Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 670 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 670 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
Euroritenuta-doppia imposizione rimborso
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8571/2022 R.G. proposto da: l’Avvocatura
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dal generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA, SEZIONE STACCATA SALERNO, n. 6701/2021, depositata il 21/09/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di NOME COGNOME che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r ha accolto l’appello della contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Salerno che aveva accolto il ricorso i avverso il silenzio rifiuto f ormatosi sull’istanza di rimborso della c.d. Euroritenuta corrisposta sui redditi di capitale di fonte estera.
La contribuente , a seguito dell’adesione all’istituto della collaborazione volontaria di cui alla legge 15 dicembre 2014, n. 186 chiedeva la restituzione dell’ Euroritenuta operata dall’intermediario estero in forza della direttiva 2003/48/CE, e, formatosi il silenzio rifiuto, ricorreva innanzi alla C.t.p. per ottenerne il rimborso.
La C.t.p. rigettava il ricoro con sentenza riformata in appello.
La C.t.r., in primo luogo, riteneva tempestiva l’istanza di rimborso affermando che il termine biennale di cui all’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992 decorreva dalla data di pagamento delle somme a seguito della procedura di volontaria collaborazione. Nel merito, riteneva legittimo il riconoscimento del rimborso nel rispetto del divieto di doppia imposizione di cui all’accordo dell’Unione Europea con la Confederazione elvetica e della direttiva 2003/48/CE. Aggiungeva che non era ostativo il disposto di cui all’ art. 165, comma 8, t.u.i.r.; che i reddito estero concorreva alla formazione del reddito imponibile in Italia, realizzandosi il presupposto della doppia imposizione; che nemmeno poteva ritenersi che l’accertamento definito per adesione non potesse essere oggetto di impugnazione in quanto il rimborso di quanto versato in eccedenza non incideva sulla adesione negoziale, discendendo direttamente dal divieto di doppia imposizione.
Considerato che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 21, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Censura la sentenza per aver ritenuto tempestiva l’istanza di rimborso in quanto la c.d. voluntary disclosure si era perfezionata con il pagamento del dovuto in data 12 aprile 2016 (come da quietanze) e la domanda era stata proposta il 15 marzo 2018, dunque entro il biennio.
Assume che la decisione è errata in fatto ed in diritto. In fatto osserva che l’istanza di rimborso era relativa alle Euroritenute subite nel periodo 2010-2013 mentre i certificati prodotti in giudizio erano relativi agli anni 2009-2012, sicché le ritenute 2009 erano estranee alla materia del contendere. In diritto rileva che la richiesta di rimborso aveva ad oggetto le ritenute sugli interessi percepiti sui depositi all’estero e non i versamenti diretti eseguiti in data 12 maggio 2016 (e non in data 12 aprile 2016 come erroneamente ritenuto in sentenza); che i versamenti richiamati in sentenza erano relativi agli anni 2010 e 2013, e non al 2009; che non poteva addursi che i versamenti oggetto della domanda di rimborso fossero quelli relativi alla voluntary disclosure in quanto in tal caso gli stessi non sarebbero ripetibili. Aggiunge che applicando il termine di decadenza di 48 mesi dalla effettuazione della ritenuta di cui all’art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973 la richiesta di rimborso del 15 marzo 2018 doveva ritenersi tardiva; che, invece, applicando il termine biennale di cui all’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992 si incorreva nella irreperibilità tout court .
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 165, commi 1 e 8, t.u.i.r., dell’art. 2, d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, dell’art. 10 d.lgs. 18 aprile 2005 n. 84 del 2005; dell’Accordo tra l’Unione europea e la Confederazione Svizzera.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la preclusione al recupero dell’Euroritenuta in caso di accesso alla voluntary disclosure confliggerebbe con il contenuto dell’accordo relativo al divieto di doppia imposizione. Assume che l d.lgs. n. 218 del 1997, comportando la definitività della pretesa tributaria a seguito della voluntary disclosure osterebbe al rimborso.
Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
3.1. E’ inammissibile laddove censura l’ errore in fatto asseritamente commesso dalla C.t.r. la qaule non si sarebbe avveduta che, a fronte di una richiesta di rimborso per le Euroritenute pagate per gli anni 2010-2013 aveva prodotto certificati per gli anni 2009 e 2012. La ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/ 2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/2013, n. 8315).
