Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7753 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7753 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18359/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende.
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della C.T.R. della Sicilia n. 437/2022 depositata il 20/01/2022
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il difensore della parte ricorrente, avv. NOME COGNOME che chiede l’accoglimento del ricorso;
Udito il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che chiede l’accoglimento del ricorso;
Udita l’Avvocatura dello Stato che chiede il rigetto del ricorso .
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Sicilia, che ha riformato la sentenza della C.T.P. di Palermo, con la quale era stato accolto il ricorso della società contribuente avverso l’atto di diniego del rimborso dell’IRAP, versata in misura eccedente rispetto all’importo dovuto pari ad euro 153.753,00.
La C.T.R., dato atto che la società ha formulato istanza di rimborso dell’IRAP, per l’anno 2004, corrispondente alla quota di un quinto delle spese di manutenzione eccedenti il 5% del costo dei beni ammortizzabili, pari a complessivi euro 14.715.196,77, da dedurre nei cinque anni successivi al periodo di imposta 2003, annualità alla quale si riferiva l’imposta recuperata con l’atto di accertamento con adesione presentato ai sensi dell’art. 5 -bis del d. lgs. 218/1997, ha ritenuto che il
perfezionamento della proposta con il pagamento della prima rata fosse ostativo alla presentazione dell’istanza di rimborso, per l’annualità e/o all’imposta definita.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Il Procuratore generale, con memoria tempestivamente depositata, chiede l’accoglimento del ricorso.
Con memoria del 12 novembre 2024, la RAGIONE_SOCIALE ribadisce le conclusioni formulate con il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE formula due motivi di ricorso.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la falsa applicazione degli artt. 2 e 5-bis d. lgs. 218/1997, nonché degli art. 38 d.P.R. 602/1973 e 21, comma 2 d. lgs. 546/1992. Premette che con processo verbale di verifica parziale l’Ufficio aveva proceduto alla riqualificazione quali spese di manutenzione di taluni costi sostenuti dalla società e da questa integralmente dedotti per ciascuna annualità, non ritenendo applicabile la disciplina di cui all’art. 67 T.U.I.R. (dal gennaio 2004 art. 102, comma 6 T.U.I.R.), rideterminando i costi deducibili con riferimento ai periodi oggetto di verifica, sulla base del presupposto che le spese di manutenzione, ove superanti la soglia del 5% del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili, devono essere fatte oggetto di deduzione nel corso dei successivi cinque periodi di imposta. Da ciò conseguiva un recupero impositivo pari ad euro 14.715.196,77 con riferimento al periodo di imposta 2003, e ad euro 6.720,746,00 per la successiva annualità 2004. La società, dunque, consapevole di poter dedurre negli esercizi successivi le spese oggetto di riqualificazione, formulava richiesta di accertamento con adesione, accettando la riqualificazione in
termini di spese di manutenzione. L’Agenzia delle Entrate emetteva, pertanto, due ‘atti di definizione dell’accertamento parziale’, con cui veniva rideterminato l’imponibile di periodo per la parte relativa al disconoscimento delle spese eccedenti la soglia di rilevanza del singolo esercizio di sostenimento. La società, stante il disposto dell’art. 102, comma 6 T.U.I.R proponeva istanza di rimborso per l’anno 2004, volta ad ottenere ‘ora per allora’ il riconoscimento del diritto a dedurre la quota di competenza delle spese manutentive sostenute in eccesso nel precedente anno 2003. L’Agenzia delle Entrate respingeva l’istanza, per essere intervenuto accertamento con adesione per l’anno 2004, fraintendendone, nondimeno, lo scopo, rivolto al recupero ad imposizione della quota dei 4/5 delle spese manutentive eccedenti la soglia dell’art. 102, comma 6 T.U.I.R. Invero, l’atto di accertamento con adesione riguardava solo il disconoscimento delle spese di manutenzione eccedenti la soglia del 5%, indicata dalla norma, non comportando alcuna rinuncia alla deduzione delle relative quote nei successivi cinque anni di imposta. Sostiene che la C.T.R. erra laddove ritiene, mal comprendendo il thema decidendum , che la domanda della contribuente fosse rivolta alla revisione dei contenuti dell’accertamento con adesione, posto che, al contrario, la società si era avvalsa dell’adesione ex art. 5 -bis del d. lgs. 218/1997, al fine di chiedere il rimborso per gli anni successivi al 2004, dell’imposta versata per effetto della mancata deduzione delle quattro quote di spese di manutenzione sostenute in tale anno, eccedenti i limiti di cui all’art. 102 del T.U.I.R.. Assume che la decisione impugnata viola il disposto degli artt. 38 d.P.R. 602/1973 e 21 d. lgs. 542/1992. Rileva che, infatti, il presupposto per la restituzione, nel caso di specie, è l’avvenuto perfezionamento dell’accertamento con adesione per il periodo di imposta 2003,
che ha riconosciuto l’esistenza e l’inerenza delle spese di manutenzione sostenute in tali annualità, imponendone la deduzione in cinque anni, anziché in uno solo. Ricorda che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il contribuente può sempre esercitare il diritto alla restituzione del maggior importo versato nell’anno di competenza, non solo in caso di errore nella dichiarazione, ma anche in quello di inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento.
