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Rimborso credito IVA: sì anche su immobili non di proprietà

Un imprenditore ha richiesto il rimborso del credito IVA per lavori di ristrutturazione su immobili non di sua proprietà, ma utilizzati per la sua attività. L’Amministrazione Finanziaria aveva negato il rimborso, sostenendo che non si trattasse di ‘beni ammortizzabili’. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32345/2024, ha dato ragione al contribuente. Basandosi su un recente orientamento delle Sezioni Unite e sul principio di neutralità dell’IVA, la Corte ha stabilito che il diritto al rimborso sussiste se c’è un nesso di strumentalità tra il bene e l’attività, a prescindere dalla proprietà formale.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Credito IVA: Legittimo anche per Lavori su Immobili non di Proprietà

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio di fondamentale importanza in materia fiscale, chiarendo le condizioni per ottenere il rimborso credito IVA relativo a lavori su beni immobili. La sentenza afferma che un imprenditore ha diritto al rimborso anche se i lavori sono stati eseguiti su un immobile non di sua proprietà, ma detenuto in virtù di un contratto come la locazione o il comodato. Questo orientamento, che privilegia la sostanza sulla forma, rafforza il principio di neutralità dell’IVA e allinea la normativa nazionale a quella europea.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Rimborso IVA

La controversia nasce dalla richiesta di un imprenditore individuale di ottenere il rimborso di un cospicuo credito IVA. Tale credito era maturato a seguito di ingenti spese di ristrutturazione e ampliamento sostenute per immobili strumentali alla sua attività d’impresa. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che alcuni di questi immobili non erano di proprietà del contribuente.

L’Agenzia delle Entrate aveva concesso la detrazione dell’IVA, riconoscendo quindi il nesso tra le spese e l’attività d’impresa, ma aveva negato il rimborso. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, mancava un presupposto fondamentale previsto dalla normativa nazionale (art. 30, d.P.R. 633/1972): le opere non potevano essere iscritte a bilancio come “beni ammortizzabili”, in quanto realizzate su beni di terzi. Di conseguenza, l’eccedenza IVA poteva essere solo portata in detrazione negli anni successivi, ma non richiesta a rimborso.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente, annullando il diniego di rimborso. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione e il Principio della Neutralità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando il diritto dell’imprenditore al rimborso. La decisione si fonda su un recente e autorevole pronunciamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 13162/2024), che ha risolto un contrasto giurisprudenziale sulla materia.

L’Importanza della “Strumentalità” rispetto alla Proprietà

Il punto centrale della decisione è che, ai fini del rimborso credito IVA, il requisito dell’acquisto di “beni ammortizzabili” non va interpretato in senso restrittivo e civilistico. Non è necessaria la proprietà del bene. Ciò che conta è la “disponibilità” del bene per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo, garantita da un titolo giuridico come un contratto di locazione o comodato, e soprattutto la sua “strumentalità” rispetto all’attività d’impresa.

In altre parole, se il bene è essenziale per l’esercizio dell’impresa, le spese sostenute su di esso per migliorarlo o ristrutturarlo sono considerate investimenti che danno diritto non solo alla detrazione, ma anche al rimborso dell’IVA.

L’impatto del diritto europeo sul rimborso credito IVA

La Corte ha sottolineato come questa interpretazione sia l’unica “conforme” al diritto dell’Unione Europea. Le direttive comunitarie in materia di IVA utilizzano la nozione più ampia di “beni di investimento”, che è un concetto economico e sostanziale, non legato alla nozione formale di ammortizzabilità civilistica. Il diritto al rimborso è una componente essenziale del principio di neutralità dell’IVA, che mira a sgravare completamente l’impresa dal peso dell’imposta, facendola ricadere unicamente sul consumatore finale. Limitare il rimborso sulla base di un requisito formale come la proprietà del bene costituirebbe una violazione di tale principio.

Le Motivazioni della Corte

Le Sezioni Unite, richiamate nell’ordinanza, hanno spiegato che la normativa interna deve essere interpretata alla luce dei principi unionali di effettività ed equivalenza. Negare il rimborso e consentire solo la detrazione futura creerebbe uno svantaggio finanziario per il contribuente, posticipando il recupero di un’imposta che, per sua natura, non dovrebbe gravare sull’impresa. La facoltà concessa agli Stati membri di definire le “modalità” del rimborso è puramente procedimentale e non può incidere sulla sostanza del diritto. Di conseguenza, l’espressione “acquisto di beni ammortizzabili” deve essere letta in senso lato, includendo qualsiasi forma di acquisizione della disponibilità di un bene strumentale destinato a essere utilizzato per un periodo medio-lungo nell’attività d’impresa.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione consolida un principio fondamentale: per il rimborso credito IVA, la sostanza economica prevale sulla forma giuridica. La chiave di volta è il nesso di strumentalità tra il bene (anche se di proprietà di terzi) e l’attività imprenditoriale. Questa decisione offre maggiore certezza giuridica agli operatori economici che investono in beni non di proprietà ma essenziali per il loro business, garantendo la piena applicazione del principio di neutralità dell’IVA e allineando l’ordinamento italiano a quello europeo.

Un’impresa può ottenere il rimborso del credito IVA per lavori di ristrutturazione su un immobile che non possiede, ma che usa per la sua attività (es. in affitto)?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto al rimborso del credito IVA sussiste a condizione che l’immobile sia detenuto in virtù di un titolo giuridico (come locazione o comodato) e che vi sia un nesso di strumentalità, ovvero un legame funzionale, tra l’immobile e l’attività d’impresa svolta.

Ai fini del rimborso IVA, cosa è più importante: la proprietà formale del bene o il suo utilizzo per l’attività d’impresa?
È più importante l’utilizzo strumentale del bene per l’attività d’impresa. La Corte ha chiarito che il concetto di “beni ammortizzabili” deve essere interpretato in senso economico e sostanziale, includendo i beni di cui l’imprenditore ha la disponibilità a lungo termine, a prescindere dal titolo di proprietà.

Perché il concetto di “beni ammortizzabili” è stato interpretato in modo così ampio dalla Corte di Cassazione?
L’interpretazione ampia è necessaria per rendere la normativa nazionale conforme al diritto dell’Unione Europea e per rispettare il principio fondamentale di neutralità dell’IVA. Tale principio impone che l’imposta non debba rappresentare un costo per l’impresa, ma solo per il consumatore finale. Negare il rimborso sulla base di un requisito formale come la proprietà violerebbe questo principio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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