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Rimborso credito IVA: il Fisco può negarlo sempre?

Una società fallita e la banca cessionaria del suo credito si sono viste negare un rimborso credito IVA relativo ad anni pregressi. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che l’Amministrazione Finanziaria può sempre contestare l’esistenza di un credito quando ne viene chiesto il rimborso, anche se i termini per l’accertamento sono scaduti. Il principio chiave è che l’onere della prova grava sempre sul contribuente, che deve dimostrare con idonea documentazione l’effettiva esistenza del credito richiesto.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Credito IVA: La Cassazione Chiarisce i Limiti alla Contestazione del Fisco

Il tema del rimborso credito IVA rappresenta una questione cruciale per la liquidità delle imprese. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la richiesta di rimborso di un credito IVA, anche se maturato in anni per i quali sono scaduti i termini di accertamento, non impedisce all’Amministrazione Finanziaria di verificarne l’effettiva esistenza. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante ordinanza.

I Fatti del Caso

Una società di costruzioni, successivamente dichiarata fallita, insieme alla banca cessionaria del credito, richiedeva il rimborso di un’ingente eccedenza IVA risultante dalla dichiarazione del 2020, ma relativa a crediti maturati tra il 2005 e il 2008. L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso, sostenendo l’inattendibilità della contabilità e delle dichiarazioni passate, dalle quali non emergeva alcuna eccedenza d’imposta da rimborsare.

I contribuenti si opponevano, sostenendo che, essendo decorsi i termini per l’accertamento, il credito si fosse ormai “cristallizzato” e non potesse più essere messo in discussione. La controversia è giunta fino alla Corte di Cassazione, che ha dovuto pronunciarsi sulla legittimità dell’operato del Fisco.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dei contribuenti, confermando le sentenze dei gradi precedenti. La decisione si fonda su un orientamento ormai consolidato: la scadenza dei termini di accertamento preclude al Fisco la possibilità di richiedere un maggior debito d’imposta, ma non gli impedisce di difendersi da una richiesta di rimborso contestando la fondatezza del credito vantato dal contribuente.

Le Motivazioni: l’Onere della Prova nel Rimborso Credito IVA

La Corte ha chiarito in modo netto la distinzione tra l’azione accertativa del Fisco e la sua difesa in sede di rimborso.

Nessuna “Cristallizzazione” del Credito

Il punto centrale della motivazione è che non esiste una “cristallizzazione” automatica del credito per il solo decorso del tempo. Quando un contribuente sceglie di riportare un’eccedenza IVA per anni, per poi chiederne il rimborso, riapre di fatto la questione della sua esistenza. È il contribuente stesso a dare nuovo impulso al rapporto tributario, trasformando una posta contabile in una richiesta di esborso monetario da parte dello Stato.

L’Onere della Prova Ricade sul Contribuente

Di conseguenza, l’onere probatorio grava interamente su chi richiede il rimborso. Spetta al contribuente dimostrare, con documentazione idonea (fatture, registri, prove di pagamento), l’esistenza, l’ammontare e la spettanza del credito. L’Amministrazione Finanziaria, in questa fase, agisce in difesa, eccependo la mancanza di prova del diritto vantato, secondo il principio generale “quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum” (ciò che è prescritto come azione, è perpetuo come eccezione).

Il Caso Specifico e le contestazioni sul rimborso credito IVA

Nel caso analizzato, la Corte ha rilevato che i contribuenti non avevano fornito prove sufficienti. Per gli anni 2005 e 2006, mancavano le fatture d’acquisto; per il 2007, le liquidazioni periodiche mostravano un debito IVA anziché un credito; per il 2008, erano emerse irregolarità nell’applicazione del reverse charge e la mancata prova del pagamento di fatture da parte di fornitori che avevano omesso la relativa dichiarazione IVA. A tal proposito, la Corte ha sottolineato che, sebbene il mancato pagamento di una fattura non precluda il diritto alla detrazione, esso assume un peso determinante quando si chiede un rimborso, poiché lo Stato non può essere chiamato a restituire un’imposta che di fatto non è mai entrata nelle sue casse.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un messaggio chiaro per tutte le imprese: la gestione dei crediti IVA richiede la massima diligenza. La scelta di riportare a nuovo un’eccedenza per un lungo periodo comporta la responsabilità di conservare in modo meticoloso tutta la documentazione giustificativa. Il decorso dei termini di accertamento non costituisce uno scudo protettivo in caso di richiesta di rimborso. L’Amministrazione Finanziaria ha il pieno diritto di esigere la prova dell’esistenza del credito prima di procedere a qualsiasi esborso, e la mancanza di tale prova porta inevitabilmente al diniego del rimborso stesso.

L’Amministrazione Finanziaria può contestare un credito IVA se sono scaduti i termini per l’accertamento?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la scadenza dei termini di decadenza per l’accertamento impedisce al Fisco di pretendere un’imposta maggiore, ma non gli impedisce di contestare l’esistenza del credito esposto dal contribuente quando quest’ultimo ne chiede il rimborso.

Su chi ricade l’onere di provare l’esistenza di un credito IVA quando se ne chiede il rimborso?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente che richiede il rimborso. Egli deve fornire idonea documentazione che comprovi l’esistenza (“an”) e l’ammontare (“quantum”) del credito vantato. In assenza di tale prova, il credito viene disconosciuto.

Il mancato pagamento delle fatture al fornitore impedisce il diritto al rimborso dell’IVA?
Sebbene il mancato pagamento non impedisca il diritto alla detrazione dell’IVA, diventa un fattore cruciale in caso di richiesta di rimborso. La Corte ha chiarito che la richiesta di restituzione esige la prova del pagamento dell’imposta, poiché il rimborso implica un esborso effettivo da parte dell’Erario, che non può essere tenuto a restituire un’imposta che non ha mai incassato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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