Con il secondo motivo si duole, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., della violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ.. Rileva che la decisione impugnata non si è conformata al giudicato esterno -formatosi con la sentenza della C.T.R. della Sicilia n. 3050/29/16 relativa all’anno di imposta 2006- in ordine alla deducibilità in quote costanti e nel corso degli anni successivi delle spese di manutenzione sostenute nell’anno 2003, in eccesso rispetto alla soglia di legge. Rammenta che la società, dopo avere presentato la richiesta di accertamento con adesione, aveva formulato plurime istanze di rimborso dirette a far valere, per gli anni dal 2004 al 2008, la deducibilità delle cinque quote di competenza relative alle spese di manutenzione sostenute nel 2003. Rileva che la decisione passata in giudicato ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto la piena deducibilità delle quote annuali di spese manutentive riportate in avanti dall’anno 2003 e conseguentemente il diritto al rimborso per l’anno 2006, afferente alla terza quota delle spese eccedenti la soglia, laddove, nel caso di specie si discute della quota relativa all’anno 2004. Chiara è, dunque, la portata espansiva del giudicato.
Il primo motivo è fondato.
Deve, preliminarmente, ribadirsi che ‘In tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, poiché avverso l’accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma
d’impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto costituirebbero una surrettizia forma d’impugnazione dell’accertamento in questione il quale, invece, in conformità della “ratio” dell’istituto, deve ritenersi intangibili’ (ex multis: Sez. 5, Ordinanza n. 26109 del 17/11/2020; Sez. 5, Sentenza n. 13129 del 25/05/2018; Sez. 5, Sentenza n. 20732 del 06/10/2010).
Lo scopo dell’accertamento con adesione è, infatti, connotato dall’interesse pubblico di acquisire immediatamente le somme risultanti dall’accordo. Ove fosse possibile la proposizione dell’istanza di rimborso, si finirebbe col mettere in discussione la sussistenza o la misura dell’obbligazione fiscale interessata dall’intervenuta adesione, laddove, invece, le somme versate non possono essere più messe in discussione, con l’ulteriore effetto della deflazione del contenzioso (Sez. 5, Sentenza n. 23224 del 25/07/2022). Il ricorso alla tutela giurisdizionale, a fronte di un accertamento con adesione, è stato ritenuto ammissibile solo nel caso ‘in cui il contribuente ravvisi degli errori in fase di liquidazione del tributo da parte dell’amministrazione finanziaria, avendo questa non correttamente determinato una maggiore imposta dovuta in base alle risultanze del processo verbale di constatazione, posto che, solo in tali circostanze, escludere un’autonoma impugnazione dell’atto di definizione significherebbe impedire al contribuente di far valere le proprie ragioni in sede giurisdizionale, con l’effetto che, pur in presenza di errori da parte dell’Ufficio, si vedrebbe cristallizzata, senza alcuna possibilità di tutela, una pretesa erariale non legittima. (Cass. 18/07/2023, n. 20988)’ (così Sez. 5, Sentenza n. 35879 del 22/12/2023, in motivazione).
Nel caso di specie, la richiesta di rimborso -nella prospettazione della società contribuente- non avrebbe di mira
l’esito dell’accertamento con adesione, relativo all’anno 2003, che anzi ne costituirebbe il presupposto, ma il riconoscimento del diritto a dedurre per l’anno di imposta 2004 la quota di competenza delle spese manutentive dedotte per intero nell’anno 2003, e recuperate a tassazione dall’Ufficio, in forza del meccanismo dell’art. 67 comma 7 T.U.I.R. ratione temporis applicabile, non essendo ciò impedito dall’accertamento con adesione, con il quale la contribuente si sarebbe limitata ad convenire sulla qualificazione dei costi contestati quali spese di manutenzione.
