Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2374 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2374 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25583/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO n. 2690/2023 depositata il 7 maggio 2023
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE presentava alla Direzione Provinciale I di Roma dell’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso della somma
di 54.350,18 euro che assumeva di aver indebitamente versato a titolo di IRES, in relazione all’anno 2006, durante la pendenza del giudizio di impugnazione di una cartella di pagamento poi definitivamente annullata da questa Corte con ordinanza n. 1994/2019 del 24 gennaio 2019.
Formatosi il silenzio-rifiuto, la società impugnava il diniego dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che accoglieva il suo ricorso, condannando l’Amministrazione Finanziaria alla restituzione delle somme riscosse in forza della menzionata cartella.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, la quale, con sentenza n. 2690/2023 del 7 maggio 2023, in accoglimento dell’appello erariale, respingeva l’originario ricorso della contribuente in base al rilievo che, avendo essa aderito alla definizione agevolata dei carichi pendenti, ai sensi dell’art. 1, commi 618-623, della L. n. 147 del 2013, il successivo esito favorevole della controversia tributaria non poteva aver determinato l’insorgenza in suo favore del diritto alla ripetizione delle somme versate.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Il consigliere delegato dal Presidente di Sezione, ravvisata la manifesta infondatezza del ricorso, ha formulato, ai sensi dell’art. 380bis , comma 1, c.p.c., una sintetica proposta di definizione accelerata del giudizio, comunicata ai difensori delle parti.
Entro quaranta giorni dalla comunicazione, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, la ricorrente ha chiesto la decisione.
La causa è stata, quindi, avviata alla trattazione in camera di consiglio, a norma dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) c.p.c., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 112 c.p.c..
1.1 Si rimprovera al collegio regionale di aver omesso di statuire in ordine all’eccezione di inammissibilità dell’appello erariale sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva opposto il giudicato interno formatosi sull’affermazione della sentenza di prime cure secondo cui la cartella di pagamento aveva conservato la sua efficacia fino alla pronuncia giurisdizionale definitiva che ne aveva disposto l’annullamento, onde doveva escludersi che l’adesione della contribuente alla procedura condonistica ex art. 1, commi 618-623, della L. n. 147 del 2013 potesse aver determinato l’automatica caducazione dell’atto esattivo e la conseguente irripetibilità delle somme versate per il perfezionamento della definizione agevolata.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c., sono lamentati la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, commi da 618 a 623, della L. n. 147 del 2013, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso.
2.1 Si contesta alla Corte regionale di aver erroneamente applicato alla fattispecie concreta l’astratto principio di diritto in base al quale gli effetti del perfezionamento della definizione agevolata di una lite fiscale vanno ritenuti intangibili, con la conseguenza che le somme all’uopo versate dal contribuente non sono suscettibili di ripetizione nell’ipotesi in cui il giudizio tributario si concluda con esito per lui favorevole.
2.2 I giudici «a quibus» avrebbero, infatti, tralasciato di considerare che:
-l’operatività del cennato principio è subordinata al presupposto di fatto che l’adesione volontaria del contribuente alla definizione agevolata sia seguìta dal controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria della sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge per l’ammissione al beneficio, dalla comunicazione dell’esito positivo della verifica operata e dalla dichiarazione di avvenuta estinzione del debito;
la disciplina condonistica ex L. n. 147 del 2013, a differenza di altre consimili, non contemplava l’assunzione da parte del contribuente dell’impegno a rinunciare ai giudizi in corso aventi ad oggetto i carichi pendenti, né prevedeva l’estinzione del processo in caso di perfezionamento della definizione agevolata.
In applicazione del principio della ragione più liquida, conviene esaminare con priorità il secondo motivo, il quale -oltre a soddisfare i requisiti di specificità e autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, nn. 4) e 6) c.p.c., in quanto consente di individuare agevolmente i punti dell’impugnata sentenza sottoposti a critica e le ragioni per le quali ne viene chiesta la cassazione- appare fondato e assorbente delle restanti censure, per le ragioni di sèguito esposte.
3.1 Esso prospetta una questione di diritto di particolare rilevanza recentemente risolta da questa Sezione con sentenza n. 14453/2024, pronunciata all’esito di pubblica udienza appositamente fissata ai sensi dell’art. 375, comma 1, c.p.c..
