente ricorreva innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino dolendosi del mancato rimborso degli interessi dovuti, ai sensi dell’art. 44 del d.P.R. 602 del 1973, sugli importi iscritti a ruolo e sgravati a seguito di pronunce giurisdizionali.
Nello specifico, la ricorrente lamentava la mancata corresponsione degli interessi per la ritardata restituzione delle imposte pagate, che la stessa quantificava conteggiando i semestri interi, escluso il primo, a partire dalla data di versamento e fino alla data di accredito delle somme, ricomprendendo nel capitale produttivo di interessi anche i compensi di riscossione.
L’Ufficio nel costituirsi in giudizio riconosceva la spettanza degli interessi ma, a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, riteneva che gli interessi dovessero essere calcolati sulle somme sgravate, esclusi i compensi di riscossione, a partire dalla data di scadenza del ruolo e non del versamento, e fino alla data dell’ordinativo di pagamento, da ritenersi coincidente con la data del provvedimento di sgravio. Chiedeva pertanto la pronuncia di cessazione della materia del contendere, relativamente agli importi dovuti e versati e, per il resto, domandava che il ricorso della contribuente venisse respinto.
La Commissione Tributaria Provinciale di Torino, con sentenza n. 1188 del 2018, accoglieva integralmente il ricorso dell’Istituto di credito.
Avverso la sentenza della CTP spiegava appello l’Agenzia delle Entrate, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del
Piemonte, chiedendo la riforma della decisione. La società si costituiva in giudizio ribadendo quanto già sostenuto in primo grado. All’esito della trattazione la Commissione, pronunciando la sentenza n. 316 del 2020, rigettava l’appello affermando che il dies a quo deve essere individuato nella data di pagamento dell’imposta che ha generato l’entrata fiscale indebita, mentre il termine ultimo di maturazione degli interessi coincide con il momento in cui le somme versate erano state messe nella disponibilità della contribuente.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria, affidandosi a due strumenti di impugnazione, ed ha pure depositato memoria ribadendo i propri argomenti. Resiste la contribuente mediante controricorso, ed ha anche depositato memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973 da parte del giudice di secondo grado, nella parte in cui ha ritenuto che gli interessi decorressero dalla data di versamento delle somme indebitamente corrisposte da parte del contribuente.
Con il secondo strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 1182 cod. civ., nella parte in cui la CTR ha identificato il termine finale di maturazione degli interessi nella data in cui le somme rimborsate sono entrate nella disponibilità del contribuente.
Con il primo motivo d’impugnazione l’Ufficio sostiene la violazione dell’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973 in quanto il termine di decorrenza degli interessi sulle somme indebitamente versate, non vertendosi in ipotesi di versamento diretto, avrebbe
dovuto coincidere con ‘la data di scadenza del termine di pagamento previsto dall’art. 25, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, ossia il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella. Ne consegue che, anche qualora il contribuente abbia eseguito il pagamento delle somme in data antecedente, il primo semestre comincerà, comunque, a decorrere dalla scadenza del termine. Qualora, invece, il contribuente abbia provveduto al pagamento delle somme successivamente alla scadenza del ruolo, il primo semestre comincerà a decorrere dalla data del versamento’ (ricorso p. 7).
3.1. Invero l’art. 44 del d.P.R. 602 del 1973, nella versione applicabile ratione temporis , statuisce: ‘ Il contribuente che abbia effettuato versamenti diretti o sia stato iscritto a ruolo per un ammontare di imposta superiore a quello effettivamente dovuto per lo stesso periodo ha diritto, per la maggior somma effettivamente pagata, all’interesse del 1,375 per cento per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento o della scadenza dell’ultima rata del ruolo in cui è iscritta la maggiore imposta e la data dell’ordinativo emesso dall’intendente di amministrazione o dell’elenco di rimborso.
L’interesse di cui al primo comma è dovuto, con decorrenza dal secondo semestre successivo alla presentazione della dichiarazione, anche nelle ipotesi previste nell’art. 38, quinto comma e nell’art. 41, secondo comma ‘.