Sul punto, la difesa dell’Amministrazione, richiama la dichiarazione della contribuente contenuta nel processo verbale, ove si legge: ‘per quanto riguarda il periodo di imposta 2004, la società contesta la modalità di determinazione del rilievo in quanto non risulta essere stata computata in diminuzione la quota deducibile dell’eccedenza delle spese di manutenzione presuntivamente riprese a tassazione dagli stessi verbalizzanti nel periodo di imposta 2003. Ciò in quanto per tutti i periodi di imposta successivi a quelli interessati dalle predette proposte du recupero, rileva ovviamente il disposto dell’art. 102, comma 6, secondo periodo (già art. 67, comma 7 secondo periodo) T.U.I.R., per il quale è possibile dedurre per quote costanti, nei cinque esercizi successivi, le eccedenze di spese risultate indeducibili ai sensi del medesimo art. 102, comma 6’. Da siffatta dichiarazione, annotata a verbale, dovrebbe dedursi l’inammissibilità della richiesta di rimborso, avendo la società aderito al P.V.C., ove proprio in relazione all’annualità del 2004, non si teneva conto del quota pari a un quinto dell’eccedenza relativa all’anno 2003, così accettandosi implicitamente l’indeducibilità della quota per l’anno 2004.
Si pone, dunque -dovendo dare risposta alla questione posta dall’Ufficio, astrattamente risolutiva -il problema di
comprendere su che cosa cada l’adesione del contribuente, nelle ipotesi di cui all’art. 5 -bis, comma 2 d. lgs. 218/1997, relativo all’adesione al verbale di constatazione, essendo previsto che essa possa avere ‘ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione’.
E’ evidente, infatti, che, in generale, l’adesione non può che cadere sull’accertamento sia in relazione alla quantificazione delle imposte dovute, che in relazione ai fatti da cui scaturisce l’obbligo impositivo ed alla loro qualificazione. Mentre, deve ritenersi ‘escluso dalla procedura di adesione tutto ciò che, pur inserito all’interno del processo verbale, non ha alcuna attinenza con quanto può formare oggetto di immediata adesione’ (Sez. 5, Ordinanza n. 29036 del 20/10/2021, in motivazione la pronuncia afferma che non possono essere fatte oggetto di adesione tutte quelle indicazioni che, se pur inserite nel processo verbale di constatazione, necessitano di una ulteriore attività istruttoria da parte dell’Ufficio. In particolare, in quel caso, è stata negata la possibilità di impugnare l’atto di definizione con riguardo alla circostanza che, avendo il contribuente indicato dei costi nel processo verbale di constatazione, di questi si sarebbe dovuto tenere conto ai fini della complessiva pretesa da fare valere con l’atto impositivo finale)’. (Sez. 5, Ordinanza n. 29036 del 20/10/2021).
Ciò premesso, è chiaro che se l’adesione copre l’accertamento, le dichiarazioni del contribuente a verbale non possono che restarne fuori, da un lato, perché esse non costituiscono l’accertamento, dall’altro, perché esse appaiono irrilevanti in ordine alla formulazione dell’accordo, non consentendo l’introduzione di riserve del contribuente sul suo contenuto, tali da legittimarne l’impugnazione.
Non deve dimenticarsi, peraltro, che al momento della redazione del verbale, la società contribuente non aveva ancora
accettato la qualificazione di quegli specifici costi sostenuti nell’anno 2003 come spese di manutenzione, tanto è vero che li aveva dedotti per intero, difformemente da quanto previsto dall’art. 67, comma 7 cit.. Sicché la contestazione formulata e riportata dal P.V.C., diversamente da quanto ritenuto dall’Ufficio, non può univocamente leggersi come contestazione sul calcolo dell’importo deducibile per l’anno 2004, da cui scaturirebbe l’accettazione dell’indeducibilità della quota di un quinto delle spese di manutenzione eccedenti la soglia per l’anno 2003, ben potendo, al contrario, leggersi come contestazione della qualificazione di quei costi quali spese di manutenzione. E ciò tenuto conto dell’espressione utilizzata con cui si fa riferimento all’eccedenza ‘delle spese di manutenzione presuntivamente riprese a tassazione’, perché se esse fossero stare effettivamente tali l’Ufficio avrebbe dovuto provvedere alla deduzione per l’anno 2004 della quota di un quinto dell’eccedenza rispetto alla soglia per l’anno 2003.
