Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32345 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32345 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4080 -20 23 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso , per procura speciale in atti, dall’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAILordineavvocaticataniaEMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7423/07/2022 della Commissione tributaria regionale della SICILIA, depositata in data 07/09/2022;
Oggetto:
TRIBUTI –
rimborso credito IVA
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 8 ottobre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento di diniego parziale di rimborso IVA emesso nei confronti di NOME COGNOME in relazione alla richiesta di restituzione dell’IVA relativa a lavori che il contribuente aveva realizzato in parte su terreni di proprietà altrui e che l’Agenzia delle entrate sosteneva essere soltanto detraibili ma non rimborsabili, sia perché difettava il presupposto soggettivo richiesto dalla legge per legittimare la richiesta totale di rimborso, sia perché le opere di ristrutturazione ed ampliamento non potevano essere iscritte a bilancio come beni ammortizzabili ‘in toto’ dal soggetto che le aveva sostenute, come prescritto dall’art. 30, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 633 del 1972, con la sentenza impugnata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Sicilia rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate confermando la statuizione di primo grado di annullamento del diniego con condanna dell’amministrazione finanziaria ad effettuare il rimborso richiesto .
La CTR, dopo aver precisato «che ai fini della detrazione dell’iva sulle ristrutturazion degli immobili, il contribuente può portare in detrazione l’imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dell’immobile destinato all’esercizio dell’attività di impresa anche se non è il proprietario, ma conduttore o comodatario, essendo irrilevanti la disciplina civilistica e gli accordi intercorsi tra le parti. (Cass, Sez. VI Ord. N. 17421- 30 agosto 2016)», ha affermato che «è ammessa la detraibilità dell’Iva sulle ristrutturazioni degli immobili destinati all’esercizio dell’impresa anche se il contribuente non ne è il proprietario, ma conduttore o comodatario».
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo, cui replica l’intimat a con controricorso.
Considerato che:
Con il mezzo di cassazione la ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30, comma 3, lett. c), dpr 633/1972 ed omessa pronuncia in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 e 5 c.p.c. nella parte in cui ritiene sussistente il diritto alla detrazione ma omette di pronunciarsi sul denegato rimborso dell’iva a credito» .
1.1. Sostiene che la CTR « Nulla dice la sentenza sul diniego di rimborso, limitandosi a confermare quanto già l’Ufficio aveva riconosciuto con l’atto impugnato, cioè il diritto alla detraibilità dell’Iva. Rigetta, inoltre, l’appello su basi errate estranee all’oggetto del contendere, senza pronunciarsi sul denegato rimborso dell’Iva a credito richiesto ai sensi dell’art. 30, comma 3 lett. c) del DPR 633/1972 (pag. 3, 3° e d ultimo capoverso dell’appello agenziale).
1.2. Sostiene altresì che, in ogni caso i giudici di appello avevano violato l’art. 30, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 633 del 1972 che consente al contribuente di ottenere il rimborso dell’eccedenza detraibile, limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione dei beni ammortizzabili ma non quando le opere, da cui deriva l’eccedenza detraibile, siano state eseguite su immobile di proprietà di terzi, quindi su beni non ammortizzabili.
Tale ultima censura deve essere esaminata con priorità rispetto a quella con cui viene dedotta l’omessa pronuncia, avendo idoneità a risolvere il giudizio.
Il motivo è infondato e va rigettato alla stregua del recente orientamento nomofilattico in base al quale «L’esercente attività d’impresa o professionale ha diritto al rimborso dell’IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è
proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l’attività svolta» (Cass., Sez. U, n. 13162 14/05/2024, Rv. 671381 – 01).
3.1. Le Sezioni unite, nel comporre un contrasto interno a questa Sezione e rilevando, al contempo, la rilevanza nomofilattica della questione, è pervenuta ad affermare tale principio.
3.2. Le Sezioni unite:
m uovendo dall’art. 183, primo paragrafo, della c.d. direttiva “rifusa”, secondo cui «Qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite», da cui l’indirizzo maggioritario della Corte aveva fatto discendere l’equivalenza dei presupposti della detrazione e del rimborso dell’IVA, fatta salva la facoltà degli Stati membri di disciplinare le «modalità» di rimborso dell’imposta, che è termine che non lascia adito a particolari dubbi sulla valenza meramente procedimentale e non sostanziale della facoltà normativa interna;
applicati i consolidati principi della giurisprudenza unionale, in ordine alla necessità che la normativa interna si attenga a precisi caposaldi, non valicabili a pena di incompatibilità unionale ossia il rispetto dei principi di effettività ed equivalenza, la ragionevolezza del termine per il rimborso e la garanzia di assenza di rischi finanziari per il soggetto passivo (tra le altre, v. Corte giust, C107/10, NOME COGNOME; C-431/12, Rafinaria Steaua Romana; C-254/16, RAGIONE_SOCIALE Hungary), ma, su tutti, il generalissimo, tendenzialmente assoluto, principio di neutralità dell’imposta de qua, che, al fondo, deve sempre guidare la risoluzione delle questioni giuridiche controverse alla medesima afferenti;
ha affermato che «all’espressione «acquisto .. di beni ammortizzabili», utilizzata dal legislatore IVA interno (art. 30, terzo comma, lett. c), dPR 633/1972), va attribuito il significato -lato- di disponibilità di tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di norma, non solo quello derivante dall’acquisizione della proprietà ovvero di un diritto reale, ma anche da un contratto di locazione/comodato), ferma in ogni caso la necessaria “strumentalità” dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (che comunque è presupposto generale della detraibilità dell’IVA ex art. 19, comma 1, dPR 633/1972)» e che «l’applicazione della disposizione legislativa de qua va necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali)», ovvero con «riferimento alla nozione -ampia e sostanzialmente economica- di «beni di investimento» che è quella utilizzata nella direttiva “rifusa” (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione “conforme” deve affidarsi».
Orbene, nel caso di specie, in cui non è contestato il nesso di strumentalità tra i beni oggetto di intervento edilizio e l’attività svolta dal contribuente, la CTR si è attenuta al citato principio giurisprudenziale, con la conseguenza che va disattesa la tesi, con esso contrastante, sostenuto nel motivo in esame. Il che rende del tutto superfluo esaminare la prima censura, che rimane assorbita, e le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente.
Sussiste una valida ragione di compensazione delle spese processuali da ravvisarsi nella sopravvenienza della citata pronuncia nomofilattica.
P.Q.M.
rigetta il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, e compensa le spese processuali.
Così deciso in Roma in data 8 ottobre 2024