3.2. La censura in diritto è, invece, infondata.
A norma dell’art. 21, comma 2, secondo periodo, d.lgs. n. 546 del 1992, la domanda di restituzione non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione». Nella specie, il presupposto per la restituzione è dato dalla doppia imposizione del medesimo reddito, quale evento verificatosi in data 12 aprile 2016 (o 12 maggio come sostenuto dalla ricorrente) con il pagamento delle somme dovute in base alla procedura di collaborazione volontaria. Ne
consegue la tempestività (per rispetto del termine biennale di decadenza) dell’istanza di rimborso del 1 5/03/2018 (cfr. Cass. 13/01/2023, n. 968)
Il secondo motivo è infondato.
Si deve ribadire il principio di diritto già espresso dalla Corte, secondo cui in tema di procedura di collaborazione volontaria, c.d. voluntary disclosure , in base all’art. 14 della Direttiva 2003/48/CE, e all’art. 9 dell’Accordo tra la CE e la Confederazione svizzera del 26 ottobre 2004, che vietano le doppie imposizioni, è riconosciuto al contribuente – il quale abbia così definito la propria posizione fiscale, il diritto al rimborso dell’Euroritenuta operata dall’agente pagatore sui rendimenti delle att ività finanziarie detenute all’estero ed oggetto di emersione. Le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, per le quali lo Stato del beneficiario effettivo riconosce al contribuente un credito di imposta o il diritto al rimborso delle imposte assolte all’estero secondo la legislazione nazionale, pongono un limite esterno -garantendone un’applicazione comunitariamente e convenzionalmente orientata -alla disciplina nazionale della voluntary disclosure, e all’art. 165, commi 1 e 8, t.u.i.r., secondo cui il riconoscimento di una detrazione per le imposte pagate all’estero (per es., l’Euroritenuta) sui redditi ivi prodotti è subordinato alla condizione che gli stessi redditi concorrano alla formazione del reddito complessivo dichiarato in Italia, ed invece la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata (Cass. 12/01/2023, nn 804, 798, 753, 738 seguite da Cass. 13/01/2023, nn. 968, 975 e 977 e da Cass. 16/01/2023, nn. 1002).
4 .1. Al fine di disciplinare l’emersione ed il rientro dei capitali illecitamente detenuti all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia, l’art. 1 legge 15 dicembre 2014, n. 186, ha introdotto
nell’ordinamento interno la procedura di collaborazione volontaria ( voluntary disclosure ), mediante l’inserimento, degli artt. da 5 -quater a 5septies nel d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 1990, n. 227. E stata, così, riconosciuta ai soggetti residenti in Italia che detenevano, anche indirettamente o per interposta persona, attività e beni all’estero e che av evano omesso di rilevarli ai fini del monitoraggio fiscale, la possibilità di definire la propria posizione e di regolarizzare le violazioni commesse fino al 30 settembre 2014, versando, senza possibilità di compensazione, le dovute imposte e le sanzioni, rideterminate (queste ultime) in misura ridotta. Il pagamento del dovuto comportava il risultato premiale consistente nelle significative attenuazioni delle sanzioni di natura amministrativa e, in presenza di determinate condizioni, dell’applicazione delle esimenti penali per alcuni reati tributari (articoli 2, 3, 4, 5, 10-bis e 10-ter, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), nonché per i reati di riciclaggio (art. 648-bis, cod. pen.), di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter, cod. pen.), e di autoriciclaggio (art. 648-ter 1, cod. pen.).
In conseguenza dell’introduzione delle disposizioni di cui alla legge n. 186 del 2014, i contribuenti che avevano subìto il prelievo a titolo di Euroritenuta potevano sanare, per le annualità dal 2010 al 2013, la mancata dichiarazione dei redditi prodotti all’estero, compresi i redditi assoggettati alla ritenuta operata dall’agente pagatore (nella specie, la banca svizzera).
4.2 . Per evitare le doppie imposizioni sui rediti prodotti all’estero da soggetti residenti l’art. 165 t.u.i.r. riconosce il credito d’imposta qualora ricorrano congiuntamente le tre seguenti condizioni: la produzione di un reddito all’estero, il concorso del reddito prodotto all’estero alla formazione del reddito complessivo in Italia ed, infine, il pagamento di imposte estere a titolo definitivo.
