Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14936 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14936 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
IRPEG-IRES DINIEGO RIMBORSO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17682/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, in forza di procura allegata al ricorso, ed elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 3401/12/2021, depositata il 14/04/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 8/03/2024 dal consigliere NOME COGNOME;
udito il PM, in persona del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udita l’AVV_NOTAIO per la ricorrente;
udita l’AVV_NOTAIO per l’Avvocatura dello Stato.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) presentava dichiarazione dei redditi ai fini IRPEG relativa all’anno d’imposta 1984, in cui dichiarava una perdita fiscale di lire 567.328.000. In considerazione RAGIONE_SOCIALE ritenute d’acconto subite, dei crediti d’imposta vantati per imposte pagate all’estero e dei crediti d’imposta sui dividendi, dalla dichiarazione emergeva, inoltre, un credito complessivo di lire 40.923.406.000, di cui la RAGIONE_SOCIALEetà chiedeva il rimborso.
Successivamente, in relazione al medesimo anno d’imposta, l’RAGIONE_SOCIALE notificava avviso di accertamento ai fini IRPEG, con cui accertava un maggior reddito imponibile in luogo della perdita dichiarata. Avverso tale avviso di accertamento, la banca proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Palermo e, in pendenza del giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, presentava istanza di definizione della lite ai sensi dell’art. 16 l. n. 289/2002 provvedendo al versamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute.
Formulata istanza di rimborso del credito IRPEG pari ad euro 21.135.175,36 (corrispondente al citato credito d’imposta di lire 40.923.406.000), la banca impugnava il silenzio rifiuto, correlativamente formatosi, dinanzi alla CTP di Palermo, deducendo la persistenza del diritto al rimborso emergente dalla dichiarazione
annuale, anche a seguito della definizione della lite che aveva avuto per oggetto l’avviso di accertamento.
Si costituiva l’RAGIONE_SOCIALE rilevando che le somme richieste dalla banca non rientravano tra quelle rimborsabili ai sensi dell’art. 16, comma 5, l. n. 289/2002 e che, comunque, le stesse erano state oggetto di compensazione con la maggiore imposta accertata.
La Commissione tributaria adita respingeva il ricorso.
L’appello proposto dalla banca veniva accolto dalla Commissione tributaria regionale (CTR) della RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 28/01/2010, con la quale era disposto il rimborso richiesto dalla contribuente. Rilevava, in particolare, il giudice di appello che risultava inconferente ogni riferimento alla domanda di condono ex art. 16, comma 5, l. n. 289/2002, posto che oggetto di tale domanda non era il procedimento di diniego del rimborso del credito IRPEG, ma la lite pendente relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento in rettifica della dichiarazione annuale IRPEG per l’anno d’imposta 1984. Osservava, inoltre, che i crediti di imposta indicati in dichiarazione dei redditi e dei quali era stato chiesto il rimborso non rientravano nel paradigma dell’art. 16, comma 5, l. n. 289/2002, che dispone solo in merito alle somme versate per effetto RAGIONE_SOCIALE norme vigenti in materia di riscossione in pendenza della lite.
Avverso la suddetta sentenza, l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi, il primo relativo alla violazione dell’art. 16, comma 5, della l. n. 289/2002 e il secondo per omessa, insufficiente e illogica motivazione su un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ.
La Corte, con ordinanza 26/07/2017, n. 18412, accoglieva entrambi i motivi e, cassata la sentenza impugnata, rinviava alla Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE per nuovo esame.
In primo luogo, la Corte, preso atto d ell’ ordinanza n. 6060/2013 che aveva rigettato il ricorso erariale per altro anno di imposta, ne affermava la irrilevanza in termini di giudicato, alla luce del principio di autonomia dei singoli anni di imposta; nel merito, accoglieva entrambi i motivi, ritenendoli connessi.
