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Rimborso credito d’imposta: onere della prova

Una società finanziaria ha richiesto il rimborso di un credito d’imposta IRPEG, acquisito da un’altra azienda. Di fronte al silenzio dell’Amministrazione Finanziaria, la società ha avviato un contenzioso. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni precedenti, ha stabilito che l’Amministrazione può contestare la legittimità di un credito anche dopo la scadenza dei termini di accertamento. Il principio chiave è che l’onere della prova per un rimborso credito d’imposta spetta sempre al contribuente, che deve dimostrare i fatti costitutivi del proprio diritto, non essendo sufficiente la sola indicazione in dichiarazione.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Credito d’Imposta: A Chi Spetta l’Onere della Prova?

La richiesta di rimborso di un credito d’imposta rappresenta un momento cruciale nel rapporto tra contribuente e Fisco. Ma cosa succede se l’Amministrazione Finanziaria rimane inerte e i termini per l’accertamento scadono? Il credito diventa automaticamente esigibile? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali su questo punto, ribadendo un principio cardine: l’onere di provare l’esistenza del credito spetta sempre e comunque al contribuente.

I Fatti del Caso

Una società bancaria aveva acquistato da un’altra impresa, in amministrazione controllata, dei crediti fiscali IRPEG relativi a periodi d’imposta di molti anni prima (1994 e 1995). La banca aveva notificato la cessione del credito all’Amministrazione Finanziaria e, successivamente, aveva sollecitato il rimborso. In risposta, l’Ufficio aveva richiesto documentazione a supporto, richiesta che però era rimasta inevasa.

Di fronte alla mancata erogazione del rimborso, la banca aveva fatto ricorso contro il cosiddetto “silenzio rifiuto” dell’Amministrazione. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla società, condannando l’Agenzia al pagamento. Secondo i giudici di merito, il Fisco aveva lasciato scadere i termini per contestare il credito esposto in dichiarazione, consolidando così il diritto al rimborso.

La Decisione della Corte e il Principio sul Rimborso Credito d’Imposta

L’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso in Cassazione, e la Suprema Corte ha completamente ribaltato il verdetto. Accogliendo il ricorso del Fisco, la Corte ha cassato la sentenza d’appello e ha affermato principi di diritto di fondamentale importanza, in linea con il suo orientamento consolidato.

Il punto centrale della decisione è che i termini decadenziali previsti per l’esercizio del potere di accertamento fiscale si applicano solo al riscontro dei debiti del contribuente, non alla verifica dei crediti da questo vantati. L’Amministrazione Finanziaria, quindi, può contestare la fondatezza di una richiesta di rimborso anche se sono trascorsi i termini per rettificare la dichiarazione dei redditi.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su diverse argomentazioni giuridiche interconnesse. In primo luogo, richiama il principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui l’inerzia dell’Ufficio non può mai trasformare un credito inesistente in un credito esigibile. La semplice esposizione di un credito in dichiarazione ha natura meramente dichiarativa, non costitutiva del diritto. È la legge, e il corretto meccanismo di applicazione del tributo, l’unica fonte del rapporto tributario e, quindi, del credito.

In secondo luogo, viene sottolineata la regola fondamentale sull’onere della prova (art. 2697 c.c.). Chi agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento di un diritto – in questo caso il contribuente che chiede il rimborso – ha il dovere di dimostrare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Non è sufficiente richiamare la dichiarazione fiscale; è necessario fornire la prova concreta dell’esistenza del credito, ad esempio attraverso le certificazioni delle ritenute d’acconto o altra documentazione idonea.

Infine, la Corte chiarisce che il silenzio dell’Amministrazione non è un assenso tacito, ma è legalmente qualificato come “silenzio rifiuto”, un atto impugnabile che apre la via al contenzioso. In tale sede processuale, il contribuente assume il ruolo di attore non solo in senso formale ma anche sostanziale, con tutte le conseguenze in termini di onere probatorio. Consentire il consolidamento di un credito non dovuto per il solo decorso del tempo si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali di capacità contributiva (art. 53 Cost.) e di imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza un concetto cruciale per tutti i contribuenti: la richiesta di rimborso di un credito d’imposta non è un atto automatico. Il contribuente deve essere sempre pronto a dimostrare, con prove concrete e documentali, la legittimità della propria pretesa. L’inerzia dell’Amministrazione Finanziaria o la scadenza dei termini di accertamento non sanano l’eventuale inesistenza del credito. Il Fisco conserva il potere di contestare la richiesta, e in caso di contenzioso, la palla passa interamente al contribuente, che dovrà provare in giudizio, senza sconti, il proprio diritto al rimborso.

L’Amministrazione finanziaria perde il diritto di contestare un credito se non lo fa entro i termini di accertamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, i termini decadenziali previsti per l’accertamento fiscale operano per i debiti del contribuente, ma non limitano il potere dell’Amministrazione di verificare e contestare i crediti chiesti a rimborso, anche dopo la scadenza di tali termini.

A chi spetta l’onere della prova in una causa per il rimborso di un credito d’imposta?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente. Chi agisce in giudizio per ottenere un rimborso deve dimostrare i fatti costitutivi che hanno generato il credito, non essendo sufficiente la semplice indicazione dello stesso nella dichiarazione dei redditi.

La semplice indicazione del credito nella dichiarazione dei redditi è sufficiente per ottenerne il rimborso?
No, non è sufficiente. La dichiarazione ha natura meramente dichiarativa e non costitutiva del diritto. Il credito fiscale nasce dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo, e il contribuente deve essere in grado di provare l’esistenza di tale credito con documentazione adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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