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Rimborso Euroritenuta: sì anche con Voluntary Disclosure

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 732/2024, ha stabilito che i contribuenti che hanno aderito alla procedura di “Voluntary Disclosure” hanno comunque diritto al rimborso dell’Euroritenuta. La Corte ha chiarito che il principio europeo del divieto di doppia imposizione prevale sulla normativa nazionale, garantendo il recupero delle imposte pagate all’estero anche se i redditi sono stati regolarizzati tramite sanatoria. La richiesta dell’Agenzia delle Entrate di negare il rimborso è stata quindi respinta.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Euroritenuta e Voluntary Disclosure: La Cassazione Conferma il Diritto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 732 del 9 gennaio 2024, ha affrontato una questione di grande rilevanza per i contribuenti che hanno aderito alla procedura di collaborazione volontaria, meglio nota come Voluntary Disclosure. Il punto focale della decisione è il diritto al rimborso Euroritenuta, la tassa pagata sui capitali detenuti all’estero. La Corte ha stabilito un principio chiaro: la regolarizzazione fiscale non cancella il diritto al rimborso, in virtù del superiore principio europeo che vieta la doppia imposizione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di alcuni contribuenti, eredi di un soggetto che aveva aderito alla Voluntary Disclosure per regolarizzare capitali detenuti all’estero. Su tali capitali era stata applicata la cosiddetta Euroritenuta da parte di un intermediario estero. A seguito della regolarizzazione, i contribuenti avevano presentato un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate per recuperare l’imposta già versata all’estero, al fine di evitare una doppia tassazione sullo stesso reddito.

Di fronte al silenzio dell’Amministrazione finanziaria, interpretato come un rigetto (silenzio-rifiuto), i contribuenti hanno adito le vie legali. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale hanno dato loro ragione, confermando il diritto al rimborso. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Posizione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia basava il proprio ricorso su tre motivi principali:

1. Motivazione Apparente: Sosteneva che la sentenza d’appello fosse nulla per una motivazione solo apparente, in quanto si limitava a richiamare la decisione di primo grado.
2. Omessa Pronuncia: Lamentava che i giudici di secondo grado non si fossero pronunciati su specifiche eccezioni, come la mancata compilazione di alcuni campi della dichiarazione dei redditi (rigo CR17) e il presunto utilizzo parziale del credito.
3. Violazione di Legge: Il motivo centrale era la presunta violazione delle norme (in particolare l’art. 165 del T.U.I.R.) che regolano il credito d’imposta per i redditi esteri. Secondo l’Ufficio, il diritto alla detrazione (e quindi al rimborso) sarebbe subordinato all’indicazione dei redditi esteri nella dichiarazione originaria, condizione che mancherebbe nel caso di redditi emersi tramite Voluntary Disclosure.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Rimborso Euroritenuta

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza impugnata e consolidando un importante orientamento giurisprudenziale in materia di rimborso Euroritenuta.

Analisi dei Motivi di Ricorso

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni dell’Amministrazione. Ha ritenuto infondato il motivo sulla motivazione apparente, giudicandola sintetica ma sufficiente. Ha inoltre escluso l’omessa pronuncia, chiarendo che l’accoglimento della domanda di rimborso implicava necessariamente il rigetto delle eccezioni sollevate dall’Ufficio, e che la mancata compilazione di un rigo della dichiarazione costituisce un mero vizio formale, non idoneo a pregiudicare il diritto sostanziale del contribuente.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del terzo motivo, quello relativo alla violazione di legge. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le norme europee (in particolare la Direttiva 2003/48/CE) e gli accordi internazionali che vietano la doppia imposizione prevalgono sulla legislazione nazionale e ne orientano l’interpretazione.

Il diritto al rimborso Euroritenuta, o al riconoscimento di un credito d’imposta equivalente, è uno strumento essenziale per attuare tale principio. Negare questo diritto a chi si avvale della Voluntary Disclosure equivarrebbe a imporre una sanzione indiretta e sproporzionata, contraria ai principi del diritto europeo.

La Corte ha specificato che la Voluntary Disclosure è una procedura speciale che consente di regolarizzare il passato, facendo emergere redditi prima non dichiarati. Una volta che questi redditi vengono sottoposti a tassazione in Italia, scatta il meccanismo di tutela contro la doppia imposizione. Pertanto, il contribuente ha pieno diritto di recuperare le imposte già pagate all’estero su quegli stessi redditi. La procedura di sanatoria, pur con le sue specificità, non può costituire un ostacolo all’applicazione di un principio cardine del sistema fiscale comunitario.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza la tutela del contribuente contro la doppia imposizione internazionale. Le conclusioni pratiche sono significative:

1. Diritto Pieno al Rimborso: L’adesione alla Voluntary Disclosure non preclude il diritto al rimborso Euroritenuta o al relativo credito d’imposta.
2. Prevalenza del Diritto UE: I principi del diritto europeo, come il divieto di doppia imposizione, fungono da limite e guida per l’applicazione delle norme tributarie nazionali, incluse quelle premiali.
3. Irrilevanza dei Vizi Formali: Omissioni meramente formali nella compilazione della dichiarazione non possono compromettere il diritto sostanziale al rimborso, se i requisiti di legge sono soddisfatti.

Questa decisione offre certezza giuridica ai contribuenti che hanno regolarizzato la propria posizione con il Fisco, confermando che la sanatoria non può trasformarsi in una penalizzazione occulta attraverso la negazione di diritti fondamentali.

Chi aderisce alla Voluntary Disclosure ha diritto al rimborso dell’Euroritenuta?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’adesione alla procedura di collaborazione volontaria non esclude il diritto al rimborso dell’Euroritenuta, in quanto deve essere garantito il principio fondamentale del divieto di doppia imposizione previsto dalla normativa europea e internazionale.

La mancata indicazione del credito d’imposta in un rigo specifico della dichiarazione impedisce il rimborso?
No, secondo la Corte, la mancata indicazione del credito in un rigo specifico della dichiarazione (come il CR17) costituisce unicamente un vizio formale, inidoneo a inficiare il diritto sostanziale del contribuente al rimborso o all’utilizzo del credito, se ne sussistono i presupposti.

Il principio del divieto di doppia imposizione può essere limitato dalla normativa nazionale sulla Voluntary Disclosure?
No, la normativa nazionale, inclusa quella sulla Voluntary Disclosure, deve essere interpretata in modo conforme ai principi comunitari. Il divieto di doppia imposizione rappresenta un limite esterno alla disciplina nazionale, che non può essere derogato al punto da negare il rimborso delle imposte legittimamente pagate all’estero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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