Evidenziava che, in tema di condono, è principio AVV_NOTAIO, valido anche per il condono di cui all’art. 16 della l. n. 289 del 2002, che la scelta di aderire alla definizione agevolata precluda il rimborso RAGIONE_SOCIALE maggiori somme ver sate dal contribuente, salva la previsione dell’art. 16, comma 5, di eccedenze versate in sede di riscossione provvisoria in ipotesi di soccombenza dell’amministrazione nel giudizio di merito; pertanto aveva errato la CTR nel ritenere che tale previsione non fosse rilevante nel giudizio; che la novazione del rapporto tributario litigioso estingue debiti e crediti tra le parti; in secondo luogo, che la CTR aveva del tutto omesso di valutare la circostanza dedotta dall’ufficio secondo cui in sede di accertamento era stata chiesta la sola differenza tra la somma oggetto di accertamento e il credito esposto in dichiarazione, avendo quindi la contribuente beneficiato di una compensazione del credito di cui chiedeva il rimborso.
La Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 3401/12/2021, depositata il 14/04/20 21, rigettava l’appello della RAGIONE_SOCIALEetà, evidenziando che l ‘ adesione al condono ostava alla consolidazione di crediti di imposta dichiarati e non ammessi dall’amministrazione finanziaria; essa inoltre precludeva al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità definite in via agevolata; infine, c he dall’esame dell’ avviso di accertamento emergeva che gli importi chiesti a rimborso erano stati compensati con la maggior imposta accertata.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, in base a sei motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Il PM ha depositato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso.
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale del 20/09/2023 , per la quale entrambe le parti depositavano memoria, e poi per la pubblica udienza dell’8/03/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente propone sei motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALEetà ricorrente deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione degli artt. 9, comma 9, e 16, comma 5, legge 27/12/2002, n. 289, per aver la CTR indebitamente esteso al credito IRPEG, pacificamente maturato dalla s ocietà nel corso dell’anno 1984 , gli effetti della procedura di definizione della lite riguardante l’avviso di accertamento successivamente emesso dall’Ufficio per quello stesso periodo d’imposta, nonostante l’istituto del condono per sua natura -risulti diretto ad incidere sui soli debiti del contribuente e giammai sui crediti vantati dal medesimo.
Premette che nell’anno di imposta per cui è causa aveva esposto RAGIONE_SOCIALE perdite nonché dei crediti di imposta; l’avviso di accertamento aveva accertato maggiori redditi, operando varie riprese, di valore molto superiore alle perdite ed anche ai crediti; tali riprese erano state annullate quasi integralmente dalla CTP di Palermo; l’appello erariale, relativo alle riprese annullate in primo grado era stato rigettato, mentre l’appello della RAGIONE_SOCIALEetà per le riprese confermate dalla CTP, era stato accolto; l’ RAGIONE_SOCIALE aveva proposto ricorso per cassazione solo in relazione a tale parte della statuizione, con conseguente giudicato interno relativo al valore dell’accertamento sub judice ; in pendenza del ricorso per cassazione, essa aveva aderito alla definizione agevolata di cui all’art. 16 della l. n. 289 del 2002, calcolando il valore
dell’accertamento a fini condonistici in base a quanto ancora sub judice e tenendo conto di una franchigia prevista dalla legge.
Ciò premesso, deduce la ricorrente che la Suprema Corte aveva richiesto alla CTR, quale giudice della riassunzione, di compiere le necessarie valutazioni in ordine all’effettiva sussistenza nell’ambito dell’ accertamento -della compensazione fra la maggiore imposta accertata dall’Ufficio e il credito d’imposta maturato da RAGIONE_SOCIALE, procedendo successivamente alla determinazione degli effetti che tale compensazione, ove presente, avrebbe potuto produrre con ri ferimento all’istanza di rimborso di cui è cau sa; i giudici di appello avrebbero errato nel ritenere di limitare la propria cognizione a quanto risultante dall’accertamento, senza valutare gli esiti della sua impugnativa giurisdizionale, e quindi alle vicende ad esso successive.
Nel fare ciò la ricorrente deduce altresì che, così facendo, la CTR ha errato anche in diritto poiché la definizione ex art. 16 della l. n. 289 della lite relativa all’Accertamento effettivamente promossa, con successo, dalla Società -non poteva in alcun modo comportare la rinuncia, da parte di quest’ultima, al rimborso di quel credito d’imposta che, in quanto giammai contestato dall’Ufficio, era rimasto del tutto estraneo alla successiva lite condonata , conformemente ai principi più volte espressi da questa Corte secondo cui in definitiva il condono avrebbe rilievo solo per i debiti del contribuente e non per i crediti.