3.2 Nel menzionato arresto giurisprudenziale è stato anzitutto ribadito che:
-«in tema di condono fiscale, indipendentemente dalla diversità delle regole giuridiche dettate da ciascuna legge in ordine alle modalità di accesso, alle condizioni ed agli effetti dei benefici premiali, trov (a) applicazione un principio comune in virtù del quale, mentre non è vietata in assoluto la compensazione tra il dare e l’avere del Fisco e del contribuente, in riferimento agli anni
d’imposta oggetto di definizione agevolata, non è in nessun caso consentita, relativamente ai medesimi anni, la restituzione delle somme versate dal contribuente: l’intervenuta formazione di un nuovo titolo giuridico, a partire da un quadro normativo generale ed astratto, ma con l’adesione volontaria del contribuente ed il controllo del possesso dei requisiti da parte dell’Amministrazione, costituisce infatti un mezzo idoneo a definire le opposte pretese, azzerando le richieste di rimborso del contribuente così come le ulteriori pretese del Fisco, proprio in conseguenza del fatto che il primo in parte versa ed in parte si obbliga a corrispondere quelle somme di denaro che il secondo esige, in base a parametri legislativi predeterminati, applicati in concreto agli accertamenti precedentemente eseguiti dal Fisco e ritenuti convenienti dal contribuente in base ad un suo insindacabile apprezzamento» ; -«salvo previsioni normative eccezionali, da interpretarsi restrittivamente, il condono, in quanto incide in via definitiva sui debiti tributari dei contribuenti, non può dare luogo a restituzione alcuna degli importi in precedenza corrisposti, sebbene eccedenti rispetto a quanto dovuto per il perfezionamento della definizione stessa» ; e ciò perché, come stabilito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 14828/2008, «il condono pone il contribuente di fronte ad una libera scelta fra trattamenti distinti e che non si intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto sulla linea del procedimento ordinario» .
3.3 Nel prosieguo della motivazione è stata, però, evidenziata la peculiarità della questione attinente al rapporto fra il perfezionamento della definizione agevolata di cui all’art. 1, commi 618-623, della L. n. 147 del 2013 e il successivo giudicato favorevole al contribuente.
3.4 Con specifico riguardo all’argomento in oggetto, trattato nei sottoparagrafi 9.1-10.2, è stata richiamata la giurisprudenza di legittimità occupatasi di analoghe problematiche, e in particolare:
Cass. n. 16334/2014, secondo cui, in materia di condono fiscale, la definizione della causa ex art. 2 quinquies del D.L. n. 564 del 1994, convertito in L. n. 656 del 1994, necessita di un provvedimento del giudice tributario dichiarativo dell’estinzione del giudizio, con la conseguenza che, in caso di prosecuzione del giudizio che avrebbe dovuto essere dichiarato estinto per condono, l’effetto estintivo non si produce, rimanendo travolto dalla decisione di merito che, ove non tempestivamente impugnata, è suscettibile di passare in giudicato e di consolidare definitivamente il diritto in essa accertato; – Cass. n. 26437/2018, in cui si afferma che l’ordinanza con la quale il giudice, ai sensi dell’ art. 34 della L. n. 413 del 1991 , dichiari l’estinzione del giudizio tributario per sopravvenuta carenza di interesse a sèguito di condono fiscale ha contenuto decisorio ed è suscettibile di passare in giudicato, ma, ove intervenga una successiva pronuncia passata in giudicato fra le parti sullo stesso oggetto, la quale, rigettando l’impugnazione del contribuente, statuisca che gli atti di accertamento dei tributi oggetto di sanatoria fiscale sono divenuti definitivi prima della promulgazione della normativa sul condono, si verifica un contrasto fra giudicati, da risolvere in base al criterio temporale in favore dell’ultima pronuncia adottata.
3.5 In linea di continuità con tale ultimo orientamento, si è quindi affermato che:
-il giudicato successivo, se integralmente favorevole al contribuente, non può che prevalere sul condono, in quanto il pagamento effettuato per potersi avvalere della relativa disciplina, in difetto di un’espressa previsione normativa che ne sancisca l’irripetibilità, configura un indebito oggettivo;
proprio per la mancanza di una specifica disposizione sul punto,
l’Amministrazione Finanziaria deve far valere in giudizio l’avvenuta definizione agevolata della lite, onde impedire il passaggio in giudicato della pronuncia favorevole al contribuente; invero, poiché la L. n. 147 del 2013 fa discendere dal versamento delle somme di cui all’art. 1, comma 618, «l’estinzione del debito», la disciplina in essa contenuta viene ad incidere sull’aspetto sostanziale, e non su quello processuale, del rapporto tributario e dà, pertanto, luogo a una situazione assimilabile a quella che si verifica nel caso di parte risultata integralmente vittoriosa all’esito di un giudizio civile ordinario, ove in corso di causa sia stata stipulata una transazione non opposta da alcuno dei contendenti.
3.6 Sulla scorta dei surriferiti princìpi giuridici, ai quali si intende dare continuità, deve disporsi la cassazione dell’impugnata sentenza, avendo la CGT di secondo grado erroneamente negato il diritto della RAGIONE_SOCIALE alla ripetizione delle somme pagate per aderire al condono fiscale ex art. 1, commi 618-623, della L. n. 147 del 2013, nonostante il successivo passaggio in giudicato della pronuncia di annullamento della cartella esattoriale condonata.
3.7 Poiché non risultano necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi degli artt. 384, comma 2, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
Stante l’intervenuta definizione della controversia, occorre provvedere alla regolamentazione delle spese dell’intero processo.
4.1 Alla stregua di una valutazione dell’esito complessivo della lite, si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le dette spese, avuto riguardo alla novità della questione giuridica trattata, solo recentemente risolta da questa Corte.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, annulla il diniego di rimborso
opposto dall’Agenzia delle Entrate alla contribuente; compensa totalmente fra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione