Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 719 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 719 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
IRPEF RIMBORSO SILENZIO RIFIUTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5304/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME e NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 1685/2020, depositata il 22/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate ricorre nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME che resistono con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Milano che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso il silenzi-rifiuto frapposto all’istanza di rimborso della c.d. Euroritenuta corrisposta sui redditi di capitale di fonte estera.
I contribuenti , a seguito dell’adesione all’istituto della collaborazione volontaria di cui alla legge 15 dicembre 2014, n. 186, chiedevano la restituzione dell’ E uroritenuta operata dall’intermediario estero in forza della direttiva 2003/48/CE, pari ad euro 27.219,25 e, formatosi il silenzio rifiuto, ricorrevano innanzi alla C.t.p. per ottenerne il rimborso.
La C.t.r., a conferma della sentenza di primo grado, affermava che il contribuente, avendo aderito alla voluntary disclosure, aveva già pagato le imposte e le sanzioni richieste dall’Ufficio ed aveva già versato l’Euroritenuta in Svizzera , come provato dalla documentazione in atti. Aggiungeva che l’art. 10 d.lgs. 18 aprile 2005, n. 84, recependo la richiamata direttiva, aveva espressamente stabilito che, laddove non fosse applicabile l’art. 165 t.u.i.r. , spettava il rimborso dell’ Euroritenuta.
I contribuenti in data 27 ottobre 2023 hanno depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5quater d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito
con modificazione dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 e dell’art. 2, comma 3, d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218.
Censura la sentenza impugnata per aver accolto le domande di rimborso sebbene queste ultime fossero volte a modificare la posizione tributaria che doveva ritenersi cristallizzata in virtù dell’adesione integrale al contenuto degli inviti al contraddittorio. Osserva che le procedure di collaborazione volontaria si erano perfezionate con il pagamento degli importi liquidati dall’Ufficio e che le istanze di rimborso equivalevano all’impugnazione dell’atto conclusivo della procedura di collaborazione volontaria.
Con il secondo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 10 d.lgs. 18 aprile 2005 n. 84 del 2005; dell’art. 14 della Direttiva 2003/48/CE; dell’art. 9 degli accordi del 26 ottobre 2004 tra la Comunità Europea e la Confederazione svizzera.
Censura la sentenza impugnata per aver accolto le domande di rimborso sebbene i contribuenti avessero omesso di dichiarare i redditi di capitale percepiti in Svizzera e, dunque, in mancanza del presupposto di cui all’art. 165, comma 8, t.u.i.r.
Preliminarmente va disattesa l’eccezione sollevata dai controricorrenti di inammissibilità del primo motivo in quanto volto ad introdurre un questione nuova.
Il primo motivo, in realtà, così come il secondo, verte sulla questione -controversa -se esista o meno il diritto dei contribuenti al rimborso dell’Euroritenuta applicata sui redditi di capitale di fonte estera, emersi nell’àmbito della procedura di col laborazione volontaria ( voluntary disclosure) , e se l’omessa restituzione si risolva in una doppia imposizione.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
Si deve ribadire il principio di diritto già espresso dalla Corte, secondo cui, in tema di procedura di collaborazione volontaria (c.d. voluntary disclosure ), in base all’art. 14 della Direttiva 2003/48/CE, e all’art. 9 dell’Accordo tra la CE e la Confederazione svizzera del 26 ottobre 2004, che vietano le doppie imposizioni, è riconosciuto al contribuente, il quale abbia così definito la propria posizione fiscale, il diri tto al rimborso dell’Euroritenuta operata dall’agente pagatore sui rendimenti delle attività finanziarie d etenute all’estero ed oggetto di emersione. Le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, per le quali lo Stato del beneficiario effettivo riconosce al contribuente un credito di imposta o il diritto al rimborso delle imposte assolte all’estero secondo la legislazione nazionale, pongono un limite esterno -garantendone un’applicazione comunitariamente e convenzionalmente orientata -alla disciplina nazionale della voluntary disclosure, e all’art. 165, commi 1 e 8, t.u.i.r., secondo cui il riconoscimento di una detrazione per le imposte pagate all’estero (per es., l’E uroritenuta) sui redditi ivi prodotti è subordinato alla condizione che gli stessi redditi concorrano alla formazione del reddito complessivo dichiarato in Italia, ed invece la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata (Cass. 12/01/2023, nn 804, 798, 753, 738 seguite, tra le tante, da Cass. 13/01/2023, nn. 968, 975 e 977 e da Cass. 16/01/2023, nn. 1002).