1.2. Col secondo motivo la RAGIONE_SOCIALEetà ricorrente deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione dell’art. 16, comma 5, legge 27/12/2002, n. 289, per aver la CTR, in ogni caso, anche a voler ritenere applicabile tale disposizione, negato il rimborso del credito IRPEG di cui è causa in ragione della previsione di non ripetibilità degli importi versati anteriormente alla definizione, nonostante l’ente accertatore fosse risultato integralmente soccombente nell’ultima pronuncia di merit o anteriore alla definizione
stessa e tale circostanza costituisse specifica deroga disposta ex lege alla previsione di non ripetibilità, deroga peraltro anche evidenziata dalla Corte nella sentenza di cassazione con rinvio.
1.3. Col terzo motivo la RAGIONE_SOCIALEetà ricorrente deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., in via subordinata al motivo che precede, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, per aver la RAGIONE_SOCIALE pretermesso ogni considerazione in ordine alla soccombenza integrale dell’ente accertatore all’esito dell’ultimo giudizio di merito anteriore alla definizione della lite.
1.4. Col quarto motivo la RAGIONE_SOCIALEetà ricorrente deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 16, comma 5, legge 27/12/2002, n. 289 nonché degli artt. 1243 e 2909 cod. civ., lamentando che la CTR abbia postulato la compensazione del credito IRPEG vantato da RAGIONE_SOCIALE con il maggior debito d’imposta contestato dall’Ufficio nell’accertamento relativo all’annualità 1984, nonostante tale debito -al momento di perfezionamento della procedura di definizione -fosse stato in gran parte annullato con statuizioni giurisdizionali coperte da giudicato interno. Rappresenta infatti che nel giudizio relativo all’avviso di accertamento, all’esito dei giudizi di merito di primo e di secondo grado, la gran parte dei rilievi era stata annullata con pronuncia coperta da giudicato interno, in quanto il ricorso erariale per cassazione atteneva solo ad una parte minima di essi; per cui la compensazione non poteva essere accertata in riferimento a somme non dovute e comunque in riferimento a somme ancora illiquide e non esigibili. La compensazione tra poste attive e passive nell’avviso di accertamento aveva infatti natura meramente liquidatoria e le successive vicende processuali escludevano ogni utilizzazione del credito.
1.5. Col quinto motivo la RAGIONE_SOCIALEetà ricorrente deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, per aver la CTR pretermesso ogni considerazione in ordine al giudicato interno formatosi sulla declaratoria di illegittimità parziale dell’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio per il periodo d’imposta 1984 .
1.6. Col sesto motivo la RAGIONE_SOCIALEetà ricorrente deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 16, comma 5, legge 27/12/2002, n. 289 e degli artt. 3 e 53 Cost., prospettando una questione di legittimità costituzionale; si duole che la CTR abbia negato il rimborso del credito IRPEG maturato dalla Società nel corso dell’anno 1984 sulla base della supposta compensazione del medesimo con il maggior debito d’imposta oggetto di definizione postulando così un’ingiustifica ta disparità di trattamento fra i crediti d’imposta richiesti a rimborso e quelli riportati a nuovo nelle annualità successive.
Occorre premettere all’esame dei motivi che, com’è stato di recente ribadito da Cass. n. 28646/2021, il ricorso per cassazione avverso la decisione pronunciata in sede di rinvio implica il poteredovere della Suprema Corte di interpretare direttamente il contenuto e la portata della propria precedente statuizione, mantenendo la propria decisione entro i limiti fissati dalla legge per il giudizio di rinvio. Questo è, appunto, un giudizio chiuso, in cui le parti non possono avanzare richieste diverse da quelle già prese nè formulare difese, che, per la loro novità, alterino completamente il tema di decisione o evidenzino un fatto ex lege ostativo all’accoglimento dell’avversa pretesa, la cui affermazione sia in contrasto con il giudicato implicito ed interno, così da porre nel nulla gli effetti intangibili della sentenza di cassazione ed il principio di diritto che in essa viene enunciato non in via astratta ma
agli effetti della decisione finale (così ancora l’ordinanza n. 28646/2021).
