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Rimborso credito IVA: onere della prova del credito

Una società si è vista negare una richiesta di rimborso credito IVA. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che l’Amministrazione Finanziaria può sempre contestare l’esistenza del credito in sede di rimborso, anche dopo la scadenza dei termini di accertamento. L’onere di provare l’esistenza del credito grava interamente sul contribuente, che nel caso specifico non aveva fornito documentazione adeguata.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Credito IVA: La Prova Spetta Sempre al Contribuente

La gestione fiscale di un’azienda presenta numerose sfide, tra cui la corretta gestione dell’IVA. Un punto cruciale è la richiesta di rimborso credito IVA, un diritto del contribuente che può però incontrare ostacoli. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale: anche se sono scaduti i termini per l’accertamento, l’Amministrazione Finanziaria può contestare l’esistenza del credito. Vediamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Rimborso Bloccata

Una società operante nel settore edile aveva presentato una richiesta di rimborso per un cospicuo credito IVA maturato nell’anno 2007. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, aveva respinto la richiesta. La contribuente aveva inizialmente ottenuto ragione presso la Commissione Tributaria Provinciale, ma la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Ufficio. La questione è così giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

Le Argomentazioni del Contribuente e la Difesa

La società ricorrente basava il proprio ricorso in Cassazione su due motivi principali:
1. Motivazione omessa: Sosteneva che la sentenza d’appello fosse nulla perché non aveva considerato l’argomentazione secondo cui l’Agenzia delle Entrate era ormai decaduta dal potere di contestare il credito, essendo trascorsi i termini per l’accertamento.
2. Violazione di legge: Lamentava la violazione delle norme in materia di accertamento IVA (art. 57 d.P.R. 633/1972), poiché l’Ufficio non aveva mai notificato un avviso di accertamento o di rettifica per contestare il credito esposto in dichiarazione.

In sintesi, la tesi della società era che, in assenza di un’azione formale entro i termini di legge, il credito si fosse consolidato e dovesse essere rimborsato.

La Decisione della Corte sul Rimborso Credito IVA

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso della società, confermando la legittimità del diniego di rimborso. La decisione si fonda su un principio consolidato, espresso in precedenza dalle Sezioni Unite della stessa Corte (sentenze n. 5069/2016 e n. 21766/2021).

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito una distinzione fondamentale. I termini di decadenza previsti dalla legge (come quelli degli artt. 57 d.P.R. 633/1972 e 43 d.P.R. 600/1973) si applicano al potere dell’Amministrazione Finanziaria di accertare una maggiore imposta a carico del contribuente, notificando un avviso di accertamento. Questi termini, tuttavia, non limitano il potere dell’Ufficio di verificare la fondatezza di un credito che il contribuente chiede a rimborso.

In altre parole, quando il Fisco agisce per recuperare imposte non versate, deve farlo entro scadenze precise. Quando, invece, è il contribuente a chiedere la restituzione di somme, l’Amministrazione ha il diritto e il dovere di controllare che quel credito esista effettivamente, a prescindere dal tempo trascorso. L’onere di dimostrare, con idonea documentazione, l’esistenza e l’ammontare del credito grava sempre e solo sul contribuente che avanza la pretesa.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato che la sentenza d’appello si basava su una doppia ratio decidendi: non solo l’assenza di decadenza per l’Ufficio, ma anche e soprattutto il fatto che la società non aveva provato l’effettiva esistenza del credito mediante la produzione di documenti adeguati. Questa seconda motivazione, da sola, era sufficiente a giustificare il rigetto della richiesta di rimborso, rendendo irrilevante la questione sulla notifica di una richiesta di documenti avvenuta anni prima.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale per tutte le imprese: il diritto al rimborso credito IVA non si consolida automaticamente con il solo decorso del tempo. La scadenza dei termini di accertamento non costituisce uno scudo per il contribuente. È fondamentale conservare meticolosamente tutta la documentazione contabile e fiscale che comprova la legittimità del credito, poiché in sede di richiesta di rimborso spetterà sempre all’azienda dimostrare, senza ombra di dubbio, la fondatezza della propria pretesa creditoria nei confronti dell’Erario. La mancata prova si traduce, inevitabilmente, nel rigetto della richiesta.

L’Agenzia delle Entrate può contestare un credito IVA dopo la scadenza dei termini per l’accertamento?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che i termini di decadenza si applicano al potere di accertare una maggiore imposta, ma non al potere di verificare la sussistenza di un credito quando il contribuente ne chiede il rimborso.

Su chi ricade l’onere di provare l’esistenza di un credito IVA in caso di richiesta di rimborso?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. È la società che chiede il rimborso a dover dimostrare, mediante idonea documentazione, l’effettiva esistenza e l’ammontare del credito vantato.

È necessario un avviso di accertamento formale per negare un rimborso di credito IVA?
No. Per contestare l’esistenza di un credito nell’ambito di una richiesta di rimborso, non è necessario che l’Amministrazione Finanziaria emetta un avviso di accertamento o di rettifica. La contestazione può avvenire direttamente nel procedimento di diniego del rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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