4.1 . Al fine di disciplinare l’emersione ed il rientro dei capitali illecitamente detenuti all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia, l’art. 1 legge 15 dicembre 2014, n. 186, ha introdotto nell’ordinamento interno la procedura di collaborazione v olontaria ( voluntary disclosure ), mediante l’inserimento, degli artt. da 5 -quater
a 5septies nel d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 1990, n. 227. È stata, così, riconosciuta ai soggetti residenti in Italia che detenevano, anche indirettamente o per interposta persona, attività e beni all’estero e che avevano omesso di rilevarli ai fini del monitoraggio fiscale, la possibilità di definire la propria posizione e di regolarizzare le violazioni commesse fino al 30 settembre 2014, versando, senza possibilità di compensazione, le dovute imposte e le sanzioni, rideterminate (queste ultime) in misura ridotta. Il pagamento del dovuto comportava il risultato premiale consistente nelle significative attenuazioni delle sanzioni di natura amministrativa e, in presenza di determinate condizioni, dell’applica zione delle esimenti penali per alcuni reati tributari (articoli 2, 3, 4, 5, 10bis e 10ter , d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), nonché per i reati di riciclaggio (art. 648bis, cod. pen.), di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648ter , cod. pen.), e di autoriciclaggio (art. 648ter 1, cod. pen.).
In conseguenza dell’introduzione delle disposizioni di cui alla legge n. 186 del 2014, i contribuenti che avevano subìto il prelievo a titolo di Euroritenuta potevano sanare, per le annualità dal 2010 al 2013, la mancata dichiarazione dei redditi prodotti all’estero, compresi i redditi assoggettati alla ritenuta operata dall’agente pagatore (nella specie, la banca svizzera).
4 .2. L’Agenzia delle entrate -in sede di contraddittorio endoprocedimentale proprio della voluntary disclosure -ha affermato che la liquidazione delle imposte dovute per il perfezionamento della procedura dovesse essere effettuata senza scomputare l’ Euroritenuta per le annualità oggetto di emersione. La posizione dell’Ufficio (espressa altresì, nelle circolari n. 9/E 5 marzo 2015 e n. 21/E 20 luglio 2017) si fonda sull’assunto che nel caso della voluntary disclosure , i rimedi alla doppia imposizione seguono i modelli della esenzione e del
credito d’imposta previsti dall’art.165 t.u.i.r. e, dunque, non sono compatibili con la stessa poiché il modello del credito d’imposta sarebbe ostacolato dal fatto che le imposte sostitutive e le ritenute assolte all’estero non risultano correlate a reddit i esposti in una dichiarazione fiscale, come richiesto dall’art. 165, comma 8, t.u.i.r.
I contribuenti, tra cui il ricorrente, hanno aderito alle determinazioni del Fisco contenute negli inviti, nella consapevolezza di non avere ottenuto lo scomputo dell’ Euroritenuta, come unica modalità per fruire dei benefìci premiali, in termini di riduzione delle sanzioni, previsti dalla procedura in discorso. Successivamente, tuttavia, ne hanno chiesto il rimborso.
4 .3. Per evitare le doppie imposizioni sui rediti prodotti all’estero da soggetti residenti l’art. 165 t.u.i.r. riconosce il credito d’imposta qualora ricorrano congiuntamente le tre seguenti condizioni: la produzione di un reddito all’estero, il concorso del reddito prodotto all’estero alla formazione del reddito complessivo in Italia e, infine, il pagamento di imposte estere a titolo definitivo.