4.3 La normativa in tema di voluntary disclosure e la disciplina di cui all’art.165 t.u.i.r. vanno coordinati con la direttiva 2003/48/CE del Consiglio dell’Unione Europea del 3 giugno 2003 (successivamente abrogata con effetto dal 1° gennaio 2016 dalla direttiva 2015/2060/UE) recepita in Italia dal d.lgs. 18 aprile 2005, n.84, che ha disciplinato l’Euroritenuta (a propria volta abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2016 dall’art. 28, comma 1, legge 7 luglio 2016, n. 122, ma le cui disposizioni continuano a norma del comma 6 del medesimo articolo, le disposizioni di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi con riguardo alla ritenuta alla fonte applicata nel 2016 e negli anni precedenti). Simmetricamente, opera l’Accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera del 26 ottobre 2004 (pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’U E del 29/12/2004), che stabilisce misure equivalenti a quelle definite nella Direttiva 2003/48/CE del Consiglio in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi. L’art.10, d.lgs. n.84 del 2015 , allo scopo di eliminare la doppia imposizione che poteva derivare dall’applicazione della ritenuta alla fonte di cui all’articolo 11 della direttiva 2003/48/CE, prevedeva che, se gli interessi percepiti dal beneficiario effettivo residente nel territorio dello Stato erano stati assoggettati alla suddetta ritenuta, era riconosciuto un credito d’imposta determinato ai sensi dell’articolo 165 t.u.i.r. Prevedeva, altresì, che – se l’importo della ritenuta era superiore all’ammontare del credito d’imposta determinato ai sensi dell’articolo 165 cit., ovvero nel caso in cui quest’u ltimo non fosse applicabile – il beneficiario effettivo potesse chiedere il rimborso, rispettivamente, dell’eccedenza o dell’intera ritenuta; in alternativa, poteva utilizzare la modalità di compensazione prevista dall’articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
4.4. Alla luce di tale normativa, deve ritenersi che, in caso di voluntary disclosure , escludere la possibilità della detrazione del
credito di imposta per l’omessa indicazione del reddito estero nelle dichiarazioni presentate per ogni singolo anno di imposta, non comporti automaticamente la negazione del diritto al rimborso dell’Euroritenuta.
4.4.1. La direttiva del 2003, in particolare con gli articoli 11 e 14, come risulta chiaro dalla piana lettura del 21° «considerando», mira all’armonizzazione fiscale, sia pure molto settoriale in tema d’imposte dirette, rendendo neutrali i passaggi trans-frontalieri di redditi. Nella direttiva, inclusi i «considerando», non si coglie alcuna distinzione tra imposizione diretta ordinaria, sostitutiva o speciale; tanto si spiega proprio con l’intento di armonizzare un settore, quello dell’emersione dei redditi trans-frontalieri, rispetto ad una imposizione diretta assai variegata tra i Paesi UE. Ci ò si estende anche ai Paesi a fiscalità «preferenziale» come la Svizzera (24° «considerando»), a sua volta Paese «accordista» con UE e Italia, senza che le relative fonti bilaterali facciano alcuna eccezione. Questo non consente l’introduzione «pretoria» di alcuna distinzione, attese le rigorose regole interpretative dettate dalla convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (in particolare art. 31, §1. (cfr. Cass. 17/09/2019, n. 30347 2019/30347, Cass. 17/04/2019, n. 10706).
4.4 .2. Se è vero che l’art.11 della direttiva riconosce il diritto al rimborso delle imposte assolte all’estero secondo la legislazione nazionale, il riferimento deve intendersi a regole procedimentali interne, non discriminatorie e non eccessive, non potendo queste ultime escludere in tutto il diritto al rimborso, come a configurare una sanzione indiretta, non rispondente a principi di adeguatezza e proporzionalità. Dunque, il fatto che la dichiarazione contra se del contribuente avvenga nell’ambito di una procedura di collaborazione volontaria -prevista da una normativa speciale ed agevolativa, che consente di regolarizzare plurimi anni di imposta, usufruendo di un
trattamento sanzionatorio più favorevole -non esclude a priori il rimborso della ritenuta pagata all’estero.
4.4 .3. Il richiamo dell’art. 10 d.lgs. n.84 del 2005 va inteso come rivolto alle sole modalità di determinazione del credito d’imposta. Inoltre, lo stesso art.10, al secondo comma, consente al contribuente di presentare l’istanza di rimborso nel caso in cui l’importo della ritenuta ecceda quella del credito d’imposta determinato ai sensi dell’art.165 t.u.i.r. oppure nei casi in cui tale ultimo articolo non risulti applicabile, all’evidente fine di consentire pienamente, oltre i limiti dell’art.165 t.u.i.r., il rimborso dell’Euroritenuta.