Secondo questa Corte, poi, i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384, primo comma, cod. proc. civ., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua potestas iudicandi , oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonchè la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto RAGIONE_SOCIALE preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità (così le sentenze n. 17790/2014 e n. 27337/2019).
Si è anche precisato che la pronuncia di cassazione per error in iudicando , con enunciazione del principio di diritto cui il giudice di rinvio deve uniformarsi, non vincola il giudice medesimo in ordine alle circostanze che siano meramente ipotizzate, in via narrativa, da detta enunciazione, atteso che una preclusione al riesame si verifica solo con riguardo ai fatti che quel principio presupponga come pacifici o già accertati in sede di merito (Cass. n. 2660/1989), e ciò in quanto il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato, ma, in relazione ai punti decisivi e non congruamente valutati della sentenza
cassata, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, ha il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza della Corte di cassazione, la cui portata vincolante è limitata all’enunciazione della corretta interpretazione della norma di legge, e non si estende alla sussunzione della norma stessa della fattispecie concreta, essendo tale fase del procedimento logico compresa nell’ambito del libero riesame affidato alla nuova autorità giurisdizionale (Cass. n. 9690/2003; Cass. n. 18087/2007; Cass. n. 3150/2024).
Alla luce di tali principi, con cui peraltro la ricorrente nei propri motivi invero non si confronta, occorre esaminare il ricorso.
Il primo motivo è infondato perché di fatto sollecita una disapplicazione del principio di diritto espresso dalla Corte e RAGIONE_SOCIALE direttive emanate in relazione al compito del giudice del rinvio.
3.1. Nella sentenza di cassazione con rinvio, infatti, nell’accogliere il primo motivo di ricorso, la Corte aveva affermato che in tema di condono fiscale ex art. 16 l. n. 289/2002, il recupero RAGIONE_SOCIALE maggiori somme versate dal contribuente anteriormente alla definizione agevolata della lite e relative al medesimo rapporto tributario, non è consentito e spetta nel solo caso eccezionale e derogatorio, previsto dal quinto comma della disposizione (di eccedenze versate in sede di riscossione provvisoria in ipotesi di totale soccombenza dell’amministrazione finanziaria nel giudizio di merito); ciò stante il principio AVV_NOTAIO, informatore della disciplina del condono, per cui la novazione del rapporto tributario litigioso estingue i reciproci debiti e crediti tra le parti . Di conseguenza la Corte ebbe a ritenere che la Commissione tributaria regionale avesse errato affermando che la domanda di condono ex art. 16, comma 5, L. n. 289/2002 non assume rilievo nel presente giudizio, avente ad oggetto il diniego di rimborso
del credito IRPEG e non l’impugnazione dell’avviso di accertamento, ed escludendo, altresì, l’applicazione, nel caso di specie, del citato art. 16 sulla base del mero tenore letterale della norma, non si sia attenuta ai principi giurisprudenziali innanzi richiamati .
Nell’accogliere il secondo motivo, relativo al vizio di motivazione in merito a un fatto decisivo, la Corte aveva evidenziato la necessità di verificare se il credito oggetto di dichiarazione fosse stato compensato con la maggior imposta nell’avviso di accertamento.
3.2. La Corte nell ‘ ordinanza di cassazione con rinvio ha chiaramente ritenuto che il condono precludesse per un certo anno di imposta anche ogni rimborso, anche per fatti diversi da quelli oggetto della definizione, alla condizione fattuale che il credito azionato fosse effettivamente compensato con il maggior debito nell’avviso di accertamento ; in questo senso depone l’indicazione che i due motivi sono connessi, come premette la stessa Corte all’inizio della motivazione; cioè le due questioni si tengono insieme perché in tanto il condono osta al rimborso in quanto le somme esposte a credito nella dichiarazione siano state contemplate nell’avviso di accertamento.