3.2. L’Amministrazione finanziaria sostiene, quindi, che gli interessi sulle somme da rimborsare siano dovuti a partire dal decorso del termine dei sessanta giorni dalla notifica della cartella. La tesi, però, non risulta condivisibile. L’Agenzia delle Entrate, infatti, trascura la natura degli interessi di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973, che hanno la funzione di reintegrare il patrimonio del contribuente per il depauperamento conseguito al pagamento di somme richieste ma non dovute. La natura degli interessi fa quindi
ritenere che il decorrere del dies a quo debba dipendere dal momento in cui le somme sono uscite dalla disponibilità, rectius dal patrimonio, del contribuente, ossia dal momento dell’effettivo pagamento.
3.2.1. Questa Corte ha di recente avuto modo di ribadire che, in tema di rimborso delle imposte sul reddito, gli interessi di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973 non presuppongono la mora dell’Amministrazione, ma hanno la funzione di reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente il quale ‘non ha goduto della somma di denaro che ha versato al fisco e che deve essergli restituita. Tali interessi, indipendentemente dalla buona o male fede dell’ accipiens , maturano al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data non della domanda ma del versamento e fino a quello dell’ordinativo del pagamento’, Cass. sez. V, 27.4.2022, n. 11189 (conf. Cass. sez. V, 14.12.2016, n. 25684).
La decisione assunta dalla CTR, pertanto, risulta condivisibile e non merita censure, ed il primo motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.
Con il secondo motivo l’Amministrazione finanziaria critica l’individuazione del dies ad quem di maturazione degli interessi, sostenendo che ‘se nel caso di istanza di rimborso, in cui l’ufficio competente emette l’ordinativo di pagamento del rimborso, la cui successiva esecuzione è affidata al tesoriere, non vi è dubbio che gli interessi debbano essere corrisposti fino alla data di emissione del predetto ordinativo, a nulla rilevando né la sua successiva eventuale comunicazione né l’effettivo accredito delle somme, le medesime conclusioni devono valere anche per il caso, quale quello di specie, in cui, trattandosi di importi pagati a seguito di iscrizione a ruolo, in luogo dell’ordinativo di pagamento l’Ufficio competente emette il provvedimento di sgravio, dando mandato in tal modo
all’Agente della riscossione di effettuare il richiesto rimborso’ (ric. p. 10).
4.1. Anche tale prospettazione dell’Ente impositore non appare condivisibile, perché in contrasto con la natura degli interessi in questione, e con lo stesso dettato legislativo.
Si è già ricordato che l’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973 dispone che gli interessi siano corrisposti fino alla data dell’ordinativo di pagamento, e tanto è previsto perché, dalla data dell’ordinativo di pagamento fino all’effettivo accredito in favore del contribuente, la responsabilità per un eventuale ritardo graverà non più sull’Amministrazione finanziaria, bensì sull’Incaricato per il pagamento. Il provvedimento di sgravio della pretesa esattoriale non ha la natura di un ordinativo o mandato di pagamento, ed infatti l’ordine all’Incaricato di provvedere al pagamento deve essere comunque disposto, e l’Amministrazione neppure allega di avervi provveduto in epoca precedente a quando poi il pagamento del rimborso è stato effettivamente corrisposto.
4.1.1. Questa Corte regolatrice, del resto, proponendo principi condivisibili e suscettibili di estensione, ha già avuto modo di statuire che ‘in caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza Irpeg, l’adempimento della relativa obbligazione da parte dell’amministrazione finanziaria – con conseguente liberazione dalla prestazione dovuta – avviene alla data di emissione dell’ordinativo di pagamento (la cui esecuzione è poi affidata alla tesoreria), non essendo applicabile in materia tributaria la regola del pagamento al domicilio del creditore stabilita dall’art. 1182 c.c. Pertanto, è da tale momento, anche alla luce del disposto di cui all’art. 44-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, che decorre il termine finale degli interessi sulle somme da rimborsare, restando invece irrilevanti sia la data della comunicazione dell’emissione stessa al contribuente (da farsi in termini ragionevoli), sia quella dell’effettivo accredito della
somma da rimborsare (il cui ritardo può, semmai, essere fonte di responsabilità per il tesoriere)’, Cass. sez. V, 30.6.2020, n. 13082.
Anche il secondo motivo di impugnazione risulta pertanto infondato e deve perciò essere respinto.
In definitiva, il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia.
6.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate , che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 7.000,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 9.5.2025.