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Rimborso de minimis: onere della prova per gli aiuti

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contribuente, professionista operante in una zona colpita da calamità naturale, che richiede un rimborso fiscale qualificabile come aiuto di Stato, deve provare di rientrare nella regola del ‘de minimis’. Non è sufficiente che l’importo richiesto sia basso; il contribuente ha l’onere di dimostrare di non aver ricevuto altri aiuti pubblici nel triennio di riferimento che, sommati, superino la soglia consentita. La mancanza di tale prova, anche tramite autocertificazione, ha portato al rigetto del ricorso e alla negazione del rimborso de minimis.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso de minimis: l’onere della prova è del contribuente

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha chiarito un punto fondamentale in materia di aiuti di Stato e agevolazioni fiscali: l’onere di dimostrare il diritto a un rimborso de minimis spetta interamente al contribuente. Questa pronuncia sottolinea come non sia sufficiente che l’importo richiesto sia al di sotto della soglia; è necessario provare attivamente di non aver ricevuto altri aiuti pubblici nello stesso periodo di riferimento.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla richiesta di rimborso del 60% dei tributi versati da alcuni professionisti, residenti in un comune colpito da un sisma nel 2002. L’agevolazione era prevista da una specifica normativa emergenziale. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto le richieste dei contribuenti. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, aveva ribaltato la decisione, qualificando il rimborso come aiuto di Stato illegittimo alla luce di una decisione della Commissione Europea. I contribuenti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’aiuto rientrasse nella regola ‘de minimis’ e fosse quindi legittimo.

La Decisione della Corte di Cassazione e il rimborso de minimis

La Suprema Corte ha respinto i ricorsi dei contribuenti, confermando la decisione della Commissione Tributaria Regionale. Il punto centrale della sentenza è il principio dell’onere della prova. Secondo i giudici, quando un contribuente invoca un’agevolazione che costituisce un potenziale aiuto di Stato, deve essere lui a dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare di eccezioni come la regola ‘de minimis’.

L’onere della prova per il rimborso de minimis

La regola ‘de minimis’ permette agli Stati membri di erogare aiuti di piccola entità senza la preventiva autorizzazione della Commissione Europea, poiché si presume non falsino la concorrenza. Tuttavia, per applicare questa regola, è necessario che l’importo totale degli aiuti ‘de minimis’ concessi a un’unica impresa non superi una determinata soglia nell’arco di tre esercizi finanziari.

La Corte ha specificato che il contribuente deve fornire la prova che l’ammontare totale degli aiuti ottenuti nel triennio di riferimento (calcolato a ritroso dal momento della concessione dell’agevolazione) non ecceda la soglia prevista. Nel caso di specie, il momento della concessione è stato individuato nella data di entrata in vigore della norma che consentiva la definizione agevolata (29 gennaio 2009). Pertanto, il triennio rilevante andava dal 29 gennaio 2006 al 29 gennaio 2009.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno evidenziato che i ricorrenti non avevano fornito alcuna prova, neppure tramite autocertificazione, di non aver ricevuto altri aiuti pubblici nel periodo rilevante. Si erano limitati a far riferimento all’importo del singolo rimborso richiesto, senza considerare il quadro complessivo degli aiuti potenzialmente ricevuti. Questa omissione è stata fatale. La Corte ha ribadito che il giudice è tenuto a verificare in concreto se il beneficio individuale rispetti il regolamento ‘de minimis’, ma tale verifica può avvenire solo se il contribuente fornisce i dati necessari. La semplice affermazione di rientrare nei limiti non è sufficiente. Mancando questa prova fondamentale, la richiesta di rimborso non poteva che essere respinta, in quanto l’agevolazione restava qualificata come aiuto di Stato non compatibile con il mercato interno.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per imprese e professionisti che beneficiano di agevolazioni fiscali. Per ottenere un rimborso de minimis o qualsiasi altro beneficio riconducibile a un aiuto di Stato, è cruciale non solo verificare la propria posizione, ma anche essere pronti a documentarla in modo inequivocabile. Il contribuente ha un ruolo attivo: deve raccogliere e conservare la documentazione relativa a tutti gli aiuti pubblici ricevuti per poter dimostrare, in caso di contestazione, di non aver superato le soglie consentite. In assenza di tale prova, il rischio di vedersi negare il beneficio e di dover restituire le somme è concreto.

Chi deve provare che un aiuto di Stato rientra nella regola de minimis?
Spetta al contribuente che vuole beneficiare dell’aiuto fornire la prova di non aver superato, nel triennio di riferimento, la soglia massima di aiuti consentita dalla regola de minimis. L’onere della prova è a suo carico.

È sufficiente che l’importo richiesto come rimborso sia inferiore alla soglia de minimis?
No, non è sufficiente. Il contribuente deve dimostrare che l’ammontare totale di tutti gli aiuti pubblici ricevuti in un periodo di tre anni (e non solo l’importo del singolo rimborso) non supera la soglia prevista dai regolamenti europei.

Come si calcola il periodo di tre anni per la verifica della soglia de minimis?
Il periodo di tre anni si calcola ‘a ritroso’ a partire dal momento in cui l’aiuto viene concesso giuridicamente al beneficiario. Nel caso analizzato dalla sentenza, questo momento è stato identificato con la data di entrata in vigore della legge che ha introdotto l’agevolazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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