A favore di tale interpretazione della decisione della Cassazione depongono plurimi elementi: a) il primo motivo di ricorso era stato formulato dall’ RAGIONE_SOCIALE in termini di violazione di legge, denunciando che il condono implicava rinuncia al credito indicato nella dichiarazione dell’anno d’imposta condonato e che il rimborso fosse precluso non solo per i versamenti ma anche nel caso di crediti di imposta esposti nella dichiarazione relativa all’annualità oggetto di definizione agevolata ; b) il secondo motivo, formulato in termini di vizio di motivazione circa un fatto decisivo, era riferito alla circostanza che il credito fosse stato indicato nell’avviso di accertamento compensandolo con la magg ior somma accertata, in considerazione del fatto che ciò aveva consentito la definizione agevolata in misura ridotta; c) il riferimento prima alla
transazione, pagina 6, e poi alla novazione del rapporto tributario litigioso che estingue i debiti e i crediti tra le parti , pagina 7; c) il riferimento al principio AVV_NOTAIO esistente nella disciplina condonistica e il richiamo esplicito a Cass. n. 16339/2014 che, in tema di condono fiscale ex art. 16 della legge n. 289 del 2002, ha ritenuto che il recupero RAGIONE_SOCIALE maggiori somme versate dal contribuente anteriormente alla definizione agevolata della lite e relative al medesimo rapporto tributario, non è consentito e spetta nel solo caso eccezionale e derogatorio, di cui al comma 5 del citato art. 16, di totale soccombenza dell’Amministrazione finanziaria nel giudizio di merito, stante il principio AVV_NOTAIO, informatore della disciplina del condono, per cui la novazione del rapporto tributario litigioso estingue i reciproci debiti e crediti tra le parti ; d) l ‘ esplicita non vincolatività della precedente ordinanza n. 6060/2018, resa per analogo giudizio tra le stesse parti per altro anno di imposta, ordinanza che aveva invece espressamente ritenuto infondato il ricorso erariale, disattendendo sia il motivo espresso in termini di violazione di legge sia quello relativo alla motivazione, escludendo il carattere decisivo del fatto omesso.
L’accertamento in fatto demandato alla CTR era quindi solo quello di verificare se effettivamente, come dedotto dalla difesa erariale, il credito era stato compensato nell’avviso di accertamento rispetto al maggior debito accertato e non quello di verificare gli esiti dell ‘impugnativa dell’accertamento .
3.3. La CTR, nella sentenza impugnata, ha quindi correttamente evidenziato che il riscontro di quanto indicato nell’avviso di accertamento esaurisse l’unico effetto di collegamento e di dipendenza processuale tra il giudizio impugnatorio dell’avviso di accertamento…da un lato… e il diverso giudizio di impugnazione del silenzio rifiuto avviso l’istanza di rimborso del credito per imposta Irpeg per il medesimo anno -dall’altro, poiché l’esorbitanza a tale postulato
è palesemente impedita dai principi di diritto fissati nel giudizio rescindente .
La ricorrente, di fatto, attraverso plurimi riferimenti a pronunce del giudice RAGIONE_SOCIALE leggi e di questa Corte, anche a Sezioni Unite, assume che il condono mai potrebbe incidere sui crediti oggetto di dichiarazione ma solo sui debiti; ed individua l’errore della CTR nel l’ aver ritenuto di poter estendere indebitamente la portata della procedura di condono con cui la Società aveva definito il giudizio di impugnazione dell’Accertamento, fino a postulare una supposta rinuncia da parte del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE -al rimborso del credito d’imposta pacificamente maturato nell’annualità 1984 , il che però è esattamente il principio affermato dalla Corte nell’accogliere il primo motivo di ricorso nell’ordinanza di cassazione con rinvio . Mentre, nel ribadire che la CTR doveva esaminare anche le vicende successive all’accertamento, finisce con inevitabilmente negare da un lato le direttive poste dalla Corte ma anche la stessa ritenuta decisività del fatto.
