Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11093 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 11093 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
SENTENZA
Sui ricorsi iscritti al n. 27686/2022 R.G. proposti da:
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso per procura speciale alle liti in calce al ricorso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente –
E DA
NOME (CODICE_FISCALE) , NOME (PNNRFL73L31D643D) e NOME (PNNSMN79D41D643V), in qualità di eredi legittimi di NOME rappresentati e difesi per procura speciale in calce al
ricorso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, è domiciliata;
-controricorrente-
avverso la sentenza n.1377/26/2022 della Commissione tributaria regionale della Puglia, depositata in data 17.5.2022;
udita la relazione svolta alla pubblica udienza del giorno 19.3.2025 dal Cons. NOME COGNOME udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per i ricorrenti l’avv. NOME COGNOME delegato dell’avv. NOME COGNOME udito per la controricorrente l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Commissione Tributaria provinciale di Foggia, adita separatamente da COGNOME NOME e COGNOME Raffaele, residenti ed esercenti la professione di commercialista in Pietra Montecorvino, comune colpito dal sisma del 31.10.2002, riuniti i ricorsi, accoglieva le domande di rimborso del 60% dei tributi versati nel periodo di imposta 31.10.200230.6.2008, ai sensi dell’art. 6, comma 4 bis del d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni in legge n. 2/2009, respingendo la tesi dell’A.F. secondo cui il rimborso non era dovuto, alla luce della decisione della Commissione Europea n. C (2015) 5549 final, intervenuta nelle more del giudizio, che, secondo il giudice di prime cure, non riguardava la fattispecie esaminata.
2.La Commissione Tributaria regionale della Puglia, in accoglimento dell’appello proposto dalla Direzione Provinciale di Foggia, rigettava gli originari ricorsi e compensava le spese processuali.
Riteneva il giudice del gravame non spettanti i chiesti rimborsi, in quanto gli appellati rientravano tra i soggetti che esercitavano attività economica e come tali erano interessati dalla decisione della Commissione Europea n. C (2015) 5549 final, ai sensi della quale il rimborso andava qualificato quale aiuto di Stato illegittimo.
3.Avverso la precitata sentenza COGNOME NOME e gli eredi di COGNOME NOME, come in epigrafe generalizzati, hanno proposto separati ricorsi sulla base di un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con unico articolato motivo i ricorrenti denunciano « la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2 del Regolamento CE n. 69/2001 e 2 del regolamento CE n. 1998/2006, degli articoli92 e 107, paragrafo 1, del T.F.U.E.; nonché dei principi stabiliti dalla decisione della Commissione europea n. 2016/195 del 14.8.2015 e dei principi vigenti in materia di aiuto c.d. de minimis, nonché in materia di sospensione e/o ripetizione o riduzione delle imposte dovute nel periodo di sospensione ai sensi del D.M. 9.1.2003 e della normativa successivamente intervenuta in materia ( art. 6, comma 4 bis, del D.L. n. 185/2008, convertito in legge n. 2/2009 e ulteriori disposizioni normative ivi richiamate ». Assumono, al riguardo – previa espressa rinuncia al rimborso delle somme versate a titolo di IVA -che la C.T.R. avrebbe dovuto valutare se il rimborso richiesto fosse in linea con i regolamenti de minimis applicabili al periodo controverso e precisamente i regolamenti n. 69/2001 in vigore fino al 31.12.2006 e n. 1989/2006 in vigore dall’1.1.2008. La C.T.R. aveva invece del tutto omesso tale doverosa verifica, invocata sin dal ricorso di primo grado. Ove
l’accertamento fosse stato effettuato, esso avrebbe certamente condotto all’accoglimento integrale dei ricorsi, atteso che le somme rispettivamente chieste a rimborso in virtù dell’agevolazione invocata erano ampiamente al di sotto del limite fissato dai predetti regolamenti. La C.T.R. aveva pertanto errato a rigettare le domande che, alla luce di quanto esposto, sarebbero invece pienamente fondate.
Osserva l’Agenzia delle Entrate che gli odierni ricorrenti non avevano formulato in primo grado un motivo di ricorso avente ad oggetto la questione della compatibilità dell’aiuto con i regolamenti de minimis vigenti. La questione era stata posta per la prima volta nella memoria di costituzione del giudizio di appello e pertanto, integrando domanda nuova ai sensi dell’art. 57 del decreto legislativo n. 546/92, non doveva essere esaminata dalla C.T.R., in quanto inammissibile e comunque infondata per difetto di prova dei presupposti più volte enucleati dalla giurisprudenza di legittimità, cui si richiama.
3.I ricorsi sono infondati.
Emerge dalla narrazione in fatto contenuta nei rispettivi ricorsi che solo in sede di costituzione nel giudizio di appello COGNOME NOME e COGNOME Raffaele, esercenti l’attività di commercialisti, oltre a ribadire la tesi secondo cui la decisione UE n. C (2015) 5549 final del 14/08/2015 non si applicava alle agevolazioni concesse dallo Stato italiano in relazione al sisma del 31.10.2002, verificatosi nelle regioni Molise e Puglia, con D.L. 185/2008, convertito in legge n. 2/2009, allegavano, subordinatamente, che ‘ gli importi chiesti a rimborso sono entro il c.d. de minimis e pertanto esclusi da qualsiasi potere di viziare o falsare la concorrenza nel mercato interno e/o europeo’. Trattasi tuttavia di mere difese e non già di domanda nuova impingente nel divieto di cui all’art. 57 del decreto legislativo n. 546/92.
