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Rimborso credito IVA: senza limiti di tempo per il Fisco

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’Amministrazione Finanziaria può contestare una richiesta di rimborso credito IVA anche dopo la scadenza dei termini ordinari di accertamento. In un caso riguardante una società in fallimento, i giudici di merito avevano accolto la richiesta di rimborso, ritenendo decaduto il potere di controllo del Fisco. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione, affermando che il diritto di verificare la fondatezza di una richiesta di rimborso non è soggetto agli stessi termini di decadenza previsti per l’attività di accertamento, garantendo così al Fisco un potere di controllo senza limiti temporali su tali istanze.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Credito IVA: La Cassazione Conferma il Potere di Controllo del Fisco Senza Scadenza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia fiscale: il potere dell’Amministrazione Finanziaria di verificare la legittimità di una richiesta di rimborso credito IVA non è soggetto ai termini di decadenza previsti per l’attività di accertamento. Questa decisione chiarisce che, anche a distanza di anni, il Fisco può contestare nel merito un credito esposto dal contribuente in una dichiarazione, qualora ne venga richiesto il rimborso.

I Fatti del Caso

La controversia nasce dalla richiesta di rimborso di un credito IVA da parte di una società in liquidazione e fallimento. L’Agenzia delle Entrate aveva emesso un provvedimento di sospensione del rimborso, ma la società aveva ottenuto ragione sia in primo che in secondo grado. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva respinto l’appello dell’Agenzia, sostenendo che il potere di controllo sul diritto al rimborso fosse ormai decaduto, essendo trascorsi i termini per l’accertamento. Secondo la CTR, inoltre, il curatore fallimentare non aveva l’onere di conservare tutta la documentazione e, da quella disponibile, non emergeva il superamento del cosiddetto plafond.

La Decisione della Corte e il potere sul rimborso credito IVA

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su tre motivi. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il secondo motivo, che si è rivelato decisivo per l’esito del giudizio.

Il Principio delle Sezioni Unite

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione di un principio consolidato dalle Sezioni Unite della stessa Corte (sentenza n. 21766/2021). Secondo tale orientamento, bisogna distinguere tra il potere di accertamento e rettifica della dichiarazione, che è soggetto a precisi termini di decadenza per garantire la certezza dei rapporti giuridici, e il potere di controllo su una richiesta di rimborso. Quando un contribuente presenta un’istanza per ottenere la restituzione di un’eccedenza d’imposta, l’Amministrazione Finanziaria ha il diritto e il dovere di verificare la fondatezza del credito richiesto. Questo potere di verifica non soggiace agli stessi limiti temporali dell’accertamento, poiché sorge nel momento in cui il contribuente attiva una pretesa economica nei confronti dell’Erario.

Analisi degli Altri Motivi

La Corte ha invece rigettato gli altri due motivi. Il primo, relativo alla presunta motivazione apparente della sentenza della CTR, è stato ritenuto infondato poiché, seppur sintetica, la motivazione era comprensibile. Anche il terzo motivo, con cui l’Agenzia contestava l’uso delle scritture contabili dell’impresa come prova a favore della stessa, è stato respinto. La Cassazione ha chiarito che, sebbene le scritture contabili facciano piena prova contro l’imprenditore, il giudice può trarne elementi indiziari a suo favore, integrandoli con altre risultanze probatorie.

le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando la differente natura giuridica dell’attività di accertamento rispetto alla verifica di una richiesta di rimborso. L’accertamento è un’azione unilaterale del Fisco volta a rettificare la dichiarazione del contribuente entro un termine stabilito per legge, a tutela della stabilità delle posizioni giuridiche. La richiesta di rimborso, al contrario, è un’iniziativa del contribuente che avanza una pretesa creditoria. Questa azione apre necessariamente a un controllo sulla sua effettiva esistenza e sul suo ammontare, un controllo che non può essere limitato dagli stessi termini previsti per l’attività di accertamento. Generalizzando un principio già valido per le imposte dirette (IRPEG), la Corte ha esteso questa logica anche all’IVA, stabilendo che il potere di contestare nel merito il credito IVA richiesto a rimborso persiste anche dopo la scadenza dei termini per l’accertamento.

le conclusioni
La pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. I contribuenti e i professionisti devono essere consapevoli che la scadenza dei termini di accertamento non rende un credito IVA automaticamente incontestabile se se ne chiede il rimborso. L’Amministrazione Finanziaria conserva un potere di controllo duraturo e penetrante su tali istanze. La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio alla Commissione di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare la questione attenendosi a questo fondamentale principio di diritto, ovvero verificando nel merito la fondatezza del credito IVA vantato dalla società fallita.

L’Amministrazione finanziaria può contestare una richiesta di rimborso del credito IVA anche se sono scaduti i termini per l’accertamento?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il potere di contestare nel merito un credito IVA esposto in dichiarazione non è soggetto agli stessi termini di decadenza previsti per l’attività di accertamento o rettifica, quando il contribuente ne chiede il rimborso.

Le scritture contabili di un’azienda possono essere usate come prova a suo favore in un giudizio tributario?
Sì, ma non come prova piena. La Corte ha specificato che il giudice può trarre dalle scritture contabili, se regolarmente tenute, elementi indiziari validi a favore dell’imprenditore, specialmente se in concorso con altre risultanze probatorie.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione accoglie solo uno dei motivi di ricorso?
La Corte cassa (annulla) la sentenza impugnata solo in relazione al motivo che è stato accolto. Successivamente, rinvia la causa a un altro giudice (in questo caso, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione) che dovrà decidere nuovamente la questione, attenendosi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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