E ciò è tanto più evidente laddove la ricorrente, con riferimento alla corretta portata che deve essere ascritta all’art. 16 della legge n. 289/2002, richiama il precedente di questa Corte, reso per analoga vicenda tra le stesse parti ma per altro anno di imposta (Cass. n. 6060/2013), assumendo che la corretta interpretazione del predetto articolo era stata già operata in tale sede dalla Corte, laddove invece l ‘ ordinanza di cassazione con rinvio, che ha dato luogo al giudizio concluso con la sentenza in questa sede impugnata, ha espressamente ritenuto non vincolante l ‘ ordinanza richiamata.
La ricorrente, quindi, come ritenuto anche dal PG, propone una interpretazione degli effetti preclusivi del condono difforme dal principio di diritto affermato nella sentenza di annullamento con rinvio, in palese violazione di quanto stabilito dall’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.
Il secondo e il terzo motivo possono essere trattati unitamente e sono in parte inammissibili e in parte infondati.
4.1. Occorre premettere che l ‘art. 16, comma 5 , della l. n. 289/2002 rubricato chiusura RAGIONE_SOCIALE liti pendenti , prevede che dalle somme dovute per il condono si scomputano quelle già corrisposte prima della presentazione della domanda di definizione, per effetto RAGIONE_SOCIALE disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di lite; stabilisce, altresì, che, fuori dai casi di soccombenza dell’amministrazione, la definizione della controversia mediante condono non dà luogo alla restituzione RAGIONE_SOCIALE somme già versate; e ciò anche se tali somme siano, in ipotesi, eccedenti rispetto a quanto dovuto per il perfezionamento della definizione della lite in via di condono.
In altri termini, la norma in esame prevede, in via eccezionale, in deroga al principio della non restituzione RAGIONE_SOCIALE somme versate in eccedenza rispetto a quanto dovuto per il condono, l’ammissibilità di tale restituzione solo in caso di soccombenza dell’amministrazione. Fuori di tale ipotesi eccezionale, vale la previsione AVV_NOTAIO della citata disposizione in forza della quale il condono, in quanto incide in via definitiva sui debiti tributari dei contribuenti, non può dare luogo a restituzione alcuna degli importi in precedenza corrisposti sebbene eccedenti rispetto a quanto dovuto per il perfezionamento della definizione stessa (cfr. Cass. n. 14828/2008; Cass. n. 584/2012; Cass. n. 16339/2014; Cass., Sez. U., n. 1518/2016). Tali effetti trovano la causa nella natura stessa del condono, istituto che risponde al fine di recuperare risorse finanziarie e di ridurre il contenzioso, senza sottendere finalità di accertamento tributario ed esaurendo i suoi effetti con il raggiungimento di tali obiettivi.
4.2. V a disattesa l’eccezione d’inammissibilità del terzo motivo, formulata dall ‘RAGIONE_SOCIALE, seguita dal P G, ai sensi dell’art. 348 -ter cod.
proc. civ., dovuta alla presenza di una cd. doppia conforme di merito, in quanto tale limite risulta applicabile, ai sensi del d.l. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ai soli giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 (vedi anche Cass. n. 26860/2014; Cass. n. 11439/2018).
4.3. Ora, sotto un primo profilo, i motivi non sono ammissibili perché della sussistenza dei presupposti dell ‘ eccezione, come causa petendi del rimborso, non trattano né la CTR né la stessa Cassazione, nella cui ordinanza non è previsto che si dovessero verificare i presupposti dell’esistenza della fattispecie derogatoria (il richiamo all’art. 16, comma 5, l. n. 289/2002 nella s ua interezza non milita infatti in questo senso); né la parte , sia nel motivo che nell’ampia esposizione del fatto processuale, indica con chiarezza ove abbia posto la questione della sussistenza dei presupposti per la deroga, non potendosi ritenere tali i passaggi, riferiti solo agli atti del giudizio di rinvio, sulla vicenda processuale, non essendo indicato ove a tali fatti abbia inteso attribuire gli effetti invocati.
Sotto un secondo profilo, la deroga della disposizione invocata concerne i versamenti dell’imposta eseguiti in corso di causa in applicazione RAGIONE_SOCIALE norme sulla riscossione frazionata e non il caso di specie, ove si invocano come oggetto di rimborso crediti di imposta e ritenute di acconto.
I motivi vanno pertanto disattesi.