Negata, dunque, ogni significatività della dichiarazione della società contribuente -cui d’altro canto la sentenza impugnata neppure fa cenno – ai fini della determinazione del contenuto dell’accertamento per adesione, resta l’accordo sulla qualificazione dei costi come spese di manutenzione, sui relativi importi dedotti in eccedenza per gli anni 2003 e 2004, sulla loro indeducibilità in una unica soluzione nell’esercizio di sostenimento, cui consegue la variazione reddituale per l’anno oggetto di accertamento e la liquidazione dell’imposta che ne deriva.
Ciò, tuttavia, significa, secondo il Procuratore generaleche, nell’interesse della legge, conclude per l’accoglimento del ricorsoche la possibilità di dedurre l’eccedenza in quote costanti negli anni successivi a quello in cui i costi sono stati sostenuti, ai sensi dell’art. 67, comma 7 T.U.I.R., ratione
temporis applicabile, non è esclusa dall’accertamento con adesione, sia perché il suo contenuto è limitato alla qualificazione delle spese, al loro importo ed all’impossibilità di dedurle in una unica soluzione, sia perché la previsione normativa che autorizza la deduzione dell’eccedenza in quote costanti è esterna all’accordo e non può ricadere nell’effetto preclusivo che ne deriva. Ed invero, la società contribuente riallineandosi al percorso imposto dal processo verbale in ordine la non deducibilità per intero delle spese di manutenzione, procedendo alla deduzione dell’eccedenza per rate costanti nei cinque anni successivi, come previsto dall’art. 67 cit., altro non avrebbe fatto se non conseguire quello stesso risultato che avrebbe conseguito qualora, sin dall’inizio, avesse provveduto a rispettare la soglia di deduzione delle spese di manutenzione.
Ora, per dare soluzione alla questione posta con il ricorso, va introdotta una considerazione, sollecitata proprio dalle riflessioni del Procuratore generale ed intrinseca ai motivi di ricorso.
L’accertamento nel caso di specie, come si è già ripetutamente detto, scaturisce dalla mancata applicazione del meccanismo legale di cui all’art. 67, comma 7 TU.I.R all’epoca vigente., che prevedeva che ‘Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili (…) L’eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi’.
L’applicazione del meccanismo legale di deduzione è, dunque, il fulcro del verbale di contestazione, cui la contribuente ha prestato adesione. Perché è in forza di quel meccanismo che
vengono recuperate a tassazione le somme eccedenti la soglia di deducibilità.
Nondimeno, proprio l’applicazione di siffatto meccanismo, che giustifica la ripresa, implica anche che le medesime spese, in quanto non deducibili per intero, siano deducibili nei cinque esercizi successivi per quote costanti. Si tratta, insomma, di una disposizione unica, la cui applicazione non può essere frammentata, consentendo la ripresa a tassazione delle somme eccedenti la soglia, ma non la deduzione successive di quelle somme frazionata in quote costanti nei cinque esercizi successivi. Ma, si tratta anche di una disposizione alle quale neppure l’Ufficio accertatore può sottrarsi, con la conseguenza che la ripresa a tassazione delle somme eccedenti, comporta di per sé, quale effetto, la deducibilità di quelle somme negli esercizi successivi.
Ecco che, allora, proprio perché con il processo verbale di constatazione si fonda sull’applicazione della disposizione di cui all’art. 67, comma 7 cit., la sua accettazione per adesione non può che comprendere le conseguenze di quel meccanismo, che comportano la deducibilità delle somme erroneamente dedotte per intero, in quote costanti nei cinque anni successivi, trattandosi di un effetto che dipende dalla legge e che non è nella disponibilità dell’Ufficio accertatore.
Alla luce di queste osservazioni appare chiaro che la richiesta di rimborso della quota di pertinenza dell’anno 2004, non si pone affatto come una surrettizia forma di impugnazione dell’accertamento con adesione, il cui valore resta intangibile sia nell’ an che nel quantum della pretesa complessiva, ma come estrinsecazione di un diritto previsto dalla legge, che deriva proprio da quanto accertato dall’Ufficio e dalla ripresa a tassazione delle somme non correttamente dedotte per l’anno 2003.
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento delle doglianze ulteriori.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, cui va rimessa altresì la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, cui va rimessa altresì la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024