4.4. La normativa in tema di voluntary disclosure e la disciplina di cui all’art.165 t.u.i.r. vanno coordinati con la direttiva 2003/48/CE del Consiglio dell’Unione Europea del 3 giugno 2003 (successivamente abrogata con effetto dal 1° gennaio 2016 dalla direttiva 2015/2060/UE) recepita in Italia dal d.lgs. 18 aprile 2005, n.84, che ha disciplinato l’ Euroritenuta (a propria volta abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2016 dall’art. 28, comma 1, legge 7 luglio 2016, n. 122, ma le cui disposizioni, a norma del comma 6 del medesimo articolo, continuano ad applicarsi con riguardo alla ritenuta alla fonte applicata nel 2016 e negli anni precedenti). Simmetricamente, operava l’Accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera del 26 ottobre 2 004 (pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’UE del 29/12/2004), che stabiliva misure equivalenti a quelle definite nella Direttiva 2003/48/CE
del Consiglio in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi. L’art.10, d.lgs. n.84 del 2015 allo scopo di eliminare la doppia imposizione che poteva derivare dall’applicazione della ritenuta alla fonte di cui all’articolo 11 della direttiva 2003/48/CE, prevedeva che, se gli interessi percepiti dal beneficiario effettivo residente nel territorio dello Stato erano stati assoggettati alla suddetta ritenuta, era riconosciuto un credito d’imposta determinato ai sensi dell’articolo 165 t.u.i.r. Prevedeva, altresì, che se l’importo della ritenuta era superiore all’ammontare del credito d’imposta determinato ai sensi dell’articolo 165 cit., ovvero nel caso in cui quest’ultimo non fosse applicabile, che il beneficiario effettivo potesse chiedere il rimborso, rispettivamente, dell’eccedenza o dell’intera ritenuta; in alternativa, poteva utilizzare la modalità di compensazione prevista dall’articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
4.5. Alla luce di tale normativa, deve ritenersi che, in caso di voluntary disclosure , escludere la possibilità della detrazione del credito di imposta per l’omessa indicazione del reddito estero nelle dichiarazioni presentate per ogni singolo anno di imposta, non comporti automaticamente la negazione del diritto al rimborso dell’ Euroritenuta.
4.5.1. La direttiva del 2003, in particolare con gli articoli 11 e 14, come risulta chiaro dalla piana lettura del 21° considerando, mira all’armonizzazione fiscale, sia pure molto settoriale in tema d’imposte dirette, rendendo neutrali i passaggi trans-frontalieri di redditi. Nella direttiva, inclusi i «considerando», non si coglie alcuna distinzione tra imposizione diretta ordinaria, sostitutiva o speciale; tanto si spiega proprio con l’intento di armonizzare un settore, quello dell’emersione dei redditi trans- frontalieri, rispetto ad una imposizione diretta assai variegata tra i Paesi UE. Ci ò si estende anche ai Paesi a fiscalità «preferenziale» come la Svizzera (24° considerando), a sua volta
Paese «accordista» con UE e Italia, senza che le relative fonti bilaterali facciano alcuna eccezione. Questo non consente l’introduzione «pretoria» di alcuna distinzione, attese le rigorose regole interpretative dettate dalla convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (in particolare art. 31, §1: cfr. Cass. 17/09/2019, n. 30347, Cass. 17/04/2019, n. 10706).
4 .5.2. Se è vero che l’art.11 della direttiva rico nosce il diritto al rimborso delle imposte assolte all’estero secondo la legislazione nazionale, il riferimento deve intendersi a regole procedimentali interne, non discriminatorie e non eccessive, non potendo queste ultime escludere in tutto il diritto al rimborso, come a configurare una sanzione indiretta, non rispondente a principi di adeguatezza e proporzionalità. Dunque, il fatto che la dichiarazione contra se del contribuente avvenga nell’ambito di una procedura di collaborazione volontaria -prevista da una normativa speciale ed agevolativa, che consente di regolarizzare plurimi anni di imposta, usufruendo di un trattamento sanzionatorio più favorevole -non esclude a priori il rimborso della ritenuta pagata all’estero.
4 .5.3. Il richiamo dell’art. 10 d.lgs. n.84 del 2005 va inteso come rivolto alle sole modalità di determinazione del credito d’imposta. Inoltre, lo stesso art.10, al secondo comma, consente al contribuente di presentare l’istanza di rimborso nel caso in cui l’importo della ritenuta ecceda quella del credito d’imposta determinato ai sensi dell’art.165 t.u.i.r. oppure nei casi in cui tale ultimo articolo non risulti applicabile, all’evidente fine di consentire pienamente, oltre i limiti dell’art.165 t.u.i.r., il rimborso dell’ Euroritenuta.