4.Tanto chiarito, questa Corte ha in più occasioni evidenziato che «in tema di aiuto di Stato erogato ad un’impresa per calamità naturali, il giudice nazionale è tenuto a verificare se il beneficio individuale sia compatibile con il regolamento ” de minimis ” applicabile o, in difetto, se ricorrono le condizioni che rendono l’aiuto compatibile con il mercato interno ai sensi dell’art. 107, § 2, lett. b), TFUE (e cioè che si tratti di aiuto destinato a compensare i danni causati da calamità naturali). Da ciò deriva che il contribuente che vuole fruire del beneficio deve fornire la prova, per il rispetto del limite del “de minimis”, che l’ammontare totale degli aiuti ottenuti nel periodo di tre anni (decorrente dal momento dell’ottenimento del primo e comprendente qualsiasi aiuto pubblico, accordato sotto qualsiasi forma) non supera la soglia prevista nel regolamento, ovvero, per l’applicazione dell’ipotesi prevista dall’art. 107, § 2. lett. b) TFUE, di avere la sede operativa nell’area colpita dalla calamità al momento dell’evento, di aver subito danni a causa della calamità naturale ed anche l’assenza di una sovracompensazione dei danni subiti, scorporando dal pregiudizio accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o derivanti da altre forme di aiuto).» (cfr. Cass. n. 3070/2018, Cass. n. 10450/2018, Cass. n. 30373/2019, Cass. n. 7704/2020). 5.Una volta dunque assodato lo svolgimento di un’attività economica (commerciale o professionale che sia) da parte del contribuente, il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto se il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile, «tenendo conto, in specie, che la regola de minimis , stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza» (Cass., n. 22377/2017; conf. n. 29905/2017).
6.Tuttavia, nel rispetto del principio de minimis , non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez, Lav., 09/06/2017, n. 14465).
7.Questa Corte (Cass. sez. T. n. 29081/2023; n. 25150/2023; n. 22562/2023; n. 9375/2023 in motivazione; analogamente Cass. V, n. 17199/2019) ha espressamente precisato che il periodo di tre anni, rispetto ai quali verificare che il contribuente intenzionato a fruire delle agevolazioni tributarie riconosciute a fronte di calamità naturale non abbia superato, con l’importo complessivo degli aiuti ottenuti, la soglia dei regolamenti de minimis , decorre dal momento dell’ottenimento del primo aiuto, in linea con quanto stabilito nei regolamenti, che dispongono che ‘ Gli aiuti de minimis sono considerati concessi nel momento in cui all’impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto di ricevere gli aiuti, indipendentemente dalla data di erogazione (cfr. l’art. 3, § 4, di entrambi i Reg. (UE) nn. 1407/2013 e 717/2014).
8. Inoltre, va precisato che ‘ Il periodo di tre anni da prendere in considerazione ai fini del presente regolamento deve essere valutato su base mobile, nel senso che, in caso di nuova concessione di un aiuto de minimis, si deve tener conto dell’importo complessivo degli aiuti concessi nell’esercizio finanziario in questione e nei due esercizi finanziari precedenti ‘ (cfr. il considerando nn. 10 del Reg. (UE) n. 1407/2013 e 13 del Reg. (UE) n. 717/2014). Analogamente il ‘considerando’ n. 5 del regolamento UE n. 69/2001 prevede che ‘ L’aiuto de minimis si deve considerare erogato nel momento in cui sorge per il beneficiario il diritto a ricevere l’aiuto stesso’, donde ‘Il periodo di
riferimento di tre anni deve avere carattere mobile, nel senso che, in caso di nuova concessione di un aiuto de minimis, l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi nei tre anni precedenti deve essere ricalcolato ‘.
9. Dunque, nel caso in esame, si deve considerare l’entrata in vigore del comma 4 bis dell’art. 6 del d.l. 185/2008, introdotto dalla legge di conversione, che ha concesso di definire la posizione di coloro che non avevano mai versato i tributi sospesi mediante la corresponsione del 40% dell’ammontare dovuto, senza sanzioni ed interessi.
Ne consegue che, poiché il comma 4 bis dell’art. 6 del d.l. n. 185/2008 è entrato in vigore il 29.1.2009, il triennio si calcola a ritroso di 36 mesi dalla data di concessione dell’aiuto « de minimis », con la conseguenza che il periodo rilevante è dal 29.1.2006 al 29.1.2009.
10.Nella specie, avendo i contribuenti assolto a suo tempo all’intera imposizione fiscale, al fine di ottenere il rimborso dell’eccedenza versata rispetto al dovuto, in applicazione dell’art. 6, commi 4-bis e 4-ter, d.l. 29/11/2008, n. 185, avrebbero dovuto dimostrare quanto meno nella fase di gravame (dato che la decisione UE era intervenuta nel corso del giudizio di primo grado) che l’aiuto, sia per importi che per arco temporale, fosse in linea con il regolamento de minimis .
Senonchè, non avendo i contribuenti COGNOME NOME e COGNOME allegato e a maggior ragione offerto prova, neppure mediante autocertificazione in sede amministrativa, di non aver ottenuto alcun aiuto pubblico, accordato in qualsiasi forma, nel triennio dal 29.1.2006 al 29.1.2009, aiuto ovviamente diverso da quello di cui si discute, essendosi per contro limitati a fare riferimento all’importo totale delle somme chieste in restituzione, la statuizione di rigetto della C.T.R. deve ritenersi conforme a diritto
per la motivazione appena illustrata, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.
11.I ricorsi vanno conclusivamente respinti.
12.Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi;
condanna NOME NOME in proprio al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
condanna gli eredi di NOME, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuna parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19.3.2025