Anche il quarto e il quinto motivo possono essere trattati unitariamente.
Premesso che in ordine all’ ammissibilità di tale ultimo motivo, ai sensi dell’art. 348 -ter cod. proc. civ., valgono considerazioni analoghe a quelle già esposte nell’esame del terzo motivo, i due motivi sono inammissibili.
Con tali motivi la ricorrente censura la decisione della CTR per aver ritenuto sussistente la compensazione tra debiti e crediti nonostante il debito verso l’amministrazione fosse illiquido e inesigibile e fosse stato ridotto in forza di giudicato interno, maturato nel giudizio relativo all’avviso di accertamento, evidenziando in estrema sintesi che la definizione agevolata si riferiva non alla sola parte di debito residua rispetto alla compensazione del maggior debito di imposta con i crediti vantati dalla RAGIONE_SOCIALEetà ma al debito di imposta residuato alla formazione del predetto giudicato interno, il che si evincerebbe dall’importo pagato ai fini della definizione, determinato anche in ragione della franchigia applicata in ragione della presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi della l. n. 413 del 1991.
Così facendo di fatto, da un lato, ancora una volta con tali motivi di fatto si censura la decisione della Corte che, rinviando alla CTR l’accertamento in fatto di un’avvenuta compensazione dedotta dall’ufficio con riferimento a quanto indicato ne ll’avviso di accertamento, aveva ritenuto decisivo tale fatto ; dall’altro lato, si introducono elementi inammissibili , al fine di individuare l’oggetto della definizione non nell’accertamento ma nelle somme residue, determinate in base all’esito del giudizio ad esso relativo; nel ricorso infatti la parte, nell’assolvere l’onere di indicare ove aveva proposto la questione del giudicato interno formatosi nel giudizio relativo all’avviso di accertamento, indica esclusivamente il ricorso per riassunzione, senza evidenziare in quali atti dell’originario giudizio essa fosse stata dedotta; anche l’amministrazione ha infatti eccepito la novità della questione nel giudizio di rinvio e correttamente il giudice del merito ha fatt o riferimento, come indicato dalla Corte, all’avviso di accertamento, negando ingresso alle ulteriori deduzioni difensive ed evidenziando che tale accertamento esaurisce l’unico effetto di collegamento e di dipendenza processuale tra il giudizio impugnatorio dell’avviso di
accertamento … in relazione al quale il BdS ha presentato la dichiarazione integrativa e la domanda di condono … da un lato ed il diverso giudizio di impugnazione del silenzio rifiuto avverso l’istanza di rimborso del credito per imposta Irpeg, poichè l’esorbitanza da ta le postulato è palesemente impedita dai principi di diritto fissati nel giudizio rescindente . Il che peraltro esclude in radice il vizio di omesso esame del fatto.
Ciò appare pienamente rispettoso del principio sopra esposto per cui, ove la cassazione avvenga sia per vizio di violazione di legge e per vizio di motivazione, la potestas iudicandi del giudice del rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonchè la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto RAGIONE_SOCIALE preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità.
6. Col sesto motivo la RAGIONE_SOCIALEetà ricorrente deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 16, comma 5, legge 27/12/2002, n. 289 e degli artt. 3 e 53 Cost. questione di legittimità costituzionale; si duole che la CTR abbia negato il rimborso del credito IRPEG maturato dalla Società nel corso dell’anno 1984 sulla base della supposta compensazione del medesimo con il maggior debito d’imposta oggetto di definizione -postulando così un’ingiustificata disparità di trattamento fra i crediti d’imposta richiesti a rimborso e quelli riportati a nuovo nelle annualità successive.
Le considerazioni esposte nell’esame dei precedenti motivi escludono la fondatezza dell’ultimo motivo, peraltro espresso in via estremamente generica, in quanto la libera scelta del contribuente della richiesta di rimborso in luogo del riporto a nuovo del credito non è affatto incisa dalla decisione della CTR che, come visto, si è attenuta ai principi posti dalla Corte nell’ordinanza di rinvio.
7. Di conseguenza il ricorso va respinto.
Alla soccombenza segue condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, spese che liquida in euro 20.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 8 marzo 2024.