Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34803 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34803 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17198/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME (CODICE_FISCALE, pec
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE PROVINCIALE CASERTA -intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA n. 194/2022 depositata il 10/01/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Campania ( hinc: CTR), con sentenza n. 194/2022 depositata in data 10/01/2022, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 1862/2021, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Caserta aveva accolto il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avente per oggetto il diniego di rimborso di un credito IVA per l’anno 2007, pari a Euro 42.565,00.
La CTR ha richiamato la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (15/03/2016, n. 5069), con la quale è stato ritenuto che i termini decadenziali sono previsti solo per le attività di accertamento di un credito dell’amministrazione finanziaria e non quando qu est’ultima contesti la sussistenza di un suo debito. Di conseguenza, ha ritenuto l’Ufficio legittimato alla contestazione del credito IVA esposto dalla contribuente nella dichiarazione 2008 e ciò a prescindere dal decorso del termine di cui all’art. 57 d.P .R. n. 633 del 1972 e 43 d.P.R. n. 600 del 1973. Inoltre, la richiesta di rimborso aveva ad oggetto un credito di cui la contribuente non aveva provato
l’effettiva esistenza mediante la produzione di idonea documentazione.
Contro la sentenza della RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per motivazione omessa, violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, dell’art. 132 cod. proc. civ. e 111 Cost. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
1.1. La parte ricorrente rileva che l’ufficio ha proposto appello contro la sentenza di primo grado, nella convinzione di non essere decaduta dal potere accertativo e di poter contestare il credito esposto in dichiarazione anche oltre i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, ritenendo di non esser decaduta, per aver notificato alla contribuente una richiesta di documenti nel 2014. La contribuente dichiara di essersi costituita davanti alla CTR, replicando all’appello e chiedendo alla CTR, se lo avesse ritenuto opportuno ai fini della decisione, di emettere ordinanza con la quale chiedere all’ufficio il deposito della relata di notifica della richiesta di documentazione alla società avvenuta nel 2014. Tuttavia, la CTR, nell’accogliere l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha omesso qualsiasi motivazione in merito alla mancanza di elementi comprovanti la notificazione fatta alla contribuente, sebbene, nella premessa della sentenza impugnata, i giudici di secondo grado avessero riferito in merito alla doglianza sollevata dal contribuente su tale questione. La ricorrente lamenta, quindi, che la CTR abbia omesso ogni valutazione in ordine alle argomentazioni fornite dalla parte resistente, sostenendo, in adesione alle difese erariali, che
l’amministrazione non fosse incorsa in nessuna decadenza , sì da rendere incomprensibile il decisum .
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto che l’ufficio non fosse incorso in alcuna decadenza per contestare o emettere l’avviso di accertamento. Secondo la ricorrente l’ufficio non ha mai contestato il credito IVA, così come erroneamente ritenuto dalla CTR, né ha mai emesso alcun avviso di accertamento o di rettifica al fine di contestare il credito esposto in dichiarazione, risultando chiarissima la violazione dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972.
La controricorrente ha chiesto il rigetto del ricorso, rilevando che la ricorrente si è limitata a reiterare le censure già svolte nel precedente grado di giudizio e che la censura della violazione e della falsa applicazione dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972 è, in realtà, solo apparente, non concretandosi in un’effettiva critica della sentenza.
Il primo motivo è infondato. La CTR , in relazione all’istanza di rimborso presentata dall’odierna parte ricorrente ha escluso la decadenza dell’amministrazione finanziaria, in ragione di quanto precisato dalla giurisprudenza di questa Corte, a decorrere dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 5069 del 2016, poi confermata e ulteriormente precisata con specifico riferimento all’Iva con la sentenza Sez. U, 29/07/2021, n. 21766, che ha affermato il seguente principio di diritto « In tema di rimborso dell’eccedenza detraibile dell’IVA, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento o per la rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento. ».
È conseguentemente irrilevante la questione in ordine alla richiesta di documenti di chiarimento dei debiti riferita all’anno 2014 e ciò, tanto più, che i documenti idonei a dimostrare la fondatezza della pretesa creditoria avrebbero ben potuto essere prodotti dal contribuente nei precedenti gradi di giudizio.
Proprio su tale aspetto si incentra la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, che si va aggiungere a quella che ha escluso la decadenza dell’amministrazione finanziaria (v. sentenza impugnata: « A tanto si aggiunge che la richiesta di rimborso aveva ad oggetto un credito di cui la contribuente non ha provato l’effettiva esistenza mediante produzione di idonea documentazione.»).
Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato, in quanto, con riferimento all’interpretazione dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972 , contrasta con la giurisprudenza della presente Corte (v. Cass. Sez. U. n. 5069 del 2016 cit. ).
Occorre evidenziare che la contestazione cui fa riferimento la sentenza riguarda l’esistenza del credito vantato dal contribuente con l’istanza di rimborso, diversamente dalla (ben distinta) contestazione della pretesa impositiva mediante l’avviso di accertamento (in cui l’amministrazione fa valere l’esistenza un maggior credito nei confronti del contribuente).
Questa Corte ha precisato che, in tema di rimborso d’imposta, non è previsto – né dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, né da altre disposizioni – l’onere dell’Amministrazione finanziaria di svolgere attività di rettifica della dichiarazione in cui è stato esposto il credito, con la conseguenza che, anche in assenza di accertamenti nei termini di legge, non si consolida l’asserito diritto del contribuente (Cass., 17/06/2016, n. 12557).
Del resto, come pure precisato nella sentenza impugnata, in caso di istanza di rimborso è il contribuente a dover provare l’esistenza del credito esposto in dichiarazione.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
6.1. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo uni ficato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 07/11/2024.