4.5.4. L’inderogabilità̀ della direttiva del 2003 ( self-executing nei suoi principi generali e comunque attuata nel diritto interno senza rilevanti differenze), degli Accordi e delle Convenzioni, che rivestono, in questa materia, un ruolo di specificità e quindi di prevalenza logico-
giuridica sulle norme fiscali interne, trova conferma nell’art.75 d.P.R. n.600 del 1973 ove si prevede che «nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi esecutivi in Italia» e nell’ar t.169 t.u.i.r. per il quale le disposizioni dello stesso testo unico «si applicano, se pi ù favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione».
4.5.5. La circostanza che la disciplina delle nuove voluntary disclosure faccia salvo lo scomputo di talune ritenute estere costituisce indice rivelatore della situazione di potenziale doppia imposizione pregiudizievole che viene a crearsi; né può dimenticarsi che lo Stato estero, quale mero adiectus solutionis causa , trattiene una modesta quota delle ritenute quale aggio per la riscossione e ne riversa la maggior parte allo Stato italiano, beneficiario effettivo. Pertanto, le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, impongono un’applicazione delle norme interne (art.165 t.u.i.r., e disciplina della collaborazione volontaria) comunitariamente e convenzionalmente orientata. In applicazione del principio comunitario del divieto di doppia imposizione, la normativa richiamata consente il riconoscimento del diritto al rimborso dell’ Euroritenuta pagata all’estero anche nel caso in cui, a seguito di autodenunzia spontanea del contribuente, lo stesso reddito, inizialmente non dichiarato, venga sottoposto ad imposizione in Italia. Ciò è ancor più ragionevole, se si pensi che al contribuente, una volta presentata l’istanza introduttiva della procedura di collaborazione volontaria, non rimane che aderire incondizionatamente agli atti dell’Agenzia delle entra te come unica modalità per ottenere i benefici premiali in termini di riduzione delle sanzioni, previste dalla normativa in parola, in quanto l’attivazione del contraddittorio con l’amministrazione comporta l’impossibilità di usufruire della procedura agevolativa.
4.5.6. Non appare convincente il parallelo tra la voluntary disclosure e l’accertamento con adesione, che sarebbe intangibile una volta perfezionatosi. L ‘art.5 -quater , comma 1, lett.b), d.l. n.167 del 1990 richiama l’art.5 d.lgs. n.218 del 1997; tale richiamo, tuttavia, ha la sola finalit à̀ di individuare la procedura attraverso cui gli uffici dell’amministrazione finanziaria gestiscono gli atti conseguenti alla collaborazione volontaria, senza che il legislatore abbia inteso ricondurre gli effetti di ques t’ultima a quelli del d.lgs. n. 218 del 1997, attesa la profonda diversità dei due istituti (prima fra tutte il fatto che l’accertamento con adesione prevede una fase di contraddittorio e presuppone una delle violazioni a carico del contribuente, elementi assenti nel caso della voluntary disclosure ). L’irretrattabilità̀ , nel caso della voluntary disclosure , riguarda il contenuto della dichiarazione confessoria, cioè l’indicazione degli investimenti e delle le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, nei periodi d’imposta oggetto di regolarizzazione, unitamente ai documenti ed elementi necessari alla ricostruzione dei redditi connessi; essa non preclude al dichiarante di richiedere il rimb orso dell’ Euroritenuta precedentemente versata, in conformità con quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia, così come attuata nell’ordinamento italiano dall’art.10 d.lgs. n.84 del 2005).
4.5.7. Significativo in tal senso appare il superamento, in tema di ravvedimento operoso, delle limitazioni previste dall’art.165 t.u.i.r. nella citata circolare n. 9/E del 5 marzo 2015, in cui la stessa Agenzia delle entrate ha sostenuto che il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi dichiarato e, conseguentemente, al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero. In sostanza, secondo quanto affermato dalla Agenzia delle entrate nella circolare n. 9/E/2015, ci ò che rileva ai fin i del riconoscimento del credito d’imposta
è la circostanza che il contribuente abbia provveduto ad integrare la propria dichiarazione dei redditi per correggere errori od omissioni, mediante una successiva dichiarazione – il che è analogo a ci ò che avviene con il meccanismo della voluntary disclosure .
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
Rilevato che è soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso, condanna l’Agenzia delle en trate al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00, per esborsi, euro 7.600,00 titolo di compenso, oltre al 15 per cento sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, oltre iva e cpa come per legge.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2023.