4.4 .4. L’inderogabilità̀ della direttiva del 2003 ( self-executing nei suoi principi generali e comunque attuata nel diritto interno senza rilevanti differenze), degli Accordi e delle Convenzioni, che rivestono, in questa materia, un ruolo di specificità e quindi di prevalenza logicogiuridica sulle norme fiscali interne, trova conferma nell’art.75 d.P.R. n.600 del 1973 ove si prevede che «nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi es ecutivi in Italia» e nell’art.169 t.u.i.r. per il quale le disposizioni dello stesso testo unico «si applicano, se pi ù favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione».
4.4.5. La circostanza che la disciplina delle nuove voluntary disclosure faccia salvo lo scomputo di talune ritenute estere costituisce indice rivelatore della situazione di potenziale doppia imposizione pregiudizievole che viene a crearsi; né può dimenticarsi che lo Stato estero, quale mero adiectus solutionis causa , trattiene una modesta quota delle ritenute quale aggio per la riscossione e ne riversa la maggior parte allo Stato italiano, beneficiario effettivo. Pertanto, le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, impongono un’applicazione delle norme interne (art.165 t.u.i.r., e disciplina della
collaborazione volontaria) comunitariamente e convenzionalmente orientata. In applicazione del principio comunitario del divieto di doppia imposizione, la normativa richiamata consente il riconoscimento del diritto al rimborso dell’Euroritenuta pagata all’ estero anche nel caso in cui, a seguito di auto-denunzia spontanea del contribuente, lo stesso reddito, inizialmente non dichiarato, venga sottoposto ad imposizione in Italia. Ciò è ancor più ragionevole, se si pensi che al contribuente, una volta presenta ta l’istanza introduttiva della procedura di collaborazione volontaria, non rimane che aderire incondizionatamente agli atti dell’Agenzia delle entrate come unica modalità per ottenere i benefici premiali in termini di riduzione delle sanzioni, previste dalla normativa in parola, in quanto l’attivazione del contraddittorio con l’amministrazione comporta l’impossibilità di usufruire della procedura agevolativa.
4.4.6. Non appare convincente il parallelo tra la volountary disclosure e l’accertamento con adesione, intangibile una volta perfezionatosi. L ‘art.5 -quater , comma 1, lett.b), d.l. n.167 del 1990 richiama l’art.5 d.lgs. n.218 del 1997; tale richiamo, tuttavia, ha la sola finalit à̀ di individuare la procedura attraverso cui gli Uffici dell’amministrazione finanziaria gestiscono gli atti conseguenti alla collaborazione volontaria, senza che il legislatore abbia inteso ricondurre gli effetti di quest’ultima a quelli del d.lgs. n. 218 del 1997, attesa la profonda diversità dei due istituti (primo fra tutte il fatto che l’accertamento con adesione prevede una fase di contraddittorio e presuppone una delle violazioni a carico del contribuente, elementi assenti nel caso della voluntary disclosure ). L’irretrattabilità̀ , nel caso della volountary disclosure , riguarda il contenuto della dichiarazione confessoria, cioè l’indicazione degli investimenti e delle le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, nei periodi d’imposta oggetto di
regolarizzazione, unitamente ai documenti ed elementi necessari alla ricostruzione dei redditi connessi; essa non preclude al dichiarante di richiedere il rimborso dell’Euroritenuta precedentemente versata, in conformità con quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia, così come attuata nell’ordinamento italiano dall’art.10 d.lgs. n.84 del 2005).
4.4.7. Significativo in tal senso appare il superamento, in tema di ravvedimento operoso, delle limitazioni previste dall’art.165 t.u.i.r. nella citata circolare n. 9/E del 5 marzo 2015, in cui la stessa Agenzia delle entrate ha sostenuto che il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi dichiarato e, conseguentemente, al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero. In sostanza, secondo quanto affermato dalla Agenzia delle entrate nella circolare n. 9/E/2015, ci ò che rileva, ai fini del riconoscimento del credito d’imposta , è la circostanza che il contribuente abbia provveduto ad integrare la propria dichiarazione dei redditi per correggere errori od omissioni, mediante una successiva dichiarazione – il che è analogo a ci ò che avviene con il meccanismo della voluntary disclosure.
In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
Rilevato che è soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso, condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00, per esborsi, euro 2.800,00 a
titolo di compenso, oltre al 15 per cento sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, oltre iva e cpa come per legge. Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2024.